Baciami e ridi
L’amore profondo mi domina
a volte, se ridi
e la terra tutta so che gira
e gira e gira
e gira che ti rigira
a te sola dico: ”Sei bella!”
Tu ridi, non capisci, non ti fidi,
io rido, capisco e rido ancora.
Dammi un bacio, o due dammene
o passa la vita intera a baciarmi;
che io possa dire: ”Sei bella!”
che tu possa ridere
e capire
che tutto è talmente serio
che di ridere vien voglia
e di baciarci,
e di baciarci ancora.
Ho sete
Ho sete,
cosa bere?
Non c’è bevanda
non c’è filtro
o distillato
che cheti le labbra.
Ho sete
di voci pacate
di sorrisi come carezze,
eppur vuota rimane
la mia coppa.
Allora bevo da me,
l’essenza mia,
nell’estate trionfante.
Non mi disseta.
Berrei da te, invece
tutte le parole
che hai pronunciato,
fino a inebriarmi
fino a vomitarle
una ad una.
La via più semplice
Intatto per ora nel corpo
nonostante i miei anni
(non ridete vecchi, spero raggiungervi)
ho perso sogni, monete
e amori da figliar famiglia.
Ho vissuto a caso
senza meta,
per sentito dire.
E come l’acqua
la via più semplice
anch’io scorrevo…
Pare stagnarsi ora, l’anima,
volente spazi agresti
e carezzar di foglie al viso.
Mi ritrovo fantasma
pieno di pulsioni,
scrivere per sviare l’occhio
della coscienza,
credermi eterno.
La luce è ovunque.
Io m’esalto per un nulla
Perfetta pare la mosca
ai miei occhi nuovi,
solitudine d’insetto
bastante a sé.
E il rumore lieve
d’auto ed aeroplani,
m’inclina il cuore,
lo avvolge lento.
Oh mio Dio!
Oh meraviglie tutte!
Accorrete, venite
che io m’esalto per un nulla!
A casa tua domani
A casa tua domani
parleremo un poco
e faremo l’amore.
Cercherò per te
un fiore di cera
da bruciare di passione.
Ti toglierò i vestiti
tu a me
e ti guarderò per intero.
Quando poi dirai
tremando di rabbia:
non sono così!
Io prenderò coraggio
esploderò fino al pianto
ti bacerò la bocca.
Forse uno schiaffo,
“non posso” dirai
andrò via voltandomi.
Aspetterò l’indomani
verrò ancora da te
ti lascerai toccare.
E poi di nuovo
io e te
nudi per intero.
Come l’occhio di Dio
Ortiche e legno bagnato
sul pontile d’autunno
sfregi sul viso
mani in tasca.
Avanza a stento, striscia
vibra d’aria rappresa
di nervi schioccati
di viso cupo.
Iddio lo vede, di sfuggita
mica ci fa caso
né Dio a lui
né lui a Dio.
S’inchina, sputa, ride
ride e trova buffo ridere
tra le ortiche e il sole basso
tra gli spasmi della tosse.
Si ferma, ci pensa
ci ripensa, immobile.
Con le ortiche e le vipere
con i pro e i contro.
Si butta! A piè pari!
Si butta e non cade
raccolto come il grano
trebbiato sale.
Dall’alto si vede a stento
le mani in tasca
sul pontile e le ortiche
lui medesimo.
Ma lui che vede lui
s’accorge, non c’è senso
la pelle pare staccarsi
un fischio alle orecchie, buio.
Ortiche e un corpo disteso
felice e morto
blu come l’onda
blu come l’occhio di Dio.
I sorrisi non mi bastano più
M’invogli come istinto,
sovrasti ciò che è lecito,
lo accantoni,
diventa inutile.
Il tuo corpo dondola
mia signora, e dondolo io
appoggiato ad un solo pensiero,
zoppico, non vedo altro.
Stringerti, baciarti, amarti,
soffocare talvolta.
Io vibro al tuo sguardo,
i sorrisi non mi bastano più.
Il rumore del fuoco
Il fuoco ha un rumore
che non è di legna.
Nemmeno d’anima
che si consuma.
Ha un rumore il fuoco
un suono di luce blu arancione,
fatto d’energie attese,
d’esplosioni che non arrivano mai.
Tu non mi guardi,
non ne hai bisogno;
tanto se ti volti
io sono lì!
E ti guardo invece io,
facendo il rumore del fuoco,
tu che balli, le stelle girano
e dell’universo il centro sei tu.
In quel dì saremo amanti
Non parlo più con voce di pietra,
poiché quel che dico
vale poco in fondo,
quasi nulla.
I tuoi seni sul mio braccio,
loro soli,
erano e resteranno
il solo indizio del mondo reale.
Il resto è già stato sacrificato,
perso e perduto,
immancabile e doveroso,
falso come gli dei pagani.
Non soffrire mia signora dell’angoscia,
che tanto c’è chi soffre per noi
e non lo sa!
Non cedere mia signora della delusione,
perchè chi si è arreso
è lì, lo vediamo
…e pare quasi felice.
Il mio volto sta vicino al tuo,
in una foto dove entrambi sorridiamo,
e fa ridere pensare
che saremo atomi condannati a vagare.
Lì ogni tremore sarà un suono di corno,
le mie braccia quelle del soldato che aspetti,
il mio dolore sarà manna dal cielo.
In quel dì saremo amanti,
vecchi e senza doveri,
ameremo la luce degl’occhi nostri,
si involerà verso l’eterno.
Vacuo e sordo
Gli applausi son per me.
Che non ascolto quel che dico.
E mazzi di fiori, lugubri premi
per me che penso troppo.
Io reclamo in silenzio,
come i codardi
la mia angoscia quotidiana;
ne rinnovo il giuramento.
Per redimermi:
scrivo nudo,
nudo dormo,
nudo nasco.
Ogni mia parte
ogni mio singhiozzo
ogni mia parola sprezzante
si ammutolisce.
Io chi sono?
Fatiscente botto
in esilio.
Innocuo e brutto,
vacuo e sordo,
io sono l’uomo.
Sono la connessione
il mezzo
l’incomprensione
e la santità!