Francesca Donati - Poesie e Racconti

Passato presente

 

Se i ricordi parlassero,

se avessero voce

e potessero raccontare

quel che è stata la mia vita

negli ultimi anni.

La mia vita interiore

Quella più segreta

Quella più nascosta

Quella più buia.

Se i ricordi disegnassero,

se conoscessero l’arte

e potessero rappresentare

stenderebbero colori contrastanti,

tenebrosi, cupi e angoscianti

fra i rossi caldi e i gialli brillanti

in un’altalena di emozioni

alla fine stancanti.

 

Se i ricordi suonassero,

una nota per ogni persona,

un accordo per ogni evento,

se potessero cantare

quel velo costante

che mi ha annebbiato la vista,

che mi ha reso l’orizzonte meno netto,

che mi ha permesso di sopravvivere

e proteggere al meglio l’anima della mia anima

la vita della mia vita.

 

Solo così la mia realtà

Acquisirebbe parole,

parole di una lingua universale,

comprensibile a tutti;

acquisirebbe colori nitidi

in immagini chiare,

vivibili, che ti tirano dentro;

acquisirebbe una colonna sonora

amica, avvolgente,

calda, angosciante;

e canterebbe il movimento,

la vita,

il bene, la fatica,

la solitudine amica.


NOTTE

 

Abbraccio quel nero fitto e profondo

Mi lascio accarezzare

È fresco,

fa male.

 

Mi avvolge il mantello di raso blu notte

Si lascia ascoltare,

Sussurra,

parole.

 

Con gli occhi protesi al di là dei confini

I pensieri si sciolgono,

da massi

a spuma.

 

Si cullano fra i mille interrogativi

Una stella ciascuno,

brilla,

fa luce.

 

Quando arriva alla fine il dolce riposo

Il silenzio illumina

ogni dubbio,

deluso.


DONNA

 

Spicca tra le spighe di grano

Un papavero rosso

Forte il vento sui suoi petali

Fragile la corolla

Che alterna passaggi

Da destra a sinistra

E da sinistra a destra.

Ad ogni folata appare in pericolo

Potrebbe perdersi

Potrebbe cadere

Potrebbe spezzarsi

O disfarsi lentamente

Un po’ per volta

E i suoi petali volare

Vittime di forze estranee

E passivi di ogni decisione,

spinti in qualsiasi direzione.

Niente di tutto ciò.

Quel papavero ha radici ben salde

Il suo stelo è sufficientemente robusto

E i suoi petali così

Intenzionalmente mobili e malleabili

Che l’energia che sprigionano

È quel collante che mantiene integra la corolla,

integra nell’essenza di sé,

essenza di forza e fragilità,

essenza di assertività e dolcezza,

di comunione,

essenza di solitudine.

Si alterna il vento alla pioggia;

si alternano le stagioni,

del mondo e del cuore

ma tu resti lì

protagonista sullo sfondo

nella tua essenza di donna.


IL CORPO

 

Il corpo

Questo maledetto nemico inseparabile

Questo indispensabile soffice involucro.

Il corpo,

unione e confine tra te e l’altro,

segno inconfutabile di ogni limite.

Il corpo,

fonte di piacere e fonte di dolore,

segno di presenza e

complice nell’assenza.

Il corpo

In perenne conflitto con se stesso.

Protegge,

espone,

parla ma non sempre dice il vero

può tradire a dispetto di una mente fedele

e contenere una mente alla deriva.

Il corpo,

un biglirtto da visita che nasconde

un rifugio sicuro che mette in mostra.

Il corpo,

ti offende

ti tradisce

ti ascolta

ti consola.

Ti ferisce improvvisamente

E ti perdona incondizionatamente.

 

È sempre lì,

presente,

accanto a te,

con te.

Nonostante tutto

Ti accompagna.

Tuo malgrado

C’è.

Ti precede sempre;

ti segue trascinato…

il tuo corpo è fatto di te…

tu non sei il tuo corpo.


SALUTO

 

Hai gli occhi aperti

E guardi oltre,

Le labbra socchiuse

In un leggero affanno.

Le gambe sono pesanti

Inchiodate a terra

E le braccia rigide

Saldate ai fianchi.

 

Hai paura e sei senza prospettiva

Sola, in un angolo buio senza orizzonte.

Una lacrima amara solca il tuo volto

In un rigolo vivo di rassegnazione.

Piangi cristalli di verità

E ingoi pastiglie di speranza,

Di impossibile desiderio.

 

Chiudi gli occhi e vedi oltre

Una luce divina,

L’infinito celeste

Del mondo possibile

In un altro mondo.

 

L’altro, il mondo

Dell’infinità dell’infinito.


TU

 

Tu sei quello che mi manca

Tu sei ciò che mi riempie

Tu la voglia di vivere

Tu la nostalgia di ridere.

 

Tu sei la stella nella notte

Tu la deriva di ogni giorno

Tu, primo pensiero al risveglio

E ultimo augurio della giornata.

 

Tu sei la brezza leggera d’estate

Tu sei falò costante in inverno

Il cuscino che abbraccio nel sonno

L’ombra senza volto che rifuggo nel sogno.

 

Tu sei ciò che da sempre vado aspettando

Tu sei il pericolo da cui stavo scappando

La quiete dopo l’interminabile tempesta

Lo scompiglio dell’intero mazzo di carte.

 

Non ti ho mai avuto

Non so se ti vorrò mai

Certa è la paura di perderti

Certa l’intensità dei miei pensieri.

 

Sei presente con la tua assenza

Mi riempie la tua mancanza

Tu sei la vita che torna a vivere

L’estrema paura di volerti bene.

 

Tu sei il mio tutto ed il mio niente

Tu, l’illusione della calma apparente

Tu sei quello che sogno di noi

Tu, tutto quello che non sarai mai.


QUEL MALEDETTO GIORNO

 

Quel maledetto giorno

Te ne sei andata

Non ho avuto il tempo,

non mi hai aspettata.

Tante cose ti avrei detto

Se solo avessi saputo.

 

Quel maledetto giorno

E quella chiamata;

ho capito subito

la mala parata

il mio cuore in forte affanno,

la paura del presagio.

 

Quel maledetto giorno

La corsa da te,

il gelo totale

e la conferma spietata.

Lo sconforto mi ha colto

E son rimasta di sasso.

 

Quel maledetto giorno

Non so più che giorno era

Di sicuro c’era il sole

Quando è giunta la bufera.

 

Quel maledetto giorno

Lo rivivo tutti i giorni

Manchi tanto nella vita

Sei presente nei miei sogni.

Quel maledetto giorno

Sono morta un po’ con te

Il dolore è stato forte

Doversi arrendere alla morte.

 

Quel maledetto giorno

è un ricordo ancora vivo;

sei costante nei pensieri

sono anni e sembra ieri.

 

Sono fiera assai di te

E ti porto dentro me

Da quel maledetto giorno

Di un’andata senza ritorno.


MALINCONIA

 

E all’improvviso arriva quel brutto mostro

Quell’avvolgente malinconia

Quel senso inesorabile di vuoto.

 

Hai una smania dentro che ti perdi il mondo,

la vita e tutto il resto intorno

l’inferno ti brucia da dentro.

 

Ti abbandoni alla stanchezza irrisolta

Le gambe pesanti e vai via

Dal presente che temi di nuovo.

 

Ti senti impotente e sconfitta

Ti arrendi e desisti

E aspetti che pasi il momento.

 

L’irrequietezza ti assorbe le membra

Pensieri e movimenti al contempo

Non riesci a metterti contro.

 

E chiudi i tuoi occhi e aspetti

Respiri quell’aria che tanto è mancata

Ti butti giù e ti rigiri

 

Una volta e ancora e poi ancora di più

Lasci spazio a Morfeo

Che arrivi e ti prenda.

 

È così il solo modo per quel cuore che trema

Di sperare in un tempo

Sospeso di sonno.

 

Che permetta a quel tempo di passare più rapido

Di passare indolore.

Ed è già domani.


I 5 SENSI

 

Adoro l’odore dell’orizzonte

Quella linea infinita

Che dagli occhi tanto si perde

Da tornare indietro così calda e soave.

 

Adoro il sapore delle pagine ingiallite di un libro

Quell’amaro di ricordi e dolce di immagini

Che librano nella mente e sembrano reali.

 

Adoro la carezza di quella voce amica

Quell’abbraccio vellutato e avvolgente

Di battiti del cuore.

 

Adoro i colori dell’ascolto

Quella rispettosa vicinanza sottile

Che sfiora, amalgama e colora la solitudine nera.

 

Adoro il suono delle luci del tramonto

Quella melodia in cui tuffarsi annulla la gravità

Mantenendo vivo il senso di realtà.


ARRIVERA’ QUEL GIORNO

 

Lo so, arriverà quel giorno.

Il giorno in cui tutto finirà.

E il bello che oggi ci doniamo

Sarà solo parte dei ricordi.

 

Lo so, arriverà quel giorno.

Il giorno in cui col cuore in mano,

il nodo in gola e una morsa al petto

dovrò rinunciare a te e a tutto questo.

 

Lo so, arriverà quel giorno.

Il giorno in cui contro ogni logica dei sentimenti,

semmai ne esista una,

ma seguendo la logica della ragione,

a gran fatica e con dolore

riuscirò a lasciarti andare.


CORALLO

 

Ogni bolla che vedo,

piccola o grande,

mi riempie di gioia.

Prova di un mondo,

di vita intorno.

La solitudine se ne va

resta la prigionia,

la costrizione a terra

quella stessa terra

che mi illude di lasciarmi libero

ma che non molla la presa.

Le mie radici di corallo

Solo mi permettono di seguire le onde

e il loro ritorno

come una danza,

come in un Walzer di speranza.

Mi approccio alla vita

ammirandola da fuori.

Come un bambino

coloro la mia dei colori degli altri.

E la felicità si spande

negli abissi del mio mondo sommerso

dove il sole solo a tratti illumina

le fitte ombre delle mie grotte.

 

 

Francesca Donati


 

Ferragosto

 

Ti svegli all’alba

Col mal di testa

Vorresti ancora dormire

Ma è come se la festa dovesse ancora finire.

 

Provi a ignorare il martello che in te

La tua testa fa rimbombare

Richiudi gli occhi

E speri di lasciarti andare.

 

Ma intanto arrivano tutti i pensieri

Che ti accompagnano da sempre

E allora ti arrendi e lasci svanire ogni sogno

Ogni ricordo e ogni probabilità di dormire.

 

La bella serata che ieri hai passato

Non è che l’illusione

Di avere ciò che tuo non è mai stato

E la paura di perdere

Ciò che non hai mai avuto.


NOTTE

 

Abbraccio quel nero fitto e profondo

Mi lascio accarezzare

È fresco,

fa male.

 

Mi avvolge il mantello di raso blu notte

Si lascia ascoltare,

Sussurra,

parole.

 

Con gli occhi protesi al di là dei confini

I pensieri si sciolgono,

da massi

a spuma.

 

Si cullano fra i mille interrogativi

Una stella ciascuno,

brilla,

fa luce.

 

Quando arriva alla fine il dolce riposo

Il silenzio illumina

ogni dubbio,

deluso.


 

OH MARE

 

Seta di ombre e luci riflesse

Spuma di evanescenti e soffici bolle,

celeste di occhi, turchese di cielo,

pece compatta dopo il tramonto;

 

Dentro di te, oh mare, danzano i colori,

culla la vita

in un movimento di andata e ritorno,

di onda e risacca,

di marea alta e bassa;

un accompagnamento nel cammino

verso l’ignoto,

verso il futuro.

 

Quasi a tentoni,

in perlustrazione,

un passo avanti e mezzo indietro,

come fosse una ricarica di energie,

rifornimento di carburante.

 

Desiderio misto a paura dell’ignoto, del futuro.

 

Tu, che accompagni la vita

E nel turbinio dell’andata e ritorno,

nel tuo potente grido alla vita,

restituisci anche la morte,

corpi esanimi, corpi molli.

 

Tu, oh mare, che accogli insieme

Il bello e il brutto,

la pace e il turbinio,

speranza e rassegnazione,

serenità e disperazione,

perdona quest’uomo

che non ha ancora imparato a vivere,

che non sa che vivere è rispettare la vita.

 

 

Francesca Donati


Passato presente

 

Se i ricordi parlassero,

se avessero voce

e potessero raccontare

quel che è stata la mia vita

negli ultimi anni.

La mia vita interiore

Quella più segreta

Quella più nascosta

Quella più buia.

Se i ricordi disegnassero,

se conoscessero l’arte

e potessero rappresentare

stenderebbero colori contrastanti,

tenebrosi, cupi e angoscianti

fra i rossi caldi e i gialli brillanti

in un’altalena di emozioni

alla fine stancanti.

 

Se i ricordi suonassero,

una nota per ogni persona,

un accordo per ogni evento,

se potessero cantare

quel velo costante

che mi ha annebbiato la vista,

che mi ha reso l’orizzonte meno netto,

che mi ha permesso di sopravvivere

e proteggere al meglio l’anima della mia anima

la vita della mia vita.

 

Solo così la mia realtà

Acquisirebbe parole,

parole di una lingua universale,

comprensibile a tutti;

acquisirebbe colori nitidi

in immagini chiare,

vivibili, che ti tirano dentro;

acquisirebbe una colonna sonora

amica, avvolgente,

calda, angosciante;

e canterebbe il movimento,

la vita,

il bene, la fatica,

la solitudine amica.


Perché

 

Fa male pensare che non passerà

Che il fiore appassito no fiorirà

La ferita sanata non smetterà

Di ricordarti quel che è stato ormai non sarà.

 

E te ne stai lì da solo o con te

Ti culla quel vuoto, quel senso che c’è

Quando sai di aver tutto e ringrazi la vita

Ma ti manca qualcosa, ti manca un perché.


PERDERSI PER RITROVARSI

 

Mi manca il respiro

annaspo e mi giro.

Non so cosa cerco,

mi guardo intorno.

Non riesco ad orientarmi,

c’é buio quaggiù;

uno spazio infinito

così scuro e denso

che sembra stringersi

addosso a me.

Non c’è via d’uscita

Il panico incombe,

mi perdo di nuovo

mi manca il respiro,

mi perdo ancora

in balia delle onde.

 

Non sono più a fondo

ma in superficie.

Mi nutro della schiuma

dell’onda rifranta

che avvolge e tormenta

tutto il mio corpo,

dalle gambe alla testa,

alle viscere interne.

Come una coccola,

si schianta sull’acqua

per poi consolarmi

in quell’istante fugace

in cui riemergo

dal mare dei tuoi occhi.

 

 

Francesca Donati


A TE, A ME

 

Tutto è inutile. Tutto diventa necessario. Anche quel numero di telefono salvato in rubrica e da anni rimasto inutilizzato sembra aver perso ogni senso, ogni perché. E mentre a sua insaputa me lo porto dietro ogni giorno, so benissimo che non servirà. Tutto è inutile. Aprire la finestra e cercare il sole, chiudere gli occhi per vedere la luce. Non riesco più a volare, tutto è pesante, le mie ali sono ormai zavorre di braccia. Eppure lo ricordo bene come si fa: chiudere gli occhi e buttarsi col sorriso nella vita. Niente. Non ci riesco, o per lo meno non più. Tante cose son successe nel frattempo e..

Una cosa l’ho capita…

Caro tarlo, è inutile che insisti ad impegnarti allo stremo delle tue forze per rendermi la vita impossibile. Non ci riuscirai; per quanto pesante e difficile, io la mia vita la voglio vivere, e la voglio vivere davvero. Un sacco di ostacoli da superare, di battaglie da lottare, ma l’orizzonte non è mai troppo lontano, né così vicino da non permettere allo sguardo di mirare oltre.

È vero, caro tarlo, che il più delle volte mi sento persa, la solitudine incombe, e allora cado in ginocchio in atto di resa disperata e rischio di lasciarmi vivere. No, non te lo permetterò, non lo avrebbe mai desiderato, lei che voglia di vivere ne aveva da vendere, lei che mi ha insegnato ad amarla questa vita, lei che per dare la vita ha messo il mondo, il suo mondo, sotto sopra, e ci è riuscita; il suo mondo andava dritto anche sotto sopra, lei che fino a che le è stato concesso ha fatto progetti per la sua vita. Ed ha reso meno impervia la strada che avrebbe percorso chi la stava per succedere.

Ci sono cose che non si possono dire a parole. Ci sono vuoti che si riempiono solo di lacrime fino però a non colmarsi mai. Ma, caro tarlo, che mi ricordi di non essere abbastanza in grado, che mi ripeti che lei avrebbe sicuramente affrontato e gestito meglio e in maniera più efficace le situazioni, che mi accusi di non meritare di essere ancora qua, le tue parole non saranno mai abbastanza forti e penetranti da annientare la mia voglia di riscatto, anche per lei. Lei che mi ha dato tanto e che porto nel cuore così come tengo stretti a me tutti i suoi sorrisi, la sua schiettezza, le sue critiche, la sua pazienza.. e quella spalla che mi ha offerto ogni volta prima ancora che io sapessi di averne bisogno. Se chiudo gli occhi ancora riesco a sentirla soffice, calda, stabile, sicura e comoda sotto la mia testa. Non riuscirai ad annientare il bene che ancora le voglio.

Perché una cosa voglio dirtela: nella vita siamo testimoni di eventi drammatici e di cose bellissime, di incontri, di perdite, di lutti e di nascite.. in ogni situazione il cuore si gonfia: di gioia, dolore, orgoglio, rimpianto, paura, speranza.. e il risultato è sempre quello: il pianto, la commozione.. il ruolo del testimone è un ruolo ingrato. Ti dona il privilegio di non cadere direttamente nella disgrazia e la beffa di non godere direttamente dei doni della vita. Con la sostanziale differenza che il dolore, quello vero, te lo vivi appieno, nel profondo, nella tua intimità, leccandoti in disparte e silenziosamente le ferite aperte ormai da tempo; le gioie, quelle no, ti son concesse a metà e te le vivi fra il magone e l’euforia, intrappolata in questa gabbia di esplosione contenuta, sommessa, di implosione direi..è davvero un peccato portare una bandiera che si alza solo a mezz’asta, tenere in mano un testimone incandescente e non sapere chi sarà, se mai ci sarà, il compagno di squadra alla prossima stazione della staffetta. Nel dubbio però, caro tarlo, devi sapere che io non mi arrendo e continuo a correre.

Ed è in questa corsa che, tra un inciampo e un altro, tra una caduta e una ricaduta, il pensiero va a lei, il ricordo delle condivisioni, le sensazioni che ancora ho ben cucite addosso, degli scambi, delle discussioni, della complicità degna di una relazione sentimentale. Perché di questo si tratta: una vera e propria relazione. Inutile che tu, caro tarlo, insisti nel tentativo vano di sminuirla, quella era una vera e propria relazione sentimentale, a tutti gli effetti. Ed io non posso non tenerne di conto. Non posso non crogiolarmi nella nostalgia dei ricordi, e non posso esimermi dagli obblighi che tale relazione, come tutte le relazioni, comportava. Primo fra tutti “vivi e lascia vivere”…ma soprattutto vivi! Ed io ci provo, caro tarlo, in barba a te.

La vita a volte è ingiusta, a volte troppo generosa, a volta ingrata..a volte mi invade la solita tristezza e solitudine..sai caro tarlo, lei mi manca sempre come il primo giorno. Quando si perdono le colonne portanti, tutto intorno si sgretola. È proprio vero..ma io tengo duro e faccio di tutto perché non si sgretoli dentro. È dura, a volte vorrei arrendermi a te e smettere di lottare, tanto ritengo la tua posizione insensata, ma la vita che ho ricevuto in dono è un gran privilegio, quindi non mi arrendo né a te, né alla vita, e riscopro, tuo malgrado, che anche io ho delle capacità, delle qualità. È la vita stessa che me lo ricorda quando inaspettatamente, mentre sto qua ad arrovellarmi con te e con i mille dubbi che comunque riesci ad insinuarmi su di me, squilla il telefono. Una telefonata tanto chiarificatrice e veritiera che, ad esser paranoica, potrei pensare che un qualche spirito si sia insinuato subdolamente nella mia testa e abbia ridistribuito ordinandoli, i miei pensieri. Ma poiché paranoica non sono, penso ancora una volta che la vita non ha che da stupirci. Dall’altra parte del telefono una voce amica mi ringrazia per essere quello che sono, per quello che è stato, per condividere un momento nostalgico, ricordi di tempi andati ma ben chiari e indelebili nella testa e nella pancia..e allora non posso far altro che lasciarmi attraversare da quella melanconia e inevitabilmente commuovermi.. E mentre ringrazio il mio amico di sempre per avermi ricordato il bello di me, il mio pensiero torna di nuovo a lei, che vorrebbe vedermi sorridere, lei che mi ha insegnato la voglia di vivere. E dico basta a questo continuo conflitto interiore, caro tarlo, da oggi dovrai cambiare i tuoi obiettivi. Con me ci hai provato e a momenti creduto, ma sono fiera di dirti che hai fallito. Potrei dirti addio, ma non è necessario, oramai non ti temo più, posso tornare ad avere a che fare con te e sarò in grado di spiegarti di nuovo che la vita è bella, non mi fa paura il confronto. Per cui, ti saluto.

Arrivederci caro tarlo.


 

DONNA

 

Spicca tra le spighe di grano

Un papavero rosso

Forte il vento sui suoi petali

Fragile la corolla

Che alterna passaggi

Da destra a sinistra

E da sinistra a destra.

Ad ogni folata appare in pericolo

Potrebbe perdersi

Potrebbe cadere

Potrebbe spezzarsi

O disfarsi lentamente

Un po’ per volta

E i suoi petali volare

Vittime di forze estranee

E passivi di ogni decisione,

spinti in qualsiasi direzione.

Niente di tutto ciò.

Quel papavero ha radici ben salde

Il suo stelo è sufficientemente robusto

E i suoi petali così

Intenzionalmente mobili e malleabili

Che l’energia che sprigionano

È quel collante che mantiene integra la corolla,

integra nell’essenza di sé,

essenza di forza e fragilità,

essenza di assertività e dolcezza,

di comunione,

essenza di solitudine.

Si alterna il vento alla pioggia;

si alternano le stagioni,

del mondo e del cuore

ma tu resti lì

protagonista sullo sfondo

nella tua essenza di donna.