Gli aquiloni
Mi troverai al solito bar,
Dove non vado mai,
Col mio bicchiere,
Colmo di aquiloni rotti.
Ricordi?
Eravamo bambini, da adulti
E facevamo a gara
A chi si spingeva più in alto.
Ma tu fissi ancora i miei aquiloni rotti,
O i fili che pendono, inutili ormai,
Dalle tue mani?
Tramonto
Dalla tua terrazza,
Si gode una magnifica vista sul tramonto!
Anche la mia finestra
Volge a Ponente,
Ma il maledetto muro della mia ignoranza
Mi occlude il panorama.
Vorrei fermarmi a cena da te.
E non è che mi manchi il tempo,
Ma so che il vino del tuo narcisismo
Trarrebbe da me quella verità,
Che è meglio conservi
Nel cassetto dell’ipocrisia!
Per Alex Rocco
Sarà musica e suonerà forte la tua voce.
Sarà battaglia ogni passo, ogni lembo che calpesterai.
Sarà nuovi sguardi, mani da stringere e piccole conquiste.
Sarà falò in spiaggia e stelle di desideri e sogni che cadono.
Sarà onde che inseguono tramonti infuocati.
Sarà pioggia che bussa a notti insonni.
Sarà il calore di un bacio che vorresti non finisse mai e
Lacrime fredde che sembrano non aver fine.
Sarà un abbraccio e mille addì
E mille abbracci per un addio solo.
Sarà fiducia e tradimento.
Sarà il tempo di guardare indietro, domani,
E sarà già ieri.
Un ultimo ciao
Poi che la morte
Ebbe spento in gola
Le ultime parole,
Di te rimase solo un sussurro
Sospeso tra i frondosi rami del ciliegio,
Prodigo di consigli mai ascoltati,
Fertile d’amore
Che l’arsura del silenzio
Non inaridirà.
Dio mio
Nella tua luce
Si perderà il mio sguardo,
Per non trovare più
La via del ritorno,
Fermandosi, abbagliato e stanco,
Sul tuo seno,
Senza timore o vergogna,
Senza tremare,
Finalmente felice.
Braccia tese
Mi inerpicai,
Ebbro di anni a venire,
A catturare quel fascio di luce
Tra le foglie.
Ascoltai il vento
Ed il tempo che passava.
Il mio sguardo, ora,
Cerca le stelle che,
Ossute e fragili,
Indicano
Le tue braccia tese,
Non più capaci
Di produrre suono
E sventolare frutto.
Spielberg
Un paio di libri e di occhiali:
è tutto ciò che rimane.
Il controllo è passato presto, stamane,
srotolando parole strane.
Sonnecchiando con occhi aperti e stanchi,
cerco l’acqua per sciacquarmi.
Che strano sentire di occhi puntati,
di sguardi severi e distanti.
Piovono le foglie nel cortile,
tristezza amara di aria uggiosa e depressa,
e cercano riposo sulla polvere bagnata,
sfidano il vento e muoiono.
Giornata triste, lunga, monotona,
quadri di sole tra nuvole,
unica vista da questo balcone,
tra le fila di uniformi bianche.
Simona
Ti aspettavo:
aspettavo che arrivassi,
che giungesse il tempo
di conoscere il mio futuro,
che si fugassero le nubi sul mio capo,
che tornasse il sereno.
Ti ho immaginato: piccolo, fragile essere,
gigante d’amore.
Mi sembrava, a momenti,
di toccarti,
di essere dentro di te.
Altri eri lontano, irraggiungibile, irreale:
eri la vita stessa,
poi il nulla e poi la vita.
E finalmente tu,
così come sei ora, come diventerai.
Diverso da come avevo immaginato,
ma tu, reale: proiezione del mio amore,
speranza di una nuova vita.
Sei tutto: il passato, il presente, il futuro.
Sei mia figlia!
Sara
Figlia mia,
senza passato che non sia quello
che io ho vissuto, avrai le mie mani,
accanto alle tue
per aprire i cancelli della vita,
il mio corpo a fare strada
ai tuoi passi.
E poi…
la nebbia, cortina tra il presente
a celarti il futuro
e tu sorpresa a scrutare di là
ad individuarne i contorni
ad indovinarne i frutti.
Ed io, sereno o rassegnato,
senza futuro che non sia il vostro,
lo vivrò!
Davide
L’amore poté!
Là, dove il buio
inghiottiva le menti
ed il pensiero sconvolto
cercava la strada,
si aprì un varco
da nessuno già tracciato,
si sollevò il silenzioso
urlo della vita
che, sconfitta la notte,
si affermava.
Tremante, mi chinai
sotto il peso della mia inutilità
a contemplare
la forza dell’uomo che nasce,
aprendo la porta
di un nuovo futuro.