L’ IMBARAZZO
QUANTO IMBARAZZO
NELLO SBARAZZARCI
DELLE INUTILITA’ DELLA VITA
O PRESUNTE.
E..SI CHE TANTE INGOMBRONO
LE NOSTRE CASE.
UN SOMBRERO ACCIUFFATO
ALL’ ULTIMO SECONDO
PRIMA DEL VOLO,
CHE CERCA DOVE LOCARSI
RISCHIANDO DI NON
TROVARE PIU' POSTO.
UNA CONCHIGLIA TRAFUGATA
DA UNA SCOGLIERA CORALLINA
CHE RIMPIANGE NELLA SUA
ECO IL MARE,
UNA DENTATURA DI SQUALO
ESSICCATA AL PUNTO GIUSTO ,
MUTI TESTIMONI
EVOCATORI SENSORIALI
RACCHIUSI TRA VOLUTE
DI RICORDI
ALLOGGIATI A CIELO APERTO
IN COSTANTE RIMPIANTO.
MA.. POI, PRESI
DA UN EROICO FURORE
DI ORDINE O DISORDINE
DELLE NOSTRE VITE
CE NE SBARAZZIAMO.
COMPLICI
DUNE DI POLVERE
AMMUCCHIATI TRA PIANETTI
RICETTACOLI DI BATTERI
PREDATORI.
COSI ACCADE CON LE PERSONE
CE NE SBARAZZIAMO;
NON USIAMO PIU’ I FORNI
CREMATORI
IL CUI PUZZO MEFITICO
OFFENDE LE NOSTRE NARICI
DELICATE
NE’LI DIAMO IN PASTO
ALLE BELVE FEROCI
PER IL LORO E NOSTRO
DIVERTIMENTO.
NOI ATTUALI PIU’ CONNESSI
TAGGATI E RAFFINATI
LI BUTTIAMO IN MARE
SENZA ALCUN CLAMORE
SEMPLICEMENTE.
PERCHE’ AFFETTI
DA UN’ IMPROVVISA
ORTICARIA AI COLORI
PERCHE’ NON SONO
DI ALCUNA UTLITA’
PERCHE’ E’ PASSATO
MOLTO TEMPO O
PERCHE’ E’ PASSATO
POCO TEMPO.
GUARDIAMO ALLO SPECCHIO
QUELLA SMORFIA BEFFARDA
CHE CI ACCOMPAGNA E CI
VEDIAMO DISADORNI
COME DIRE GLI STESSI E
NON GLI STESSI
FORSE UN PO’ INVECCHIATI
DA TANTI ACCUMULI DATATI
PATTUME PER DISCARICA
A BELLA VISTA.
E CON UN OCCHIO IMBARAZZATO
MA NON TROPPO
SALPIAMO PER ALTRI LIDI
MAI STANCHI DI ACCUMULARE
O FARCI ACCUMULARE
IN ACQUISTI E CONQUISTE
CON UNA GRAN CONFUSIONE
IN TESTA
TRA L’UTILE INUTILE E
L’INUTILE UTILE
E UN VAGABONDO CARPE DIEM
ORMAI ALLO SBANDO PER
IL GRANDE IMBARAZZO.
E… LA PRIMA NOTTE… DIO CREO’ L’AMICIZIA
GRAZIE, CHIUNQUE TU SIA…
SE SEI VENTO, PIOGGIA O NEVE
TU SAI COME STRAPPARMI IL GELO
DAL CUORE
SE SEI SENZA FEDE O CREDI IN UN DIO
TU SAI COME RISOLLEVARMI
DALLA MIA MORTE
GRAZIE CHIUNQUE TU SIA…
SE SEI UN FIORE CHE NASCE
O APPASISCE
TU SAI COME DONARE
FRAGRANZA E SOAVITA’
AD UNA VITA SENZA PIU’ COLORE.
SE INVECE SEI UN MATTINO
COME TANTI
TU SAI COME TRAVESTIRLO
IN UN SIGNORE UNICO E SPECIALE.
SE SEI UN INVISIBILE MELODIA
TU SAI COME STRINGERE
TENERAMENTE IL CUORE E
ADDOLCIRNE LE MILLE CREPE.
GRAZIE, CHIUNQUE TU SIA…
SE SEI IL SOLE CHE BRUCIA
O RISCALDA
TU SAI COME ILLUMINARE
LA PROFONDA NOTTE CHE
RENDE CIECO IL MIO CUORE.
E… SE SEI IL MARE
CRUCCIATO O SORRIDENTE
PACATO O ACCIGLIATO
TU SAI COME FARE LIEVITARE
LA MIA FANTASIA E
TRASCINARLA NEGLI ABISSI
DELLA TUA DIMORA SCONFINATA.
E… SE SEI UN SEMPLICE SORRISO
TU SAI COME SCHIANTARE LA MASSA
DI RICORDI TENACI E PAROSSISTICI!
CHE TU SIA UN VAGABONDO
SENZA META O CHE IL MONDO
ABBIA PERLUSTRATO
TU SAI COME FARMI VOLARE
LA’ DOVE ANCORA ESISTE
E PALPITA DI VITA E
DI ENERGIA LA MADRE TERRA.
SE POI VUOI ESSERE PER ME
ANCHE UNA PICCOLA STELLA
IO STELLA DIVENTERO’
ED INSIEME NOI SAREMO
L’UNIVERSO INTERO
CHE DA LONTANO
ABBRACCIA
L’IGNARA UMANITA’!
E…COSI DIO SI ADDORMENTO’
CON UN SORRISO.
LONTANA DAL PARADISO
TU MI PARLI DI UN CUORE
AMICO,
MA LE SUE ARTERIE
LACERATE DAI PICCONI
SON SENZA RESPIRO
E I SUOI VASI STRARIPANO
DI SANGUE INNOCENTE.
TU MI PARLI DI UNA RAGIONE,
MA ORMAI LA LOGICA VAGA
ESILIATA E RAMINGA
TRA FILI SPINATI
DI CELLULE IMPAZZITE
DOVE IL PERCORSO OBBLIGATO
SI E’ INCEPPATO E HA STRAVOLTO
LA SUA MARCIA!
TU MI PARLI DI ACCOGLIENZA SOLIDALE,
QUELLA CHE RICACCIA E RESPINGE
LA’ DA DOVE SON VENUTI
I CIGNI NERI
DAI GRANDI OCCHI
SCURI COME LA NOTTE
SFIDANDO GLI SCHIAFFI
DELLA SORTE
PER UNA SPERANZA DISPERATA
GUARDA… ASCOLTA…
SON CENTO… SON MILLE
LE URLA INFERNALI
CHE QUESTO MARE ACCOGLIE
E POI INABISSA
CANCELLANDO OGNI BRIVIDO
DI MEMORIA!
MA DI QUALE UMANITA’ MI PARLI’
DONNA DI UN OCCIDENTE CRISTIANO
E LONTANO
SAI SOLO CROGIOLARTI
NELL’AUTO INGANNO
FIGLIO LEGITTIMO
DI UN’IPOCRITA COSCIENZA.
MA TEMPO VERRA IN CUI
LE VOCI SPEZZATE, MUTE
RISORGERANNO
COME STELLE FILANTI
DELL’OBLIO
PER ELEVARE UN CANTO DI REDENZIONE
IN CUI “HOMO RES SACRA HOMINI”
QUI…MONOSILLABO MORTALE
CHE CI FACCIO QUI E NON LA’ ! ?
IN QUESTO RIPOSTIGLIO
FOGLIA TRA LE FOGLIE
PIETRA TRA LE PIETRE
OGNI COSA E’ SOLO UN
GRAN SCOMPIGLIO!
CHE CI FACCIO QUI
IN QUESTA CASA TRA LE CASE
SENZA UN TETTO NE’ UN CAMINO
DOV’ E’ GELO OGNI MATTINO
CHE CI FACCIO QUI
DI QUESTO CUORE
STRETTO IN PUGNO DAL DOLORE
E DA UN PIEDE SPERONATO.
CHE CI FACCIO QUI
DI QUESTO DIO CHE MI HA GENERATO
E POI SI E’ SQUAGLIATO
CHE CI FACCIO
DI QUESTO STESSO QUI
APPENA SILLABATO
INCONSISTENTE COLIBRI’
GIA’ TRASVOLATO.
CHE CI FACCIO QUI
DALL’ UNIVERSO STREPITOSO
COSI’ LONTANO.
FORSE IL TEMPO DA BUON SCIAMANO
UNA MANO MI DARA’ E
VERSO QUEL PRODIGIOSO LA’
MI GUIDERA.’
TRA IL LUCCICHIO DELLE STELLE
NEANCHE UN SOLO QUI
SI SALVERA’
MONOSILLABO MORTALE!
IL SUSSURRO DI DIO
DIO… TI HO VISTO, SO BENE CHE NON ESISTI
MA IO TI HO VISTO IN QUELLA ETERNA
E CALPESTATA VIA
IN QUEL POMERIGGIO QUALUNQUE NE FUI
TESTIMONE CONSAPEVOLE.
TRA FIUMI DI GAS ASFISIANTI
TRA SIRENE DIROMPENTI
TRA BUS IN UN ANDARIVIENI ROUTINANTE
TRA VOLTI MECCANICI IN FRENETICA CORSA
SOTTO QUEL CAVALCAVIA
IO ERO LA’ E HO VISTO:
L’INCREDIBILE
L’ INVEROSIMILE
L’ASSURDO IMPOSSIBILE.
MI ERO ACCESA UNA SIGARETTA PER SMORZARE
L’ ATTESA… RICORDI?
D’UN TRATTO MI SI PRESENTO’ UNA DONNA
O CIO’ CHE POTEVA SEMBRARE UN
ESSERE UMANO;
MI COLPI’ UN EFFLUVIO DI FETIDO LIQUAME
LAIDA IN VOLTO E NELLE VESTI
MI CHIESE UNA SIGARETTA,
ALL’ IMPROVVISO INTORNO A ME SI APRI’
IL VUOTO: UN BARATRO LUCIFERINO
ANCH’ IO ARRETRAI PER L’INSOPPORTABILE
PUZZO DI URINA E FECI STANTIE,
LEI ALLORA ANDO’ VIA CERCANDO ALTROVE.
INTANTO UN UOMO POCO PIU’ IN LA’
STAVA SEDUTO SU UNA SEDIA SGANGHERATA
COPERTO DA CARTONI;
TRASCORSE UN PO’DI TEMPO MA NON TROPPO,
LA DONNA RITORNO’ CON UNA SIGARETTA ACCESA
CHE DIEDE A QUELLO- POI TIRO’ FUORI DEL CIBO
E MANGIO’ TRANQUILLAMENTE
SUL MARCIAPIEDE SORRIDENDO VERSO L’ UOMO.
UN FREMITO DI RABBIA E DOLORE MI COLPI’
NEL VEDERE COME IL DISGUSTO, L’INSULTO
ED OGNI SMORFIA DI TACITA ED IMPLACABILE
CONDANNA
SORDIDA ECHEGGIASSE SU QUELLA SCENA
A CIELO APERTO.
ALLORA LA DONNA SI SOLLEVO’ DAL MARCIAPIEDE
E SI AVVICINO’ A LUI:
LO ACCAREZZO’, LO BACIO’E LO PETTINO’
INFINE INTENSAMENTE LO ABBRACCIO’.
IN QUEGLI ISTANTI DI AMORE TENERO E
PURISSIMO
NON VIDI DUE CLOSCHIARD MA UN GIARDINO
DI ANIME DI RARA BELLEZZA,
VIDI L’ AMORE NUTRIRSI
DEL NULLA:
QUELL’ UOMO E QUELLA DONNA
“INVISIBILI APPESTATI”
E IN QUEI MOMENTI DI ROBOANTE FRACASSO
DEL MONDO PER BENE A LUCIDO TIRATO
DEL MONDO CHE PRODUCE
DEL MONDO CHE PONTIFICA
UNA MORALE PER IL GIORNO
UNA MORALE PER LA SERA
TRA LUCI DI PUBBLICITA’
CHE INCANTONO ED UMILIANO
GLI OCCHI DEL CUORE,
IO VIDI L’ INFERNO ERETTO A SISTEMA
VIDI..DIO..PERCHE’ NESSUNO
AMA IL FETORE CON TALE TENEREZZA
E SOAVITA’ COME QUEI DUE QUALUNQUE
IN QUELLA VIA QUALUNQUE
SOTTO QUEL CAVALCAVIA .
PER LA PRIMA ED UNICA VOLTA
IO SENTII….ILTUO DIVINO
SUSSURRO.
IMPENETRABILI
RECLINATO IL CAPO
SULLA TUA SPALLA
ANCORA DI STRAPIOMBI E
DIRUPI
COMPLICI ENTRAMBI
DI FRAGOROSI SILENZI
NEL CERCHIO DI UN’INCONSAPEVOLE
SOLITUDINE
IMPENETRABILI SIAMO
ALL’URLO DEL VENTO
ALLA NEVE CHE RAGGELA
FORMA E SOSTANZA
ALL’ULTIMO RAGGIO DI LUCE
CHE S’INCAMMINA OLTRE
IL CONFINE
IMPENETRABILI SIAMO
ANCHE ALLO SGUARDO
STUPITO
DI UN CIELO SMARRITO
DEPOSITO BAGAGLI
MOSSI DA FORZA INERTE
LEGATI TUTTI INSIEME
AD UN INCOGNITO PRESENTE
CI MUOVIAMO CON PASSO
SVELTO E INCERTO,
SPOGLI D’ OGNI CARA MEMORIA
DEPORTATI
VERSO QUEL PROMONTORIO
DI FRAGOROSI FUMI
DI TERRORE.
MARCIAMO CON OCCHI TRAVESTITI
DI EROICO RISERBO
QUEL TANTO NECESSARIO
PER NON TURBARE, PIU’
DI TANTO, LA COSCIENZA
DI UNA REGALE E ADAMANTINA
RAGION DI STATO.
IO ,TE E GLI ALTRI…
IN FONDO COSA SIAMO?
SANGUE, CARNE, E OSSA:
PERCIO’ MARCIAMO NELLA
BOCCA DELL’INFERNO
ABBIAMO LASCIATO l’ uomo
AL DEPOSITO BAGAGLI.
L’ ALTRO
SI TROVA AL CENTRO: QUALE CENTRO?
SI TROVA SOPRA: SOPRA DOVE?
FORSE SOTTO: SOTTO DOVE?
A LATO: A LATO DI CHI?
IL LATO NON HA UN SOPRA, UN SOTTO
E UN CENTRO?
ALLORA DOVE SI TROVA?!
L’OCCHIO DEL CIELO NON VIDE
UN FIORE E POI UN ALTRO FIORE
L’OCCHIO DEL CIELO GUARDO’
IL PRATO
NON VI ERANO OSSERVATORI
MA SOLO PARTECIPATORI.
L’INSIEME E’ COSTRUZIONE: NON FA PAURA
LA SOLITUDINE DELL’UNO E’ FOLLIA:
FA TERRORE.
LA POESIA SI RACCONTA
SQUARCIATO IL VELO DELL’OMBRA
LE PAROLE..NUDE, SOLE E SPERDUTE
UNIRONO LE LORO PAURE CERCANDO
UN SENSO AL VUOTO DI SENSO.
PER CASO….. INCIAMPARONO IN UN
FOGLIO DENSO DI LUCE
SCIOGLIENDOSI IN BRICIOLE:
SILLABE,VERSI, MELODIE.
D’INCANTO SI NASCOSERO, SI
RITROVARONO E SI ABBRACCIARONO.
IN UN LENTO ADAGIO PRIMA,
NELL’INCALZANTE CRESCENDO POI,
DIPINSERO FIUMI DI LUNGHI CAMMINI
RAPIRONO STELLE ALL’OSCURITA’
DI SPAZI INFINITI
IMPRIGIONARONO RICORDI
NEL LABIRINTO DEL TEMPO,
SCOMPAGINARONO I CARDINI
CREANDO UN ORDINE IN-VERSO
EVOCARONO CON FLAUTI E VIOLINI
I PROFUMI DELLA NOTTE, E I MORTI,
SPALANCARONO GLI ABISSI
SPROFONDANDO LA MORTE.
COSI SFIDARONO DIO E IL SUO CREATO
LASCIANDO UN’ ECO PERENNE
DI GIOIA E DOLORE
FIORI SEMPREVERDI DELL’AMORE:
PAROLE..PAROLE CHE ABITANO DA SEMPRE
QUEL PICCOLO RIFLESSO
DELL’UNIVERSO UMANO
LA VERA STORA DEL SALICE PIANGENTE
In cima ad una piccola collina, non lontana dal paesino, si elevava maestoso e solitario un vecchio salice piangente. a dire il vero non era poi così solo! numerosi scoiattoli si rincorrevano su e giù per il suo tronco e i suoi rami penzolanti ed ondeggianti, più della neve e del gelo erano piste continuamente battute dalla assidua frequentazione di uccelletti di ogni specie, ma lui non protestava mai, anzi, ne era ben contento, perché sapeva che ogni essere vivente, sebbene diverso dal suo mondo e dal suo stile di vita, per quanto strano, lo arricchiva dandogli qualcosa che lui non avrebbe potuto mai e poi mai avere. C’era però, una specie di essere che “mal digeriva”: gli uomini,li trovava noiosi e veramente tanto strani!
“Guarda caro quanto dobbiamo faticare noi per vivere! mentre lui se ne sta appollaiato su questa collina senza muovere neanche un dito! che ingiustizia! Così brontolava una signora che si era fermata sotto l’ombra del salice, tornando dal lavoro insieme al marito. Ed un vecchio ormai fiacco negli anni e nel cuore: ma perché non buttarlo giù? tornerebbe comodo alla gente avere legna da ardere nel camino. Mentre un signore arcigno e stanco della vita, fissandolo con occhi sdegnati lo ammoniva: “Ma come fai a sopportare una simile gazzarra? ah se avessi a portata di mano un fucile, sparerei a questi uccellacci e così non sarei più infastidito da tanta chiassosità’ “che cosa pensare se non che la specie umana fosse approdata sulla terra da chi sa quale galassia contagiata da un terribile virus: l’abitudine all’amor proprio.
Tuttavia non tutti gli uomini erano così’ perniciosi! tra loro c’erano i bambini che gli donavano tanta gioia, allegria e buona compagnia, quando tornando da scuola inventavano giochi, si raccontavano storie o semplicemente lo guardavano con occhi estasiati, sognando di arrampicarsi su e poi su, per poi scivolare giù e riprovare ancora con più lena di prima.
Un giorno di primavera che veste ogni cosa di tenero sorriso, accadde che una bambina, gettandosi ai suoi piedi, singhiozzando dicesse: “Quanto sono infelice, perché tutto questo deve accadere proprio a me? sono stata tanto, ma tanto cattiva! ‘’e poi di corsa tornava a casa. E poiché il fatto si ripeteva più’ volte e volte ancora, il vecchio salice, per quanto forte e robusto, incominciò a vacillare e dalle sue viscere uscì’ una voce tenera come un bocciolo e calda come un abbraccio. “Cosa mai ti è successo piccola mia di così’ grave e irrimediabile, perché tu debba disperarti tanto? Piccolo fiore che dai solo luce e profumo a chiunque ti veda, raccontami donde nasce tanta sofferenza.” Oh mio buon salice ho il cuore tagliato a metà, si proprio così, si è spezzato; i miei genitori che amo più’ di ogn’ altra cosa, hanno deciso di lasciarsi, così io li perderò’- hanno un bel dire che continueranno ad amarmi e non farmi mancare nulla- mi sento così’ inutile! cosa posso fare? Io sono solo una bambina e molte cose non riesco a comprenderle; se prima si amavano e adesso si odiano, vuol dire che la stessa sorte toccherà a me, debbo solo attendere il tempo in cui mi odieranno, ‘’ e giù un pianto a dirotto inconsapevole.
Fu allora che il vecchio salice ruppe il silenzio durato cento e cento anni, e raccontò’ alla bimba una storia. C’era una volta un re che aveva sposato una principessa dai lunghi capelli, lucenti come i raggi del sole, tant’è che lui la chiamava semplicemente raggio di sole. E per molti anni vissero felici, amandosi teneramente contenti della loro vita dorata. Ma come una bufera improvvisa, venne il tempo che il re cadde in disgrazia. Non più’ banchetti sfarzosi, non più’ tornei di caccia per ammazzare il tempo, ne’ feste di corte.
E fu così che un giorno con suo grande disappunto disse alla regina: ‘’ Mio raggio di sole la nostra sorte è cambiata e purtroppo in peggio. Se noi vogliamo vivere ancora in questo castello dobbiamo fare qualche piccolo sacrificio. Tutti i tuoi gioielli e vestiti di perle e diamanti dovranno essere venduti, così come il mio scettro e la mia corona di rubini e smeraldi. Ahimè non ci saranno più balli in maschera ne’ fuochi d’artificio. Inoltre non potrai più’ avere le tue damigelle, dovremo vivere come il nostro popolo” La regina nel sentire quelle parole che suonavano alle sue orecchie come terribili ed incomprensibili presagi di una lunga astinenza, così tuonò: ‘’ Mai e poi mai mi priverò di ciò che è stato, è, e sarà sempre mio. La mia bellezza rivestita di cenci, priva di luce sarà umiliata e derisa da tutti i nobili del regno! come puoi riservare un destino così crudele alla tua regina? Il povero re mortificato per aver offeso l’orgoglio della sua amata principessa, cercò in tutti i modi di spiegarle che il suo amore mai e poi mai sarebbe stato scalfito da alcuna restrizione Ma le sue parole non servirono a consolare la regina, che da quel giorno decise di dormire in un’ala del castello lontana dalla loro camera.
Il povero Re incominciò a scrivere canzoni e poesie per tentare di conquistare il suo cuore, ma tutto fu inutile. Capì così che il cuore della regina era ormai pietrificato.
Da quel giorno il Re iniziò un interminabile pianto, silenzioso come un lungo fiume che scorre pian piano e poi si nasconde alla vista dei più, tra gli anfratti della terra ed inestricabili boschi, oscuri come la notte. Molti notabili del regno pregarono la regina di desistere dal suo atteggiamento, poiché il Re, così facendo si sarebbe ben presto ammalato. E lei per tutta risposta, rincalzando la dose di rabbia affermava –Che uomo è uno che non sa risolvere i problemi e si piange addosso? Se fosse un vero Re avrebbe fatto di tutto per difendere e conservare ciò che per eredità e per diritto era suo, cioè nostro. Sarebbe bastato aumentare le imposte al popolo o aggiungere altre e tutto, e dico tutto, sarebbe rimasto come prima! Ma lui no, con tono sarcastico, lui ha voluto fare il Re magnanimo, l’eroe, il martire e ha finito per perdere ogni cosa compresa me! – ‘’ Ma regina – non dica così. Costernati i notabili ripetevano – abbia un po’ di pietà cristiana – E lei ‘’ la pietà è un lusso che solo i ricchi possono permettersi a tempo perso – i poveri hanno appunto solo le lacrime – Che pianga, pianga pure, finché non diventerà un legno rinsecchito senza cervello!!
Il Re che ormai non sperava più, dall’alba al tramonto pregava Dio che lo facesse diventare un legno; fosse anche stato l’ultimo desiderio della regina che avrebbe potuto soddisfare, così lui non avrebbe più sofferto.
Il buon Dio che, a dire il vero, si era stancato di sentirsi ripetere sempre la stessa cosa, riflettendo un po’ – ‘’In fondo – disse – esaudisco due desideri invece di uno, giacché entrambi vogliono la stessa cosa” E poiché Dio è buono e misericordioso, lo rivestì di tanti rami aghiformi e verdeggianti volti non verso il cielo ma verso la terra a ricordare che tutte le sue creature sono causa ed effetto della sua volontà e perciò necessarie all’intero creato e, lo chiamò SALICE PIANGENTE.
“Vedi piccola –disse il Salice –la vita cerca e vuole la vita, l’amore è vita, ma cambia e si trasforma -cioè- chiese la bambina. Diventa con il tempo sempre più grande; non badare a quelli che affermano che il tempo distrugge ogni cosa anche l’amore, parlano per frasi fatte e perciò imbalsamate. A volte perché sono così concentrati nell’amore che hanno solo verso se stessi, perdono di vista l’essenziale. L’essenziale è ciò che gli occhi non vedono e le orecchie non sentono. Alla fine poverini finiscono per soffrire delle loro stesse misere vanità” Ho capito– disse la bambina “Per me l’ essenziale sono i miei genitori! “ Sì e no – rispose il Salice – “ L’essenziale è l’amore che loro ti daranno, anche se lontani l’uno dall’altro, accompagnandoti nel cammino della vita, ti aiuteranno a rialzarti quando cadrai o starai male. Gioiranno quando il tuo cuore si aprirà all’amore di un ragazzo, essi saranno sempre al tuo fianco, insegnandoti le cose che servono: non arrendersi e saper scorgere un fiore anche nel deserto più arido. E non servirà il Bilancino –credimi – ognuno di loro, se vede l’essenziale, amerà così tanto che nessuno potrà misurare l’amore perché esso è sempre finito ed infinito insieme”
Adesso io sono in pace con me stesso e sono felice, perché ho perso un amore, ma non l’amore.
Io vivo della tua amicizia di quella che sarà la tua gioia, non conosco solitudine alcuna perché abbraccio il respiro del vento, danzo sulle note di passeri frettolosi e delle rondini stagionali, mi nutro del ticchettio della pioggia e sono il guanciale della candida neve. E se anche uno o più rami si spezzeranno sotto i colpi di una tempesta furiosa, il mio tronco che ha lunghe braccia invisibili sarà saldamente legato al cuore della terra.
La bambina prima di congedarsi ringraziò il Salice Piangente e questi le disse: -ricorda di non raccontare a nessuno questa storia! Perché mai? – chiese la bambina- Per me è stata importante! “Perché gli uomini sono abituati a misurare il valore di ogni cosa da ciò che hanno o non hanno; essi pertanto penseranno che sia il frutto della tua fantasia di bambina, e perciò irreale.
Io e te sappiamo, invece, che le cose non stanno così, sarà il nostro piccolo…e scrollandosi i suoi rami aghiformi……grande segreto”.
E Dio dall’alto guardando la sua creatura, beato, esclamò:“Questa volta ho veramente fatto un buon lavoro”.