VENERE IGNOTA
Dolce sguardo innocente
Venere di moderna bellezza
giunonica presenza tra la gente
tra cui t’illumini con immensa chiarezza.
Vaghi nel mondo dolcemente attratta
da una vita vissuta, fugace e finita
e la tua parvenza angelica e quasi astratta
domina il pensiero di un’anima ferita.
Primavera tu sei nel fiore degli anni
che poi svaniranno in spento inferno
godi il momento, lascia i malanni
prima che arrivi il tardo inverno.
Ti osservo in piedi appoggiato su un faggio
e tu non t’accorgi di un tale sguardo
il tuo viso illuminato da un caldo raggio
lancia con Cupido ardente dardo.
Ed io mi corico supino sul prato
rimembrando la tua dolce fattezza astrale
mi fermo ad immaginare adagiato
su questo unico tappeto esistenziale.
IL FIORE
Timida era ancora l’estate
quando sbocciò un tenero fiore
tra immensi prati gemme beate
soffici petali alla luce del sole.
La brezza soffiava sulla rugiada
che fresca sull’erba si sgocciolava
lontano si udiva un fruscio di foglie
silenziose eran del fiore le doglie.
Lento si apriva al ciel sereno
e liberava da ogni veleno
alla natura dolce mostrava
il cuore solare che luccicava.
L’aria era tiepida, si riscaldava
il fiore nuovo calore emanava
tutto abbagliava col suo soffice incanto
rendendo gioia il dolore ed il pianto.
Assai fui io da lui ammaliato
all’improvviso quasi accecato
ora ho di lui solo un vago pensiero
del resto cavalca la fantasia il destriero.
E nel dolce infinito affondo…
LASCITO LUNARE
La luna illuminava la bianca criniera
mentre irraggiava la bella riviera
“Sei la ragione della mia vita”
disse al fanciullo l’anziano signor.
Si fermarono sopra la spiaggia di sabbia
quanto nel cuore aveva lui rabbia
“Non devi essere mai come me
io ho finito, resterò sempre con te”.
Il giovane uomo gli prese la mano
stringendola forte verso di sé
sentiva il suo cuore battere forte
era ormai solo contro la sorte.
Guardò con timore le onde del mare
ora lì non poteva restare
prese le redini del cavallo
e dall’anziano ebbe l’avallo.
Spronava il destriero il giovane uomo
lui non sarebbe più stato domo!
L’anziano compare la cinta stringeva,
profondo sospiro! Più non premeva.
“La luna ti ha portato lontano da me
sei stato grande non solo con me
hai vissuto come dovevi
e ora è in me, ciò che volevi”
IL VENTO
Solerte solitario e solo vola nel cielo
soffiando e muovendosi sul nero velo
della notte buia e silenziosa
e con andatura veloce e boriosa
se ne va il vento in solitudine
per colli, monti, pianure
osservando di tutti le avventure.
Rapido scorre gli immensi cieli
mar e pianura a lui son fedeli
dalla montagna viene deviato
e superbo arriva al picco innevato.
Trovato il freddo, in valle scende
muovendo le foglie dei verdi faggi
illuminati di giorno dai stellari raggi.
Ormai percorso ha già tutto il mondo
più di lui nessun vagabondo.
Eccolo poi a scatenar temporali
che di campi e raccolti son veri mali
a grandine e bufera da adesso parola
mentre lui sorride e distante vola.
Ma si rallegra al veder ciò che nasce
quell’arco arlecchino sotto le nubi
figlio dell’immensa madre natura.
E finalmente il vento si ferma
osservandolo calmo da un’ignota altura.
LA MASCHERA TIRANNICA – LA REALTÀ
Vedi com’è popolo caro
la realtà dei nuovi scrivani
quella che osservi in giornali e tv
è sicuro: c’è molto di più.
E senti di gente che uccide innocenti
e tutto il volgo è contro di loro
ma forse non sai popolo caro
le trame segrete dietro di loro.
E che bravi son i governanti!
Son proprio sublimi teatranti.
Dovrebbero dire la verità
ma scaltri son nella falsità.
E i nuovi arrivati dentro la bolgia
sembravan portare un po’ di lealtà
ma a quanto pare quella si è persa
nel medioevo tra vassalli e maestà.
E allora di punta mi accingo a scriver
contro la maschera della società
poi mi coglie un sonno profondo
e vado a parlar in un’altra realtà.
LA MASCHERA TIRANNICA – IL SOGNO
Sognando sognai la regina del Sarah
suprema signora dell’antico Egitto
parlammo a riguardo del mondo moderno
che lei osservava da un luogo eterno.
Le dissi che ora la tirannia
era velata da democrazia
che in occidente è anche la pace
ma giù nel Nilo è un esser vorace.
Rispose con modo la gentil signora
dicendo che noi ora siam signori
e che giù nel cuore del mondo
è ora inferno profondo.
Io replicai con dolce affanno
che la guerra è cosa voluta
dai potenti ricchi del mondo
che pietà purtroppo non hanno.
Mandano reclute per il denaro
che ricavan da terre lontane
fingendo di portare il bene dovunque
ma il loro male straniero è immane.
La dama nera pianse forte
pensando alle terre che un tempo abitava.
Anubi ora la stava chiamando
e mi salutò lontano volando.
LA MASCHERA TIRANNICA – IL RISVEGLIO
Mi risvegliai quella mattina
con un po’ di atarassia
ero tranquillo e stavo pensando
a come sconfigger la tirannia.
Non c’era maniera di far grandi cose
visto che sono uomo comune
e anche se fossi un grande potente
il sistema mi farebbe un noto perdente.
Pensai che la vera mia ribellione
sarebbe partita dalla guarigione
dei falsi pensieri che rendon triste
ciò che realmente esiste.
Feci una piccola rivoluzione
e da lì partì una nuova stagione.
Il buio interno era ormai finito
e non ne sarei più stato colpito.
Ed ecco che allora volsi lo sguardo
verso il mondo che mi circondava
dovevo partir dalle piccole cose
per tramutare i chiodi in rose.
Parlai con chi avevo più a cuore
di amore e ricordi parlammo per ore.
FEDERICO
Oh Federico, figlio del sud
quanto si afflissero i colli andalusi
quando in quel giorno caldo d’agosto
fecero sangue quei disillusi.
Di rosso si tinse l’antica città
memoria di mori quando fu vinta,
terra era un tempo di libertà
quando da croce essa fu cinta
Tu quell’artista dei veri gitani
cantavi di lune, storie e villani
eri l’uomo fatto passione
e non sdegnavi la vera ragione.
Vedesti com’era il nuovo mondo
dove l’amore non era profondo,
t’accorsi del vanto della ricchezza
e come al cuore non era più avvezza.
Oh Federico, sommo ispanico artista
lottasti sempre il nero perbenista
vessillo sei d’uomo puro e moderno
e il tuo ricordo resterà nell’eterno.
VORREI SOLO
Vorrei solo che da buio rinascesse luce
Quando dell’esser mio io non son più duce.