Carla Guarino
Poesie
Foglio bianco
Indifferente
mi guardi
o forse sono io che
mi rifletto in te
come la luna col sole,
come un foglio bianco
che attende di essere
raccontato.
Rubrica
Bologna, 8 aprile 1965. Ore 15:30. Un ragazzo consuma una tragedia, quella che lo porterà a fare i conti con se stesso dopo anni.
E tu? Chi sei?
Chi sono…
Dove mi trovo? Perché sono qui? Non voglio stare qua, non sono pronto.
Oh andiamo! Un’altra volta? Ma non impari mai? È per il tuo bene.
Senti, taci che già sono incazzato.
Sai che novità…
Che vorresti dire?
Niente niente, lasciamo perdere.
La rabbia è la mia unica compagna, la mia certezza, colei che è una costante della mia vita, l’unica, ma anche la causa del mio marcire.
Mi logora dentro, ogni secondo di ogni giorno, è qualcosa di incontrollabile, quella scintilla che accende il mio cuore e ne fa cenere, ma che mi fa sentire vivo.
Specchio, grande sbaglio che hanno fatto a crearti. Che senso hai? Di farmi vedere tutte le mie cicatrici?! E NO. (Con un pugno frantuma lo specchio e si taglia le mani)
Ma cosa sei diventato?! Un tempo non eri così…
Non ero così, io non. Ero. Così. Voglio guarire. Lo voglio davvero stavolta.
5 anni prima
Mamma, sono a casa.
Andrea, dove sei stato fino ad ora?
A giocare a calcio con i miei amici, ora lasciami stare che devo studiare.
Ricordati quello che devi fare.
Non voglio. Non lo faccio.
Tesoro, lo so che è dura…ma devi farlo, siamo in grave difficoltà economica.
Non voglio…no…non ce la faccio…NON CE LA FACCIO, NON POSSO, NON POSSO. NON SONO COSÌ. (Andrea in preda all’attacco di panico afferra il coltello sul tavolo della cucina e…)
Cosa ho fatto…che ne sarà di me adesso? Al diavolo! (Le lacrime solcano il viso, la lametta segue il loro percorso, il sangue ricopre la sua faccia. Non è più lui.)
La rabbia aveva preso il sopravvento, lo aveva scuoiato dentro. Non era più lui, non solo di faccia.
Presente
“Io non ero così, ho passato troppi anni ad odiarmi e condannarmi. Voglio guarire, lo voglio davvero stavolta.” Si ripeteva.
“Ora sono pronto.”
Andrea chiude gli occhi, ha le braccia lungo i fianchi e le mani aperte per la prima volta dopo anni. Nelle sue orecchie risuona il Claire de Lune di Claude Debussy, di cui sua mamma gli accennava il motivo per farlo addormentare e nel mentre qualche timida lacrima gli percorre il viso.
Guarda fuori, c’è il tramonto. Sembra una fotografia, le macchine passano e lui ripensa a quel giorno. Anche allora le macchine passavano, come il tempo che si porta via le ferite.
Ad un tratto, una voce spezza l’incantesimo.
E tu? Chi sei? Raccontaci la tua storia.
Chi sono…ora lo so.
Tema: i pregiudizi.
Rubrica: Adolfo da Trieste è il tipico nordico pieno di pregiudizi in viaggio al sud Italia, più precisamente a Napoli. È un avaro che incarna perfettamente il proverbio:”Chi troppo vuole nulla stringe” o, come si dice in dialetto triestino:”Ser co’ una scarpa e un zoccolo”.
Difatti, va via da Trieste per scampare ai debiti e rifugiarsi da un suo lontano cugino.
Perdipiù, durante il suo percorso, incontrerà altri personaggi che lo “guariranno” dal suo modo di vedere le cose.
Ellà che bavisela, che aria in grispin qui a Napoli! Poi dicono la città del Sole, pff! Tutte baggianate! Meglio prendere il taxi, così non prendo freddo.
20 minuti dopo
Fermo! Va bene qui, non faccia tanti giri che so bene come siete voi di Napoli, volete solo soldi! Pizza, camorra e “mandulìn”, non è vero? Ce l’avete nel sangue.
Signò, veramente me l’avete detto voi di girare a destra perché dovete andare a piazza Municipio.
Non si azzardi con me, eh! So bene come siete qui a Napoli. Al primo “straniero” che vedete volete farghe la forca, ma con me cascate male!
Come volete…
E che fa? Si ferma?
E certo, sennò è capace che mi rubo troppi soldi. Arrivederci.
(Arrivato finalmente a piazza Municipio, Adolfo prosegue per via Medina e incontra Giuseppe, un bottegaio della zona.)
Salve, la vedo sperduto…a chi cercate?
Buongiorno, non mi serve niente.
Guardi che nun song nu nir, la voglio solo aiutare. Song Giuseppe Esposito, proprietario della bottega che vede davanti a lei, piacere.
Piacere…effettivamente non so dove andare, vorrei raggiungere il Quartiere Porto dove mio cugino lavora, ma non so dove sia.
Aaah! E quest’è tutto? La porto io, venga!
Dove?
Salga sul furgone!
Ma no…non si disturbi.
Ma quale disturbo?! È un piacere.
E va bene…
5 minuti dopo
Manca tanto?
No no, nun t preoccupà manca poco.
Mi dà del tu?
Vi dà fastidio?
Non le ho detto neanche il mio nome, porti rispetto!
Cca’ a Napule simm ospitali, portare rispetto significa aiutare il prossimo e dargli anche del tu! Nuje simm e’ cor’. Vuje e a’ ro’ site?
Sono di Trieste, ringraziando il cielo.
Avite ritte coccose?
No no niente.
Siamo arrivati, prosegua dritto e siete arrivato.
Va bene, grazie per il passaggio.
Come?
Grazie per il passaggio.
E che mi ringraziate a fare? È un piacere.
Ah…va bene!
(Durante il tragitto verso il Quartiere Porto, Adolfo riflette sulle parole di Giuseppe e si rende conto che non ha voluto neanche un soldo, bensì si è offerto di aiutarlo gratuitamente.
Dopo qualche minuto che pensa questo…)
Scusi, scusi!!
Chi è? Cosa te pica? Non ho niente con me.
Ma che state dicendo? Guardate, vi è caduto questo.
Oh bona de Dio! Il mio sacchetto! Voleva rubarmelo, eh? Lo sapevo! Tutti ladri e truffatori siete!
Uà e c’ pregiudizio tenete! Glielo sto restituendo perché le era caduto. Altrimenti non le avrei detto proprio nulla.
Sì sì, dite tutti così! Me lo dia!
Tiè. E comunque se volete rimanere a vivere qui dovrete mettere da parte gli inutili pregiudizi che tenete voi del nord.
E lei come sa che voglio venire a vivere qui?
Lo so perché in questo quartiere ci sono solo botteghe e case, case e botteghe, nun penzo ca’ nu’ turìst sia interessàt.
Ha ragione, è così. Come si chiama lei?
Gennaro, piacere.
Adolfo. E…grazie per…avermi avvertito che mi era caduto il sacchetto.
Dovere!
(Dopo l’incontro con Gennaro, Adolfo arriva alla bottega di suo cugino Salvatore)
Adolfo! Bentornato a Napoli! L’ultima volta che ci venisti quando fu? 20 anni fa?
Sì e mi bastò.
Oh andiamo! Solo per quel ladro che te rubò e’ sorde?
Certo, a Napoli siete tutti così!
Comm’ no! Tien’ ragione. Vien cu’ mme e te facc vre.
Dove andiamo?
Lo scoprirai. C’è un po’ di cammino da fare, ma ne vale la pena.
(Salvatore porta Adolfo al Duomo di Napoli, gli spiega la storia legata a San Gennaro e il divertente episodio di Andreuccio da Perugia, che riuscì addirittura a ingannare dei ladri di Napoli.)
Siamo arrivati al Duomo di Napoli.
È stato costruito nel 1272 e costituisce uno dei monumenti più belli e storici della città. Vedrai che te ne innamorerai!
Adolfo, qua sta scritta la storia di San Gennaro. Devi sapere che San Gennaro è il Santo Patrono della nostra città, tutti i napoletani si rivolgono a lui per ricevere qualsiasi cosa, o solo per avere un po’ di conforto nei momenti difficili. A San Gennaro è legato il famoso “Miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro” che avviene tre volte l’anno, se avviene: a maggio, a settembre e a dicembre. Se non dovesse avvenire, è tragica per noi napoletani, si dice che potrebbero succedere brutte cose.
Del tipo?
Eh…tipo l’esplosione del Vesuvio, o che so…un terremoto!
Oh buon Dio!
Tutto questo per dirti che non solo Napoli ha dei difetti.
Infatti me ne sono reso conto anche prima, mentre stavo arrivando da te. Sono stati tutti molto corretti e cortesi, contro ogni mia aspettativa.
Visto? Ora sei pronto per vivere con me?
Certo che sì, poi anche io ho truffato e sono stato truffato…e non a Napoli!
PENSARSI:
Sai di un sogno mai
spettinato dal vento e
mai rivelato.
ILLUSIONE:
Gioco di sguardi,
tu zitto mi guardi;
accendi le mie fantasie
e fermo le spegni.
Mi fai tua con una mossa,
scacco matto.
Buffo come un sentimento possa
ossessionare,
mirare,
sparare,
colpire e
centrare.
Non c’è via d’uscita,
solo…
perdiamoci nelle nostre essenze e
resto, diventiamo una sola.
Sbagliamo, spariamo, scompariamo.
Scacco matto,
non c’è partita.
LETTERA DA AUSCHWITZ A UNA NUVOLA:
Mi segui?
Fallo ancora
non voglio smettere di guardarti,
significherebbe sparire.
Prendi forma sotto i miei occhi
specchi rotti
ti sposti
posi la tua visuale su di me
ondeggi
cambi colore per le emozioni
tue,
nostre.
Mi segui?
Tra qualche tempo un ricordo
sarai
e non più sulla mia rotta.
Oppure salirò da te e ci rivedremo
fra dieci anni, cinque, domani o tra
un attimo…
Mi segui?
Portami con te
fa che sia io a seguire te.
Sono stanco di questa forma
di questo colore.
Insegnami il candido bianco di cui sei fatta,
abbandonerò il nero
e sarò nel mondo
che ho sempre sognato.