Barbara Sodi - Poesie

Se

Se dipingessi sarei
esplosioni tattili
di infiniti tratti
La vita
gialli marosi
segnati da neri gorghi
di rosso fondo
per metà già in ombra
Se scrivessi sarei
cinguettio d’ebbre farfalle
dominio del pensiero di ciascuno
La vita
un simultaneo abbraccio
rotatorio
che il tempo stringe
all’ascolto di una galassia
senza certo nome

 


 

Alba di mirto

(Autoritratto ne Il Segnalibro)

Ti vedo stanca
stamani
Ti carezzo con le mani

Sono stanca
di essere
muta e cieca
di essere
terribile tèma

Ci afferri
forte o lenta
inesorabile
nera fauce
Ti vedo stanca
stamani
Fuggi le mie mani

Voglio mostrare
il mio colore
Bianca terra
Alba di mirto
che sale
dal mare
Arcobaleno
che il vostro respiro
reca
all’Universo

 


 

Opificio dell’amore

Corso è il vento sul mastro
come onde di salmastro quietato infine
sulla riva di venusto giardino
vago e familiare la via lattea si frastaglia
trasversale casa madre cui tornare
L’eco delle infinite ere
dall’abisso del tutto oltre ogni cosa
sino al più fisso movimento
Assorda mane l’universo
Cuore scema in questo celeste roseto
troppo per un solo perso pensiero
smisurato osceno al raziocinio fermo al bivio
Mareggio risale e gira il colore
lieve appare del nulla la marina

 


 

In punta alla notte

In punta alla notte
sciolti i veli dell’io
come la nube svela la luna
così s’apre l’anima
dove mormorano le orchidee
e l’acqua scrilla fitta di perle
Immemori del giorno
dall’età e dal mondo immuni
torna ad ardere la giovinezza
e la sua tela grezza
Vibra nel paradiso perduto
in una terra germoglio dell’universo
natura guaritrice
innocente
che immenso torna a dissetare
le arse rive di stelle

 


 

Il giorno dopo

Il giorno dopo gli oggetti
avranno cambiato luce
orfani appariranno
dimezzati
anch’essi orbati
Sembrerai a ogni angolo
comparire e nella notte
mi ritrarrò per fare spazio
a un passaggio
che la schiena sfiora
voltandomi a guardare
una trasparente direzione

il sipario s’apre sul sogno
portarti con me per oltre il mondo

 


 

I ricordi sono come i sassi colorati

I ricordi sono come i sassi colorati
che la marea dondola nella battigia
vanno e vengono
piani rotondi acuti
un colore per caduno
dall’acqua negli anni amati
La rubrica corre e passa il tuo numero
che non sono riuscita a cancellare
per non credere fino in fondo
che sia reale
la strada e il male
negato a un figlio appena nato
sulla soglia del lavoro anelato
Pensavamo di sentirti lontano
la notizia giunse casuale
non rimanemmo annientati
ma sei rifiorito in noi piano
con mille petali sopiti
e il dolore si è aperto insano
le cicatrici esterne fluendo
in sassi di rosso rugati

 


 

Guardiani di marmellate

Il chiacchierio delle marmellate
tornò a diffondersi con vermiglie colate
nell’undicesimo anno dai nostri lutti
Rividi gli uomini eletti guardiani
del borbottio delle marmitte
sui fusti di nafta americani
come vedo mio padre
stretto tra il giornale e la sedia gnoma
bimbo al sole in guerra
con in mano la cioccolata alleata
Si accoccola un gatto sotto la ficaia
il nonno a sonnecchiare
sul dondolio di un secolo
tra il pane zuppo e la pasta ustionata
le uova sperate dal vetro affumicato
e l’immobile imbrunire di mosto
che nel circolare ticchettio dello strettoio
sembrava allora infinito

 


 

E’ come toccare l’amore

Una goccia d’acqua
è caduta e l’universo ha vibrato
nella mia anima

Il tempo in stallo
la fronte sfiora
e le mani
toccano il nulla

Una sfera
che pulsa
cingono
inesistente all’occhio
viva al cuore

L’immateria cosciente
è qui
davanti a me

E’ come toccare l’amore

 


 

Dove i pini si gettano nel mare

Dove i pini si gettano nel mare
cristallino senza confini
come gli occhi di un bambino
ignoto cosmo che si frange
e il sole immortala
nell’aria che fluttua astrale
la sordità delle cicale
ho visto Dio
la sua prospettiva
in un telo vuoto in riva al vento
dagli altri staccato
che pochi attimi prima occupavo
e che ora domino da una roccia
il cui limite chiama alla morte

 


 

Arrembo

Arrembo
verso un senno
che non scorgo
in un corpo a corpo
con il vento
che già si è tramutato
in pianto
mentre il mare incrocia
mille sciabole
che bianche si rompono sulla spiaggia

e sull’estremità di questa collera
antica come il pianeta
ha deposto i corpi straziati
di una scimmia e un cane
la mano del primate
che stringe ancora
la zampa dell’amico

più in là un pezzo amorfo

Le frange di spuma recano
ghirlande d’oro e diamanti
attorno alle martoriate carni

Non chiedevan molto
alla terrena vita
un osso un frutto
l’ombra di verdi foglie
nell’ora più calda
e come voluto avrebbero
la compassione di una morte
in braccio al mare
che bello sarebbe stato
annegare
appena nati
invece di vivere segregati
in gabbie tubi maschere catene
tra lamenti grida guaiti urli
bisturi lucenti
o morir nel sangue del mattatoio
nell’impossibilità di fuga
Dove è il genio degli uomini
che di meglio non sa fare
che perpetuare il male?
Come mai non riusciamo
a eliminare il sangue dalle nostre mani
sempre più avide e assetate

Il cupo rimbombo bianco del mare
sale
è la Voce di ogni creatura innocente
sacrificata
senza colpa alcuna
che essere indifesa

Ogni flutto sull’arenile
una carezza
una lacrima
un fiore
la memoria Mancati

Arrembo
verso un senno
che non scorgo
in un corpo a corpo
con il vento
che già si è tramutato
in pianto