Daniele Girardi - Poesie

LA QUIETE E IL TOO MULTO

 

Tuffo mancato

Quanto male può fare
Provare senza assaporare,
un uragano su una spiaggia in lutto,
Se tutto va bene, mi importa? Mi basta?
A che serve il posto a sedere?
Aver sete o prender da bere
Se continui a scavare sul fondo bicchiere,
come il mare, la ghiaia e il dolore
che trasmette uno sguardo incolore.
Inutile vacuo
sguardo rapito
che ancora si aggrappa
ad un sogno sbiadito
ad uno spreco di cuore,
un tuffo da un metro
spiccato ormai tardi,
nemmeno notato
già dimenticato.
Il senso è perduto,
il tempo è trascorso
non resta nemmeno
un qualche rimorso.
Soltanto rimpianto,
forse condiviso,
una speranza futura:
rivedere quel viso.

 


 

Notte alla deriva

La luna diffonde nella diafana notte
una luce cerulea sul tetto inclinato
la luce ci scorre, l’acqua gorgoglia,
nel flutto ribelle dell’onda del mare.
Il sangue qui scorre, il tempo trascorre,
nel buio del mare che tutto inghiotte.
La sedia ora stanca riposa dal peso
di un bagnino spossato con sguardo disteso
verso un orizzonte sempre più lontano,
muore una promessa, uno stanco rimpianto.
La notte è serena, il giorno è finito,
ormai non ci attende
che il sonno e un cuscino.

 


 

Pomeriggio diversivo

Immerso in un’indistinta folla
In cerca di sollievo
da un greve sole
da un incalzante interrogativo sopito
in cerca di tregua
da un’aspettativa insaziabile
da una risposta sempre valida
dall’eterno senso di estraneità
invidiando i bambini spensierati
immergendomi nell’acqua
voglio solo
rilassarmi.
Nell’attesa
Stando calmo
Ripartendo.

 


 

La resa

Notte. Buio.
Guardo in cielo, ho poco da cercare.
Sono sola, tremo un poco, sento male.
Sono assente.
Il rumore esterno nemmeno più lo sento.
Una staccionata lontana.
Un picchio colpisce ripetutamente il legno.
La testa che sbatte contro il legno.
Io che sbatto contro i miei errori.
Quanto ancora continuerò così?
Quanto ancora vivrò nell’illusione
di poter cambiare le cose?
Sono forse come il picchio?
Sbatto la mia testa contro un legno
nell’illusione di qualcosa di grande?
Di scolpire la mia opera?
Di lasciare qualcosa?
Di costruire qualcosa che duri?
Quanto ancora mentirò a me stessa?
Perché fa così male?
Perché sono così a terra?
Perché sono a terra?
È il mio sangue questo?
È il mio sesso che pulsa?
Perché mi faccio del male?
Perché ricerco il dolore?
È questo davvero l’amore?
È questo davvero l’amore?

 


 

Interrogatorio

Ti capita mai
Di sentirti spaesato
Di sentirti spossato
Di mancare il momento
Dell’eterno tormento
Della noia pesante
Di esser scostante
Ti sei mai chiesto
Perché siamo nel tempo
Se è l’esatto momento
“se anche salgo, poi scendo?”
Se sei fuori o sei dentro
Sei bello e scontento
O sei bello contento?
Qual è il senso di tutto?
Non è che per caso son brutto?
Stasera mi butto?
Sto tirando la corda?
Spero il cane non morda
Che poi mica ti piglia
Altro piatto in stoviglia
Se si rompe poi pace
La ragazza è audace
Io molto tenace
“ma davvero ti piace?”
Massì in fondo che importa?
Alla fine del tempo
Resta solo il momento.

 


 

La tempesta

Quanto in alto può ergersi un uomo
senza perdere la corona,
senza finire in un prato,
a domandarsi perché
il cielo ancora gli sfugge,
perché la sua smania di grandezza
debba arrestarsi e precipitare
nella sua finitezza temporale,
nel suo invano struggersi,
negli ennesimi dialoghi vuoti,
in un impeto di vita
che si infrange sulle onde di un orizzonte piatto
in cui si dovrebbe adagiare come una barca in bonaccia
quando invece
il frastuono del temporale si ode lontano
carico di rabbia e furia,
divampante di luce e fiamme
immenso e sempre più vicino
sempre più fragoroso,
sempre più magnifico
e splendido
e grande
Uno spirito che vuole gridare la sua magnificenza,
che brilla sapendo di poter usare la sua forza divampante.
Quanto in alto può ergersi un uomo
Senza finire in un prato
A domandarsi perché
Il cielo ancora gli sfugge?

 


 

Allo sbando

Ci sei quando
Resti solo dopo tanto
Resti in piedi, ma sei stanco
Bevi tanto, cadi in basso
Senti spesso il rimando
Con la barca vai remando
Già bestemmi, un grido, un pianto.
Fai le cose, calcolando
Fai fatica, apprezzando
Non ci credi, è un inciampo
Spingi porte, ma girando
Poggi piede, senza appiglio
Ti dimentichi di un figlio
Ti appoggi ad una porta
Quella gira, ma che svolta!
Nuova tipa? Ti rivolta.
Sempre uguale? Ma che noia.
Giorni persi, mai na gioia.
In attesa? Di che cosa?
Allo sbando ci sei quando
Tutto sembra stia svanendo
In un alito di vento
Allo sbando ci sei quando
Non reagisci all’incanto
Ti rassegni, consumando
La tua vita in un rimpianto.

 


 

Rassegnazione su tela

Un uomo che ha tutto
È un uomo distrutto
Un uomo che ha molto
Può andare a fondo
Un uomo sconfitto
Ha tutto il diritto
Di dirsi convinto
Che il mondo è un dipinto
Che scivola lento
Nel tempo e nel vento.
Un uomo distrutto
È un nuovo costrutto
Un nuovo virgulto
Un giovane adulto
Che è stanco e convinto
Del suo bel dipinto.

 


 

L’estasi

Un bicchiere con acqua s’increspa
Un colpo che pulsa in testa
La musica sale in cassa
Il cuore rimbalza e si squassa
Il piede ora preme la pista
Il pubblico acclama l’artista
Il sangue si lancia nel corpo
Il ritmo mi prende un botto
Si esalta la folla e l’artista
Si esalta anche il tassista
È fuoco e delirio la pista
Una musica che ti conquista
Una musica che ti rapisca
La folla si muove più in fretta
Scalpita il piede-saetta
Il cuore mi batte nel petto
Sto ballando come un ossesso
Magari poi faccio del sesso
Magari va bene lo stesso
Un brivido sotto la pelle
Una folla che grida gemente
Un pazzo che è il re della pista
Bruciare dentro il cataclisma

 


 

La giostra

Nasci, cresci, corri
Parli, giri, incontri,
Tempi, luoghi, mondi,
Uomini e racconti,
Tante gioie, amori, scontri,
Tanta guerra, pace, incontri,
Ed in fondo, ti confondi,
Ti raffronti, ti nascondi
Dietro tanti di quei volti,
Di speranze e di tramonti,
Ed infine è già sera,
Si scatena la bufera,
Ma si è ancora tutti in scena,
Un altro giro che qua impera
quel frenetico e giocondo
girotondo che è il mondo.