Dario Marucci - Poesie

CI SONO UOMINI E DONNE

 

Ci sono uomini e donne

che parlano

e nessuno li ascolta.

 

Ci sono uomini e donne

che agiscono

e nessuno li segue.

 

Ci sono uomini e donne

che vincono

e nessuno gli crede.

 

Ci sono uomini e donne

che perdono

e tutti li abbandonano

 

Ci sono uomini e donne

che osservano

e tacciono.


ATTRAVERSERO’

 

Attraverserò

ti giuro

le fiamme dell’inferno

e ridendo

brucerò

gli occhi per vederti

le mani per toccarti

le labbra per baciarti

il corpo per amarti

il cuore per dimenticarti.


QUESTO AMORE MALATO

 

Questo amore malato

non muore.

Questo amore soffre

in silenzio

non urla

non piange

non vuole più niente

non chiede più niente.

Questo amore testardo

offeso

disprezzato

umiliato

deriso

negato.

Questo amore

malato d’amore

non muore.


GELOSIA SOTTILE

 

Gelosia sottile

come un filo di luce

gelosia inebriante

ticchettante

fastidiosa.

Gelosia

possesso

dolore.

Per il vino così assaporato

per il culo di una donna

tanto ammirato

per i capezzoli duri

e gli stronzi fantasmi.

Per una giornata pigra

preferita a me

per il fumo così aspirato

per le pillole fagocitate.

Tutto meglio di me.

Arida e complicata

insicura vivo di gelosia.


SUPERBE SCORIE DI TE

 

Superbe scorie di te

ho vissuto

tinte di gelosia

e di parole

senza tanta allegria.

Scrivo con una penna rossa

quindi

col rosso fuoco

della passione

così poco bruciata

e così presto finita

col rosso triste

della brace assopita.

Brace vitale

piena di promesse

e delusioni

delusioni inutili

da fantasmi vigliacchi

promesse serene

di feconde pulsioni.

Scorie di te e di me

fin qui

rifiuti da bruciare

e da disintegrare.


PENETRA IN ME   

 

Penetra in me

tifa per me

piegami il braccio

e dimmi dove sono

i miei errori.

Piangi per me

ti prego

più che per te

questa volta.

Penetra nelle mie parole

comprendila a fondo

questa mia

ridicola

poesia spicciola.

Ti svelerà il bello di me.

Qui l’aridità si umidifica

e galleggiano bisogni primari.

I pensieri si accavallano

incontrollati .

Penetra nella mia anima

con l’allegria spudorata

di un fisico caldo.


LEGGERE    

 

Leggere

bere

procreare

lavorare.

Un sacco di vita

in un sacchetto di plastica

rincorro sogni

abbandono certezze

aspettando che si polverizzino

e spennello

raccogliendo anche

l’ultimo granello di polvere.

Un burattino sadico

ci muove

con la lucidità

dei suoi folli bisogni.

O pazzi

o servili

a voi la scelta

a noi l’illusione

della beatitudine

intanto che

le sciocche esigenze materiali

ci distolgono l’anima.


SPULCIATI  

 

Spulciati.

Togli il veleno che

come la neve

ti copre il gelo.

Togli le scorie di morte

le ombre di un passato

che non è tuo.

Taglia gli artigli

che vogliono ferire

senza di loro

ti sarà difficile   

uccidere.

Spazzola il cuore

e liscia le pieghe

di amarezza

che lo contraggono.

Lima gli angoli bui

Portami allegria.

Fatti bella per me

ti prego.

E spulciami.


IO SO

 

Io so

Che i miei versi

Sono spesso fulminanti

inchiodano alle parole

ed alla coscienza

creano imbarazzo

turbamento vergogna

tristezza dolore

e raramente un po’ di allegria.

Io so

che vanno

diritti al cuore

senza meditazione

posseggono la forza

che occorre

per aprire

quelle strade

che si ha paura

di percorrere.

Invitano al dubbio

mostrano

le sconfitte

procurano il timore

di potersi perdere

rinunciando a vivere.

  


 

INGANNANDO LA MORTE

 

Terminato l’assalto, il soldato pensò: ce l’ho fatta e aspettò. Doveva scavalcare la piccola collinetta che nascondeva il bunker dal quale fino a poco prima partivano colpi a raffica  che impedivano a chiunque di avvicinarsi.

Il soldato aveva scagliato una potente bomba attraverso la feritoia. C’era soltanto silenzio intorno e polvere, tanta polvere.

Bisogna saper aspettare prima di cantare vittoria e lo sapeva bene. Si accovacciò e cercò di percepire rumori ancora possibili. Attese che la polvere ed il fumo si diradassero in modo da poter osservare meglio attraverso la piccola fessura e riuscire a vedere se il nemico era stato abbattuto.

La polvere cominciò a posarsi lentamente e piano piano la visuale si presetò sempre più chiara. Il soldato si fece coraggio e a fatica cominciò ad avvicinarsi con prudenza e circospezione.  Arrivò davanti alla feritoia con il dito fremente sul grilletto del mitragliatore pronto ad ogni evenienza e tentò di guardare attraverso la feritoia che era oramai lì davanti a lui. C’era solamente un gran silenzio. Si sporse di quel tanto per riuscire a guardare dentro, certo che a quel punto che non ci fosse più pericolo. Ma ciò che vide lo inchiodò al suo involontario e maldestro errore. All’interno la polvere era ancora alta e discendeva lentamente impedendogli una visione completa della situazione.

Ma poi piano piano iniziò a vedere meglio ciò che era successo e che aveva intuito sperando di essersi sbagliato. La bomba aveva devastato tutto il piccolo interno in virtù del ristretto spazio che aveva amplificato la deflagrazione.

Si fermò, paralizzato, incredulo e riuscì a vedere ciò che non avrebbe mai voluto non soltanto vedere ma nemmeno immaginare. Stava lì davanti a lui il risultato della sua incursione. Un inferno. Cadaveri abbracciati di una famiglia che era corsa li nella folle speranza di potersi riparare dalle bombe che esplodevano tutto intorno. Il soldato rimase impietrito, turbato, devastato davanti a quell’immagine feroce e stupida. Corpi di bambini, donne, vecchi, animali accatastati l’uno sull’altro in un estremo abbraccio e nell’ultimo tentativo di protezione, nell’ultima vana speranza di salvezza. Da un lato vicino alla feritoia vide il soldato nemico, uno solo, accasciato sulla sua mitragliatrice. Ma nessun civile doveva essere lì. E così quei morti gli mostrarono l’inutilità, la stupidità, l’imbroglio delle guerre, di tutte le guerre, che si basano sulla morte per produrre soltanto morte. Si guardò intorno nella vana ed inutile speranza di scoprire qualcuno ancora in vita.

Si domandò allora perché a lui era accaduto tutto questo proprio a lui che era sempre stato attento, a lui che odiava la guerra e tutto quello che era stato costretto a fare. Lui che era stato sempre attento a non commettere errori oltre a quelli ai quali era costretto per sopravvivere.

Piano piano gli occhi gli si riempirono di lacrime e spossato cadde in ginocchio con il mitragliatore che quasi gli sfuggiva  di mano e lacrime, ora di sangue, scorrevano lungo il suo viso inebetito da tanto inutile dolore da tanta assurda crudeltà. Fu in quel momento che, senza pensare, senza scomporsi, con calma, in quella posizione quasi di preghiera fece una leggera, impercettibile pressione delle dita sul grilletto del mitragliatore, inerte tra le sue mani, e fece fuoco su di sé. Un sorriso si spalancò sul suo volto di ragazzo ed un rivolo di sangue, a mò di smorfia, iniziò a dipingere la sua espressione, delusa, incredula. Cadde lentamente a faccia in giù nella polvere quasi a voler nascondere a tutti, ma soprattutto a se stesso, la vergogna per l’orrendo crimine che aveva commesso.