Eleonora Viggiani - Poesie e Racconti

Ancòra

 

Il caos si veste della tua voce ma indosserà me domani e diventerà motivo di idee per trovare insiemi di niente, parole che non saziano e tormentano richieste male assortite tra la mia fame e la tua voglia..

Vuoi ma non vuoi dirlo a me, l’ho sentito che potresti ma non vorrai mai.. Parli così e guardi in altro modo come nodo che si scioglie col silenzio ma si dispone a fitta trama se parla dama.. Potrei tacere anche io ma non sarebbe servito a nulla il tempo fin qui, a me interessa dare un senso perché se no è tutto tempo perso, e allora venga fuori dalla porta ogni cosa che tanto ogni volta è solo coda o posa strana di qualcosa che va da me a te.


Pensando a te

 

Appesi alle nuvole i pensieri miei su te come funamboli bendati guidati dall’odore che hai.

Respiro vicino al tuo viso,

ho scelto le linee del tuo profilo per percorrere il viaggio della mia vita,

e c’andrò a piedi per non perdere neanche un filo d’erba di te,

né la terra che ti fa trama perfetta sotto i passi miei.


Pensiero ritrovato

 

Pensiero ritrovato immensamente profondo che sosta nell’abisso del cuore..

somiglia a te il mio scrivere che s’appiglia ad ogni sguardo e ad ogni sillaba..

la tua assenza è la tua essenza e come ad assenzio le abituo la volontà mia.

Te ne vai ma resti parole in scia..

discorsi incompiuti a galleggiare nel silenzio.

La prossima volta per te e me saranno cent’anni..

una vita comunque ma non uguale per noi che non viviamo con lo stesso tempo.


Quel che resta

 

La storia resta, forse appesa, di sicuro tesa e resa arresa dinanzi a me.

Devo andare.. poderoso taglio, definitivo cerchio.. granitica l’immagine di sé stessa..

una strada in una grotta in penombra e quasi buia verso il fondo..

dialogo perfetto tra umidità, pietra dura e strati d’epoche trascorse..

bellissimo lavoro non finito ma rifinito dallo smalto del tempo che non c’è più..

in fondo una scultura geniale quanto bella..

e poi i suoi sogni, infranti da rotoli di piombo.


Senza cercarti

 

Ho trovato il tuo nome nel limbo del prato,

raccolgo ricordi, li avvolgono a pensieri.

Ho rubato il tuo viso al mercato,

foto di un vizio mancato,

gesto da due soldi che ho pagato caro..

Mulinelli nel vento come capriole di buffi giullari,

coriandoli mai aperti nella stanza degli altari.

Araldi del giorno che passa la mano nel gioco col buio.


Simona

 

La dolcezza che chiama dai tuoi occhi

risiede nelle mani giunte di un luogo silente.

In una regione di magia,

all’inizio del tempo,

elfi raccolsero lacrime, pazienza e compassione

e ne fecero dono agli uomini sparpagliandole al vento,

scaglie ti raggiunsero nelle efelidi su pelle,

nei riflessi degli occhi cangianti

e nella luce della folta chioma.

Figura morbida

accogliente e senza età,

dimentica del tempo a volte,

ma solo perché passeggia da funambola sui giorni,

tenendo in equilibrio gli amori del suo cuore.


Da ieri

 

Ti scrivo da ieri. Mi leggerai oggi che continua comunque in tutti i tuoi giorni. Mi leggerai sempre e non smetterai di chiedere ai sogni perché me ne andai. Potevo restare, vederti guarire o almeno provare e cercar di capire, ma scelsi così e forse evitai di vederti soffrire.

Calpestai fiori e molti germogli così quando scelsi non sentii rimorsi per prati ormai incolti sotto i miei colpi.

Non te lo dissi ma tu lo capisti che andavo bruciando ciò che sognavo per evitare d’essere ostaggio dei sentimenti di cui feci assaggio.

Ed ogni taglio sulla mia pelle creava un vuoto e poi ricordo di quella mancanza espressa a violenza da chi avrebbe dovuto rendermi onesta.

E da quel giorno crebbe negli anni il fastidio anche di stare nei panni, solo nel mare accettava lavarsi, perché le pareva potesse specchiarsi e forse vedersi senza legacci che poi confuse con tutti i legami.

Faticò tanto, perse altrettanto. Cambiò il suo nome fino alla voce, si schiarì pelle naturalmente, montò a cavallo della sua ombra e si gelò fino alla bocca, conservò il riso ma poco il sorriso. Di quella forma fece uno scudo, scoglio nel mare, fondo d’abisso che guarda fisso senza tremare ogni qualvolta le fanno del male. Che sia coi denti o con i silenzi è sempre pronta a rinnegar genti, lontana prima che possan toccare, distante sempre da tutte le mani, per non bruciare e infine sparire ché già per ora è piuttosto sottile. Non servirà tempo perché non ne ha e quello che resta, lo sento, è già qua.

Chiamo il suo nome da quel che mi resta, sperando lo senta e smetta d’andare e che comprenda possa restare. Così com’è ora non farà più male né avrà dolore a far toccar pelle o altro pallore.

Solo che adesso son poche le ore, il mare aspetta l’antica promessa: non accetterà che lei se ne esca.

Lui non comprende e spalanca le porte, riesce a far luce da ogni distanza ed illumina ogni sua stanza. Si, Lui che la conosce, ha osato ed è andato oltre le ombre. Ha spinto sul freno ed ha spalancato, ma vuole restare, non poco vedere fino a toccare. Lei non favella, vorrebbe mare. Bagnarsi, guarire, ritornare ad esser presente della sua pelle poi su dagli occhi non ricordar niente, ma ricominciare a combaciare col verbo perso che chiamano Amore.


Donna di cuori

 

Donna di cuori è anche al rovescio come se fosse di fronte a uno specchio per decidere del suo alterego.

Penso a lei qui dentro, la penso da un pò anche se non m’appartiene che nel ricordo.

Penso a lei magnifica e superba, lei che ora mi guarda di traverso e vede al rovescio. È infelice per ciò che non ha, perfettamente attenta a crogiolarsi nelle mancanze e nei vuoti di colore. È divenuta assenza di cuore a cui manca lo spazio per esserci, e par dirmi che invidia anche la moltitudine della mia solitudine.

Rampicante urticante dove non cresce altro, fiori giallo zolfo per ogni lacrima che strappa, ma gliele concedo a speranza che cada da lì dov’è abarbicata. È la cima più alta della torre più bella ma vorrebbe comunque frantumar le altre perché non le governa. Mal sopporta il riflesso di sé e gioca a scacchi sola per non perder nessun re. Non ride, non crede, non brama alcun erede. Si strugge e distrugge. Non chiede, pretende.

Gialla rosa di vetro donata ad ogni mio inverno, trama svelata di una fiaba mal celata, amore non degno perché senza pegno.

Ma lei non mi guarda, bugiarda sorride e graffia la faccia.

Per ora è scomparsa, sommersa, ma so di volerla. Non ora, non qui, ma da qualche parte si.


Solo svago rende il resto vano

 

Hai finto una storia adottando solo un sentimento che t’ha reso vero come viso di clown truccato fino al mento, bluff in doppiopetto che ride in falsetto. Non hai pianto neanche le lacrime di Pierrot che smarrì il senso dondolando il suo tempo in altalena. Guardavi e ti struggevi ma era tutta scena; la voglia era il riflesso della noia e il desiderio faceva da siero al veleno di un pensiero che poteva esser vero. E questo lo so perché c’ero. Donavi fiori dei tuoi giardini, facili idee a portata di mano, serenate senza impegno mai suonate fino in fondo, note lasciate a metà in melodie mai finite. Mille inizi e poco entusiasmo per finirli, mille parole tutte a vuoto, frasi fatte da altri e prese a prestito talmente spesso da creder proprie, da crederci davvero. Non hai mai saputo chi dovevi essere tra quello che potevi e quello che volevi, finendo con l’esser qualcosa a intermittenza. Curiosità limitata a ciò che puoi vedere, solo un pensiero che dimentichi in fretta per ciò che non c’è. Vinci a carte solo se perde qualcun’altro, non tenti con regine fanti o re, e metti il cuore in gioco solo se è solo con gli altri tre. Nessuna conoscenza di opali o fenici: ne rompesti uno perdendo l’altra ma la reazione fu mesta come a ingoiar minestra. Nessun sussulto o fremito, forse un vago dolore d’ago per quel tatuaggio che non hai. L’ego tuo fece negli anni più danni che grandine ai capanni, per meno di uno sguardo ti arrovelli, ma se ti rubano in casa guardi e non li appelli. Chi a capirti non è mai riuscito è bravo in altro, e chi ti ha capito non ti conosce affatto. Preso atto di questo fatto non tenterò null’altro, né parlerò ad effetto ma limiterò il mio diletto a scovarti di soppiatto dentro al letto, magari quando il giorno è ancora presto.


Il resto di te

 

In un giorno di notte iniziammo a far giorno insieme e finii per dormire l’alba.. simili fino ad essere uguali. Con promesse mai chieste apristi la mia ombra dileguandone i bordi.

Ora te ne vai e mi lasci il resto di te, dici, ma il resto è più di me, è più del vuoto che avevo prima di te. È qualcosa di sospeso sopra la mia testa che frantuma la luce e fa scivolare i piedi. Ero in bilico, ma nel mio tempo e nel mio spazio, ora sono in un nonposto che non mi riconosce e che non comprendo.

Tento di non guardare ma riesco solo a non sentir che te, e ti ritrovo nelle pause del tempo, nel chiudere degli occhi tra la mia insonnia e la tua voce nella testa, che se tu fossi solo nel cuore potrei zittirlo: ma sei nel resto e non si tratta degli spiccioli di me.

E tra le pieghe dei giorni come un déjà-vu che non vorrei, tu sei.. poi c’è il grigio che resta.. e una patina come foto in seppia, e così, dove vuoi che ne esca