Davide Bernardin - Poesie

VENERE IGNOTA

 

Dolce sguardo innocente

Venere di moderna bellezza

giunonica presenza tra la gente

tra cui t’illumini con immensa chiarezza.

 

Vaghi nel mondo dolcemente attratta

da una vita vissuta, fugace e finita

e la tua parvenza angelica e quasi astratta

domina il pensiero di un’anima ferita.

 

Primavera tu sei nel fiore degli anni

che poi svaniranno in spento inferno

godi il momento, lascia i malanni

prima che arrivi il tardo inverno.

 

Ti osservo in piedi appoggiato su un faggio

e tu non t’accorgi di un tale sguardo

il tuo viso illuminato da un caldo raggio

lancia con Cupido ardente dardo.

 

Ed io mi corico supino sul prato

rimembrando la tua dolce fattezza astrale

mi fermo ad immaginare adagiato

su questo unico tappeto esistenziale.


 

 

IL FIORE

 

Timida era ancora l’estate

quando sbocciò un tenero fiore

tra immensi prati gemme beate

soffici petali alla luce del sole.

 

La brezza soffiava sulla rugiada

che fresca sull’erba si sgocciolava

lontano si udiva un fruscio di foglie

silenziose eran del fiore le doglie.

 

Lento si apriva al ciel sereno

e liberava da ogni veleno

alla natura dolce mostrava

il cuore solare che luccicava.

 

L’aria era tiepida, si riscaldava

il fiore nuovo calore emanava

tutto abbagliava col suo soffice incanto

rendendo gioia il dolore ed il pianto.

 

Assai fui io da lui ammaliato

all’improvviso quasi accecato

ora ho di lui solo un vago pensiero

del resto cavalca la fantasia il destriero.

 

E nel dolce infinito affondo…


 

 LASCITO LUNARE

 

La luna illuminava la bianca criniera

mentre irraggiava la bella riviera

“Sei la ragione della mia vita”

disse al fanciullo l’anziano signor.

 

Si fermarono sopra la spiaggia di sabbia

quanto nel cuore aveva lui rabbia

“Non devi essere mai come me

io ho finito, resterò sempre con te”.

 

Il giovane uomo gli prese la mano

stringendola forte verso di sé

sentiva il suo cuore battere forte

era ormai solo contro la sorte.

 

Guardò con timore le onde del mare

ora lì non poteva restare

prese le redini del cavallo

e dall’anziano ebbe l’avallo.

 

Spronava il destriero il giovane uomo

lui non sarebbe più stato domo!

L’anziano compare la cinta stringeva,

profondo sospiro! Più non premeva.

 

“La luna ti ha portato lontano da me

sei stato grande non solo con me

hai vissuto come dovevi

e ora è in me, ciò che volevi”


 

 

IL VENTO

 

Solerte solitario e solo vola nel cielo

soffiando e muovendosi sul nero velo

della notte buia e silenziosa

e con andatura veloce e boriosa

se ne va il vento in solitudine

per colli, monti, pianure

osservando di tutti le avventure.

 

Rapido scorre gli immensi cieli

mar e pianura a lui son fedeli

dalla montagna viene deviato

e superbo arriva al picco innevato.

 

Trovato il freddo, in valle scende

muovendo le foglie dei verdi faggi

illuminati di giorno dai stellari raggi.

 

Ormai percorso ha già tutto il mondo

più di lui nessun vagabondo.

 

Eccolo poi a scatenar temporali

che di campi e raccolti son veri mali

a grandine e bufera da adesso parola

mentre lui sorride e distante vola.

 

Ma si rallegra al veder ciò che nasce

quell’arco arlecchino sotto le nubi

figlio dell’immensa madre natura.

E finalmente il vento si ferma

osservandolo calmo da un’ignota altura.


 

 

LA MASCHERA TIRANNICA – LA REALTÀ

 

Vedi com’è popolo caro

la realtà dei nuovi scrivani

quella che osservi in giornali e tv

è sicuro: c’è molto di più.

 

E senti di gente che uccide innocenti

e tutto il volgo è contro di loro

ma forse non sai popolo caro

le trame segrete dietro di loro.

 

E che bravi son i governanti!

Son proprio sublimi teatranti.

Dovrebbero dire la verità

ma scaltri son nella falsità.

 

E i nuovi arrivati dentro la bolgia

sembravan portare un po’ di lealtà

ma a quanto pare quella si è persa

nel medioevo tra vassalli e maestà.

 

E allora di punta mi accingo a scriver

contro la maschera della società

poi mi coglie un sonno profondo

e vado a parlar in un’altra realtà.


 

 

LA MASCHERA TIRANNICA – IL SOGNO

 

Sognando sognai la regina del Sarah

suprema signora dell’antico Egitto

parlammo a riguardo del mondo moderno

che lei osservava da un luogo eterno.

 

Le dissi che ora la tirannia

era velata da democrazia

che in occidente è anche la pace

ma giù nel Nilo è un esser vorace.

 

Rispose con modo la gentil signora

dicendo che noi ora siam signori

e che giù nel cuore del mondo

è ora inferno profondo.

 

Io replicai con dolce affanno

che la guerra è cosa voluta

dai potenti ricchi del mondo

che pietà purtroppo non hanno.

Mandano reclute per il denaro

che ricavan da terre lontane

fingendo di portare il bene dovunque

ma il loro male straniero è immane.

 

La dama nera pianse forte

pensando alle terre che un tempo abitava.

Anubi ora la stava chiamando

e mi salutò lontano volando.


 

 

LA MASCHERA TIRANNICA – IL RISVEGLIO

 

Mi risvegliai quella mattina

con un po’ di atarassia

ero tranquillo e stavo pensando

a come sconfigger la tirannia.

 

Non c’era maniera di far grandi cose

visto che sono uomo comune

e anche se fossi un grande potente

il sistema mi farebbe un noto perdente.

 

Pensai che la vera mia ribellione

sarebbe partita dalla guarigione

dei falsi pensieri che rendon triste

ciò che realmente esiste.

 

Feci una piccola rivoluzione

e da lì partì una nuova stagione.

Il buio interno era ormai finito

e non ne sarei più stato colpito.

 

Ed ecco che allora volsi lo sguardo

verso il mondo che mi circondava

dovevo partir dalle piccole cose

per tramutare i chiodi in rose.

Parlai con chi avevo più a cuore

di amore e ricordi parlammo per ore.

 


 

 

 FEDERICO

 

Oh Federico, figlio del sud

quanto si afflissero i colli andalusi

quando in quel giorno caldo d’agosto

fecero sangue quei disillusi.

 

Di rosso si tinse l’antica città

memoria di mori quando fu vinta,

terra era un tempo di libertà

quando da croce essa fu cinta

 

Tu quell’artista dei veri gitani

cantavi di lune, storie e villani

eri l’uomo fatto passione

e non sdegnavi la vera ragione.

 

Vedesti com’era il nuovo mondo

dove l’amore non era profondo,

t’accorsi del vanto della ricchezza

e come al cuore non era più avvezza.

 

Oh Federico, sommo ispanico artista

lottasti sempre il nero perbenista

vessillo sei d’uomo puro e moderno

e il tuo ricordo resterà nell’eterno.


 

 

VORREI SOLO

 

Vorrei solo che da buio rinascesse luce

Quando dell’esser mio io non son più duce.