Dalila Ferraioli - Poesie

È tutto più bello al mare

 

È tutto più bello al mare, passeggiare al tramonto,  

con la sabbia fra le dita dei piedi, le infradito fra le mani  

e l’acqua che cancella le impronte ad ogni passo.

È tutto più bello al mare, stendersi e restare qui,

con la sabbia sotto i vestiti, che poi i vestiti si tolgono

perché siamo coperti di sogni.

È tutto più bello al mare, farsi la doccia,

con lo shampoo alla pesca o alla ciliegia,

o alla pesca e alla ciliegia,

perché non viviamo di limiti, ma di eccessivo,

di più frutti, più profumi, più libertà, più amore.     

Che poi siamo liberi di amare sempre,

ma è più semplice con il profumo di mare

e si sa la semplicità è più bella al mare.

È tutto più bello al mare, anche la pioggia,

che riempie gli oceani, che ci fa scappare in cerca di un riparo,

che poi ridiamo perché siamo già bagnati.    

È tutto più bello al mare, noi due stretti su un solo lettino,                                                       

che non c’è vergogna per chi è ricco di vita e vive davvero.

È tutto più bello al mare, le tue gote arrossate che ti invidiano

il mondo, perché non hai bisogno di trucchi per essere te.

I tuoi capelli pieni di sale, selvaggi come le tue estati.

Le tue cicatrici che non nascondi al contrario di altre

perché sai che sei donna e lo sei anche così,

mentre corri bambina dietro un aquilone,

mentre danzi sotto un acquazzone, mentre sorridi

a queste mie rime sbadate, parole azzardate.

Ti dico: «Viviamo di dubbi non di certezze

che è tutto più bello al mare e poi qui ci sei tu.»


 

 

Nothing

Io non posso fare più di tanto per farmi amare, anzi io non posso fare proprio niente. La gente si innamora con i niente: con la spontaneità, con le risate, con i difetti, con i più piccoli gesti all’apparenza insignificanti. Si innamora vedendoti piangere e osservandoti dormire, si innamora per il tuo modo di mangiare e per come arrossisci dopo aver ruttato. Si innamora per quelle note stonate sotto la doccia, per i “buongiorno” e i “buona notte”, per i quotidiani “vaffanculo”…soprattutto per i vaffanculo. Si innamora del vostro passo a ritmo di musica, della vostra abilità di conoscere ogni testo di OGNI canzone e del vostro giocare con i fili delle cuffiette, per il nervoso, dovuto all’aver scordato una parola.

Si innamora della vostra espressione mentre studiate, del vostro sguardo rivolto al finestrino e del mistero dietro i mille pensieri che occupano la vostra testa. Ci si innamora dell’anima, di un’idea, ci si innamora un miliardo di volte tutte insieme, e ogni giorno.

La gente si innamora per i niente


La mia felicità

 

- L’ho sentita, sai? La felicità!

L’ho sentita! Esiste! – Non ci credo! – Credici! – E come è? -Eh…come è … è difficile come domanda…

È quella morsa allo stomaco di quando sei innamorato o hai paura (che poi è la stessa cosa, che si sa. L’amore fa paura), è quella… leggerezza, di cui la gravità ti priva.

È …come stare sulla luna! In mezzo alle stelle, e … puoi vedere i pianeti e il tuo mondo da lassù! E sembrate tutti così piccoli, siete minuscoli, come formiche! Che poi lo sai…

  • Era tutto più bello con la mia felicità!

Tutto meno importante! Tutto più chiaro! Siamo così stupidi, sai?

Passiamo tutta la vita a cercarla, rincorrendo in lungo e in largo un corpo senza volto, un luogo, un voto, un lavoro…uno scopo!

La vetta del monte più alto, la cui salita è spesso ripida. La soddisfazione maggiore… quella rara occasione per sentirci completi, come quando trovi l’ultimo pezzo del puzzle.

Fa paura, sai? È così bella e così fragile. – Come… una farfalla? – Mhh no, più come…un dente di leone! Si!

Un dente di leone! Basta un soffio, un po’ di vento e Puff! È tutto svanito!

Adios, Au revoir, Arrivederci! Una secchiata d’acqua fredda e il sogno finisce… e ritorni alla realtà. Ma io ormai l’ho vista sai, e ce l’ho qui *indica la tempia* non la dimentico, sai? Ah no!

Non la scordo più! Non mi sfuggirà ancora, no no! -Ma…allora com’è? Che forma ha? Ha un nome preciso? Come la ottengo? -Uoo uoo! Calma calma! Quante domande che fai! Ma non ti stanchi mai? Non ti sono bastate le mie parole? Non sono forse abbastanza per te? – Ma no no…è solo che – Niente che e niente ma! Lo so che è così, ma non me ne dispiace. Le parole non bastano, le immagini non immaginano, i suoni non compensano. Non ha una forma sola. Non la puoi chiamare con un fischietto, come un cagnolino. Non la puoi addestrare per tornare da te. La possiedi. Questo sì. Per un solo piccolo attimo è tua e poi corre via, di nuovo…un’altra volta, come una stella cadente. Nessuno sa dove va, cosa fa o quando torna, ma torna. Torna, fidati che lo so.

Torna sempre. – Sembra meravigliosa. – Lo è! E lo vuoi sapere un segreto?

 

Era tutto più bello con la mia felicità!


 

In teoria no

 

Sai, ieri mi è capitato di pensare a noi.

Sai, quando cercavamo di fare gli scemi fingendo di amarci, ma

era molto di più. Perché mi piaci, sai?  Non userò un “ancora”

e non risponderò  “anche tu” perché sottintendere è banale.

E questo invece è eccezionale! Questo cosa?

Ma che mi piaci cretino! Devo ripeterlo? Ripeterò.

Devo scrivertelo? Scriverò. Lo urlerò fin sotto terra,

ché le stelle già sono stufe di amanti folli.

Mi piaci quando mi guardi credendo che non me ne accorga,

ma io mi accorgo di tutto, sai?  

Non mi sfugge niente, tranne il sorriso. Quello scappa sempre.

Senza controllo. Chissà dove va…

Io aspettavo, aspettavo e aspetto ancora. Aspetto che mi dici

“Mi piaci” (bisbigli), “Mi piaci” (un po’ più forte),

“MI PIACI!” (urli). Mi hai stonato un orecchio, ma ti perdono.

Ora però dillo. Ripetilo all’infinito finché non ci crederò.

Finché non mi stancherò, ché in fondo sai che non mi

stancherò mai. Non so dirti perché non ti dico che mi piaci

e non so nemmeno dirti perché mi piaci. So che è così!

Non si può spiegare, è complicato,

come… la matematica ( del tutto incomprensibile).

Ma queste sono solo lettere che secondo qualcuno seguono

un ordine e una qualche logica. Due cose alquanto sopravvalutate

se mi permetti, perché non c’è logica alcuna in alcuna

vita, non trovi? In teoria dovresti essermi indifferente,

sei solo delle parole nere su un monotono schermo bianco…

però mi piaci! In pratica mi piaci, in teoria no.


 

Fammi sorridere

 

Si accumula polvere su quei peluche.

Vieni e giocaci come facevi una volta, fammi sorridere.

Alzo il volume della radio, è al massimo, mentre

giro per queste strade, tutta la città aspetta di sentirti.

Vieni e canta come facevi una volta, fammi sorridere.

Queste mura sadiche mi ricordano in ogni istante

che il tempo passa, anche per questa carta da parati

con gli orsacchiotti rosa.

Vieni e illudimi come facevi una volta, fammi sorridere.

Sembra un prato fiorito il tuo letto,

ogni sera era come dormire sulla primavera.

Ora il mio cuore è inverno.

Vieni e fingi di non avere come sonno come facevi una volta,

fammi sorridere.

Questo lettone è così vuoto senza te,

aspetto ancora che vieni a raccontarmi la tua nuova avventura,

quanti draghi hai ucciso questa volta?

Hai fatto la pernacchia a quella lumaca del principe azzurro?

Hai girato il mondo? Hai confermato che la tua bellezza

è pari a quella del tuo cuore? Ora torni da me?

Vieni e fammi sognare come facevi una volta, fammi sorridere.

Voglio tornare sull’Isola Che Non C’è,

giochiamo ancora, non ascoltare gli altri.

L’unico orologio di cui ti devi preoccupare

è quello nella pancia del coccodrillo.

Sei ancora qui. Sei la mia bambina.

Sei la principessa che mi ha salvato dalla normalità.

Non temere che lo so che il tempo passa,

ma ti spaventa ancora il temporale.

Allora vieni e abbracciami come facevi una volta,

proteggimi che ti proteggerò.

Fammi sorridere.


 

” PRENDIMI LA MANO CHE GIOCHIAMO A LAVORARE”

 

-Dai prendimi la mano, giochiamo a fare i grandi.

 

- E come si fa a fare il grande?

 

- Ci si veste sempre elegante, si parla in modo strano, ci si sveglia presto e si dorme poco.

Sono buffi i grandi, sai? Perché smettono di giocare, ma continuano a fingere, dicono che Babbo Natale non esiste, ma continuano a credere in persone, che alla fine, non esistono! Ah e poi… lavorano.

 

-Lavorano?

 

-Si, vivere per lavorare, non lavorare per vivere.

 

- E che vuol dire “lavorare”?

 

- Eh… questa domanda va oltre una singola risposta.

Fin da bambini ti si inizia a chiedere “che cosa vuoi fare da grande?” oppure “chi vorresti diventare”?

 

-Ma che vuol dire? Io sono io.

 

-E qui ti sbagli. Tu smetti di essere tu nel momento in cui ti viene posta questa domanda. Diventi un cognome, diventi un numero, puoi essere un codice, un voto su un foglio, un prof., un avv., un dott.

La tua identità diventa quella che gli altri ti attribuiscono e non è diversa da quella di chiunque altro abbia quella stessa etichetta. La gente termina di studiare e crede che per un pezzo di carta non esista più nulla da imparare. Ci si aspetta subito di lavorare; quel lavoro che è mutato almeno un miliardo di volte nella nostra testa. È cambiato da quando avevo 5 anni e volevo fare la cantante, a quando ne ho avuto 12 e volevo diventare una scienziata; è cambiata di nuovo quando la mia migliore amica mi aveva detto di voler essere un dottore, e ancora quando ho capito che il sangue mi faceva impressione.

Adesso voglio fare la scrittrice. Sì, hai capito bene! La scrittrice! Domani chissà… magari sarò un astronauta, ma oggi no. Oggi sono una scrittrice. Non vedo l’ora di diventare grande e poter finalmente mostrare al mondo ciò di cui sono veramente capace, ma al giorno d’oggi è difficile, sai.

Mentre noi giochiamo a fare i grandi, i grandi giocano a fare i piccoli perché di quei piccoli sogni che avevano spesso sono rimasti solo grandi rimpianti.

 

-Ma allora non capisco. Tu cosa pensi che sia il lavoro?

 

-Le mie idee sul lavoro per adesso sono il riflesso delle esperienze che hanno avuto gli altri.

 

Lavorare è… impegno: vuol dire smettere di dipendere dai tuoi genitori e iniziare a “campare a tue spese”, mi dicono.

 

Lavorare è… sacrificio, poche feste e tanti piatti, orari così lunghi che arrivi a casa con un piede già nel mondo dei sogni.

 

Lavorare è… “Cavolo! Voglio tornare a scuola!” e a scuola era “Cavolo! Voglio andare a lavorare!”.

 

Lavorare è… un casino di porte in faccia, non ti basta una vita per prepararti alle delusioni, ma ti bastano le delusioni per capire le vita.

 

Lavorare è…sapersi vendere.

 

Lavorare è un altro modo per dire schiavitù.

 

Lavorare non schiavizza se trovi “intangibili” cioè benefit che non sono monetizzabili.

 

Lavorare è…rinnovarsi.

Gente nuova, nuove idee.

 

Lavorare è… credere. Testa alta e voce forte. Se non credi in ciò che fai, non puoi convincere gli altri a seguirti.

 

Lavorare è… guadagno altrimenti si parla di volontariato …anche se spesso….si guadagna talmente poco che le due definizioni si confondono.

 

Lavorare è… confrontarsi costantemente con se stessi per capire bene dove indirizzare le proprie energie.

 

Lavorare è… regolarità e puntualità.

 

Lavorare è…ognuno per sé.

 

Lavorare è… squadra.

 

Lavorare è diverso per ognuno di noi che lavora.

 

Lavorare è divertente, è difficile, è bellissimo, è stressante.

 

Lavorare è…creatività.

 

Lavorare è…libertà.

 

Lavorare è…soddisfazione personale.

 

Lavorare è…rendersi utile.

 

Forse adesso lavorare per me è ancora un concetto emozionante, spero che sia sempre così perché altrimenti avrò scelto il lavoro sbagliato.

 

- Lavorare è così confuso!

 

- Eh sì, ma ora non ci pensare, è presto per te. Quel mondo ancora non ti reclama.

Dai prendimi la mano che giochiamo a fare i piccoli. Poi quando vorrai giochiamo a lavorare.


 

“All’Arte, alla Passione, alla Speranza e alla Fortuna.

All’Amore, ai miei quattro nonni, alla mia mamma e al mio papà,

a Nadia, a Luigi, ad Antonio e al fratello di mia nonna Liliana,

il professore Flaviano De Luca, un’anima affine che

avrei voluto conoscere. Da una sognatrice a un altro… Grazie.”

 

Punto fisso

Così che possa essere,

mentre tutto intorno muta,

un punto fisso da guardare

per non perdere l’equilibrio,

come quando si fa una piroetta.


 

Voglia di riviverti

 

-Sai, stanotte ti ho sognato, sai?
-No che non so. Come potrei sapere?

-Ma sì che sai! Eri lì, ricordi?

- Mh non so.

-Ma sì che sai! Eravamo insieme, sulla stessa spiaggia,

sulla stessa nostra altalena, durante la stessa monotona notte.

- Ma che dici? Non può essere.

Nulla è monotono con te! *occhiolino*

- Ah, fai lo spiritoso adesso?

Ma non puoi cancellare questa offesa, perché io ricordo, sai?

Ricordo quel tramonto d’Agosto sulla spiaggia d’Ottobre.

Ricordo l’aria gelida e il contrasto con le tue mani calde.

Ricordo che eravamo vestiti di sogni delle nostre anime,

e ricordo che non ci serviva altro.

Non c’era luce alcuna se non quella della luna.

Ricordo anche che non volevi svegliarti e neanche io.  

Ma forse non era altro che questo, un ricordo, sai? È così?

Era un’altra notte insieme. Era riviverla ancora.

Era riviverci, sai? Davvero non ricordi?

-Ma certo che ricordo, sciocchina. Come potrei non ricordare?

Ogni “medesimo” vissuto con te è degno di essere sognato.

Non mi stancherò mai. Avrò sempre voglia di riviverti.


 

Restiamo estranei in un attimo di baci

 

«No!» la interrompe lui, sfiorandole le labbra con il pollice,

con un tocco delicato come la prima goccia di pioggia,

prima di un temporale. «Non dirmi il tuo nome

in questo mondo dove un nome viene usato, offeso,

distrutto e amato, dicono. Alla fine, un nome sono solo lettere

destinate ad appartenere alla pietra,

perché verba volant scripta manent, dicono questi profani.

Credono che possa scordare che sei stata, sei e sarai Gioia,

Dolore, Rabbia e Amore, perché Amore non è una cosa,

Amore è una persona, Amore sei tu!

Lo sarai anche quando il vento smetterà di parlare di te e

quando l’inchiostro svanirà e quando costruiranno grattacieli

sulla pietra che definivano eterna.

L’eternità non esiste! È una parola e niente di più!

Un’altra rivendicazione dell’uomo che gioca con Dio  

e attribuisce a queste il nome di mani» dice,

facendo un altro passo e prendendole le dita.

«Che queste sono labbra», si avvicina ancora

«E questo nostro attimo in cui non esistiamo che noi,

è detto … bacio » continua lui, sigillando quella frase.

«L’eternità non esiste, ma se esistesse

sarebbe questo attimo e quello dopo ancora,

perché vivremo di attimi di baci.

E allora restiamo estranei,

che tanto estranei si resta anche quando ci si ama

e si promette di appartenersi per l’eternità.

Le parole finiscono, che siano nel vento o sulla pietra

e restano solo estranei che non incrociano sguardi

e cambiano strada, con i rimpianti di aver usato nomi.