Carla Auxilia - Poesie e Racconti

Amore acerbo

“Quanto manca?….Oddio, quanto manca?”

“Ancora pochi giorni e sarò in licenza”

La voce di Alberto, giungeva melodiosa alle orecchie di Claudia.

Alberto: che bel ragazzo! Il suo ragazzo!!

Il servizio militare era una bella prova per due giovani innamorati e lei, così abituata alla costante presenza di lui, aveva preso male, anzi malissimo la sua partenza.

Aveva pianto. Tanto. Tantissimo.

La madre non aveva come consolarla ma sapeva che gli amori adolescenziali ti prendono completamente, annebbiano pensieri ed ogni sorta di ragionevolezza.

Alberto, però, le telefonava sempre.

Solo che non era ancora il tempo dei cellulari ed allora le attese tra una chiamata e l’altra erano lunghe, angoscianti.

Un giorno, anche due chiamate, addirittura tre.

Ma poi c’erano dei giorni “bui”, senza la sua voce.

“Ero di piantone. Impossibile farti una telefonata. Ma mi manchi tanto!”

Quanto ci credeva Claudia e quanto si perdeva nelle sue parole.

Forse era vero, almeno nel momento in cui Alberto pronunciava quelle parole.

Claudia, a volte, ancora ci pensava.

Era mai stato sincero con lei?

Chi è sicuro della sincerità di qualcuno?

La verità.

La verità di un attimo.

Forse.


 

Gioventù

Scherzare e ridere,
senza pensieri;
ricordare la gioia
di momenti giocosi
ed innocenti.
Lasciarsi andare
a confessioni inaspettate
e perdersi in uno
sguardo nuovo.
E poi restare lì,
immobili,
mentre una turbolenza
di emozioni
batte forte
contro le pareti
dello stomaco
e rimbomba nel cuore.
Cercare la bocca morbida
e giovane in un bacio
che zampilla di passione.
Guardarsi col desiderio
di un infinito abbraccio
e poi strattonarsi
e ridere di nuovo.
Insieme.


 

Il menù della vita

La vita…
vista come tavola imbandita,
invitante con i suoi piatti
dai più svariati
odori, sapori e colori.
L’uomo…
avido di vita,
agguanta quelle pietanze.
Affamato, inebriato di vino,
linfa vitale.
E’ curioso,
a volte come un bambini,
verso il nuovo,
verso tutto ciò
che non conosce.
E’ dubbioso,
a volte come un adulto,
verso ciò che conosce,
verso tutto ciò
che crede di sapere.
Tutto si mescola
e diventa niente
e quel niente
diventa tutto…


 

Il teatro

L’emozione tangibile e reale
che sembra assumere una forma tutta sua,
tridimensionale.
Il rumore delle scarpe su quelle tavole,
lo scricchiolio che non infastidisce
ma anzi sembra dolce nota musicale.
E le luci e le scenografie,
i costumi di scena che solo indossandoli
ti fanno sentire “tutto”.
Diventi personaggio, personaggi,
perchè puoi cambiare continuamente la tua maschera.
Quella maschera che diventa te
pur lasciando che tu resti te stesso,
quando scendi dal palco anche se
la tua anima resta intrappolata
nelle scene e nei dialoghi
che hai condiviso con i tuoi compagni, con i tuoi colleghi.
Una magia che ti trasporta
in un mondo al di sopra di ogni pensiero
formulato nella vita di tutti i giorni ma che invece diventa
la TUA vita; ti danni, soffri, piangi, ridi, ti commuovi, ti diverti
e ti lasci trasportare dal mare delle emozioni
che batte sul palco,
con le sue onde silenziose e prepotenti.


 

L’amore che resta.

 

“Ciao, Amanda, come stai?”

Guardai Chiara come se la vedessi per la prima volta, aveva il viso più dolce del solito.

Forse era solo tenerezza oppure pietà per me, che ormai vivevo in un mondo a parte.

“Ciao. Non lo so come sto. Penso a lui, sempre”

Chiara si sedette accanto a me, sul divano ed il mio gatto cominciò a farle le fusa.

I suoi occhi sembravano scavarmi dentro, con discrezione ma efficacia.

“Sai” iniziai a dirle “quando gli parlavo o gli leggevo le mie poesie, lui quasi si scherniva….non mi è mai sembrato un atteggiamento recitato, costruito. Ora più che mai voglio crederlo. Voglio credere che si sentisse solo, che ne aveva passate tante e che pensasse a me come ad un rimpianto antico; che poi lo abbia fatto con un altro nome, che importa?”

Mi veniva da piangere. Pensare a Luca mi inondava di dolcezza ma anche di un’immensa malinconia.

Chiara mi accarezzò i capelli.

“Io mi ricordo di…di Luca che rideva, che lavorava, che si svegliava alle sei del mattino e mi lasciava un messaggio in segreteria per augurarmi il buongiorno. Mi ricordo di Luca che voleva fare l’amore con me e si celava dietro parole caste per poi lasciarsi andare ma sempre con un’adorabile esitazione che lo faceva sembrare un bambino e non un uomo adulto. Voglio ricordare questo Luca.

Poi c’è la mia parte cinica, quella che di solito aiuta a sopravvivere e che mi suggerisce che lui ha incontrato una donna meravigliosa e se la sta spassando. O forse è solo perchè non posso accettare che lui sia morto e non voglio credere che al telefono mi abbia risposto la figlia”

“Tesoro, qualunque sia la verità, qualunque sia il destino di Luca, lui ti ha amato, tu lo hai amato. L’amore, comunque si intende, trova il suo linguaggio. Una crittografia di cui solo voi conoscevate la chiave di lettura. Continua ad amare sempre così, perchè solo così sei viva. E solo così ne vale la pena, senza rimpianti”

Lo sguardo di Chiara era sinceramente comprensivo ma io mi sentivo in una bolla di follia.

Luca, morto e la notizia solo attraverso una gelida telefonata, con una voce atona e sconosciuta.

Lo avevo chiamato perchè non ne potevo più di messaggi e foto; volevo vederlo, parlargli, guardarlo. Invece, cosa avevo trovato? Il suo silenzio che mi aveva angosciato per giorni era questo: non c’era più. Come potevo metabolizzare una cosa simile?

“Il vuoto riempie l’anima, l’amore placa il vuoto e tutto ricomincia. Luca se ne è amdato, anche se, lo so, fisicamente, non c’è mai stato eppure lo sentivo, lo percepivo, lo toccavo, lo amavo. Lo amo. Sembra la trama di un romanzo surreale ma ti assicuro che tutto questo è esistito. Esiste!”

“Credi che non ti creda? Ma lo leggo nei tuoi scritti, in ogni tua parola, in ogni battito d’amore che lui ti ha ispirato. E’ una grande eredità e sono poche le persone che possono vantare un tale lascito. Devi lasciarti colmare da esso e poi farlo defluire al mondo, arricchito dal tuo cuore. Un amore così, chi può vantarlo?”

Sorrisi, dopo tanto tempo, un piccolo sorriso; intriso di nostalgia forse ma dolce, sicuramente dolce.

“Il nostro amore era fatto di sussurri e messaggini senza forma tangibile e perciò plasmabili a mio piacimento. Potevo far diventare questo sentimento tutto ciò che volevo, tutto ciò che mi rendeva felice. Luca resta solo mio. Ogni nota della sua voce era mia ed era per me quando mi parlava, lo so. O non avrei potuto amarlo così.

Ci sono amori che ci costruiamo a forza, incuranti che dall’altra parte ci sia un muro ma io questo muro non l’ho mai sentito. Un messaggio di buongiorno, con la voce impastata al profumo di caffè. No, non me lo sono immaginata. Io ho bisogno di fermare i miei momenti, li rendo eterni, placando la paura di dimenticare, di distorcere le cose, col tempo”

“Amanda, vivilo questo momento! Fermalo nell’eternità del foglio; ingannevole e fragile”

“Si, si….ogni sua parola diventa immagine, ogni immagine diventa sogno, ogni sogno ritornerà parola. Sistemerò tutto questo bagaglio in un’altra, grossa valigia e la chiuderò, non per partire ma per archiviare un altro viaggio”

Improvvisamente, mi sentivo pervadere da una forza nuova, un motore che mi spingeva a muovermi ancora.

“I viaggi ci restano dentro. Le cose viste, gli odori catturati, le emozioni vissute e ci fanno compagnia, per sempre, capisci, Amanda?”

Una lacrima ribelle, scivolò via dagli occhi umidi e gonfi.

“Si, si, Chiara. Lo ricorderò per sempre, nelle parole di D’Annunzio che lui spesso mi ripeteva: Io ho quel che ho donato”

Abbracciai forte la mia amica, lasciando che tutto il pianto ingoiato, venisse fuori.


 

Marta e la TV

A casa del nonno, Marta stava guardando il telefilm “Spazio 1999”.

Lo adorava!

In realtà un po’ la inquietava ma forse era proprio questo che stimolava la sua curiosità verso la serie TV.

Credeva che il 1999 fosse davvero così lontano, che davvero sarebbe accaduto tutto ciò che il telefilm raccontava!

Marta ci credeva e forse anche gli altri bambini della sua età.

Ma nel 1999, il mondo di Marta rimase immutato; nessuna missione spaziale. L’unico evento che ricondusse la ragazzina alla serie TV, fu la morte del protagonista, Martin Landau.

Spazio 1999.

E lui morì nel 1999!!!

Era quello il futuro? Che macabra coincidenza!

I telefilm si guardavano in famiglia; c’erano pochi canali ed il televisore era uno solo, quindo la scelta era praticamente obbligata, ovvia ma nessuno sembrava accorgersene o lamantarsi, andava bene così.

Ad esempio, si guardava Happy Days. Punto.

L’alternativa che allora non c’era, rendeva possibile un punto di incontro tra figli e genitori, tra fratelli, tra cugini.

Marta era contenta delle “riunioni” davanti alla TV, era il momento vero in cui tutto andava bene per tutti.

Anche gli show del sabato sera erano una festa, perchè per Marta era il massimo ridere con Sandra Mondaini e Raimondo Vianello oppure impazzire per i balletti “provocanti” della giovane americana Heather Parisi o ancora incantarsi con l’elegante e sinuoso ballo di Raffaella Carrà.

Anni dopo, con tanti televisori in casa, canali a pagamento e centinaia e centinaia di diversi programmi TV, Marta sentirà nostalgia di quei momenti passati e vedrà le sue figlie lasciare la frutta in tavola per correre a guardare quel cartone animato o quel telefilm.

Perchè loro non sanno che la TV si guarda insieme.

O forse è la TV che non lo sa più!


La tua foto

Silenzio notturno
e sonno
che tarda a venire.
Tu mi guardi
da una foto;
io guardo
i tuoi occhi
e vorrei vederli
muovere.
Abbasso le palpebre,
allungo una mano
nel buio
e vorrei trovare
la tua mano
ma tu non ci sei.
Vorrei che
mi accarezzassi i capelli
ma tu non lo fai.
Non ci sei,
eppure ci sei.
Mi sembra di averti accanto,
mi volto
ma non ti vedo.
E so che tu sei lì,
a guardarmi,
a parlarmi,
ad accarezzarmi.
Nel buio
mi guardo attorno,
ti cerco
e vorrei vederti
ma i miei occhi
incontrano
solo la tua foto
che, immobile,
mi fissa…


 

Per un bacio

Per un solo bacio,
un bacio solo,
cosa non farei,
cosa non direi.
Mi inventerei
malattie mortali,
bugie pietose
e sarei capace
delle più abiette
azioni.
Bramo quelle labbra,
nel loro sorriso,
nel loro parlare
ed ogni movimento
mi ispira
baci ardenti,
sospirati,
baci pieni
del suo sapore.
Agogno baci
di quelli
che non ti vuoi
più staccare,
di quelli che iniziano timidi,
continuano esigenti
e diventano famelici.
Un solo bacio, suo,
ed il suo abbraccio,
per sentire il suo respiro
nel silenzio
della mia incredulità.
Vorrei premere
le mie labbra
alle sue
mentre parla,
mentre ride,
per sorprenderlo
e cercare
nel gesto
inaspettato,
anche la sua gioia
e la sua voglia
di un bacio.
Respirarlo
per far mio
il suo fiato
e con esso
tirar fuori
la sua anima
che pure
vorrei baciare.
Ma sarei dannata a vita,
lo so,
perchè un solo bacio

che ora chiedo,
non basterebbe
a colmare
il desiderio di lui
che ora mi divora.


Stupido, inventato amore

Stupido, inventato amore…
immaginato perchè desiderato…
Ingenuità che non diminuisce
col crescere dell’età
ma che invece diventa
acerba negli anni…
Soddisfazione nel corpo
mentre la mente crea
una realtà parallela
e varca il portale virtuale
che conduce a teneri,
irrealizzabili momenti…
Una nuvola di ricordi
copre un cielo
illuminato da un sole artificiale
visibile solo
nel mio paesaggio astratto
dove le tue braccia tese
mi stanno aspettando…
Stupido, inventato amore…


Subbuglio

Un pianto in gola, soffocato a forza, ed il cuore con battiti accellerati ed irregolari; la voglia di correre via senza averne la forza.

Mi sento male.

Una sensazione di animo in tumulto, in un corpo provato e stanco.

Aiuto! Vi prego, aiutatemi!

Un grido ingoiato, masticato, non devo urlare; paura della derisione, della delusione, di un silenzio, di orecchie che non ascoltano, di occhi che non vedono.

Le lacrime salgono agli occhi ma devo rifiutarle, per non cadere, per non cedere, per non perdermi, per non farmi divorare dalla follia, per non affogare nella pazzia.

Un paesaggio sconosciuto che come cartolina di un paese ignoto si staglia all’orizzonte senza trasmettere emozioni, senza evocare ricordi antichi.

Non è vero che il cielo è sempre cielo e non è vero che il sole è sempre sole.

Le strade, prive di calpestii, nuove al passaggio di chi qui non ci ha mai vissuto.

Palazzi estranei, chiese, alberi, fiori….nessun odore che riporti qualcosa alla memoria, nessuna voce che evochi canti e poesie ascoltati nel tempo nel tempo remoto.

Il niente riporta al niente.

Occhi che girano, impazziti, alla ricerca di un legame qualsiasi con ciò che la retina ha impresso.

Invano.