Franco Colandrea

Poesie


L’artista tra emozione e sentimento

In numerosi articoli che compaiono sulla carta stampata che riguardano l’arte, si fa molto spesso riferimento a termini come emozione e sentimento che vengono impiegati per delineare il significato e la relazione dell’attività artistica. Ma lo stato emotivo generato da un’opera d’arte, sia per la sua funzione, sia per la sua produzione, viene specificato, come è sottolineato dalle teorie estetiche contemporanee, emozione estetica, che si fa risalire a un sentimento che l’osservatore percepisce e sviluppa innanzi alla contemplazione della bellezza e dell’armonia che sono elementi solitamente peculiari di un’opera d’arte. Nel suo significato più alto, l’arte può essere definita come espressione estetica dell’interiorità umana in quanto riflette le opinioni dell’artista sia in ambito sociale, morale, culturale, etico o religioso durante il periodo storico in cui l’opera viene alla luce.

 


 

Le persone illuminate

Gli esseri illuminati non hanno minimamente paura di dare luce all’oscurità della mente. Loro sono i conoscitori della verità, sono anche chiamati saggi e come tali non conoscono la cattiveria né la bontà, sono oltre il bene ed il male, quindi non manifestano alcun rapporto con nessuna delle due facce, ovverosia si trovano in una posizione completamente diversa, non si pongono più l’annosa questione sul male e sul bene. Adottano il principio che non bisogna essere né cattivi e né buoni, ma unicamente se stessi, tralasciando qualsiasi interesse nel cercare di essere buoni in quanto il desiderio è mentale, si ottiene il contrario, cioè si diventa più cattivi. Quando arrivano i pensieri, essi si siedono accanto al fluire della loro mente, paragonandosi alla riva di un fiume, guardano l’acqua che corre e che trasporta a valle tutte le foglie, rami e pietre restando in silenzio con una pace interiore. La morale è: esiste assenza di paura per incontrare la propria mente senza limitazioni e senza giudizi su qualsivoglia pensiero possa emergere da essa. Questi concetti risultano fondamentali per essere persone illuminate.

 


 

Da una grande sofferenza una grande opportunità

Chissà quanti di noi hanno pensato che da un giorno all’altro ci saremmo trovati a riflettere sul senso della vita ed in special modo quando si attraversano momenti di sofferenza come quelli che la maggior parte della popolazione mondiale sta sperimentando a causa del coronavirus? Questi periodi ci hanno costretto a fermarci e a invitarci a svolgere in casa pratiche meditative, di rilassamento per cercare di restare in buona salute. La storia ci insegna che ogni crisi è un’opportunità perché è in quel momento che facciamo un altro passo nel percorso di crescita interiore. Allora la sofferenza ha la capacità di arricchirci e migliorarci e, se riusciamo a scoprire la vera causa della sofferenza, abbiamo l’opportunità di modificarci e di evolvere. In tali momenti sembra che la vita ci stia ammonendo: “osservati, non ti stai prendendo cura di te e non ti stai amando!”. Questo sta a significare che quando non abbiamo amore per noi stessi, di conseguenza non lo abbiamo neanche per gli altri e per la vita stessa. Possiamo affermare che nei momenti di sofferenza è fondamentale capire che dobbiamo necessariamente imparare ad amare senza condizioni. Bisogna amare gli altri e se stessi così come si è, senza giudicarci e senza giudicare, senza sentirsi sbagliati, in quanto tutto è perfetto così come è. Il concetto di amore è il sentimento più alto della vita, tutto è amore, anche la vita stessa lo è. L’amore è parte integrante del Creato, l’Universo è amore, l’amore muove tutto. La nostra natura divina, profonda e originale tende al bene perché siamo bene e quando poi riusciamo a realizzare la nostra natura divina, la danza armonica dell’essere continua per amore. In questo contesto la crisi è opportunità, cambiamento e di per sé non è negativa, dipende da come viene affrontata e dallo stato interiore, quanto ci permettiamo di andare a fondo in noi stessi, quanto ci permettiamo di ascoltarci, di osservarci, comprenderci ecc. Bisogna diventare “altro”, occorre però avere coraggio, il coraggio di affrontare la crisi.

 


 

Siamo fragili

L’uomo si presenta in apparenza quasi sempre audace, anche presuntuoso, molto sicuro di sé e pensa di saperne più di tutti gli animali, degli alberi, dei monti, dei ruscelli, del mare, eppure è un essere fragile. Lui pensa di essere capace di dominare il mondo, di manipolarlo, di distruggerlo, costruendo freneticamente perché pensa di essere “intelligente”, “forte”, di dominare la natura. Eppure si riscopre fragile, impaurito con le mascherine, guanti e occhiali, tenuto in scacco da un microscopico frammento di RNA o DNA, simile a delle nano-particelle. Tutto ciò è assurdo. Forse è giunto il momento di recuperare un po’ di umiltà il più presto possibile, riprendere il cammino per recuperare in primis la vera essenza ed anche l’interconnessione con il creato e tutte le creature. Avere rispetto, si può recuperare quell’umanità che si è persa e dimenticata? Si può fare questo sforzo essenziale? Quello che l’uomo deve anche recuperare in questo momento è la dimensione spirituale di appartenenza al tutto. Solo così l’uomo potrà finalmente capire che non esistono differenze tra esseri umani e con tutto il resto del creato e delle creature ed anche tra l’uomo e Dio.

 


 

A mia madre ormai lontana

Un male incurabile, (a quell’epoca) 1° luglio 1970 all’età di 57 anni, l‘ha portata via. Nel 1957, ricordo che avevo circa 9 anni e mi portava con sé al mercato di Ceccano per contare le “ciammotte” (lumache con il guscio) – perché lei era illetterata e non sapeva contare. Per arrivare al mercato dovevamo fare circa 3 ore di viaggio con il somaro con due grandi cesti pieni di lumache ed al centro del basto trovavo alloggio io dormendo per tutto il percorso. Dopo aver venduto tutte le “ciammotte” ed aver barattato un litro di olio di oliva con mezzo Kg. di miele si riprendeva la strada di ritorno per altre 3 ore. In quel periodo (estate) il sole era cocente e come protezione mi copriva il capo con un fazzoletto (come le femminucce). Anche al ritorno ho potuto usufruire del mezzo di locomozione (asino) però questa volta dentro un grande cesto ormai privo di lumache bilanciato dall’altro lato con tanti sassi corrispondenti al mio peso per non sbilanciare il basto. Quello che eccelleva in mia madre era la sua grande sopportazione del dolore , qualsiasi esso fosse sia fisico o mentale. Aveva sempre le mani fasciate con delle bende perché le linee all’interno dei palmi erano tutte fessurate e sanguinanti. Ricordo che mi portava sempre con sé quando c’era da fare il bucato nei due grandi pozzi (le prata) fuori dal paese affinché le dessi una mano (due) per aiutarla a strofinare i panni su di una tavolozza bitorzoluta e poi a ripiegarli . Per me era come un gioco e nel frattempo ero felice perché avevo aiutato mia madre.

 


 

La lanterna ad olio

C’era un pagliaio, pieno d’amore, la pioggia oltrepassava lo strato di “stramma” (erba perenne) e ci bagnava. Era sera e la poca luce proveniva da una piccola lanterna ad olio d’oliva rancido, costruita da mio padre con una scatoletta di latta nella quale c’era stata carne per razioni militari dell’ultima guerra lasciata dopo il passaggio delle truppe di liberazione. L’umidità si faceva sentire, la piccola fiammella mi riscaldava il cuore. In quel momento percepivo tanto amore da quella piccola fonte di calore, ma era la mia adorata mamma che sedeva vicino a me.

 


 

L’approdo dell’uomo

Per natura la donna è generosa e molto ospitale, quando l’uomo giunge viene accolto dolcemente e con sincerità. Sempre per natura, è calda e può essere paragonata al calore di Madre terra e all’umidità della luna, perfino la saggezza dell’universo, e il cielo, si inchinano ad occhi chiusi. Questo è dovuto alla presenza primaria, “Il principio della vita” insito nella donna da cui nasce e cresce l’uomo. Successivamente il desiderio di nascere e di vivere la vita, riconducono a provare la morte nella donna ed in essa trovano la rinascita. Questa è la conferma della saggezza dell’universo che, attraverso piccoli movimenti ritmici del sangue e della rigenerazione, l’uomo ritorna senza sosta per ricevere ancora conforto e liberazione. Ma cosa muore? Certamente morirà il corpo, che ritorna ad essere atomi, ma non è così per la sua essenza primaria, cioè l’anima, che si fonde con un abbraccio amoroso con l’universo tutto in attesa di fare nuova esperienza in un altro corpo.

 


 

Spirito di servizio

Lo spirito del servizio in quanto tale è la modalità più autentica nel donare agli altri e questo è il modo più alto di come fare del bene, alla stessa stregua dell’acqua. L’acqua nutre tutti gli esseri viventi, scorre sempre nel basso e profondo fino a toccare l’anima. Se agiamo sempre con bontà, pensando sempre al bene, la nostra saggezza viene ancora più esaltata ed è inesauribile alla stregua di un profondo e immenso abisso. Se riuscissimo a fare del bene e ci esprimessimo con un linguaggio non violento e se governassimo bene, se agissimo bene con rettitudine e senza contrasti e neanche attaccamenti non ci sarebbero sbagli o fallimenti nel donarsi con lo spirito del servizio, dell’offerta, senza aspettative o pretese.

 


 

L’energia dell’universo

La persona che ha l’energia in costante interazione con quella dell’universo, anche se risulta essere in possesso di una ricevuta per aver prestato del denaro a chi ne aveva bisogno, non mette in moto la procedura per riaverlo. Anche chi vive di moralità ed è in possesso di una ricevuta per un prestito, non lo richiede. Chi invece possiede una condotta poco virtuosa, richiede e pretende sempre quanto ha prestato. L’universo non fa distinzione tra vicino e lontano e preferisce sempre esseri umani virtuosi, benevoli e colmi d’amore e di una sconfinata saggezza e gratitudine. Quindi chi è colmo di questa energia è tutt’uno con quella dell’universo, lavora e agisce in favore di tutti gli esseri viventi del pianeta terra senza polemiche o rivolte di ogni sorte.

 


 

L’anima

La nostra anima può essere paragonata ad una perla che è racchiusa nella sua conchiglia, parimenti essa è racchiusa nel nostro corpo. I suoi poteri sono immensi, però possiamo ritrovarla nella consistenza dei nostri sogni. Allora per vivere meglio questa vita incarnata in relazione a tutto quello che ci capita, dobbiamo provare a dirci:”Non sappiamo, non vogliamo sapere, quindi facciamo fare all’anima”. Un tempo i sogni erano considerati sacri, specialmente quelli materializzati all’aurora.. Essa ci guida a vivere la felicità, se l’ascoltiamo, ma anche e solo se riusciamo a vivere momento per momento ed anche ad essere aperti alla vita relazionale, perché l’uomo vive di relazioni ed il segreto sta nel non lasciare spazio alle rimuginazioni, ai pensieri, compresi i ricordi del passato, in quanto tutti gli avvenimenti passati molto spesso sono stati trasformati e guastati. Quindi bisogna osservare ciò che si sta vivendo in quel momento. A me personalmente piace abbracciare il concetto di anima secondo l’ultramillenaria letteratura dell’India antica e cioè: “l’anima è innata sempre esistita e non morirà quando il corpo si dissolve, ma trasmigra in un altro corpo al momento del trapasso”. D’altronde anche nell’antica Grecia questo concetto di anima era chiamata “metempsicosi” , cioè passaggio dell’anima o dello spirito in un altro corpo dopo la morte.