Cristina Turelli - Poesie

BUONI PROPOSITI

Voglio liberarmi di tutto,
non appartenere più ai pensieri,
alle passioni.
Essere libera di rifugiarmi nel mio cuore.
Lontano da tutti
per meglio aprirmi all’amore.
Un’eremita umile
in attesa…


PENSIERI FILOSOFICI N.1

L’uomo è immerso in un moto continuo: l’universo, che più si muove,
meno appigli gli dà per aggrapparsi; allora si riveste di menzogne per
trovare un po’ di sollievo. Ho pensato di risolvere il mio dolore con
una vita in Cristo, ma poi nei miei fondali, ho trovato nient’altro
che deserto e nessuna traccia di Dio. Mi sono rivolta a Marx e m’ha
detto che fra tutti i fiori non v’è alcuno che sia nero. Poi, il
Diogene moderno (Freud), m’ha mostrato risoluto porte da aprire.
Tutte teorie entusiastiche invase dalla fede o dall’illuminismo (in
oltraggio al senso tragico della vita come fato), che hanno portato
alla menzogna in cui l’uomo vive: credere di avere sotto controllo
ogni cosa, perché i misteri possono essere indagati e svelati.


PENSIERI FILOSOFICI N.2

Ci sentiamo eterni fino a quando non ci è sottratto il poco di bene
che si è avuto la fortuna di incontrare. Nessuno ci ha insegnato la
precarietà dei nostri tesori e quando ci vengono strappati, la nostra
presunzione di conoscenza si rivela un vuoto pauroso dal quale è
difficile salvarsi. Che fare? Bisogna trovare il modo per
rappresentare il dolore, per vederselo davanti. In un’immagine che non
lo risolve, ma che ci consola.


PENSIERI FILOSOFICI N.3

Ho cercato una spiegazione al dolore, scandagliando il mio fondo senza
fondo, illuminando con la lanterna della ragione la mia parte in
ombra.
Illudendomi di svelare misteri. Cosa ho mai scoperto? Che mi sono solo
ricoperta di menzogne. Il dolore non ha spiegazione, è radice stessa
dell’universo. Bisognerebbe avere il coraggio di pensare il mondo in
termini antichi, lo stesso coraggio dei nostri progenitori: gli
antichi greci.
Possedere il loro senso tragico dell’impossibilità umana di dominare il mondo.
E’ il fato il grande dominatore, la forza oscura che ci governa.
L’uomo greco sapeva che una volta investito dalla tragedia non avrebbe
avuto alcun risarcimento. Ogni suo agire era votato al nulla, ma
proprio per questo doveva compiersi.

Capitolo primo

Da piccola odiavo il momento della ricreazione, quando dovevo
abbandonare il mio banco di scuola e avventurarmi fuori, oltre il
perimetro del “mondo conosciuto” per giocare con i miei compagni.
La maestra Rina aveva un debole per me e mi spronava a non essere così
timida, spingendomi a stare insieme agli altri bimbi. Per me era una
tortura. Quando il tempo della ricreazione finiva, tornavo al mio
banco con la felicità del naufrago che si aggrappa alla sua zattera.
Mi sarebbe piaciuto essere trasparente. Invisibile. Se nessuno mi
avesse visto avrei potuto osservare indisturbata il mondo che mi
circondava e tutto quello che di interessante succedeva. Ero una
bambina sempre in disparte, come trasparente, ma con occhi che
vedevano oltre la superficie e con quella empatia necessaria per
capire i sentimenti e i pensieri di chi osservavo. Ci sono persone che
nascono per vivere la vita e persone che osservano gli altri vivere la
loro; del resto, è possibile partecipare emotivamente alla vita che si
osserva senza esserne protagonisti.
Non mi sono mai sentita sola, perché dentro di me risuonava una voce
dolce che mi spiegava ogni cosa. Mi sembrava naturale ascoltarla e
credevo che tutti la possedessero. Purtroppo crescendo, è sorto il
dubbio e ho confidato a mia madre della voce che sentivo. Lei, per
rassicurarmi, mi ha risposto che sicuramente era la voce della mia
coscienza e dal quel momento non l’ho più udita. E’ stata una perdita
incalcolabile che mi ha lasciato un vuoto incolmabile. E’ passato
tanto tempo prima che potessi sentirla di nuovo nel dormiveglia.
Raramente la sento e quando succede è come fosse un dono del cielo di
inestimabile valore.

Capitolo secondo

Non mi sono mai sentita a casa quaggiù e senza il conforto della voce
amica, avevo affrontato l’adolescenza come l’extraterrestre che per
sbaglio atterra su di un pianeta inospitale. Alle scuole superiori
andavo malissimo e gli insegnanti continuavano a ripetermi che non
capivo niente e si chiedevano perché perdessi tempo a frequentare la
scuola e non mi cimentassi invece nella conduzione di un’azienda
agricola.
Convinta di essere scema mi ero ancor più chiusa in me stessa e quando
un giorno avevo incontrato la mia ex maestra elementare e mi aveva
chiesto come andassi a scuola, io le avevo risposto con un brusco:
“Male!”. Lei non se l’era presa e con rammarico aveva ribattuto:
“Perché non ti capiscono…” Come se per far funzionare il mio
cervello avessi dovuto trovare solo insegnanti dall’elevata levatura
morale.

Capitolo terzo

La scuola mi annoiava e mi atterriva allo stesso tempo.
Difficilmente quello che i professori dicevano m’interessava; eppoi,
al momento cruciale dell’interrogazione, quando in pochi minuti dovevo
dare il meglio di me dimostrando di recitare bene la parte della
sapiente, mi stressavo molto.
Trovavo scampo passando la mattinata nascosta nella sala d’aspetto
della stazione, ad osservare tutte quelle persone che partivano ed
arrivavano.
Pensavo di avere la facoltà di leggere il destino sulla faccia della gente.
Bastava un piccolo particolare come il tipo di scarpe indossate o il
modo di guardare e di camminare, per immaginarmi il carattere e la
vita di chi osservavo. Mi ritenevo una mente di valore, anche se tutti
si ostinavano a sostenere il contrario. Non riuscivo a diplomarmi. Mi
ritiravo dalla scuola, incapace di fare le cose comuni che ogni
studente fa per essere promosso. Davo troppo valore ai voti
insufficienti che prendevo, convinta di non essere abbastanza
“normale” per frequentare la scuola. Ammesso che si possa stabilire
cosa sia la “normalità”.
Col tempo sono arrivata alla conclusione che le persone “normali”,
siano quelle che non fanno troppo male ai simili e a se stesse.

Capitolo quarto

Fortunatamente avevo una stanza tutta mia. Mi sedevo sulla sedia a
dondolo e dondolandomi ascoltavo musica rock. Era un genere di musica
che risvegliava le mie istanze di ribellione, ma una volta uscita
dall’incantesimo,tutto riprendeva come prima e le umiliazioni che
ricevevo tornavano a tormentarmi.
Sono sempre sembrata una persona a cui prestare poca attenzione. Forse
perché ero cresciuta in una famiglia di origini contadine patriarcali
e in certi ambienti, le piccole donne non godevano di grande
considerazione.
La musica era la mia droga. Aveva il potere di fermare il tempo e di
farmi vivere in universi paralleli. La musica mi faceva potente:
potevo entrare dentro al quadro astratto che osservavo, immaginarmi di
vivere le biografie avvincenti che leggevo. La mia salute mentale
vacillava. Da sola vivevo e da sola mi distruggevo. Come potevo
conciliare il mondo reale con quello immaginario?.


LETTERA AL MONDO

Voglio far pace con l’universo.
Ho fatto il vuoto dentro me
e ora tutto mi è chiaro.
Non ho vissuto,
vivrò di incantesimi,
per questo non penso e pianto viole.
Mi perdo nei loro colori
e niente mi può indebolire,
nemmeno le mie debolezze.
Mi fingo una massaia e faccio
torte per il vicinato.
Sono così rassicurante che
nessuno mi teme;
ma se guardo oltre l’apparenza,
vedo una guerriera che
si rigenera ogni giorno e che
piano piano si è costruita una
corazza intellettuale
per ordinare e contenere
le emozioni più profonde
e controllare la vita disordinata
degli abissi.
Ho vissuto una vita reclusa
in bilico sulla follia.
Creatività implosa
e dilaniante.
Sono una reduce di me stessa,
ma ho sogni:
il cielo mi abiterà
e sarò libera di andare cantando
in pace col mondo.


LETTERA AD UN UOMO

Caro uomo,
so che non mi vedi.
Lo capisco da come mi saluti.
Lo fai in modo buffo
come se non meritassi la tua serietà.
A me invece piace guardarmi
e scopro ogni volta cose interessanti.
La luce nel mio sguardo
fa intuire la profondità delle mie emozioni.
Mi trovo bella
e se vedo negli occhi di chi mi guarda
il disappunto per la mia figura appesantita,
che posso farci se sono ciechi?.
Non vedono la leggiadria
della mia anima.
Sono un essere intoccabile persino
a me stessa e non posso che
specchiarmi nel mio fondo senza fondo.
Caro uomo,
mi piacerebbe che tu mi guardassi
con uno sguardo innamorato,
ma forse non saprei nemmeno
riconoscerlo,
visto che nessun uomo mi ha veramente
amato.
Caro uomo,
non sentirti importante,
sei solo un passatempo.