CI SONO UOMINI E DONNE
Ci sono uomini e donne
che parlano
e nessuno li ascolta.
Ci sono uomini e donne
che agiscono
e nessuno li segue.
Ci sono uomini e donne
che vincono
e nessuno gli crede.
Ci sono uomini e donne
che perdono
e tutti li abbandonano
Ci sono uomini e donne
che osservano
e tacciono.
ATTRAVERSERO’
Attraverserò
ti giuro
le fiamme dell’inferno
e ridendo
brucerò
gli occhi per vederti
le mani per toccarti
le labbra per baciarti
il corpo per amarti
il cuore per dimenticarti.
QUESTO AMORE MALATO
Questo amore malato
non muore.
Questo amore soffre
in silenzio
non urla
non piange
non vuole più niente
non chiede più niente.
Questo amore testardo
offeso
disprezzato
umiliato
deriso
negato.
Questo amore
malato d’amore
non muore.
GELOSIA SOTTILE
Gelosia sottile
come un filo di luce
gelosia inebriante
ticchettante
fastidiosa.
Gelosia
possesso
dolore.
Per il vino così assaporato
per il culo di una donna
tanto ammirato
per i capezzoli duri
e gli stronzi fantasmi.
Per una giornata pigra
preferita a me
per il fumo così aspirato
per le pillole fagocitate.
Tutto meglio di me.
Arida e complicata
insicura vivo di gelosia.
SUPERBE SCORIE DI TE
Superbe scorie di te
ho vissuto
tinte di gelosia
e di parole
senza tanta allegria.
Scrivo con una penna rossa
quindi
col rosso fuoco
della passione
così poco bruciata
e così presto finita
col rosso triste
della brace assopita.
Brace vitale
piena di promesse
e delusioni
delusioni inutili
da fantasmi vigliacchi
promesse serene
di feconde pulsioni.
Scorie di te e di me
fin qui
rifiuti da bruciare
e da disintegrare.
PENETRA IN ME
Penetra in me
tifa per me
piegami il braccio
e dimmi dove sono
i miei errori.
Piangi per me
ti prego
più che per te
questa volta.
Penetra nelle mie parole
comprendila a fondo
questa mia
ridicola
poesia spicciola.
Ti svelerà il bello di me.
Qui l’aridità si umidifica
e galleggiano bisogni primari.
I pensieri si accavallano
incontrollati .
Penetra nella mia anima
con l’allegria spudorata
di un fisico caldo.
LEGGERE
Leggere
bere
procreare
lavorare.
Un sacco di vita
in un sacchetto di plastica
rincorro sogni
abbandono certezze
aspettando che si polverizzino
e spennello
raccogliendo anche
l’ultimo granello di polvere.
Un burattino sadico
ci muove
con la lucidità
dei suoi folli bisogni.
O pazzi
o servili
a voi la scelta
a noi l’illusione
della beatitudine
intanto che
le sciocche esigenze materiali
ci distolgono l’anima.
SPULCIATI
Spulciati.
Togli il veleno che
come la neve
ti copre il gelo.
Togli le scorie di morte
le ombre di un passato
che non è tuo.
Taglia gli artigli
che vogliono ferire
senza di loro
ti sarà difficile
uccidere.
Spazzola il cuore
e liscia le pieghe
di amarezza
che lo contraggono.
Lima gli angoli bui
Portami allegria.
Fatti bella per me
ti prego.
E spulciami.
IO SO
Io so
Che i miei versi
Sono spesso fulminanti
inchiodano alle parole
ed alla coscienza
creano imbarazzo
turbamento vergogna
tristezza dolore
e raramente un po’ di allegria.
Io so
che vanno
diritti al cuore
senza meditazione
posseggono la forza
che occorre
per aprire
quelle strade
che si ha paura
di percorrere.
Invitano al dubbio
mostrano
le sconfitte
procurano il timore
di potersi perdere
rinunciando a vivere.
INGANNANDO LA MORTE
Terminato l’assalto, il soldato pensò: ce l’ho fatta e aspettò. Doveva scavalcare la piccola collinetta che nascondeva il bunker dal quale fino a poco prima partivano colpi a raffica che impedivano a chiunque di avvicinarsi.
Il soldato aveva scagliato una potente bomba attraverso la feritoia. C’era soltanto silenzio intorno e polvere, tanta polvere.
Bisogna saper aspettare prima di cantare vittoria e lo sapeva bene. Si accovacciò e cercò di percepire rumori ancora possibili. Attese che la polvere ed il fumo si diradassero in modo da poter osservare meglio attraverso la piccola fessura e riuscire a vedere se il nemico era stato abbattuto.
La polvere cominciò a posarsi lentamente e piano piano la visuale si presetò sempre più chiara. Il soldato si fece coraggio e a fatica cominciò ad avvicinarsi con prudenza e circospezione. Arrivò davanti alla feritoia con il dito fremente sul grilletto del mitragliatore pronto ad ogni evenienza e tentò di guardare attraverso la feritoia che era oramai lì davanti a lui. C’era solamente un gran silenzio. Si sporse di quel tanto per riuscire a guardare dentro, certo che a quel punto che non ci fosse più pericolo. Ma ciò che vide lo inchiodò al suo involontario e maldestro errore. All’interno la polvere era ancora alta e discendeva lentamente impedendogli una visione completa della situazione.
Ma poi piano piano iniziò a vedere meglio ciò che era successo e che aveva intuito sperando di essersi sbagliato. La bomba aveva devastato tutto il piccolo interno in virtù del ristretto spazio che aveva amplificato la deflagrazione.
Si fermò, paralizzato, incredulo e riuscì a vedere ciò che non avrebbe mai voluto non soltanto vedere ma nemmeno immaginare. Stava lì davanti a lui il risultato della sua incursione. Un inferno. Cadaveri abbracciati di una famiglia che era corsa li nella folle speranza di potersi riparare dalle bombe che esplodevano tutto intorno. Il soldato rimase impietrito, turbato, devastato davanti a quell’immagine feroce e stupida. Corpi di bambini, donne, vecchi, animali accatastati l’uno sull’altro in un estremo abbraccio e nell’ultimo tentativo di protezione, nell’ultima vana speranza di salvezza. Da un lato vicino alla feritoia vide il soldato nemico, uno solo, accasciato sulla sua mitragliatrice. Ma nessun civile doveva essere lì. E così quei morti gli mostrarono l’inutilità, la stupidità, l’imbroglio delle guerre, di tutte le guerre, che si basano sulla morte per produrre soltanto morte. Si guardò intorno nella vana ed inutile speranza di scoprire qualcuno ancora in vita.
Si domandò allora perché a lui era accaduto tutto questo proprio a lui che era sempre stato attento, a lui che odiava la guerra e tutto quello che era stato costretto a fare. Lui che era stato sempre attento a non commettere errori oltre a quelli ai quali era costretto per sopravvivere.
Piano piano gli occhi gli si riempirono di lacrime e spossato cadde in ginocchio con il mitragliatore che quasi gli sfuggiva di mano e lacrime, ora di sangue, scorrevano lungo il suo viso inebetito da tanto inutile dolore da tanta assurda crudeltà. Fu in quel momento che, senza pensare, senza scomporsi, con calma, in quella posizione quasi di preghiera fece una leggera, impercettibile pressione delle dita sul grilletto del mitragliatore, inerte tra le sue mani, e fece fuoco su di sé. Un sorriso si spalancò sul suo volto di ragazzo ed un rivolo di sangue, a mò di smorfia, iniziò a dipingere la sua espressione, delusa, incredula. Cadde lentamente a faccia in giù nella polvere quasi a voler nascondere a tutti, ma soprattutto a se stesso, la vergogna per l’orrendo crimine che aveva commesso.