Giacomo Garzya

Poesie


Per Adriana Itri

Rigo su rigo scorrono
i tuoi colori, sei tu a parlare
con la tua anima, a percepire
l’universo coi fiori e con tanti
giochi di luce, tra polvere
d’oro come in Klimt,
e picchiettii di blu, che non
possono non incantare chi
ama negli atti creativi
dell’anima il bello, sì il bello
interiore, così negletto da tanti,
con uno scempio del gusto,
di ogni estetica del cuore
e della mente.

Trieste, 8 giugno 2023

[ho scritto questa poesia ispirato
dai quadri della pittrice Adriana Itri,
visti nel suo Atelier triestino e al
“Double free by Hilton Trieste” (sua
personale dal 7 al 17 giugno 2023)]

 


 

Quando i fiori danzano

La luce soffusa che emana
il tuo viso, rassicura e non ha più
niente della tua solita malinconia,
le tue parole pervase da una vena
gioiosa, come le tue pupille
a rappresentare la tua gaiezza,
la tua gioia di vivere, il tuo sorriso
giocando sul tuo viso una parabola
di cielo aperto ai primi chiarori
del mattino, il venticello ancora
fresco e il tuo cuore sfiorando il mio,
fino a abbagliarlo coi tuoi colori.
A pensarci, un vero strepitio la luce
che emani dagli occhi, una vera
danza di glicini, i più bei lilla della
mia vita, una danza tatara che
immaginai un giorno lontano
traguardando tra i fiori il piccolo
arcipelago de Li Galli di Nureyev,
la sua ultima più amata dimora, il suo
incanto nella Costiera, io passante su
questa terra, ma avido dei bei paesaggi,
che resistono per sempre nel cuore.
Ora il mio destino è dipinto da te,
alle porte di questa nuova estate,
dove il sole si irradia con le tue pupille
nella mia anima.
Una vera gioia, la natura splendente
di fiori e tu splendi con essa, così
vorrei sempre vederti senza più alcuna
vena di malinconia, con la speranza
che tu possa conservare sempre
questa bonomia, in un giorno per te
sicuramente felice.

Trieste, 10 giugno 2023

 


 

Per Silvia Ciaccio

Vaghe stelle dell’Orsa
si leggono nei tuoi cieli
e mari infiniti, su fragili
carte veline, come lo siamo
tutti noi nel nostro breve
palpito, la tua corsa contro
il tempo, nel tempo, verso
uno spazio di macchie di blu
triestino, di blu oltremare
del Pacifico, dove la tua
immaginazione si sposò
con paesaggi inconsueti,
dando forza alla tua
concezione della natura,
ai tuoi orizzonti illimitati,
fatti di luce e di metafisico
immenso.

Trieste, 10 giugno 2023

[questa poesia ho scritto ispirato dalle
opere di Silvia Ciaccio, “Spaziocielo.
Essenza oltremare”, esposte dal primo
al 25 giugno 2023, nella Sala Comunale
d’Arte di Trieste]

 


 

Per Cinzia Platania

Fantasmagorica la lettura
dei tuoi segni, minimalia, tracce,
una scrittura antica che trova
riverbero nei rami spogli, che
traggono linfa da una pallida luce,
come quella del sole di mezzanotte,
così le tue linee di Nazca non sono
avulse dalla nostra vita, ma lette
nelle notti insonni, parlano
di solitudine, di ancestrale dolore.
La speranza è però nella tua luce,
soprattutto in quella sublime spirale
di colori, in sé tutto lo spettro solare,
un vortice che non muore nel vuoto,
ma dà vita a tutto il creato e riempie
da solo quel buco nero che
ci tormenta e che tu vinci non solo
con le tue parole scritte, ma con
un’inesausta gamma di colori.
Alla fine, sulla tua tela, quella che
prediligo, vince il blu cobalto della
sera, vince per la sua essenza
misteriosa che apre al sussurrio
indistinto, dolce della notte.

Trieste, 10 giugno 2023

[questa poesia ho scritto ispirato dalle
opere di Cinzia Platania, conoscendo
da anni la sua pittura e avendo visitato
il suo atelier triestino]

 


 

Per Fabio Colussi

Le gondole quiete
aprono ai desideri
nelle notti d’estate
e i tramonti sono tanti
rossori del cielo, l’anima
di una Venezia quasi
ritrosa per la troppa bellezza,
la timidezza anche nei visi
serenissimi, antichi, di tante
fanciulle, vulnerabili alle dolci
parole, ai mormorii delle vele
nei tuoi quadri, veri paesaggi
dell’anima.
E io, ora, rischiarato appena
da quel rigagnolo di luci fioche
e lontane, desidero dalla mia
donna una leggera carezza,
che spinga me in un dondolio,
che vorrei senza fine, come lo
sono i tramonti di questa città,
sempre mirabili nei cuori degli
amanti e che tu sai cantare
così bene sulle tele, come il tuo
mare triestino pieno di vele
sognanti infiniti orizzonti.

Venezia, 30 giugno 2023

[poesia che ho scritto guardando
la mostra “Venetian Soul” di Fabio
Colussi, alla Art Gallery “Ghetto et
Cetera” a Venezia]

 


 

Faraglioni di Capri, foto scattata tra Termini e la Punta Campanella, 15 novembre 2009, ore 16,20

 


 

Faraglioni di Capri, foto scattata tra Termini e la Punta Campanella, 15 novembre 2009, ore 17,08

 


 

Giacomo Garzya (Napoli, 22 novembre 1952), laureato in Lettere moderne all’Università Federico II di Napoli, con 110 e lode (1976), borsista dell’Istituto Italiano per gli Studi storici (1976-1977), già docente di Materie letterarie nelle Scuole statali, ha pubblicato, tra il 1976 e il 1983, lavori relativi al riordino dell’Archivio storico diocesano di Napoli, curato dalla Cattedra di Storia medioevale e moderna della Federico II, e saggi storici su fonti esistenti nello stesso Archivio (“Formazione pastorale e istruzione. Note sul clero napoletano fra il 1650 e il 1675″, in “Archivio storico per le province napoletane” XV, 1976; “Reclutamento e mobilità sociale del clero secolare napoletano fra il 1650 e il 1675″ e “Reclutamento e sacerdotalizzazione del clero secolare della diocesi di Napoli. Dinamica di una nuova politica pastorale nella seconda metà del Seicento”, in “Per la storia sociale e religiosa del Mezzogiorno d’Italia”, a cura di Giuseppe Galasso e Carla Russo, volumi I e II, Napoli 1980 e 1982); ha ritrovato, poi, nel fondo Sacra Patrimonia del suddetto Archivio storico, quattro autografi di Giambattista Vico, di cui uno olografo, pubblicati dietro approvazione di Pietro Piovani, nel “Bollettino del Centro di Studi vichiani”, IX 1979, G.Garzya, Autografi vichiani inediti, pp. 119-123. Ha pubblicato, inoltre, diverse recensioni e l’edizione critica (edizione, introduzione e note) della cronaca conventuale di Padre Sosio Del Prete, G.Garzya, Diario-cronaca dell’Istituto delle Piccole Ancelle di Cristo Re (1932-1952), in tre volumi, Portici 1983, pp.I-XVI (presentazione di Frajar), e pp. 1-884. Infine, per quattro anni, dal 1980 al 1983, è stato Segretario di redazione della rivista trimestrale diretta da Giuseppe Galasso, “Prospettive Settanta”.

Giacomo Garzya, dopo essersi occupato di storia sociale e religiosa, ha praticato la fotografia e coltivato la poesia. Infatti, dopo un primo interesse giovanile, a partire dagli anni Novanta ha scritto di nuovo poesie, pubblicate tra il 1998 e il 2023, in sedici libri monografici:
Solaria, Napoli 1998, pp.1-37, M.D’Auria Editore; Maree, con prefazione di Giuseppe Galasso, Napoli 2001, pp.1-63, M.D’Auria Editore; Passato e presente, Napoli 2002, pp.1-73, Arte tipografica editrice, presentato da Angela Matassa e Adriana Pignani, moderatore Enzo Pagliaro, il 30 gennaio 2003, all’Istituto italiano per gli Studi filosofici (Napoli, Palazzo Serra di Cassano); Il mare di dentro, con prefazione di Patricia Bianchi, Napoli 2005, pp.1-126, M.D’Auria Editore, presentato da Patricia Bianchi e Adriana Pignani, moderatore Enzo Pagliaro, all’Istituto italiano per gli Studi filosofici, il 10 maggio 2005 (con lettura di una scelta di poesie da parte dell’attore Tommaso Bianco); Pensare è non pensare, con prefazione di Eugenio Mazzarella, Napoli 2009, pp.1-71, Bibliopolis, presentato il 24 aprile 2009, all’Istituto italiano per gli Studi filosofici, da Patricia Bianchi e Valerio Petrarca, moderatore Enzo Pagliaro, voci recitanti: Paola Celentano Garzya e Giovanna Marmo; Il viaggio della vita, con prefazione di Riccardo Maisano, Napoli 2010, pp.1-119, M.D’Auria Editore, presentato ai primi di giugno del 2010, alla “Feltrinelli” di Napoli (Piazza dei Martiri) da Giovanni Starace; Poesie (1998-2010), con prefazione di Luigi Mascilli Migliorini, Napoli 2011, pp.1-456, M.D’Auria Editore, presentato di nuovo all’Istituto italiano per gli studi filosofici il 12 maggio 2011, da Luigi Mascilli Migliorini, moderatrice Anna Esposito, con una scelta di poesie lette dal Maestro Carlo Forni; L’Amour et le violon, poesie in francese con traduzione in italiano, con prefazione di Emanuela D’Amelio, Napoli 2012, pp.1-65, M.D’Auria Editore; Un anno, con prefazione di Silvana Lucariello, Napoli 2013, pp.1-74, M.D’Auria Editore, presentato da Silvana Lucariello ed Eugenio Mazzarella all’Istituto italiano per gli Studi filosofici il 7 febbraio 2014 (“Un cerotto sull’anima. Un anno di Giacomo Garzya”, la relazione del filosofo e poeta Eugenio Mazzarella, fu pubblicata nella mia quattordicesima silloge “L’amore come il vento”, Napoli 2019, Iuppiter Edizioni, pp. 59-61); Campania felix, traduzione in inglese di Jeff Matthews, con testo a fronte, Napoli 2014, pp. 1-126, M.D’Auria Editore); Una specchiera, con prefazione di Aurora Cacòpardo, Napoli 2015, M. D’Auria Editore, pp. 1-87, presentato da Aurora Cacòpardo e Felice Zoena all’Istituto italiano per gli Studi filosofici il 29 aprile 2015 e da Ugo Criscuolo all’Accademia di archeologia, lettere e belle arti di Napoli (Società nazionale) il 4 novembre 2015; Pettirosso, con prefazione di Maria Rosaria Compagnone, Napoli 2015, M.D’Auria Editore, pp. 1-95, presentato da Aurora Cacòpardo e Maria Rosaria Compagnone, moderatore Felice Zoena all’Istituto italiano per gli Studi filosofici l’11 gennaio 2016; I sassi parlano, con prefazione di Anna Esposito, Napoli 2016, Iuppiter Edizioni, pp. 1-143, presentato il 15 dicembre 2016 da Anna Esposito e Aurora Cacòpardo, moderatore Felice Zoena, all’Istituto italiano per gli Sudi filosofici; L’amore come il vento. Poesie (2011-2015), con un ricordo in memoria di Fanny di Paola Celentano Garzya, Napoli 2019, Iuppiter Edizioni, pp. 1-252, presentato l’otto ottobre 2019 a Napoli, Palazzo Serra di Cassano, presso la Galleria degli eventi, Interno A 14, da Anna Esposito, moderatore Espedito Pistone; quindi a Trieste, all’Università Liberetà, da Anna Piccioni (8 novembre 2019); Delos. Poesie (2015-2019), con prefazione di Enzo Santese, Napoli 2020, Iuppiter Edizioni, pp. 1-342, presentato il 18 agosto 2020, sempre da Enzo Santese, nel giardino di San Michele a Trieste). Cfr. anche la recensione su Delos di Lucia Guidorizzi, in “Cartesensibili” (wordpress.com), 24 dicembre 2022, “Il sacro centro della poesia. Lucia Guidorizzi: a proposito di “Delos” di Giacomo Garzya”. Infine, la sedicesima raccolta, Il riverbero delle parole. Poesie 2020-2022, con prefazione di Massimo Gherardini, Roma 2023, Dantebus Edizioni, pp. 1-96.

Non poche sue poesie, a partire dal 2003, sono comparse in varie antologie e riviste specializzate, quali per citare qualcuna, “Prospettive”, “Sentire” , della Casa editrice Pagine, in AA.VV. “Il federiciano Verde”, 2023 e in AA.VV. “Tra un fiore colto e l’altro donato. Poesie d’amore 2023″, ambedue dell’Aletti Editore, in “Sorrisi di Trieste “, antologia poetica in ricordo della compianta Gabriella Valera Gruber, Battello stampatore, Trieste 2022 . Con cinque poesie inedite, poi, è entrato, dopo un’ampia selezione, nell’ “Enciclopedia dei poeti italiani contemporanei”, Villanova di Guidonia 2022, Aletti Editore, pp. 156-158, con prefazioni di Alessandro Quasimodo, Hafez Haidar e Giuseppe Aletti. È stato finalista in non pochi concorsi poetici, ottenendo riconoscimenti e menzioni al merito. Nell’anno 2023, finalista all'”Ottavo Premio internazionale Salvatore Quasimodo”, presidente della giuria il figlio Alessandro, ha ottenuto la “menzione speciale al merito” per il suo libro Delos. Una ventina di sue poesie del 2014, tratte dal libro Giacomo Garzya, “Una specchiera”, Napoli 2015, diventarono Video Poesie e si possono ascoltare e vedere su You Tube, come quattro sue poesie scritte nel 2020, “Il molo Audace”, “Come ossidiana”, “La scala era in un angolo buio” e “Eppinger 1848″, pubblicate in Giacomo Garzya “Il riverbero delle parole”, Roma 2023 (lette in occasione della XIV e XV edizione del Festival internacional de poesìa en todas partes “Palabra en el mundo 2020 e 2021″, Koper-Capodistria). Sempre su You Tube si può vedere la sua Video Poesia, “Una lunga inutile attesa” (Trieste, 7 aprile 2023), pubblicata dalla Dantebus.com il 27 giugno 2023. Sul blog.dantebus.com (Interviste d’Autore-Giacomo Garzya, 6 marzo 2023) si può leggere, invece, il testo di un’intervista a proposito della sua Poesia e Fotografia, in concomitanza dell’uscita dei suoi due libri, uno poetico “Il riverbero delle parole”, l’altro fotografico “Le vie dell’immagine”, Roma 2023, Dantebus Edizioni. Tale intervista è riportata anche nel suo sito web https://www.maree2001.it (cliccare su “La mia poetica”). Molte sue poesie sono state tradotte in inglese e in francese, alcune in tedesco, spagnolo, arabo classico e greco moderno (vedere sempre nel suo sito maree2001.it , cliccando su “Poesie edite [1998-2010], lettere, manoscritti”, le traduzioni di Costantino Nikas di una scelta di poesie tratte dalla sua prima raccolta poetica “Solaria”, Napoli 1998). Inoltre, a Trieste, tra il 2019 (in vari Caffè letterari, ecc.) e il 6 marzo 2023 (al Knulp, in ricordo di Gabriella Valera Gruber) ha avuto molte occasioni di leggere pubblicamente le sue poesie più recenti, presentando anche il suo libro “L’amore come il vento”, edito nel 2019, all’Università Liberetà di Trieste, su invito della relatrice Anna Piccioni (8 novembre 2019). È stato poi intervistato dalla poetessa Luisella Pacco, sul suo percorso di vita, tra gli Studi storici, la fotografia, la poesia e i viaggi, a Radio city Trieste, il 10 agosto del 2019. Tale intervista si può ascoltare su Citylegge, https://luisellapacco.wordpress.com e nel suo sito maree2001.it (cliccare su “Audio”).
Ha, infine, curato il libro della figlia Fanny, tragicamente scomparsa il 6 febbraio 2008, Fanny Garzya, Scritti e racconti brevi, in appendice ricordi di lei, a cura del suo papà, Arte Tipografica Editrice, Napoli 2009. È consultabile anche in https://www.maree2001.it.

Dal 1981 al 2009 ha fotografato diapositive (oltre 15000); poi è passato al digitale. A partire dal 1994, ha esposto a Napoli a Palazzo Pignatelli (“Forti affetti”, 4-13 maggio 1994), alla Casina Pompeiana nella Villa comunale ( “Napoli Arte. Cento artisti a confronto”, 17-23 dicembre 1994, vincendo, in tale mostra collettiva, il primo premio per la fotografia a colori), all’Oratorio dei nobili a Piazza del Gesù, con Pepi Merisio ( “Tesori di Piazza del Gesù “, 29 aprile-31 maggio 1995). Ha poi esposto a Palazzo Serra di Cassano, sede dell’Istituto Italiano per gli Studi filosofici “Napoli 1999″, 16-22 gennaio 1999 , con presentazione di Renata De Lorenzo; “Colori del tempo”, 14-31 ottobre 2000 con presentazione di Renata De Lorenzo; “Il mare che non si vede”, 24 febbraio-15 marzo 2006, prorogata fino al 18 aprile 2006, con presentazione di Eugenio Mazzarella e Maurizio Ribera d’Alcalà, moderatore Enzo Pagliaro). Quindi presso il laboratorio fotografico napoletano “Copyright”, “Santa Lucia”, 29 dicembre 1997-30 marzo 1998; al Palazzo delle Arti di Napoli (PAN) (“Vesuvio oggi” e “Vesuvio all’alba”, nell’ambito della mostra “Napoli e il suo vulcano”, 21 ottobre-19 novembre 2006). Le foto esposte al PAN, furono riesposte a Roma, nel Complesso del Vittoriano, nell’ambito della mostra “Alla scoperta del Vesuvio” (12 gennaio-11 febbraio 2007).
Ha pubblicato, inoltre, album e libri fotografici (Forti affetti, Napoli 1994; Napoli 1999, con prefazione di Renata De Lorenzo, Napoli 1999, Arte tipografica editrice; Le stagioni, con prefazione di Renata De Lorenzo (12 stampe di cui 2 di Riccardo Rossi), Napoli 2000, Arte tipografica editrice; Colori di Procida, con testi di Valeria del Vasto, Napoli 2002, Arte tipografica editrice; La mia Napoli, con prefazione di Renata De Lorenzo, Napoli 2014, Arte tipografica editrice). Infine, un suo libro su circa trent’anni di attività come fotografo, con 183 foto, tra analogiche e digitali, per i tipi della Casa Editrice Dantebus di Roma, G. Garzya, “Le vie dell’immagine. Scatti in cammino”, con prefazione di Massimo Gherardini, Roma 2023, pp.1-202. A tale libro fotografico, seguirà sempre nel 2023, la pubblicazione di G. Garzya, “Frammenti di Mediterraneo”, Dantebus Edizioni (124 foto analogiche e 57 foto digitali).

Dal 1995 Giacomo Garzya ha scritto poesie sulle opere viste dal vivo di diversi artisti, soprattutto amici, che lo hanno ispirato: Picasso, Ernst Ludwig Kirchner, Mimmo Paladino, Mario Giacomelli, Medardo Rosso, Salvador Dalì, Osvaldo Moi, Antonio Oliveri del Castillo, Francesco Cioffi, Paolo Sandulli, Enzo e Nicola Pagano, Francesco Alessio, Céline Montmasson, Laura Bottaro, Daniela Pergreffi, Adriana Itri, Silvia Ciaccio, Patrizia Grubissa, Fabio Colussi, Cinzia Platania, Giovanni Alberti, Luisella Pacco, Mauro Marcellini, Daniela Foglia, nonché su musicisti di fama, su eventi e personaggi storici e letterari, come Aung San Suu Kyi, Rainer Maria Rilke, Tommaso Campanella, Dino Campana, Alda Merini, Beatrice Niccolai, ecc. Ha scritto, poi, nel 1995, una recensione sui Murales, a Furore Alto, di Antonio Oliveri del Castillo; nel 2003 la presentazione della mostra fotografica di Antonio Caniparoli, “Poussières du Nepal” (Rouen e Parigi, Ambasciata del Nepal, maggio-giugno 2003); nel 2003 sulla mostra “Catabasi” di Francesco Alessio, Enzo e Nicola Pagano (cfr. “Il Mattino” del 10 gennaio 2004); il 28 febbraio 2014 presentò all’Humaniter di Napoli il libro di Aurora Cacopardo e Francesco D’Episcopo “Napoli: luoghi letterari”, Napoli 2011, Iuppiter edizioni. La relazione fu pubblicata su una rivista napoletana (Giacomo Garzya, “Napoli: luoghi letterari”, in “Chiaia magazine”, IX, n.1-2, febbraio/marzo 2014); il 7 maggio 2016 presentò al PAN (Palazzo delle Arti di Napoli), il libro di Aurora Cacopardo “Sotto un contorto ulivo saraceno”, Napoli 2015, Iuppiter edizioni (il testo della presentazione è nella home del suo sito https://www.maree2001.it ); nel 2022 ha scritto sulle attuali rielaborazioni fotografiche, Giacomo Garzya, “Alexandra Mitakidis, quando la Fotografia incontra la Poesia”, in ” Chiaia Magazine”, Anno XVII, numero 100 – dicembre 2022, p. 23.

Su Giacomo Garzya hanno scritto sulla stampa, sui libri sopra citati, Giuseppe Galasso, Giuseppe Pontiggia, Marcello Gigante, Mario Del Treppo, Eugenio Mazzarella, Renata De Lorenzo, Luigi Mascilli Migliorini, Riccardo Maisano, Enzo Santese, Lucia Guidorizzi, Aurora Cacopardo, Luigi Costanzo, Adriana Pignani, Patricia Bianchi, Massimo Gherardini, Francesco del Franco, Valeria del Vasto, Chiara Pradelli, Fabrizio Coscia, Rosanna Precchia, Antonella Ciancio, Carlo Franco, Angela Matassa, Costanza Falanga, Tiziana Tricarico, Alessandra Troncone, Maurizio Vitiello, Giovanni Chianelli, Massimiliano de Francesco, Rossella Galletti, Antonella Carlo, Lucilla Fuiano, Emanuela D’Amelio, Enzo Pagliaro, Silvana Lucariello, Maria Rosaria Compagnone, Anna Esposito, Maria Neve Iervolino, Anna Piccioni.
Per tale critica vedere Giacomo Garzya, “Poesie (1998-2010)”, Napoli 2011, M. D’Auria Editore, pp. 387-444 e soprattutto quanto è riportato nel suo aggiornato sito web “Poesia e fotografia di Giacomo Garzya” https://www.maree2001.it . In tale sito web vedere, inoltre, le sue gallerie fotografiche (con oltre 12000 foto) e, infine, in FLICKR.COM i suoi numerosi album (con circa 14000 foto). Per ulteriori informazioni vedi Giacomo Garzya in www.opac.sbn.it, in www.worldcat.org , nonché in GOOGLE, GOOGLE libri, GOOGLE immagini.

 


 

GIACOMO GARZYA SU SÉ STESSO

La poesia è stata sempre parte importante della mia vita, in cui si riversano la mia esperienza, la mia inquietudine esistenziale, gli affetti più cari, il lutto per la scomparsa tragica di mia figlia Fanny. Lo stile nella scrittura ha un peso specifico : Francesco De Sanctis diceva che “la forma è la cosa”. Nel mio caso la determinazione delle parole non lascia molto spazio a più livelli di lettura, se mai è la poesia nella sua interezza che può aprire a più interpretazioni. È in questo, sempre nel mio caso, che la poesia si distacca dalla prosa. L’immediatezza con cui molte poesie sono state scritte non vuol dire scrittura spontanea, ma pensieri sedimentati, che fuoriescono quando devono e, se il labor limae segue spesso veloce, non vuol dire che ciò sia un peccato di leggerezza, ma un modo personale di rapportarsi alle parole nel loro significato. Il mio percorso poetico trentennale, se non si considerano gli anni giovanili, vuole essere innanzitutto autobiografico, intimista, introspettivo, tuttavia sempre universale, come un diario dell’anima, non della mia soltanto, ma di tutte le anime portate a pensare, a riflettere sul significato della propria esistenza, nel suo scorrere tra esperienze trascorse e nuove emozioni. Sin da piccolo mio padre, Filologo classico, Bizantinista e poliglotta, il mio primo Maestro, mi ha inculcato il valore dell’universalità e quando scrivo interrogo me, pensando agli altri. Sicuramente nelle mie poesie, col passare degli anni, vi si legge anche un iter di maturazione verso tematiche storiche, sociali, religiose, ambientali, non solo, quindi, legato a ispirazioni introspettive e intimistiche, che pure sono parte consistente della mia produzione. Il mio poetare, infine, definito da qualche critico, “neoumanistico”, il mio fotografare, la fotografia complementare alla mia poesia, spesso vissuti in prima istanza con le persone care, vogliono essere anche una risposta al mondo in cui viviamo, dove certi valori vengono dimenticati. Le radici, la storia come memoria, i luoghi, la natura, gli affetti più cari entrano infatti nel mio percorso poetico, ma su tutti, il vento, che domina il nostro vivere, come il mare. Credo che la sostanza del mio fare (citando Oscar Wilde, nella mia prima silloge poetica del 1998, “Solaria”, “Coloro i quali trovano nelle cose belle significati belli, sono persone colte. Per questi c’è speranza”) sia un invito a vivere con gioia le cose belle, in pace con sé stessi e con gli altri, in contrapposizione dialettica al dolore, al dramma della morte. Il dolore, il dubbio, l’oppressione rimanendo comunque i veri motori dell’esistenza, forieri di creatività, di libertà, di fede, anche quella del “Deus sive Natura” di Spinoza, che aveva divinizzato l’intero Cosmo, stando all’interpretazione di Hegel.
La mia fotografia, nasce nella mia infanzia come fotografo di famiglia nei viaggi estivi, avendo avuto in mio padre una guida di valore, di lì la capacità di inquadrare le foto, secondo regole non studiate a tavolino, grazie alle visite di tanti musei d’arte nelle varie capitali europee, di lì la capacità nel saper osservare i paesaggi, urbani e non, nonché le varie tipologie di persone incontrate. La mia fotografia divenuta professionale, nel passaggio nel 1981 alla reflex e alle diapositive (in particolare quando iniziai a fotografare con un apparecchio Contax 167MT, con obiettivi Zeiss, con cui già fotografavo da tempo), è stata innanzitutto basata sullo studio impressionistico della luce: per qualche critico, una metafisica della luce finalizzata alla ricerca di una natura primordiale nei suoi elementi fluttuanti, in un incessante pànta rheî, quindi uno studio sui quattro elementi, basata sulla lettura dei Greci, in particolare i frammenti di Empedocle, che mi portava a fotografare nuvole, tramonti rossi, onde marine, rocce, albe sul Vesuvio, secondo un criterio che avrebbe portato al superamento del momento prettamente emotivo che le aveva volute. L’acqua, elemento primigenio, la terra in continua trasformazione, il fuoco indomito che stordisce, abbaglia, che dà luce alla scena e calore alla nostra esistenza, alla nostra fantasia, quindi anche un rapporto cromatico-emozionale tra elementi che interagiscono tra loro: Fuoco-Sole-Luce-Energia-Calore-Colore-Nuvole-Acqua-Vento-Roccia. Tale ricerca, durata molti anni, confluirà in parte, per quanto concerne l’elemento Acqua, in una mia mostra personale nel 2006 all’Istituto italiano per gli Studi filosofici “Il mare che non si vede”. Infine il ricorrere delle stagioni, delle varie età dell’oro o del ferro, mi hanno sempre indotto a pensare a una vichiana ciclicità delle cose, come anche il fatto che tutto scorra, il già citato pànta rehî, e che le situazioni cambino, come il tono dei suoni o i colori o la luce nei quadri. Ebbene questi, oltre ai reportages fotografici dei miei viaggi, prevalenti soprattutto dopo il mio passaggio obbligato dall’analogico al digitale nel 2009, sono i temi ricorrenti sia nella mia poesia che nella mia fotografia, oltre lo studio monografico fotografico-filosofico sui quattro elementi, di cui sopra, che, solo per la mia incapacità di trovare degli sponsors, richiestimi per i costi elevati, non si concretizzò, una ventina d’anni fa, in una mostra personale a Milano e in un volume edito sempre a Milano, la capitale italiana della fotografia.

 


 

INTERVISTA A GIACOMO GARZYA DEL 6 MARZO 2023

“Il riverbero delle parole” e “Le vie dell’immagine” sono le sue ultime fatiche artistiche. La prima è una silloge poetica mentre il secondo è un libro fotografico, lei stesso infatti si definisce “poeta e fotografo”. Quando è avvenuto il primo incontro con queste due arti? C’è una tra le due che considera più indispensabile nella sua vita? Se sì, quale?

Il primo approccio alla fotografia risale alla mia infanzia, quando con un apparecchio a fuoco fisso, senza nessuna pretesa, fotografavo viaggiando con la mia famiglia; fu in quegli anni che visitando musei d’arte nelle varie capitali europee, acquisii un gusto personale, utile per inquadrare le foto. Nel 1981 avvenne il mio passaggio alla reflex e alle diapositive, con risultati più che soddisfacenti, anche per la qualità della mia macchina professionale CONTAX e per gli obiettivi ZEISS. Questo percorso analogico si conclude nel 2009, l’anno in cui fui costretto al digitale. La poesia pure nasce presto, in parallelo alla lettura intensiva dei classici, ma si interrompe intorno ai vent’anni, prevalendo l’interesse verso i miei studi storici, per riprendere dal 1993 fino a oggi. La capacità di osservazione come fotografo dei paesaggi, urbani e non, nonché delle persone incontrate, ha avuto molta influenza nell’elaborazione della mia poesia, al di là dei già importanti e imprescindibili elementi culturali e interiori e, a detta della critica, sia fotografia che poesia sono sempre andate avanti di pari passo, interconnettendosi, fino all’ultimo quinquennio quando ha prevalso nettamente la poesia. La mia fotografia, è quindi complementare alla mia poesia, in cui si riversano la mia esperienza di vita, la mia inquietudine, la profondità degli affetti, il lutto, or sono quindici anni, per la perdita precoce, tragica, della mia adorata figlia Fanny.

Quale tra le poesie contenute ne “Il riverbero delle parole” sente più cara o rispecchia maggiormente il suo Io poetico e perché?

Sento tutte le mie poesie come mie creature, mie figlie, ogni silloge (sedici dal 1998 a oggi) rappresenta le varie fasi della mia vita, a tutte sono egualmente legato, anche perché in trent’anni di produzione poetica, esprimo un diario innanzitutto dell’anima. Le radici, i luoghi, la natura, gli affetti entrano nel mio percorso poetico, ma su tutto, il vento, che domina il nostro vivere, come il mare. Credo che la sostanza del mio fare sia un invito a vivere con gioia le cose belle, in contrapposizione dialettica al dolore, al dramma della morte, che comunque sono il vero motore dell’esistenza e che inducono alla creatività e alla libertà. Sicuramente nelle mie poesie vi si legge un iter di maturazione anche verso tematiche storiche, sociali, religiose, ambientali, non solo, quindi, legato a ispirazioni introspettive e intimistiche, pur sempre universali. Ne “Il riverbero delle parole, l’ultima poesia “Per i miei settanta…” è un bilancio esistenziale e rappresenta il mio attuale pensiero, il mio Io poetico.

Quali sono i suoi punti di riferimento letterari? Quali autori l’hanno più influenzata a livello stilistico e perché?

In primo luogo i Poemi omerici, quindi i Lirici greci, Catullo, Orazio per arrivare a Foscolo, Garcìa Lorca e Ungaretti. Anche, per la prosa, sempre a livello stilistico, Malaparte, Hemingway e de Saint-Exupéry. Il perché è legato proprio ai molteplici riverberi emotivi che questi classici universali mi hanno suscitato fin da ragazzo.

“Le vie dell’immagine” è un mix di fotografie analogiche e digitali. Crede che l’avvento del digitale abbia portato solo miglioramenti alla fotografia oppure rimpiange la tecnica analogica?

Come ho detto, a proposito della prima domanda, fui condizionato a passare al digitale nel 2009: costretto perché il miglior laboratorio della mia città, a cui mi ero quasi sempre rivolto per lo sviluppo delle diapositive, per il crollo della domanda, non rinnovava più con frequenza gli acidi per il necessario processo chimico, con risultati a dir poco disastrosi. L’ultima fase, quella dello sviluppo, come è noto, è infatti fondamentale per una diapositiva e senz’appello. In più diventava sempre più difficile acquistare rollini di diapositive Kodak, la pellicola professionale che quasi sempre avevo usato. La diapositiva per me rappresentava un prodotto finito già allo scatto, non si poteva sbagliare, e già ne conoscevo il risultato, buono non solo per il reportage, ma soprattutto per la fotografia creativa. Con l’apparecchio digitale, fin dall’inizio, con opportuni accorgimenti e tarature a priori, fotografando per lo più con priorità dei diaframmi, ho ottenuto ottimi risultati, senza mai arrivare al “photoshop”, se non per regolare, quando necessario, la luminosità. Pur rimpiangendo la fotografia analogica, per una mia personale modalità di intendere la resa fotografica, basata sullo studio impressionistico della luce, finalizzata anche alla mia ricerca sui quattro elementi, il digitale, specie nel reportage e nelle precarie condizioni di luce, presenta innumerevoli vantaggi, che non sto qui a dire tanto sono noti, su tutti quello di avere a disposizione un numero incredibile di scatti, pur fotografando io sempre in formato RAW, e nella stessa macchina molteplici pellicole, nonché quello di non dipendere dalla temperatura dell’ambiente circostante, nemico giurato delle diapositive: l’eccessivo freddo e il troppo caldo, tanto da essere sempre costretti alla borsa termica. Infine la fotografia digitale ha aperto da più di un decennio a quella concettuale, surreale, rielaborata a tavolino, per esempio quella del grande fotografo francese Michel Kirch, arte questa che dà risultati eccellenti, ma che non ha più niente a che fare col mio modo di intendere la fotografia, sempre soggettiva, ma al confronto, senz’altro più realistica.