Francesca La Rosa

Poesie e Racconti


Sorrido

Sorrido alla vita che ho davanti.
Sorrido a chi mi offre amicizia e simpatia.
Sorrido al sole, quando al tramonto
arrossisce e sparisce nel mare.
Sorrido a un bimbo, che mi guarda felice.
Sorrido quando i raggi del sole mi scaldano
e le onde del mare si tingono di azzurro.
Sorrido contenta a chi mi vuole bene.
Sorrido alla natura che mi circonda,
perché è parte dell’amore di Dio.
Sorrido quando porgo la mano a chi cerca aiuto.
Il mio sorriso gli darà speranza e fiducia.
Sorrido serena quando ricordo l’infanzia.
Sorrido a chi mi cammina a fianco nella vita.
Sorrido e mi guardo intorno con gli occhi dell’amore.

 


 

Mi hai dato

Signore, mi hai dato le mani,
perché possa aiutare chi è debole,
curare chi è ammalato,
sorreggere chi sta per cadere
e accarezzare chi piange.
Mi hai dato i piedi per andare da chi è debole.
Mi hai dato gli occhi per guidare chi non vede.
Mi hai dato la lingua per pregare
e per consolare chi è disperato.
Signore, mi hai dato un cuore per amare
come Tu ci hai insegnato.
Grazie per tutto questo.

 


 

Non fermarti mai

Figlio mio, sorridi alla vita.
Afferra l’entusiasmo che voglio trasmetterti.
Ti sia d’esempio la mia gioia di vivere.
Il nostro affetto ti sia sempre di conforto.
Vai avanti con il sorriso sulle labbra,
la curiosità negli occhi
e l’amore nel cuore.
Non fermarti mai.
Cerca le cose belle intorno a te.
Allieteranno i tuoi giorni.
Ricordati che il mondo ti aspetta.
Esploralo. Vivilo. Godilo. Amalo.
Se cadi, rialzati.
Se piangi, asciuga le lacrime.
Continua. Non fermarti.
Realizza le speranze e i sogni.
Conserva la purezza del cuore, come quando,
bambino, ti stringevo a me.
Vai, figlio mio, percorri la tua vita.
Non sarai solo. Il mio amore ti accompagnerà.

 


 

Ai tuoi piedi

In quella grotta dove apparisti a Bernardette,
piccola e umile fanciulla,
guarda, Madre celeste, ai tuoi piedi.
Vedrai un pezzo del mio cuore.
L’ho lasciato lì, in segno del mio amore per te.
So che tu ne avrai cura.
Ti farà compagnia nella notte,
quando non ci sono i pellegrini.
Quel pezzo di cuore, testimone del mio amore,
ti ricorderà che aspetto un tuo invito.
…per tornare ancora a Lourdes.
Voglio provare, ancora una volta,
l’emozione di stare davanti a quella grotta
a pregare, come in una bolla di sapone,
incurante della confusione attorno.
Chiamami, Madre Santa ed io verrò.
Mi inginocchierò felice ai tuoi piedi.
Ti confiderò ansie e speranze.
Ti affiderò me stessa e i miei cari.
Tu mi ascolterai in silenzio.
Quando ripartirò, porterò con me, il tuo regalo:
pace e serenità.

 


 

Guarda in su (Le nuvole)

Guarda in su e vedrai uno spettacolo senza eguale.
Nell’azzurro o nel grigio del cielo,
vedrai le nuvole muoversi lentamente.
A volte vestite di bianco come spose.
Altre volte nere, minacciose e inquiete.
Artiste in continua evoluzione.
Giocano, danzano, si rincorrono.
Creano figure e paesaggi.
Passano sopra di noi,
belle, misteriose e inafferrabili.
Eterne itineranti. Senza tempo.
Senza meta. Senza partenza né arrivo.
Guarda in su e salutale.

 


 

L’alba

Timida, ma decisa.
Si fa strada tra nuvole e nebbia.
Si affaccia sulla terra.
Eccola, in tutto il suo splendore.
Affascinante tra magici colori.
Una vera artista.
Ha creato uno spettacolo senza eguali.
L’ALBA E’ NATA.
Porta in dono un nuovo giorno.
Regala speranze e promesse.
Poi misteriosa ed elegante,
svanisce, in pochi attimi.

 


 

L’aquilone e i sogni

Vai, aquilone, vola più in alto che puoi.
Ho aperto il cassetto dei sogni.
Li affido a te.
Vai, portali nell’azzurro del cielo.
Sii il compagno di viaggio dei miei sogni.
Falli viaggiare oltre monti e mari.
In alto, sempre più in alto.
Il vento ti aiuterà a trovare la strada.
Buon viaggio sogni miei.
Non dovete rimanere in un cassetto.
Sarete liberi nei cieli.
Nessuno vi frantumerà.
Vai aquilone, vai.
Ti guarderò fino a quando sarai un puntino colorato.
Lontano, lontano nel cielo azzurro.

 


 

Ci sono…

-donne grasse che, mentre si ingozzano di ogni sorta di cibo, dichiarano di mangiare “come un uccellino”.
Si, ma un uccello rapace;

-persone che, quando le incontri, ti domandano come stai e appena apri bocca per rispondere iniziano ad elencarti i propri acciacchi;
Protagonismo?

-uomini che si vantano che a casa “comandano loro”. Se, però gli chiedi di partecipare a qualcosa, dicono: “Non lo so, devo sentire mia moglie, perché è lei che decide”.
Discordanza tra comandare e decidere!

-amici, che se confidi loro un tuo guaio, ti dicono: “Che vuoi che sia! Sapessi io quello che ho passato. Di tutto. Ci si potrebbe scrivere un romanzo!”
Scarsa sensibilità?

-persone che si sentono “medici” anche senza la laurea e appena dici che hai un problema di salute, subito ti danno il nome un medicinale dicendo: “Vedrai che ti farà bene e non avrai più fastidi”
Altro che l’elisir di lunga vita!

-donne che descrivono il proprio parto come l’evento più tragico e importante del secolo: Tutti i medici dell’ospedale erano intorno a me.
SUPER PARTO E SUPER MAMMA!

-persone che nelle assemblee prendono la parola e sciorinano una serie di sciocchezze.
Ascoltare per imparare no?

-ragazze belline e ben vestite che quando parlano usano solo parolacce
Come si dice? Ti fanno cadere le braccia in terra!

_persone, solitamente donne, che di qualsiasi argomento si parli, interrompono per dire: pure io…io…io…
Sembra di sentire i pulcini: pio, pio!

Comunque nel mondo c’è posto per ogni tipo di persona!

 


 

Il tempo è passato

Si dice sempre: Il tempo passa.
IL TEMPO E’ GIA’ PASSATO!
I bimbi che giocano, guardiamoli bene. Non siamo noi. Sono i bimbi di oggi. Noi abbiamo giocato ieri. Tanti anni sono passati dai nostri giochi! Oggi non siamo noi che, in lacrime, per un ginocchio sbucciato chiamiamo la mamma. E quel profumo di dolci che si sente su un pianerottolo, non viene dalla cucina della nostra mamma, ma ci evoca il ricordo di quei pomeriggi che, bambini impazienti, aspettavamo che uscisse dal forno il dolce, che sarebbe stato la nostra festosa merenda. Ora siamo cresciuti. La nostra mamma ci ha lasciato e abbiamo dovuto camminare da soli.
Guardiamo quei bimbetti gioiosi sulla spiaggia che corrono con il secchiello verso il mare a prendere l’acqua. Anche noi, tanto tempo fà abbiamo pasticciato con acqua e sabbia per costruire i castelli. E nel tempo abbiamo costruito la nostra vita.
E quell’adolescente, che tanto spavalda sembra voglia combattere contro tutto e tutti, ci ricorda che anche noi abbiamo fatto così per nascondere la paura che avevamo del domani ancora sconosciuto. Che cosa ci avrebbe riservato il destino? Saremmo stati capaci di fare le scelte giuste? Sapevamo che questa responsabilità era solo nostra!
E quei due giovani abbracciati e sorridenti che progettano un futuro insieme! Somigliano a noi quando abbiamo scoperto l’amore, che lasciava intravedere la vita di coppia.
Che bello vedere fuori una chiesa gli sposi investiti da una pioggia di riso… Momenti magici che anche noi abbiamo vissuto! Ieri siamo stati protagonisti e oggi siamo spettatori. Ricordiamo com’eravamo emozionate avvolte nel vestito da sposa, oggi tanto demodé, ma a noi tanto caro. Ci sentivamo belle, amate e ammirate come regine. Davanti a noi si apriva la vita che avevamo scelto.
Quanta strada abbiamo fatto da quel giorno e quante esperienze abbiamo affrontato. Alcune belle e altre dolorose. La vita è così e non si deve rimpiangere niente. Ogni esperienza è un insegnamento prezioso e il vissuto resta nei nostri ricordi da custodire con rispetto e affetto. Siamo diventate mamme e insieme ai nostri figli siamo cresciuti anche noi. Qualche errore, incertezze, speranze, delusioni, soddisfazioni e dolori. Siamo andati avanti e siamo maturate.
Ora guardiamo una nonnina che tiene per mano un nipotino e con dolcezza risponde a tutti i “perché” che solo i bimbi sanno chiedere. Oggi noi cerchiamo di trasmettere ai bimbi un po’ della nostra esperienza, come hanno fatto con noi i nostri genitori e i nonni. Di tempo per noi ne è passato tanto e quello che ancora il buon Dio ci offre, lo godiamo con serenità. Non abbiamo più fretta di sapere che cosa ci riserva la vita.
Ogni età l’abbiamo vissuta in modo diverso e qualcosa di bello c’è stato sempre. Non dobbiamo avere rancori né rimpianti.

 


 

Un fiore nuovo – Il fiore dell’amore

Lacrime di gioia sono la tua sorgente di vita.
Il sorriso di un bimbo ti regala le foglioline.
I tuoi petali sono una meraviglia del creato.
Offrili ad ogni mano tesa.
Non tenerli con te…sono i messaggeri dell’amore.
Andranno lontano oltre monti e oceani.
Tu avrai sempre nuovi petali.
Non morirai come gli altri fiori!
Sei il fiore dell’amore e vivrai in un mondo migliore.

 


 

Monologo al tempo

TEMPO! Chi sei veramente?
Mi hai regalato ore e ore, che ho vissuto intensamente.
Tu, però, non sei generoso. Sei un abile ladro.
Mi passavi accanto e rubavi i segni della mia giovinezza.
Piano, piano e poi sempre più in fretta.
Dimmi: Che cosa ne hai fatto del biondo dei miei capelli?
Dove hai nascosto il mio incarnato fresco e vellutato?
A chi hai regalato le mie forze?
Ah tempo, tempo! Non credere di aver vinto.
Ho la vista debole, ma lo sguardo sereno.
Il mio cuore sa ancora amare.
Tu corri, corri, ma io non ho più fretta.
Dai! Rallenta la tua corsa.
Passeggiamo lentamente insieme come due vecchi amici.

 


 

Grazie Signore, grazie!

Grazie, Signore, della vita che mi hai donato
e di tutti i doni che hai voluto darmi.
Il cielo e il mare, il sole e la luna,
la terra e le stelle sono tuoi regali.
Metti nel mio cuore tutto il Tuo amore.
Dammi la mano e guidami lungo la strada della verità.
Non farmi mai mancare il tuo perdono per le mie mancanze.
Tu sei il mio conforto nella tristezza,
la luce nel buio, la gioia nella speranza.
Il giorno che vorrai, accompagnami alla Tua dimora.
Quel giorno non lasciarmi sola…non lasciarmi sola.
Grazie Signore, grazie per tutto quello che mi hai dato.

 


 

Volteggia cuore mio

Volteggia cuore mio sotto i raggi del sole che scaldano.
Volteggia sopra prati fioriti e montagne innevate.
Volteggia cuore mio tra gente bella e allegra,
tra sorrisi e risate di bimbi.
Goditi la loro spontaneità e allegria.
Volteggia cuore mio tra innamorati e respira felicità e amore.
Volteggia cuore mio accanto a chi gioisce, canta e ama.
Volteggia leggero, cuore mio,
là dove nasce l’alba tra sogni, speranze e amore.

 


 

Al Padre del creato

I raggi del sole che mi riscaldano sono la Tua carezza paterna.
Il vento mi porta le Tue parole di benedizione.
Le gocce di pioggia che mi bagnano il viso, Signore,
sono le lacrime che Tu versi per i miei peccati.
Le stelle mi indicano la via che porta da Te.
Tutto il firmamento mi mostra la Tua grandezza.
E il cuore mi dice che oltre l’orizzonte c’è l’infinito,
dove Tu mi attendi per vivere l’’eternità.
Padre, nella Tua grande misericordia, perdonami e amami.

 


 

I pulcini stanno in casa

La terza casa dopo la nostra era abitata dalla “sora Elvira” una donna di mezza età, grassa, con una voce rauca e sempre pronta a litigare. Il marito di nome Fortunato era un materassaio in pensione ma ancora in gamba nel suo lavoro. Ogni tanto lo si vedeva fuori la porta di casa a cardare la lana con grandi pettini e spazzole di acciaio, finché questa non tornava a essere soffice e voluminosa. Questi coniugi non avevano figli, però avevano un cagnetto, che era trattato come un figlio.
Avevano un bel giardino grande in cui la signora coltivava tante qualità di fiori. Era molto brava nel giardinaggio e qualche volta che l’andavo a trovare, mi permetteva di aiutarla a innaffiare, ma era molto esigente. Mi faceva dosare bene l’acqua, nelle ore in cui il sole non era troppo cocente, che altrimenti, diceva, avrebbe “seccato” le piante. Lungo il vialetto, che divideva il giardino in due parti, c’era una bordura di pietre con sopra delle piante coltivate in barattoli di conserva o di tonno utilizzati dai droghieri, molto grandi e idonei per ospitare una bella pianta da fiore: rosa o geranio o altro tipo. Era un giardino particolare con tanta varietà di barattoli che ospitavano bellissimi fiori! In una parte del giardino c’era una bella vasca per lavare i panni e in un altro angolo c’era una piccola costruzione con la porticina. Era il locale del WC che nella loro casa non c’era, mentre tutte le case del vicinato avevano i servizi igienici interni. Il gabinetto era alla “turca” in tutti i sensi, anche dal punto di vista igienico e questo dava adito alle lamentele da parte dei vicini per il cattivo odore che emanava. Spesso, per questo e altri motivi, nascevano delle grandi “litigate” in cui la sora Elvira era la maggior urlatrice, nonostante la voce particolarmente rauca. Litigava con una grande foga e aveva parole offensive per tutti, riuscendo così ad allargare la discussione coinvolgendo tutte le signore del vicinato. Quando riteneva di essersi sfogata abbastanza, cominciava a dire che si sentiva male, perché sofferente di cuore e dichiarava con tono drammatico, sempre a gran voce, che le stava per venire un infarto. Le altre signore, che erano più giovani di lei e la rispettavano per la sua età, accorrevano preoccupate che potesse sentirsi male sul serio. Ricordo, infatti, mia madre che comprensivamente diceva: andiamo a soccorrerla, perché se si sente male sul serio, non ha nessuno. E così tutte le signore andavano a casa sua, le preparavano la camomilla e cercavano di tranquillizzarla. Dopo un po’ tutto tornava normale, le signore le facevano un po’ di compagnia parlando del più e del meno e un po’ alla volta la lasciavano. Lei ringraziava e tutti facevano finta che nulla fosse successo fino alla successiva litigata. Nel giardino c’era anche una baracca, rialzata da terra tipo palafitta con pochi gradini, una porta di legno e una piccola finestra con un vetro e senza persiana. In questa baracca ci viveva la mamma della signora Elvira. Si chiamava Bianca ed era una donna grassa quasi quanto la figlia. Si vedeva di rado, perché la figlia le urlava che era una donna cattiva e non meritava di uscire e farsi vedere. Ancora oggi mi sembra di sentire la sora Elvira urlare alla madre: Sei cattiva, cattiva, non ti far vedere. La madre non rispondeva mai, forse perché conoscendo la figlia, non voleva creare una discussione…. ma quella continuava a urlare per parecchio tempo ancora. Nessuno ha mai saputo che cosa ci fosse stato tra le due donne, ma sicuramente non era giustificato far vivere la madre in quelle condizioni disumane, con un piccolo braciere per riscaldamento d’inverno e con l’aria soffocante d’estate. Quando s’incontravano casualmente, si sentiva la voce della sora Elvira che inveiva contro la madre. Ricordo che nel tardo pomeriggio la sora Elvira portava alla madre o mandava me, se ero nei paraggi, un piatto di zuppa come unico alimento della giornata. Mi diceva di bussare e darglielo senza entrare. La signora Bianca mi veniva ad aprire, prendeva il piatto e mi ringraziava con garbo e un sorriso. Il suo viso era sereno e dolce, circondato dai capelli bianchi e ben pettinati raccolti sulla nuca e a me non sembrava una persona cattiva. Dentro la piccola capanna c’era un letto, un tavolo e una o due sedie, non ricordo bene, ma mi sembrava tutto in ordine e pulito. Evidentemente la povera donna puliva alla meglio, la mattina presto prima che la figlia fosse nei paraggi. D’altronde in giardino c’era l’acqua corrente…e un gabinetto seppure alla turca. La casa della figlia, invece, era proprio sporca e puzzava molto nei periodi in cui ospitava la chioccia e i pulcini.
Io andavo a vedere i pulcini, perché per me erano una novità. Che nostalgia di quei batuffoli gialli pigolanti! Nella mia vita di adulta, non ho più visto dei pulcini. Com’era bello tenerli in mano, così morbidi e carini! Sono stata più fortunata di tanti bambini di oggi. Quanti di loro hanno potuto vedere e accarezzare dei pulcini?
Che strano, però, che la mamma della sora Elvira stesse nella catapecchia in giardino e i pulcini in casa al caldo. Quando la signora Bianca morì, sola nella sua casupola, la figlia urlò con grande disperazione e pianse tantissime lacrime. Veramente una grande sceneggiata. Tutte le famiglie del vicinato parteciparono ai funerali di questa signora, che non aveva dato mai un minimo fastidio, ma solo qualche dolce sorriso negli incontri fugaci. E lasciò in tutti il ricordo di una donna riservata, gentile e educata. Il contrario della figlia!
La sora Elvira a volte mi chiamava per farle compagnia. Mi faceva prendere in braccio i pulcini, mi raccontava le favole, anzi lei diceva le “brefavole”, che erano storie molto lunghe e sicuramente, in parte, inventate da lei. Mi sembravano interessanti e mi affascinavano. Quando, invece, il tempo era bello, facevamo giardinaggio e mi spiegava molte cose sui fiori. Nel curare i fiori sembrava una persona calma e quasi dolce. Nella realtà, invece, era una persona irascibile, litigiosa e non buona di animo, altrimenti non avrebbe fatto vivere la mamma in una catapecchia.
Un amore esagerato lo riservava al suo cagnolino. Verso le tre del pomeriggio la sora Elvira con il suo cagnolino si mettevano affacciati alla finestra ad aspettare il gelataio. All’epoca, nel periodo estivo, passava il gelataio con un caratteristico carretto colorato. Per poche lire si comprava un cono di gelato artigianale su cui veniva messa una piccola cialda per la gioia dei bambini. La sora Elvira comprava il gelato per il suo cagnetto, raccomandandogli di mangiarlo piano, perché era “freddo” e poteva fargli male. Il cagnetto, tra gelati, caramelle, super alimentazione e pochissimo movimento divenne molto grasso. Raramente era portato a spasso dal sig. Fortunato. Le uscite giornaliere erano in giardino, quando la Sora Elvira curava le piante. Lo tenevano in casa con loro e quando entrava una persona abbaiava in modo ostile.
Poi venne il giorno in cui la sora Elvira ebbe sul serio un infarto. A tutti fece compassione il marito, che sembrava perso senza quella moglie irascibile e urlante.
Dopo pochi mesi, morì il cagnolino. Che cosa dire di questa coppia di coniugi! Non vivevano sereni, perché la signora era scontenta di tutto e inveiva continuamente contro chiunque fosse nei paraggi: vicini di casa, madre e marito. A causa del carattere di questa donna, i nipoti del marito, figli di una sorella, tra l’altro proprietari della casa, non venivano mai. Vennero per i funerali della sora Elvira e si occuparono di tutto. Dopo circa un anno, questi nipoti portarono il signor Fortunato, ad abitare con loro, perché ormai era invecchiato e non poteva più vivere da solo.
Non ho mai saputo se la sora Elvira avesse dei parenti. Era una donna con cui era difficile andare d’accordo. Ha vissuto scontenta, ha prevalso sul marito, ha odiato la madre e l’ha fatta vivere in una baracca. E per uno strano sentimento, il cagnolino per lei era un figlio e…I PULCINI STANNO IN CASA.

 


 

La porta dell’amore

Eri lì. Non sapevo che saresti venuto. Ti guardai e il tempo sembrò fermarsi. I nostri occhi rimasero incatenati. In quello sguardo traspariva tutta la purezza di un amore cristallino. Quel sentimento nascosto, pieno di emozioni e mai vissuto, che ci aveva aperto la porta dell’amore, non lo avremmo più provato. La vita ci avrebbe dato altri amori. Amori da adulti, più completi, passionali.
Quel primo alito di amore non è andato perduto. E’ rimasto in un angolo del nostro cuore come un piccolo diamante prezioso e resistente nel tempo. Niente l’ha potuto scalfire neanche i grandi amori che l’hanno seguito. E’ rimasto lì, simbolo di un sentimento vero e innocente, che si prova una volta e mai più.
Oggi come allora quegli ultimi momenti insieme, sono presenti davanti ai miei occhi, come un dipinto indelebile. Se fossi una pittrice, potrei disegnare ogni tratto del tuo volto, il colore dei tuoi occhi, la piega dei tuoi capelli e il contorno delle tue guance mai accarezzate. E sento ancora la tua voce: Parto stasera.
Solo due parole. Ho sentito un pugno al cuore, a quel mio cuore giovane che si apriva all’amore. Tutto intorno a noi era sparito. E poi…l’arrivo e il vociare degli amici. Ci siamo trovati circondati e l’incanto si è spezzato.
Dolci momenti brevi e speciali colmi di emozione!
L’amore ha tante sfaccettature e nessuna eguale a un’altra, ma quale di queste è il vero amore?
E’ quello acerbo, incompleto e troncato prima di essere vissuto e che con tenere emozioni apre la porta del meraviglioso mondo dell’amore?
Oppure quello passionale, che arriva all’improvviso come un uragano e sconvolge tutti i sensi?
O quello pacato e sereno, che come l’arcobaleno viene dopo la tempesta?
Chi può dare una risposta? Ogni amore ha il suo fascino, anche quello più sofferto.
L’amore è proprio un grande prisma che illumina ognuno con una o più delle sue luci!

 


 

I MADONNARI

Artisti itineranti di grande talento.
Con abili mani disegnano Madonne bellissime
dai lineamenti delicati e dolci espressioni.
Capolavori che durano solo qualche giorno.
Non saranno mai esposti nei musei,
né, in futuro, saranno testimoni di tanto talento.
Madonnari, sconosciuti artisti senza fama futura!
Viaggiatori del mondo che regalano arte.
Abbelliscono le strade con veri capolavori.
Sconosciuti “Madonnari” di ogni età, abili artisti,
GRAZIE del dono che ci fate.

 


 

ATTIMI SPECIALI

Pochi attimi, lenti e speciali.
Il tempo è immobile.
Attorno tutto è svanito.
Sguardi incatenati che parlano.
Senza parole tutto è stato detto.
Non c’è più nulla da dire.
Non ci sarà un altro incontro.
L’incantesimo è spezzato.
Il percorso insieme è finito.
Iniziano due strade parallele.
Faticose. In salita.
Fino a raggiungere la serenità.
Solo dopo, tutto diventerà un caro ricordo.