Floriana Causarano - Poesie

ERA D’AGOSTO

Ricordi…? Era d’agosto.
Le nostre mani si incontrarono,
si sfiorarono, si strinsero
nello scintillio duro
dell’aria di mezzogiorno,
nel fruscio rovente dei canneti,
nel variopinto sbattere
di lenzuola stese al sole
su mille terrazze.
Ricordi…? Era d’agosto.
Il mare cantava lontano
la nostra canzone immortale
che ancora accompagna
i miei cupi, interminabili
gelidi inverni.


 

EQUINOZIO

Senza senso oramai,
senza colori e suoni
si avvicendano le stagioni:
il candido scintillio
dell’inverno,
la rosea, sorridente
primavera,
il cielo fiammeggiante
dell’estate,
l’arancio e l’oro spento
dell’autunno.
Tutto ferisce gli occhi
senza toccare il cuore.
Lo sfiora lievemente,
appena appena
e lo uccide.


 

MOSAICO

È cattivo questo sole d’agosto
che arroventa l’aria
senza scaldare il cuore.
Tutti siete partiti
per un altrove che non sappiamo
un luogo, un non-luogo
in cui tutto si ricompone:
è lì che prende forma
un mosaico di fluttuanti colori
in cui mani familiari
nuovamente si intrecciano
e voci amiche ancora si fondono
nell’armonia dell’amore.
Qui, dove noi restiamo
nei nostri vestiti leggeri,
e ancora vi sentiamo
respirandovi nell’aria
tiepida della sera,
qui già tutto è finito.
Ma là, dove voi ora siete,
nell’altrove che non sappiamo
già tutto è ricominciato.


 

GIRASOLI

Aurea distesa sconfinata
fulgore ondeggiante
sulla soglia sempre in ombra
della mia anima.


 

HO SOGNATO…

Ho sognato che
la mia bambina volava
e volando, danzava sulle punte.
E il suo pigiama rosa
le ondeggiava intorno
in una nuvola di tulle
che si sfilacciava contro
l’alba all’orizzonte.
Ho sognato che
la mia bambina danzava
e danzando, volava.


 

FUOCHI

Ti sento qui, accanto a me
su questa terrazza
di tegole grigie
e muri anneriti dal tempo.
Davanti a noi, lontano
il mare si accende
in un caleidoscopio
di luci colorate.
L’ aria vibra intorno
come animata di vita propria
e brevi lampi disegnano
il paesaggio di un
quadro infantile.
Ti sento qui, accanto a me
mentre mi leghi in un abbraccio
e ci perdiamo insieme, stretti
nel buio della notte
che, improvvisa,
avviluppa il mondo.


 

FUGA

Se in una sera d’inverno
io uscissi di casa,
raggiungessi a piedi la stazione,
salissi sul primo treno
senza un bagaglio,
senza un biglietto,
senza una meta,
tu che dici di amarmi
mi cercheresti?
E trovandomi, mi seguiresti?
No, le strade lungo le quali
ti condurrei sarebbero
troppo impervie per
le tue esili gambe,
troppo tortuose per
i tuoi occhi ciechi.
Troppo tenebrose per
la tua mente lucida.
E tu calpesteresti ad ogni passo
i fiori selvatici spuntati
ai loro lati.


 

LA MUSICA DEL MARE

La musica del mare
è la voce di mia madre
quando paziente mi cullava
per farmi addormentare.
È la voce di mio padre
quando al mattino
canticchiava davanti
allo specchio del bagno
mentre si radeva.
E la voce dei miei figli
quando di notte
si svegliavano piagnucolando
per un brutto sogno.
La musica del mare
è nei tuoi passi leggeri
mentre danzi stretto a me
nel ricordo di un amore
sempre vivo e mai vissuto
e che mai vedrà l’oro
della luce del mattino.


 

LETTERA D’AMORE AL MIO PAESE

 

Che bello il mio paese quando si offre improvviso ai miei occhi dietro l’ultima curva…la strada che da Modica degrada verso il mare si avvita in stretti tornanti come aggrappandosi ai fianchi dei costoni rocciosi.
E improvvisamente è lì, come una donna bella e sfrontata seduta a gambe aperte in riva al mare mentre il sole del tramonto rende ardenti i suoi occhi ammiccanti.
Che bello il mio paese con la sua piazza assolata a mezzogiorno, con il tempo immobilizzato sulle sue panchine, stampato sulle rughe dei vecchi che ricordano e parlano con voce roca e asciutta, ricordano e parlano….
Che bello il mio paese violentato dalla mano gelida dell’uomo e pur sempre generoso con chi lo sa guardare, con chi lo sa ascoltare…
Mentre mi addentro lungo le strade dei quartieri più vecchi, unico rumore i miei passi sul selciato, egli mi sussura piano parole che solo al cuore è concesso udire; tutto di lui parla al mio cuore: le sue facciate barocche, le sue piazze ventose, le sue tante chiese incastonate come diamanti nello scrigno ombroso e umido dei vicoli che mi chiudono in un caldo, silenzioso abbraccio. Con voce antica, ma ferma, egli mi parla e la mia anima vaga nel labirinto di infinite emozioni.
Ecco la piazza, il cuore pulsante del suo piccolo universo: davanti a me, muto, si erge San Matteo, imponente sul colle a ridosso delle ultime case: alle sue finestre diroccate si affacciano secoli di Storia, nelle sue orbite vuote palpita un fremito di vita.
Èun padre vigile e severo a cui niente sfugge, una madre insonne che veglia sul riposo inquieto del suo unico figlio, un’amante paziente che attende nell’ombra il risveglio dell’amato.
È padre, madre, amante…
Che bello il mio paese mentre a notte si addormenta, adagiato nella sua conca come in una culla: piano chiude le sue porte, le sue finestre, qualche stridio di cardini qua e là, qualche luce accesa, una voce ancora…
Piano chiude i suoi occhi il mio paese e si stende sospirando al ritmo della lieve brezza estiva odorosa di mare. Il suo respiro è potente e leggero, piano mi avvolge nel suo alito profumato di gelsomini e fichi d’India…piano lo porto nel cuore, il mio paese.


 

 

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