Francesco Pierpaolo Giardina - Poesie

Visione

 

Scorre sopra i campi la vita,

vedo la freccia del Sud la gloria

toccare con l’abito della solitudine.

 

Vive sul molo la speranza,

un fiore di fiume che brividi di luce

depone sull’argenteo specchio.

 

Riposa sull’erba tenera il fanciullo,

l’estremo lascito di Lucina che preghiere

innalza sotto l’egida notturna.



Lamento dei giorni perduti

 

Campi marroni di desolazione

antichi frutti di solitudine

producono.

 

Gusci riempiti di errori

davanti a me 

si schiudono.

 

Ore di sconforto

legami indissolubili con la persona

creano.

 

Borse piene di materia

sulla mia mente impressionabile

cadono.


 

Soli Occidentali

 

Sogno distese

di blu Velluto ricoperte,

agli occhi miei si schiude 

l’Angolo del Paradiso.

Risvegli,

la suora dal velo lungo

la mia fronte stanca bacia, 

solitudine nei Soli Occidentali.

Ululati di materia 

le Visioni tormentano.

Gli strepiti dell’Oca

in mezzo ai cigni io sono.



Deserto intorno

 

Feramatori ubriachi 

sognavano in bianco e in nero

smascherando treni

in arrivo.

Soffrivano pudici

la mancata sincronia

delle coincidenze.

L’intero armamento piange scintille

battuto dal treno

come lo spirito del mondo

al tempo degli schiavi neri

su oscuri campi di cupe piantagioni.

È pronta un’altra partenza,

fredda è l’azione,

inesorabile è diventato 

il cammino

e opaco rimane

il paesaggio.



Mortali cenni di vita

 

Un’altra vita di uomo 

è passata,

il Sole il mio capo

battezza.

La penna scava dentro 

e i contorni del cuore tiepidi

pulsano di vita,

moniti di aiuto innalzano

emettendo isolati cenni 

di scintille.

Tutto per ora è arrivato,

nulla è ancora accaduto.



Umidi colli

 

Fu quel giorno che mi insegnasti a piangere,

in un mattino colto da rigidi colpi.

Una pelle nuova 

l’abito mio ricostituiva.

Così temprato alle insidie del mare,

una moltitudine di stendardi celesti

andavo cercando.

Ho trovato solo Blocchi luminosi

sacri al Tempio 

e ho composto un freddo tremito

d’Addio.



Blues

 

Questo è il mio blues,

abbattuti figli della Visione.

Questo è il lamento 

contro il Moloch camminante

al buio.

Portami nei sogni,

Signor Sax,

perché questo è il mio Blues.

Portami negli Elisi,

Signor Sax.

Voglio vedere le verdi campagne

e i campi brulli,

Signor Sax.

Rendimi la più bella immagine

Da me mai contemplata,

Signor Sax.

Questo è il mio Blues.



Mani femminili

 

La mano di donna

affusolata si muove

sul mio capo.

È femmineo il movimento,

delicata epifania di armonica

bellezza.

È vita sottile

la mano di donna,

flautata ed esile forma 

di generosità.

La mano di donna

affannosa languisce

col naufrago.

È rivelatrice la cadenza

dello Spirito del mondo,

di forza, fatica, furore.

Sotto il segno dell’identità

la mano di donna

rinvigorisce, non annienta,

non fallisce, trova.



Canto della follia

 

Io venero la mia follia,

è presente nei freddi minareti

del passato.

 

Io venero la mia follia,

è energia pulsante 

di giochi.

 

Io venero la mia follia,

è itinerario vibrante 

di identità.

 

Io venero la mia follia,

è l’onesta simmetria

del disordine.

 

Io amo la mia follia

perché odio la normalità.

 

Io amo la mia follia

perché odio i travestimenti.

 

Io amo la mia follia

perché rifuggo dai mascheramenti.

 

Io amo la mia follia

perché rifuggo dalla sicurezza.

 

Io amo la mia follia

perché è grandezza.

 

Io amo la mia follia 

perché ha confini.

 

Io adoro la mia follia

perché è cura.

 

Io adoro la mia follia

perché è mia.


 

I Telegrafi

 

Non ti cerco Pulsione

nel giorno presuntuoso

di essenza e di storia.

Ti cerco nei pali 

di cavi elettrici e telefonici.

Ti cerco nei telegrafi

tra i plumbei cieli delle festività.

Ti cerco nel rigonfiamento 

della busta al vento.

Ti cerco Pulsione

nelle vibranti attese.