„ SARDINIA „
( di Cesare Bovio )
I piccoli piedi di un bambino affondavano tremuli nelle fredde acque del rio, dove l’acqua scorreva ridendo e degradando con quel suo festoso canto per migrare limpida e veloce verso la sua lontana meta finale: il mare.
E laggiù in fondo alla valle dove il piccolo rio, diventato ormai fiume e giunto alla foce, si tuffava nel profondo pelago, confondendo le sue acque dolci con quelle salate, mentre gli effluvi profumati che scendevano dall’aspro monte si fondevano e confondevano con l’odore salmastro e iodato della brezza marina, creando un’essenza olfattiva intensa che riempiva i polmoni e l’anima, i pescatori respiravano riconoscenti quegli antichi profumi come un balsamo miracoloso che infondeva loro la vita ed il coraggio e ritemprava i loro corpi provati dalle fatiche e dalle paure di ogni notte.
Nascosta negli anfratti degli scogli schiaffeggiati violentemente e senza tempo dallo spumeggiante dominatore color cobalto, la foca monaca viveva intanto i suoi brevi giorni come eremita volontario, forse per sfuggire alle violenze dell’uomo predatore o per trovare incerto riparo dalla improvvisa e tempestosa rabbia del mare.
Ed intanto il delfino giocoso inseguiva come un monello incorreggibile le barche di quegli uomini dalla pelle bruciata e dal cuore indomito, impegnati per vincere la battaglia perenne della loro travagliata esistenza.
Mentre gli alberi di quercia venivano spogliati dall’uomo della loro pelle rugosa, quel sughero prezioso che ne proteggeva le carni legnose per poi restare a vegetare umiliati e pazienti sulle dorsali del monte, forse in attesa di un evento divino che li potesse un giorno tramutare in saggi patriarchi, come antichi montanari stanchi seduti su quei dolci declivi.
Lontano, sparse sui prati come chiazze bianche dipinte da un divino pittore, le greggi brucavano erbe rinsecchite e sterpaglie assetate e
addolcivano il paesaggio come candide pennellate gettate a caso sul paesaggio, completandone la bellezza e fondendosi con l’azzurro del cielo, il verde della macchia ed il blù intenso del divino mare.
Sparse e disperse ai piedi degli olivi secolari e contorti come vecchi centenari dotati di una forza primordiale e tenace, giacevano olive mature o marcescenti cadute spontaneamente dagli alberi come enormi gocce di nera pioggia, anelanti di tornare alla madre terra per porre fine al loro annuale e naturale ciclo vitale.
Battaglia eterna di ogni creatura per conquistare giorni o anche solo attimi di vita e assurgere alla luce ed al calore e per essere consci di esistere, così come il piccolo seme nascosto e affondato nel buio della zolla, che combatte strenuamente contro il duro terreno per tramutarsi in tenero virgulto e farsi strada lentamente per poi fuoriuscire ed arrivare alla luce del sole, che lo farà crescere e diventare pianta prospera e ricca di rami, di foglie e di frutti.
Luminosa come lucciola che buca le tenebre con i suoi guizzanti bagliori
Ignota e libera come sonnambula che cammina nel cuore della notte
La vita si abbarbica a mille soluzioni e procede per imprevedibili sentieri, obbediente a regole mai insegnate, pur di non cedere al buio eterno ed all’ansia della inevitabile fine.
Miracolo eterno che si ripeteva antico come la storia e che l’uomo non è ancora riuscito a distruggere.
„ DEA „
( di Cesare Bovio )
Scendeva altera e bianca
come statua di sale senza corpo nè sangue
passo dopo passo
seguendo il sentiero roccioso che degradava verso la battigia
sembrava un’anima finalmente libera
mentre fissava l’immensità del mare sottostante
ed imbeveva i suoi occhi del luccicchio che emanava dalle onde del mare
che come specchi balucinanti riflettevano quegli antichi ed eterni bagliori baciate alternativamente ed incessantemente dal chiarore lunare
mentre il profumo della macchia mediterranea la inebriava
e più che donna…si sentiva una dea uscita dal limbo
spinta da un bisogno incontenibile di immergersi nelle acque del mare forse per purificare la sua anima e uscirne nuova
in attesa del primo sole che avido di quelle gocce salate
l’avrebbe resa luminosa ed astrale… come evanescente cometa
„ L‘Armadio „
(Cesare Bovio)
I tuoi vestiti appesi nell’armadio
…come fantasmi senza corpo
i ricordi che galoppano per la stanza
come cavalli imbizzarriti…mentre io
seduto sulla sponda del letto
grido al nulla…il tuo nome
„ Plenilunio „
( di Cesare Bovio )
La finestra aperta
la luna che illumina il letto
un torsolo di mela sul comodino
e tu… che dormi… come un bambino
„ NUDO „
( di Cesare Bovio )
Nudo
appena emerso dalle acque del mare
grondante di gocce salmastre che scivolano sulla mia pelle
come miriadi di diamanti sfavillanti sotto la luce lunare
e percorrono sentieri improvvisati
che esse stesse disegnano sul mio corpo
io
ad occhi chiusi e consapevole del momento magico
aspiro l’aria ed il profumo della pineta e del mirto
rivivendo emozioni già vissute in ogni tempo
da altri uomini che come me
sono stati protagonisti
anche solo per brevi momenti
del miracolo incomparabile della natura e della vita
„ Briciole „
( di Cesare Bovio )
Briciole di pane sul tavolo della cucina
un piatto sporco…
una lattina di birra vuota
e quell’improbabile… „ADDIO“
scritto col rossetto sulla tovaglia di carta
„ SOGNI „
( di Cesare Bovio )
E mi risveglio al mattino
scendendo confuso dal carro d’argento
trainato da neri destrieri alati
auriga inconsapevole
e passeggero involontario
di voli fantasiosi
che ogni notte mi trascinano
come un pupazzo di pezza
privo di coscienza propria
allucinato ed ebbro
di nebbiosi ricordi indomabili
che mi riportano alla folle realtà
dei miei giorni vissuti.
“ Sovrumani ”
(di Cesare Bovio)
Rintocchi lontani di campane nel silenzio della notte
noi…passeggeri incoscienti di un volo senza meta
volti perduti che galleggiano in un immenso spazio onirico
visioni di momenti vissuti su questo palcoscenico della vita
uomini neri che scavano diamanti nella roccia delle miniere
donne velate e senza volto che si specchiano invano
bambini affamati e madri impotenti che piangono in Africa
rivalità eterne e battaglie inutili che si ripetono
piogge di lacrime che bagnano terreni bruciati ed incolti
fantasmi vestiti di carne ed illusi di esistere
fantocci truccati che si rispecchiano nei “selfies”
castelli di fumo che si dissolvono nel vento
ghiacciai che si sciolgono come tetri presagi
continenti e foreste che bruciano per criminale idiozia
giorni senza tempo e notti senza fine di persone… già condannate
Si credevano Dei, ma erano solo…
piccoli uomini folli !!!
” Le anime vaganti “
( di Cesare Bovio )
Le anime vaganti son sospese
seguono cammini misteriosi
volano in silenzio fra le stelle
nude, ma splendenti di rugiada
se tu guardi verso l’Infinito
forse incontrerai chi ti ha lasciato
ma non ti crucciare del domani
presto… sarà un giorno già passato.
” Il fiore “
( di Cesare Bovio )
Come un fiore che dorme appassito in un campo
ed ha perso i colori e il profumo di un tempo
ogni giorno vissuto… è una parte di vita
che si spegne nel mare
di una storia infinita