Flavia Ali’ - Poesie e Racconti

IL VIAGGIO DI UNA GOCCIA

 

Me ne stavo ferma alla finestra in una di quelle giornate d’inverno fredde e piovose. 

All’improvviso, violenti proiettili di grandine saettati dal cielo come dardi raggiunsero la mia finestra e un flebile <<Ahi!>> mi pietrificò. 

Feci alcuni passi indietro, strofinandomi gli occhi con le mani: doveva essere stata un’allucinazione, per forza! Ma proprio quando mi ero convinta di questo, la vocina tornò a farsi sentire e a chiedermi aiuto.

<<Ciao, sono Gutta>> mi disse una gocciolina, sciogliendosi da un granello di grandine. <<Parla con me in attesa che finisca questa violenta tempesta!>>.

 Io, sbalordita più che mai, iniziai a pensare a cosa avrei potuto chiedere ad una goccia parlante.

<<Raccontami la tua storia>> dissi molto banalmente, incosciente e inconsapevole del vissuto di quella piccola bollicina d’acqua. 

Gutta era figlia di Tempo e Nuvola, ma anche dei Ghiacciai, dei Laghi e di Neve. 

Era nata dal litigio dei suoi primi genitori che l’avevano scaraventata sulle alte vette dell’Ettos. Inverno l’aveva resa una pallina gelida e dura come tante altre, ma Primavera l’aveva liberata dalla fredda prigione conducendola, giù per Cascata, fino a Lago. 

<< Non sai quanto fosse limpida e pura l’acqua e io zampillavo, saltellavo, insieme alle mie sorelle e alle mie cugine figlie di Acqua>>.  Ma il viaggio di Gutta non era terminato… Euforia l’aveva fatta allontanare verso la riva. Lì, un lupo stanco e ferito cercava di porre fine alla sete d’ acqua e di morte e Gutta si ritrovò a viaggiare tra i suoi tessuti del corpo. Gutta non era disperata. Per lei ogni tappa del viaggio era stata un’occasione per esplorare e conoscere, ma non questa volta. Un forte risucchio la trascinò fuori. Tra le costole del lupo c’era un lungo taglio e non si intravedevano più brandelli di carne che coprissero le ossa inclinate. Lupo, senza forze, cadde sul fianco ferito e Gutta e Sangue uscirono fuori, liberati. Lupo era morto. Gutta era così triste di non avergli concesso un po’ di serenità che pianse, pianse fino a perdere le sue forze e si addormentò.

Gutta sapeva che prima o poi, tutte le gocce tornano a Cielo e così Evaporazione l’aveva aspirata e condotta a casa. Ma Cielo non era più lo stesso e quella violenta tempesta era stata generata dal caos della volta celeste.

Arrivata a questo punto del racconto, un altro <<Ahi>> e un altro ancora mi distrassero o mi riportarono alla realtà. Gutta non era più alla finestra ma la mia sorellina piangeva, essendo inciampata nel tappeto della mia camera, nell’intento di raggiungermi. 

Cercai di consolarla e tra le perle dei suoi occhi vidi un sorriso. Gutta esisteva davvero. 



SENZA PENSIERI

 

Cinguettano, liberi e spensierati

mentre il confine tra cielo e mare svanisce.

Chissà cosa pensano e se pensano!

Viaggiano, veloci e impavidi,

spinti dal soffio di Zefiro.

Chissà cosa pensano e se pensano!

Forse semplicemente volano,

tagliano l’aria, affettano le nuvole

e volano.

Loro, senza pensieri, volano.



SE POTESSI, TI RAGGIUNGEREI

 

Se potessi, ti raggiungerei.

Ti direi che sei stato importante.

Ti direi che certi ricordi non si cancellano

e certi amori rimangono.

Ti racconterei di me, di noi.

Ti chiederei di tornare.

Io voglio il tuo ritorno.

E ti chiederei di portarmi via con te

lì dove tutto trova un senso,

dove le ferite si rimarginano,

dove i sorrisi splendono e i cuori palpitano.

Se potessi, io ti raggiungerei.

(A mio nonno)


 

Toc Toc Toc

 

Toc Toc Toc….

Dentro c’è qualcosa che bussa.

All’inizio non lo sento quasi.

Poi colpisce forte e ancora più forte.

Vuole uscire ma non trova la via.

E bussa, forte. Il cuore bussa:

Toc Toc Toc….

E la testa non la zittisce nessuno:

ordina, comanda, paralizza. 

E bussa 

mentre mi inghiottono pensieri feroci.

E bussano, senza tregua, bussano.

Toc Toc Toc


 

SENSO

 

Quanto sono belle le bolle di sapone!?

Leggere, senza una forma definita e se guardi dentro, puoi trovarci addirittura l’arcobaleno.

Ma quando la bolla ti inghiotte, le cose cambiano. 

Cammini per la strada ma sembra quasi che qualcuno, fuori di te, ti conduca mentre tu senti ma non ascolti, vedi ma non guardi, respiri ma non vivi.

Ma in fondo cos’è la vita? Perché ce l’abbiamo? Qual è il nostro scopo sulla Terra?

Io non ho delle risposte definite a queste domande e anche se fosse il contrario, non ve lo direi per non condizionare il vostro giudizio e per invitarvi alla riflessione.

Posso solo consigliarvi di amare e donare, dare all’infinito perché quando tutto sembrerà solo un grande punto interrogativo, l’amore che avete trasmesso più che quello che avete ricevuto sarà una delle poche cose che farà quadrare i conti e che darà un senso al vostro e mio essere qui.



NOTTI INSONNI, PENSIERI CONFUSI

 

Notti insonni, pensieri confusi,

la macchina del corpo continua a funzionare, senza sosta,

e non dà tregua.

Tutti i suoi ingranaggi le rispondono pure

in un rumore che non ha mai fine.

Mai suoni e mai silenzi, solo rumori.

Ogni tanto però s’inceppa e tutto si paralizza.

Vorresti muoverti, capire, agire ma non puoi, non dipende da te.

Poi la macchina del corpo riprende a funzionare, senza sosta e non dà tregua.


 

LIBERTA’

 

La testa, la sento piena.

E pieno è anche il mio cuore:

Di paura, di dolore, di amore.

Come può un’anima così piccola

Provare un’angoscia tanto grande?

Perché è vuota.

All’interno è tutto vuoto.

Aspetto che qualcuno ci semini dentro

E che faccia germogliare il dono della Libertà.



GIUSTIZIA

 

Flebili raggi di luce illuminavano a malapena il mio candido volto, in quella mattina d’inverno.

Ricordo ancora il profumo del caffè bollente provenire dalla cucina, dei croissant caldi e dell’aria fresca. Sì, dell’aria fresca, perché tutto emana un odore se ispiri profondamente e hai voglia di sentire il mondo. 

Mi alzai, salutai la mia famiglia e, afferrata una brioche al volo, fui fulminata da una notizia che i miei genitori stavano ascoltando davanti alla tv.

Io scoppiai in lacrime.

C’era stato un incidente che aveva coinvolto due bambini. 

Loro erano innocenti, senza colpa.

E non ditemi che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato perché due adolescenti che giocano al campetto della parrocchia in pieno pomeriggio e vengono raggiunti da proiettili “volanti” mortali, non si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato. 


 

SOLI PUR STANDO ACCANTO

 

Che sorriso smagliante il tuo, di quelli che rassicurano e donano calore più del contatto di un corpo con un altro corpo.

Eppure, nonostante i tuoi sforzi, un vuoto, un vuoto senza forma né nome mi perseguitava.

Avrei voluto scacciarlo per dedicarmi a te come avresti meritato.

Perdonami. Perdonami, ti prego, se vado via.

Il peso di un amore che non riesco pienamente a trasmetterti mi schiaccia, mi distrugge.

Perché in mezzo a questa tormenta, giacciamo soli entrambi pur stando accanto.



COME POSSO SALVARVI?

 

Tremo, figlio mio, tremo.

E piango, disperata.

Ho paura per te, per noi, per il mondo intero.

Come posso salvarvi?

Cosa posso fare?

Che cosa devo fare?

Dove Sei?

Ti prego, aiutami, ascoltami.

Io ti prego.

Aiutami.

Ascoltami.


 

Grazie. 

A chi ha creduto in me prima che lo facessi io.

A chi c’è sempre stato e a chi ho incontrato lungo la via.

A chi mi ha sopportato e supportato con pazienza.

A coloro a cui ho trasmesso qualcosa o niente.

Alla mia famiglia, perché ognuno mi è stato accanto, a modo suo.

Ai nonni che esistono e a cui auguro l’immortalità.

A mia madre e mio padre, perché sono insostituibili.

Alla mia splendida sorella perché è, è stata e mi auguro sarà ancora, la mia roccia.