Francesca Putignano - Poesie e Racconti

Illusione


I mille occhi nell’uno ti osservano su di una retta fatta di stelle.

Un illusione senza limiti ne confini dove solo l’illuminazione può chiarire.

I tuoi occhi spenti sono il mio pane come noi lo siamo per il grande architetto.

Nella clessidra dell’universo non sono che un nulla,

forgiata dalle mie vite, sono qui dove nessuno può a contemplare lo specchio.

Il mondo gira ed io non lo percepisco,

sono una tra mille e mille in una

sola con una libertà effimera ma pesante come neve.

Scale, una scalinata buia ecco cosa vedo

sono il riflesso di un’ ombra, il passante nelle vite, una nave senza ancora.

È davvero questo il concetto? Siamo davvero irrimediabilmente soli?

Siamo senza speranza, siamo deserto, in un cerchio continuo.

Siamo inchiostro su di una pagina troppo bianca, trovarsi ovunque e da nessuna parte

insieme ma anche soli.

Sole e Luna…devo ancora capire dove finisce ombra e luce, e se io sono ombra chi è luce?

Solo il mare qui, ora ad ascoltare il mio urlare di questa illusione così reale.



Un altro giorno

 

Il mio cuore si sfalda tramutandosi in pietra.  

Libero come polvere nella luce senza voce.

Trasportato come un foglio di carta subisce la tempesta

travolto dall’emozione della vita in una canzone.

La tempra di un albero che vorrebbe il vento, dolce e carezzevole

Inondato dalla musica che cerca di parlare per dire di non essere mortale.

La via della mia anima è illuminata di nero

anche nel giorno non si vede il sentiero.

Ma è questo l’ideale, il viaggio della vita

a passi lenti sull’erba innevata, con le orme impresse nel passato

per un insegnamento ancora irrealizzato.

L’acqua in noi si agita e muta

un essenza che corre silenziosa e assoluta.

Il fuoco caldo brucia nel sogno quando la realtà non da orgoglio.

E la terra, madre del mio abbraccio segue l’onda dello spirito per dare coraggio.

Le stelle ora sorridono con la luna

perché un altro giorno, un nuovo sole spunta oltre la duna.


 

La penna

 

Uno specchio rotto è ai miei piedi

quel vuoto che sento sei tu che non mi vedi.

Il nulla ti divora, non puoi più volare

la fantasia del mondo ti costringe a guardare.

Mi chiudo in una bolla, automa dei desideri

che con un battito di ciglia mi sembrano veri.

Nuoto in quello che è l’essere

dove l’alter ’ego dipinto di rosso, mi fa vedere delle regole che non conosco.

Un guerriero, un filosofo, un giovane viandante

sono un cristallo opaco di una luce buia aberrante.

Le emozioni fanno male, fanno vivere e amare

come una lama che continua a puntare su un’anima che si rifiuta di morire

e che vive in un bacio che non vuole volere ma solo sfiorare.

Un ombra dorata che tende le sue mani per cogliere il fiore che nei miei occhi sboccia sorridendo interiore.

La nave all’orizzonte mi aspetta e i vetri dello specchio mi restituiscono ora un immagine vera tu sei li come una lacrima felice che sorride al mare tenendosi il viso

ed io ti ammiro scrivendo le tue lodi

con la penna consumata da cui mi lascio legare.



Vita                

 

Domande, sono il dilemma dei nostri giorni

Porle o non porle?

L’uomo in ombra

pieno di quesiti alza il volto interrogando la volta stellata

Questo è il modo che conosciamo ma anche la maniera errata.

Siamo abituati a cercare le risposte lontano

Quando invece la voce è dentro di noi che recita un brano.

Ma forse le risposte non esistono davvero

Possono essere nelle domande o nel vento

Creano dei limiti od un alito del tempo.

La vera realizzazione è nel vivere

Piena di colori e sfumature

In una goccia di rugiada che racconta avventure.

Non ti chiedere perché l’erba è verde o perché esiste la vita

Non cogliere la rosa, agguerrita

resiste e bagna il viso

Perché la migliore delle risposte

È un sorriso.



Bellezza                

 

Il corso del fiume che scorre infrangendosi sulla terra e ti scivola addosso come un tocco

Un anziano che tiene per mano la moglie adorata

Il sorriso felice di un bambino che gioca con il suo cucciolo

L’abbraccio amorevole di una madre che è la tua roccia

La carezza di un padre che sono le tue spalle

Il bacio di un porto sicuro che ti anima come il vento

La risata di un amico che è il tuo fianco

Il fuoco che ti riscalda in una serata d’inverno ricca di dubbi

La terra che ti sostiene anche quando cadi.

Dove si trova il senso di ogni cosa? Forse in tutto.

È difficile cogliere la bellezza di un gesto, di una parola, in un’ epoca dove

in vendita sono i sentimenti e bugie,  e laddove

speranza e amore raramente ormai commuove.

L’unico rumore è lo scrosciare della pioggia sulla finestra di fronte

Mentre immagini la luce in cima al monte.

Di avere le ali per la pace

E il potere di dar voce a chi invece tace.

E abbracci il tuo cuscino sognando qualcosa di migliore

Senza renderti conto che il cielo ti ha già dato il suo colore.



I rami del cuore

 

Cuori infranti vagano per la città,

capisco me stessa e voi siete i miei eroi

insieme ci tuffiamo nell’avventura,

sul petalo dove c’è scritto noi.

Si sogna una vita senza tormento

dove passione e libertà non siano

un costoso abbonamento.

Un filo legato dal nodo,

uno strano legame, non è amore

è più di un raggio caldo, la luce di un attore.

Inseparabili più che mai,

voliamo nel cielo,

forse si, siamo stelle cadenti

o solo come sorelle e fratelli.

Qualunque cosa accada non lasciare la mia mano

in questa emozione che sale piano,

un suono di passione,

logica inesistente,

si accende la strada del mare,

avvolgici nei tuoi rami del cuore

senza mai lasciarci andare.


 

Luna rossa

 

Chiudo gli occhi, correndo a piedi nudi sul prato,

ascoltando la dolce musica della brezza della sera

che sfugge al vento in un battito di cuore che ho cercato.

Uno sguardo sulla via,

una piazza affollata,

l’orizzonte pieno di ricordi dimenticati.

Sogni e scelte di una vita fatta a metà,

Di una notte nostra siamo la luna

Misteriosa e luminosa che si alza pura

Splendente nei cuori solitari

Pieni di speranza e sogni mai lontani.

Salto nella mia folle fantasia

ed ora che sono qui non c’è più altro colore,

se non la fiamma d’amore in cui mi getterei senza rancore.

Di pensieri e dubbi adesso niente conta,

nessuno può fermare il tempo

nel cerchio di un già passato momento,

voglio solo che anche tu veda con me

ciò che affascina, è questa luna rossa

che ci guida le mani verso una nuova promessa.


1° estratto dal romanzo inedito Urban Fantasy: La Forza della Speranza – The Beginning

 

L’Elpis

Allo scoccare della mezzanotte, come fosse una stella cometa, vidi una scia argentea di un bagliore magico solcare le tenebre, fino ad avvolgere la stessa Luna. Oramai ho questa magica visione notturna da molto tempo, da quando avevo dieci anni, quella scia compare ogni notte solo per pochi secondi scomparendo via via in un meraviglioso turbinio di scintille argentate.

Pensavo fosse solo una coincidenza, pensavo davvero fosse solo una stella cometa, ma mancava oramai poco ai miei ventun anni e sento come di non poter credere più alle coincidenze.

La cosa che la rendeva ancor più strana era il fatto che la vedessi solamente io. Provai in varie occasioni a farla vedere ad altri, ma l’unico risultato ottenuto è stato quello di essere considerata “fuori di testa”, tutto questo solo per quella strana scia, chissà cosa penserebbe o direbbe la gente se sapesse invece che io stessa sono ancor più strana di quella semplice e misteriosa visione.

Quando passa quella scia mi sembra quasi di sentire mia madre vicino a me, di percepirne il calore, così solo per pochi secondi, ogni singola notte, lei è con me.

È quasi una consolazione, dopotutto non è facile stare soli, non poterne parlare con qualcuno, è straziante tenersi tutto dentro, fare finta di niente giorno dopo giorno. Quasi fa paura, man mano che vai avanti diventa tutto uguale, i giorni che passano sono uguali, come vivere un continuo dejà vu’. Sono la protagonista della mia vita, divenuta una commedia di teatro, senza inizio ne fine.

Vivo con Julie e con la sua famiglia. Lei è la mia migliore amica, come una sorella, mi dice tutto, si confida, chiede giudizi e pareri, e di me invece è come se non sapesse nulla. La cosa più triste in tutto questo è proprio non poterle dire niente.

I miei genitori…mi hanno insegnato ad essere quello che sono, di non avere mai paura, di essere forte, essere sempre e coscientemente me stessa. Mi hanno insegnato a vivere ed ogni giorno da allora aspetto un segno, un qualcosa che apra le danze e che faccia in modo che possa essere serenamente me stessa.

Mentre attendo quel giorno divento sempre più forte, attiva, scattante, i miei poteri diventano sempre più grandi grazie all’afflusso di energia datomi dagli elementi. Ogni notte mi incammino nelle tenebre della città, illuminata solo dalla luna che pura riflette il mio cuore, forse è proprio nella notte che ritrovo i momenti più adatti per essere me stessa, è l’unica cosa diversa. Ogni notte è diversa. Ogni notte è una battaglia diversa.

Presto tutto cambierà, non so cosa me lo faccia pensare, ma in questi ultimi giorni percepisco ancor più strane presenze nella notte, l’aria intorno in alcuni momenti potrebbe sembrare persino malsana, la durata di quella scia si fa sempre più lunga, come se volesse dirmi qualcosa.

Come uno spirito errante tra due mondi quella scia argentea passa ogni notte ed io vigile cerco di scrutarla ogni qual volta. Osservandola cerco di capirla perfino ma rammento solo quella voce ricorrente di mia madre che sussurra: <<Segui i tuoi sensi, tieniti sempre pronta. Ricordati chi sei.  

Sei l’ultima discendente, l’unica prescelta, tieniti pronta figlia mia!>>.

Credere in una svolta, qualunque possa mai essere mi manda avanti soprattutto perché so che mia madre non sbagliava mai i calcoli. Credere in una svolta mi diede la forza di darle anche un nome, chiamai quella scia Elpis, la personificazione della speranza nella mitologia greca.

Ricordo ancora quando me lo raccontò per la prima volta: <<Sai Alexz la speranza era uno dei doni contenuti nel Vaso di Pandora ed è stato l’unico che ne è rimasto all’interno. Pandora aveva ricevuto l’ordine da Zeus di non aprire mai per nessuna motivazione il vaso, ma la curiosità della donna fu più forte, tale da farglielo aprire, quando accadde scaturì l’uscita di tutti i mali, solo Elpis o Elpidos rimase all’interno. L’equivalente della mitologia romana di Elpis era Spes.>>

Mi chiamava molte volte Spes, sapeva che mi piacevano queste storie sulla speranza, mi ci faceva addormentare la notte. Ma per me le sue parole, qualunque fossero, divennero quasi una religione.

Mi chiedevo perché a volte mi chiamasse a quel modo e lei mi diceva: << in molti casi tesoro mio Spes sarà uno dei tuoi tanti nomi, è quello che tu sei.                                                                                                                                                

Spes nella tradizione è definita come ultima dea, sai in latino Spes Ultima Dea sta per “la speranza è l’ultima a morire” in quanto essa è l’ultima risorsa disponibile all’uomo, ed è qui che entri in gioco tu Alexz.>>.



2° estratto dal romanzo inedito Urban Fantasy: La Forza della Speranza – The Beginning

Cambiamenti

 

La mattinata iniziò serenamente, il sole sembrava baciare la terra con il suo dolce calore e il vento accarezzava gli alberi. Lasciai le mie amiche ad un fast-food per pranzare e mi incamminai verso una fermata di autobus lì vicina. Arrivò subito, salì e presi posto in fondo vicino al finestrino; passarono dieci minuti per l’arrivo, scesi vicino a Central Park.

Adoravo quel posto, almeno da quel poco che ricordavo, mi ci portavano sempre i miei genitori. Era proprio lì, oltre ai momenti che passavo con loro in casa, che vivevo gli attimi migliori. Era stupendo in qualsiasi circostanza ritrovarsi in un piccolo squarcio di paradiso così verdeggiante. Un vero trionfo dalla natura per due occhi che come i miei sono abituati all’oscurità.

Mi sedetti su di una panchina ad ammirare il posto, ascoltando il rumore delle fronde degli alberi, il canto degli uccelli, l’affanno dei cani giocherelloni e persino le risa dei loro padroni. Era pura armonia.

 

Girai lo sguardo come per cercare qualcosa di diverso e notai che non molto lontano da li, accostato ad un possente albero, c’era il professor McNally, che mi stava guardando. Mi alzai dalla panchina e andai verso di lui.

<<Cosa ci fa un cacciatore come voi in un posto così tanto luminoso?>> dissi con tono scherzoso ma anche un po’ incuriosito, anche se sapevo benissimo che lui era li per me.

<<Potrei farti la stessa domanda. Immagini perché io sia qui.>> rispose.

Passeggiammo per un po’ lungo il parco chiacchierando del più e del meno e rielaborando il discorso fatto. Mi lasciò in un vicolo proprio dietro casa di Julie, ci salutammo senza accennare ancora all’argomento, lo ringraziai per il passaggio e mentre lui se ne andava con la macchina io mi incamminai verso casa.

A cena non parlammo molto se non di quanto avevamo fatto io, Julie e John a scuola. Dopo iniziarono a discutere su che film avrebbero dovuto vedere, mentre io gli dissi che ero stanca e che sarei andata in camera mia a fare un ultimo ripasso e poi a dormire.

Ma in realtà sapevo bene che avrei fatto tutto tranne quello, salì in camera, lasciai un libro di storia aperto sulla scrivania e riempì il letto di peluche e cuscini, presi una giacca un po’ più pesante e saltai fuori dalla finestra.

Non mi andava di correre, avevo solo voglia di pensare. Passeggiai lungo delle stradine strette e buie. Pensai che io forse sono un po’ come loro, i miei nemici, non per prendere qualcuno in agguato, ma per cercare rifugio nei meandri dell’oscurità. Pensai che non vedevo da molto l’Elpis, forse era perché il suo compito era giunto al termine e mi ha portato dove dovevo andare.

Crebbe in me una profonda tristezza, quella scia, nonostante fosse solo questo, mi dava calore, speranza. Avevo fatto sempre tutto da sola, ma essere guidata da lei quasi mi piaceva.

Il mio sguardo cadde per terra perso nei pensieri di quella buia notte, all’improvviso mi bloccai, per terra vi era il riflesso di un piccolo bagliore di luce. Sorrisi convinta che fosse l’Elpis e portai lo sguardo su verso la notte stellata. Ma con mia grande delusione riabbassai gli occhi, era la Luna, prima coperta da una nuvola e ora che riprendeva il suo limpido bagliore.

All’improvviso sentì dei passi, arrivò al mio naso un odore strano, era un preparato di rose ma non era buono, allo stesso tempo odorava di cadavere. Continuai a camminare facendo finta di niente, sapevo benissimo dove andavo, svoltai a sinistra in una via ancora più stretta e buia, la percorsi fino alla sua fine. Sapevo bene che era un vicolo cieco, i passi aumentavano fino a che non li sentì bloccarsi. Mi voltai, e nonostante il buio riconobbi subito la creatura.

Tra me e me ne fui felice, era da tanto che non mi capitava un vampiro, certo sarebbe stato tutto troppo facile, ma era anche vero che quella sera avevo altro per la testa e lui stava disturbando quei pensieri.

<<Il tuo sangue deve essere molto prelibato dolcezza, lo sento pulsare da qui>> disse con impertinenza, poi rise tra se e se e disse euforico: <<è così eccitante>>.

 

<<Wow, è così che cerchi di conquistare una ragazza? Eh no, non ci siamo proprio bello, sai ai giorni d’oggi le ragazze amano la dolcezza.>> gli risposi con tono ironico.

Non rispose, rimase immobile, disorientato dalla mia ironia e dall’assenza di paura, sembrava non sapere più cosa fare per un momento. Fosse stata un’altra occasione avrei aspettato la sua prima mossa, ma mi stavo annoiando.

Poco dopo, diedi le spalle alle polveri del vampiro che ormai si sparpagliavano alla carezza di una lieve brezza notturna. Camminai in un’altra via che mi avrebbe portato a quella piccola piazzetta di qualche giorno fa.

Arrivata in quella piazza mi sedetti su una panchina. Ricominciai a rimuginare sul da farsi riguardo la casa mentre ammiravo la luminosità delle costellazioni. Non c’era poi così molto da pensarci su in realtà, era una cosa più che necessaria. Decisi che avrei parlato del trasferimento appena sarebbe stata occasione, magari il giorno dopo a cena.

Immaginavo che loro non sarebbero stati d’accordo all’inizio, che non avrebbero capito e io di certo non avevo intenzione di inventarmi troppe scuse, dopotutto sapevano anche loro che prima o poi me ne sarei andata da quella casa. Devo farlo per proteggerli.



3° estratto dal romanzo inedito Urban Fantasy: La Forza della Speranza – The Beginning

 

Misteriose scomparse

<<Alborn, puoi venire un momento?>> lo richiamo.

<<Eccomi>> arriva subito con la sua innata eleganza.

<<A quando risalgono più o meno le notizie che hai ricevuto delle scomparse?>> chiedo pensierosa.

<<Più o meno undici giorni>>

<<Ti ringrazio>>

Non avrei potuto indagare sugli stregoni, sanno bene come coprire le loro tracce ma se fosse iniziato tutto quanto veramente da undici giorni allora avrei dovuto semplicemente indagare sui medici che sono stati rapiti.

Iniziai a sfogliare i giornali della settimana precedente, pagina per pagina. Non trovai niente, vi erano molte notizie, le solite: politica, sport, qualche incidente, ma niente di insolito e nessuna denuncia per persone scomparse. Era evidente che ci fosse qualcuno che non volesse far sapere di quanto accaduto, non volevano dare nell’occhio e io non avevo fonti né ulteriori mezzi per continuare le ricerche, o perlomeno non ancora. Uscii di casa, e mi diressi da un giornalaio non molto lontano da lì e presi il quotidiano di oggi per la curiosità di trovare qualcosa di diverso, ma niente.

Non sapevo cosa altro fare così invece di andare a fare la solita passeggiata al Central Park decisi che sarei andata a visitare il museo di storia. Mentre passavo per le grandi sale ed osservavo ogni genere di animale la mia mente vagava altrove.

Pensavo che gli unici che avessero delle vere ragioni per nascondere delle persone erano i demoni quindi molto probabilmente alcuni di loro si dovevano essere infiltrati come nella società se non alcuni proprio come lavoratori di un quotidiano. Mi bloccai all’istante, poteva essere un pensiero assurdo ma valeva la pena di tentare. Gli uffici del quotidiano principale si trovavano dall’altra parte della città, ma dovevo provare.

Uscii dal museo e presi la metro per dirigermi all’area industriale. Ci volle più di un’ora prima di arrivare a destinazione. Arrivai di fronte agli uffici, intorno le strade erano quasi vuote e dall’aspetto dell’edificio sembrava quasi fosse abbandonato. Mi piegai sulle ginocchia, chiusi gli occhi e con grande forza mi lasciai andare in un salto che mi portò alla finestra del terzo piano di quell’edificio.

Mi guardai intorno, nessuno mi aveva notata e non sentivo niente, non c’erano movimenti all’interno dell’edificio. Sfondai la finestra ed entrai. Mi trovavo in una sala computer, o meglio lo era. Era tutto sottosopra sembrava fosse scoppiata una bomba oppure fossero state lanciate sfere di energia. Il che era probabile, c’erano varie tracce di bruciature sui muri.

Vagai furtivamente per l’intero edificio, era tutto molto simile. Salì all’ultimo piano, speravo di trovare qualcosa. Vi erano solo tre stanze, un’altra sala computer un po’ più piccola, l’ufficio del direttore e quello che doveva essere la sala notizie dedicata alla stampa. O almeno così era ancora scritto sulla porta.

Entrai in sala computer, tutti i PC erano quasi tutti disintegrati tranne tre che stavano ancora al loro posto e sembravano ancora in buone condizioni di funzionamento. Mi avvicinai, li accessi tutti e tre. Me li studiai accuratamente per una mezz’oretta ma su ognuno di essi non erano presenti file, o perlomeno non quello che io cercavo.

Abbassai per un attimo lo sguardo, pensavo che forse avevano fatto davvero scomparire tutto, quando mi accorsi che ai piedi del terzo PC c’era un’hard disk. Lo attaccai immediatamente. Ce l’avevo fatta, su di esso c’erano tutte le notizie delle persone scomparse che mi servivano. Lo staccai e lo presi con me. Prima di andarmene decisi di andare a dare un’occhiata agli ultimi due uffici rimasti.

Nell’ultima sala della stampa non vi era niente di particolare, tranne che mille fogli sparsi per terra ed una poltrona bruciata. Alcune delle carte a terra parlavano delle scomparse. Evidentemente stavano già per pubblicare queste notizie quando sono arrivati i demoni.

L’ufficio del direttore invece sembrava non essere stato toccato. Sbirciai tra armadietti, cartelle e cassetti, non c’era niente. Tranne sulla scrivania, dove invece vi erano alcuni fogli. Mi sorpresi, avevo trovato molto di più di quello che mi aspettavo. Su di uno di quei fogli vi era una lista dettagliata di nomi e indirizzi. Le persone scomparse. Su di un altro foglio vi erano vari disegni e raffigurazioni con su il titolo “Piano Fox”. Non era possibile. Com’era potuto accadere…qualcuno della Dark Fox era sopravvissuto?

Guardai velocemente tutti i fogli. C’era qualcosa in fondo alla pagina che li accomunava tutti, era più strano di quanto credessi. Presi tutti i fogli con me, compreso l’hard disk, tornai al terzo piano e saltai all’esterno dalla finestra.

Tornai a casa che quasi si era fatta sera. Trovai McNally alle prese nelle correzioni di vari compiti e Alborn immobile davanti a quella stanza ancora chiusa. Li riunii a me e gli raccontai quello che avevo fatto e trovato. Salimmo nello studio di McNally e usando il suo computer stampammo tutte le notizie per poterle spedire e renderle pubbliche.

Prolessi

Come fine di una stancante e gratificante giornata ho chiamato l’ufficio dell’FBI, l’uomo che mi aveva offerto l’opportunità di un lavoro mi ha procurato un colloquio per un periodo di inserimento per la prossima settimana, ne sono entusiasta.

Guardo le stelle luminose e stanotte lo sono ancora di più, come se ringraziassero ciò che è avvenuto quest’oggi e brillassero per noi. Poi ad un certo punto vedo la luce venire dalla mia mano, il segno è riapparso e prima che mi possa chiedere il perché esso mi tele trasporta altrove…lontano.

Mi giro attorno confusa di dove sia andata a finire e non appena studio con calma il paesaggio mi rendo conto di trovarmi a Roma. ROMA! Mi trovo nei pressi dei fori imperiali…noto una grande folla lungo la via e mi ci incammino.

Proprio vicino al Colosseo vi è allestito un palcoscenico con ai suoi piedi una massa di diecimila di persone come minimo. Suona una band, che è evidente stanno facendo la cover degli ACDC da come cantano Shoot to Thrill. Mi avvicino ai lati e me ne rimango in disparte nel buio osservando le persone.

Una ragazza colpisce il mio sguardo, proprio sotto il palco…mora con i capelli lunghi, occhi scuri, carnagione olivastra, sguardo intenso e fisico normale, guarda per un solo attimo verso di me scambiandoci degli sguardi semplici, incuriositi e sereni.

Questa musica mi tranquillizza e mi carica al tempo stesso. Guardando la mia ombra riflettere sulle luci di quel gran monumento e nel profondo degli occhi di quella ragazza il riflesso della luna, che diveniva  rossa come il mio cuore, mi rendo conto di una cosa…una sola consapevolezza attanaglia la mia anima…io sono la speranza e tutto questo, è solo l’inizio!