Beatrice Chieppa
Poesie
Cuore dolce tiranno
Mio cuore dolce tiranno,
batti all’impazzata
quando tutto tace,
quando il tempo si ferma,
quando la vita che scorre
non ha più ragione d’essere,
quando il cielo, il mare,
la terra tutta
sembrano scivolarmi dalle mani,
quando il fiato si ferma in gola
ed in gola ci stai pure tu, mio cuore,
ed insieme a te
tutto quello che desidero
racchiuso nel palmo della mia mano,
a tenerti stretto,
con il desiderio,
l’intimo desiderio
che l’inenarrabile
finalmente si sveli,
e che l’illusione,
fate volanti e paesaggi incantati,
scenda su questa terra,
mi guardi languidamente,
e con occhi di rugiada,
teneramente,
teneramente mi avvolga.
Giallo
Il giallo m’incanta,
il giallo m’accende,
sovente si perde,
ma poi si riprende
con gesto improvviso
dai raggi del sole,
nell’iride intento
a guardarne per ore,
riflessi nell’acqua
di specchi dorati,
nei viola e nei rosa,
tramonti incantati,
tra il verde e l’arancio
di un arcobaleno,
tra i fiori di campo,
tra fili di seta,
tra gocce di organza,
profumo, fragranza,
di attesa sagace,
di calma, di pace.
Invero soggiace un fondo di alba,
nel verde del mare,
respiro profondo,
di acceso chiarore di un giallo limone,
del giallo di un’ambra,
promessa d’amore.
Il paese lontano
Questa è la storia di un paese lontano
che a piedi non ci si può arrivare
figuriamoci per mare!
Vuoi provare in bicicletta?
Stai attento, non darmi retta!
Ci vuoi andare in automobile?
Ma che viaggio interminabile!
Sarà oltre la frontiera?
Puoi salire in mongolfiera!
Vuoi viaggiare in aeroplano?
Te l’ho detto è lontano!
Cosa dici?! Un’astronave?!
Siamo proprio in alto mare!
Ho capito, io mi arrendo e ti svelo il mio segreto:
vai su un fiume e poi sul greto
in cortile
e poi in canile
vai a scuola in un’aiuola
e fai i compiti in carriola
guarda il cielo in un cassetto
e poi dormi sotto il letto
prendi i sogni su una mano
e vedrai il paese lontano!
Droghe invisibili: quando la pandemia finirà, riusciremo a sopravvivere senza TECNOLOGIA?
Cari lettori, che dire, in questo periodo non posso fare altro che pensare in “streaming”. Lo stato di emergenza che stiamo vivendo, non fa sconti a nessuno, e tutti, proprio tutti, siamo sotto il giogo spietato di questa “nuova modalità di trasmissione”, che è ciascuna cosa, tranne quella che non vorremmo mai che ci fosse trasmessa. A questo punto della mia esistenza, (e mi farei portavoce di quasi 8 miliardi di persone, presenti su questo povero e bistrattato pianeta), mi pongo un quesito, e “on demand”: quando tutto questo sarà terminato – perché, lo stanno imparando anche i bambini che le cose hanno una durata e che i fatti hanno un inizio e una fine – sarà possibile ritornare alla normalità, senza fare prima un “download”, e scaricare tutte le colpe dell’universo ai “se”, “ma” e “però” – e intanto quel mostriciattolo, in barba a tutte le previsioni, se ne sta bel bello all’aria aperta, mentre tutti noi no?? Il “Provider” è sempre stato benevolo e di provvidenza non se ne ha mai abbastanza: io sarei ottimista, ma cosi ottimista che questa estate, insieme a tutti i sindaci di questa Terra, potrei ritrovarmi a tre metri di distanza e sopra il cielo, con un lucchetto in una mano, un mojito nell’altra, e lo sguardo lontano, sognando “Prime Video”, un’”Infinity” di serate, tra movida e passeggiate, distribuendo “Premium” a chi nei mesi che l’hanno preceduta, sono stati bravi e hanno compiuto il loro dovere. Difficile! Il mare e lo iodio annesso, sarebbero refrattari a ogni misura e a tutti i metri di distanza, e a contatto con la natura, possiamo, forse, solo, starci, nella lontana “Amazon”, in quell’area di frontiera incontattata, dove non potremo immaginare il benché minimo incontro, nemmeno se fossimo nel raggio di 10.000 metri di distanza. Io, mi accontenterei, invece, di dare soltanto “24.000 baci” a “Spotify”, un ragazzo meraviglioso, multitasking e performante, sempre presente, che non ti lascia sola, neanche se tu lo desiderassi con tutto il cuore: cosa volere di più dalla vita! E non riesci a fermalo, no! È sempre, eternamente “online”…beh, però, anche “offline”, non è male, direi….lo adoro!! L’amore e l’amicizia sono i due valori che stiamo apprezzando di più, eh già. Ho un’amica, che possiede una parlantina…loquacissima, e “senza interruzioni pubblicitarie”! Parla, parla, e devo dire che in questo frangente tutto questo ti tiene su: sempre in “App” e mai in down. È perennemente in versione “Free”, leggera e frizzante, e io ringrazio il cielo di avere un’amica così. L’amicizia è un bene inestimabile, ed è assolutamente gratis…pensate…senza dover neppure “sottoscrivere un abbonamento”!!
Tra qualche mese, la bella stagione farà capolino, e non vorrei, proprio, ritrovarmi a cantare: “odio l’estate”, no… l’unica canzone che vorrei canticchiare è solamente: “Una rotonda sul mare”…ma, aiutatemi: era una “rotonda”… o una ”piattaforma” sul mare?!!! Mah! La mia memoria comincia a vacillare!! Meno male che ho l’umore a trecento, perché se fosse per la mia “RAM”! Ho sempre l’”Hard disk”, però, e lì, col cavolo, che dimentico, tutto ben fissato, e non vola, anzi! L’unica che vola, in questo periodo, è la mia fantasia…Perdonatemi, parlando, parlando, mi sono accorta di aver scritto un vero monologo teatrale! Ora vi saluto, e vi “invio” abbracci e baci “virtuali”…e mi raccomando, sempre su con il “Device”!!!
“Edito dal magazine cittadellinfanzia.it/ testata giornalistica Aps Città dell’Infanzia ETS”
DAD: io DOCENTE, in tutta onestà, non ci sto capendo più niente. Aiuto!
“Cari docenti, sul serio credete che la vita su Marte possa essere possibile? E che tic, tac, toc, dad, did, ded, ddi, dde, ddc, ddl, ddm, non siano forse che semplici onomatopee, prestate dai grandi Rodari e Piumini e che sia stato tutto uno scherzo?” Non faccio in tempo a scrivere quello che sarebbe dovuto essere l’incipit della mia accorata lettera, che immediatamente rimango intrappolata negli acronimi di sopra, trasformatisi a un tratto in intermittenti segnali in codice rosso…un incubo senza fine!! Samuel Morse, sì proprio tu, tu sei il responsabile di tutto quello che stiamo vivendo: tu, sei stato il primo che con il tuo alfabeto hai inventato un modo per comunicare a distanza! Ti odio! Quei punti e quelle linee combinate cominciavano a sostituire una parola, un’infinità di punti e di linee delle frasi, miliardi di combinazioni stavano per fiumi di conversazioni in tutto il mondo. Una vera rivoluzione! E quando si tratta di scoperte, il progresso non può che registrare decisivi passi in avanti e miglioramenti del nostro stile di vita, ma un cauto “se” e un sensato “ma” sarebbero stati auspicabili, se non altro per non vederci catapultati dall’oggi al domani in mondi paralleli, costretti di prima mattina, abbacinati e sonnolenti, a dover scegliere tra una pillola rossa e una azzurra. E di pillole ne abbiamo inghiottite a tonnellate e continuiamo a inghiottirne, e mentre le ingurgitiamo c’è chi pensa che i codici e le intermittenze siano una possibile strada! Pazzesco! “Alfa chiama Beta”, mentre Gamma irradiato e con gli occhi spalancati, non ha più le orbite e i suoi occhi, come i suoi pensieri, sono schizzati via in un mondo che non si trova certamente su questa faccia di Terra, ma nell’universo del: “ci sei?” o “ci fai?”. Questo universo lo abbiamo scoperto da poco ed è…misteriosissimo. L’universo del “ci sei” o “ci fai” non è molto distante dal nostro e pare sia popolato da tanti minuscoli pianeti di poco più piccoli di una “nana”, tutti vicini tra loro. Su questi pianeti c’è vita. Vi racconto una giornata tipo degli abitanti di un piccolissimo pianeta di questo stranissimo universo. Premetto: avete presente le “capsule hotel” giapponesi? Vivono proprio in case così, dove lo spazio sembra non essere necessario, e tutto è comodamente telecomandato con movimenti muscolari ridotti al minimo indispensabile. Ma loro non ne sono coscienti o, meglio, lo sono, ma solo per un po’, perché ogni mattina, subito dopo il risveglio, sono soliti indossare – avete presente i dispositivi vr, quelli che ci spediscono direttamente in paradisi perduti, senza che nemmeno possiamo accorgercene? – bene, proprio quegli occhiali lì, che gli abitanti di un pianeta qualsiasi dell’universo del “ci sei” o “ci fai” utilizzano nella loro routine quotidiana. Hanno gli occhi opacizzati, ma loro li credono trasparenti e in questo modo conducono la loro giornata. Il tempo per questi strani esseri scorre in senso contrario, mi spiego: un grigio mattino invernale può sembrare un tranquillo pomeriggio estivo; una serata primaverile può trasformarsi d’incanto in un mezzogiorno nevoso, e costruire pupazzi di neve sull’Himalaya o assistere a un’aurora boreale prima del riposo notturno, magari sgranocchiando pop corn mentre si guarda “Figli di un Dio minore”, non è mai stata operazione più naturale. Sui pianeti di questo universo, come avrete ben capito, tutto è possibile. Questi abitanti, come tutti gli esseri viventi, necessitano dei fondamentali bisogni primari. Mangiare, bere e dormire sono, però, centellinati in dosi limitatissime, perché non possono perdere tempo: sono individui laboriosissimi e molto impegnati…e serissimi. Le uniche sole parole che pronunciano sono proprio, strano a dirsi: “ci sei? Ci fai?”, tutto il giorno così, e in queste semplici e stringate parole sono condensate tutte le loro emozioni che implodono spesso e qualche volta esplodono anche, e quando questo accade sono cavoli amari!
“Cari docenti”…ma cosa stavo scrivendo… non ricordo più…di sicuro qualcosa di molto importante… se solo riuscissi a togliere questi dannati occhiali, forse potrei ricordarmene…mi avevano promesso che ci avrei visto meglio… e invece, il buio più totale… Qualcuno mi aiuti!!!
“Edito dal magazine cittadellinfanzia.it/, testata giornalistica Aps Città dell’Infanzia ETS”