Benedetta Cremonese - Poesie

La mia piccola anima

[Dedica: A mia mamma, che ogni giorno illumina la vita delle persone che la circondano,
nonostante la vita abbia provato a spegnerle la fiammella innumerevoli volte.
Mi hai insegnato a custodire il mio cuore e che le ferite provocate dai colpi che ci hanno inflitto non determinano ciò che siamo, ma ci ricordano da dove veniamo e ciò che abbiamo superato.]

La mia piccola anima si lascia cullare
dalla tempesta di pensieri,
va sovente a sbattere contro aguzzi scogli,
lei che errabonda non si stanca mai del viaggio,
sebbene tema di perdersi
nell’oscurità dell’universo.

Ed ora mi rivolgo a te.
Non ritenerla cieca, non lo è.
Dama bendata dalla purezza
non può vedere il male che serpeggia nei tuoi occhi.
È perciò facile preda, ma tu non essere così codardo da ferirla.
L’amore la tiene in vita,
privala e le verrà aspirato il soffio vitale.
Sibilerà fuori da lei, lasciandola in preda a sé stessa,
mutilata della sua essenza.

Non spogli un’anima
già solita a svestirsi del superfluo,
la troverai già priva, disarmata
di inutili pretesti, sterili orpelli.
Non farai altro che depredarla
dell’unica scintilla che alimenta il suo fuoco,
dell’unica sua arma: l’amore.
Tu, miserabile, la colpirai alle spalle
sviscerandola.

Ma vedi, per lei non sarà sorpresa l’atto,
sa di essere mosca bianca in uno sciame di calabroni,
e non sarà neppure ferita da esso,
ma la consapevolezza la ucciderà.
La cognizione che nonostante il fuoco che l’ardeva
sia riuscito a portar chiarore nelle vite altrui,
questo le è costato la vita,
l’ha arsa per poi estinguersi con estrema lentezza.

Non c’è nulla di più fragile, castello di carta, motore di vita,
torcia nel buio, candela al vento che con un soffio violento divampa
avido divoratore, feroce assassino.

Piccola anima mia,
tu, non sei per niente piccola.

 


 

Canarino d’avanscoperta

Canarino d’avanscoperta, instancabile giramondo
trova pace in un angolino maltrattato.
Arrancanti sfavillano a fatica
le lucciole nel suo cuoricino.
Il blu petrolio celeste gli imbratta le piume,
Adagio si dissipa il pappo
di un soffione col peso del mondo sul capo.
Un ultimo flebile sottil gorgheggio.
Il diaframma dell’istantanea
si ripiega su sé stesso, le linee si sfocano.
L’universo ridotto a cartolina tascabile monocromatica.
Statica diaspora sbatte invano
le piccole ali gialle, polvere di farfalla.
S’erge un alto muro bianco.
Quiete. Tutto si tace.
Mimosa del cielo
stanca riposa.
Funerea processione
rivoli raggelati esalan nebbiolina,
sassi insensibili singhiozzano, abbracciati dai campi.
Un casolare dissestato s’affaccia
sull’ormai stanco corso, inerme testimone
all’accoglienza del piccolo corpo
sul gelido letticciuol di morte.
L’acqua lo accoglie,
il tempo divora i mattoni inghiottisce i lamenti.
L’universo piange stelle, la notte di San Lorenzo.

 


 

Lei

Riflette tutta se stessa
in un effimero rigagnolo d’acqua.
Offre un universo di stati contrastanti
a chi ammaliato la guarda.
E’ celestiale poesia dell’astronauta,
persuadente canto
della seducente sirena.
E’ mielata speranza
di una dolce vita per novelli sposini.
Il pescatore cede dinanzi a tal bellezza,
e si confida con lei.

E’ idilliaca utopia
che il papavero rosso
sul campo di guerra
si tinga del bianco candore
del puro animo
del leale soldato oramai disperato.
Guarda lassù, amore mio,
è là che una stellina,
una notte di luna piena
ha portato il nostro angelo.
E’ sulla Luna che riposa,
E’ sulla Luna, che non c’è più dolore,
E’ sulla Luna che la gravità leggera
elude il gravoso senso di mancanza.

 


 

Il treno dell’amore perso

Ci fissava l’occhio del tempo, con lancette al posto dei baffi
si prendeva gioco di noi.
Godeva ad accelerare l’avvicinarsi della partenza,
il nostro amore,
due treni in corsa su binari divergenti.
Quel momento prima dell’addio
dove ci si guarda con occhi di speranza,
magari non sta tutto per andarsene.
Ma il suo arrivo investe il cuore,
che rassegnato si abbandona
Subisce una battuta d’arresto,
assordante fischio,
il nostro sordo abbraccio non lo sente,
insensibile al frastuono del mondo.
Le lacrime rigano il viso,
giungono al bacio, rendendolo sapido.
Partire è fuggire l’addio che nessuno vuol pronunciare.
Lui non s’affaccia alla finestra dell’amore,
lui, instabile pendolare ha fatto spola
tra l’amo o non l’amo.
Il treno sferraglia, le ruote scorrono alla perfezione sulle rotaie,
ma seppur incastrate, perfette metà combacianti stridono.
Prende velocità, ma giunto allo stremo delle forze sbuffa,
insaziabile dell’ardente carbone che lo alimenta,
stanco degli sforzi si lascia andare.
Amore scardinato, deragliato,
mai giungerà a destinazione cuore.

 


 

Solo sordo petalo soprano

Petalo strappato ad un fiore in bocciolo,
solo cade senza loro.
Gli altri petali esterrefatti lo scrutano
Volteggiare nel vento solo e soprano.
Morente canta alla natura
In cerca di una sorella che lo rassicuri.
Ma nessuno ode il sordo pianto
Di chi è solo ed è affranto.
Occhi aperti, cuori serrati
Torniamo alla solitudine in cui siamo nati

 


 

L’ardore

L’anima si strazia e lacera,
maciullata da punteruoli di fuoco ardente.
Sacro e profano discordi,
concordi si fondono,
lingue di fuoco si intrecciano
la incendiano.
Si polverizza in pagliuzze d’estasi.
Il mondo esterno scompare,
due universi esplodono e implodono,
si mescolano in uno.
È droga, non si riesce a smettere.

 


 

Il veliero e la tempesta

Veliero coraggioso dall’animo afflitto
impetuose onde s’infrangono su di lui
ma non demorde.
Solca con fragili vele bianche
le gonfie nubi nere cariche di rancori,
oberate di tuoni non emessi.
Ma l’ardente veliero, focoso curioso sa
che ogni tempesta cela un dolce cuore di vapore
fragile al vento alza nembose barriere:
grifagna ombra inghiottisce
chi solo ardisce guardarla.
Ma il timoniere non teme,
frenetica freccia di passione
scoccata dalla sete d’amore,
vuol giungere al cuore della minacciosa ragazza
che nulla può
dinanzi a un’amante del brivido.
Vento in poppa fa vela,
fende l’ostilità, arma di difesa
oltrepassa gli oscuri aspetti che ogni amato possiede.
Irremovibile amante giunge a destinazione cuore,
l’umidità della bruma soave cala.
Odora il dolce profumo dell’amata che arde
assapora la piacevolezza della scoperta
gode della cedevolezza delle volute delle nubi,
che si sgretolano al suo passaggio.