Giovanni Russo

Racconti


Il cavaliere verde

C’era una volta, in una piccola contea molto molto lontana, una torre altissima che quasi toccava il cielo. All’interno di essa viveva una bellissima principessa dai lunghi capelli castani, e dallo sguardo ammaliante. La fanciulla era molto contenta di vivere in cima alla sua torre. Amava il suo letto, la sua libreria, la sua piccola cucina e, più di ogni altra cosa amava la compagnia di un affascinante principe azzurro, il quale viveva lassù con lei.
Un giorno nella contea, girovagava in cerca di alcune erbe aromatiche un giovane cavaliere. Il cavaliere aveva indosso una strana armatura verde foglia, la quale non permetteva a nessuno di individuare né lui né il suo destriero, anch’esso adornato di verde.
Il giovane mentre si accingeva a sradicare una pianta, notò tra la foschia una fanciulla affacciata alla finestra di una torre. La ragazza era talmente bella che spinse il cavaliere a tornare in quel posto ogni giorno per poterla ammirare, sicuro che ella non fosse in grado di vederlo grazie alla sua corazza.
Un giorno, il sole era alto sopra le montagne lontane, quando il cavaliere verde si trovava al mercato della città, tutto eccitato all’idea di fare le ultime compere prima di recarsi in campagna ad ammirare la sua bella.
-Ehi tu, corteccia di ferro! Ma dimmi un po’ dov’è che ti vai ogni giorno a quest’ora tutto allegro e pimpante?-
Nel grigio cittadino il cavaliere era ben visibile, e così si ritrovò a rispondere al vecchio mercante.
-Salve signore, vado ad ammirare la ragazza della torre! Nulla potrà guastare il mio buon umore- Detto ciò il vecchio scoppio a ridere e rispose allegro:
-Davvero molto divertente. Lo sanno tutti in città. Il re ha promesso la mano della principessa ad un giovane, il quale la salvò dalla corrente del fiume quando la fanciulla vi cascò da bambina. Da allora la principessa andò a vivere nella torre fuori dalle mura con il suo amato principe.-
-Voi volete solo prendervi gioco di me signore, io non vi credo!-
Dopo quella notizia il cavaliere montò a cavallo e si precipitò alla torre. La principessa era come al solito affacciata alla finestra, e nei suoi occhi il cavaliere dimenticò le parole del vecchio.
Passarono diverse settimane e il cavaliere continuò ad ammirare la
principessa, finché un giorno ella lo guardò e disse:
-Scusi la mia scortesia signore, ma sono mesi che lei vien qui e mai mi ha posto un saluto, comincio a pensare che io non le piaccio.-
Il cavaliere rosso dalla vergogna farfugliò: -Per tutti i fiori principessa, voi riuscite a vedermi?-
-Che domande, non sono mica cieca! Si vede lontano un miglio il vostro occhio sinistro, mezzo nero e mezzo marrone, si potrebbe dire che non si vede altro in questa campagna!-
Il cavaliere esterrefatto si scusò con la fanciulla e le disse tutto ciò che egli provava per lei, la ragazza con le gote arrossite salutò il cavaliere e lo invitò a tornare il giorno seguente.
La mattina di quel giorno il cavaliere si alzò di buon’ora, e com’era d’abitudine andò al mercato a compiere le sue commissioni.
D’un tratto vide il vecchio mercante nell’atto di pesare della frutta. Gli si avvicinò, ed entusiasta gli raccontò l’esperienza del giorno passato e che dunque non era possibile che la principessa amasse un altro.
Il vecchio scoppiò in un riso assordante:
-Hai una fervida immaginazione ragazzo, guarda tu stesso laggiù.-
Il mercante indicò il pozzo al centro della piazza, dove su uno dei due pilastri sottostanti al piccolo tetto di legno, c’era appeso ad un grosso chiodo una pergamena sulla quale vigeva l’annuncio:
DOMANI SPOSI!
Dopo quasi dieci anni dal salvataggio della principessa, il re ha finalmente comunicato la data del matrimonio.
L’evento si celebrerà l’indomani presso la cappella reale.
Alla sola vista delle parole “matrimonio” e “principessa” il cavaliere s’irrigidì come una statua, quasi come se il suo cuore non pompasse più sangue nei vasi. Non riusciva a reagire, rimase per dei secondi interminabili al centro di quella piazza, a fissare l’immagine sottostante alla scritta raffigurante i due futuri coniugi.
D’un tratto, si ricordò del suo appuntamento con la fanciulla; una nuova energia dal profondo rimise in moto il suo cuore che ormai giungeva al suo ultimo battito. Strappo dal chiodo la pergamena e la gettò nel pozzo, montò in sella al suo cavallo e galoppò alla volta della torre.
La principessa nel frattempo si adornava i suoi già splendidi capelli con dei fiorellini blu che aveva raccolto quella mattina. Una volta pronta decise che quel giorno avrebbe incontrato da vicino quel curioso cavaliere, per il quale la giovane non riusciva più a prender sonno.
C’era in tutto il cielo azzurro una sola nuvoletta, il sole era caldo e luminoso, in quello che si sarebbe potuto dichiarare il giorno più bello

dell’anno. E proprio in questa giornata correva a tutta birra un piccolo uomo sulla groppa del suo fedele amico animale. Il solo pensiero che soggiornava nel nostro cavaliere era il dolce ricordo di quel tenero viso, di quelle labbra sottili e luminose, dalle quali uscirono le parole che lo spingevano a galoppare in quel modo. Se era vero che la principessa era sul punto di sposare un altro uomo, il cavaliere era disposto a crederci solo se fosse stata la principessa stessa a pronunciare tale sentenza.
La ragazza si incamminò in una piccola stanza della torre, nella quale si trovava un sistema di carrucole che permetteva di scendere a terra.
Il cavaliere arrivò ai piedi della torre, scese da cavallo e smarrito
cercava gli occhi di lei, la quale non era alla solita finestra. Con il
capo rivolto all’insù, il cavaliere aspettava; e avrebbe aspettato per
sempre se fosse stato necessario.
All’improvviso una piuma si appoggiò sulla spalla destra del cavaliere,
egli abbassò gli occhi e girò la testa, scoprendo la soffice mano su di
lui che lo univa alla bellissima fanciulla che gli era comparsa dinanzi.
La principessa era spaventata da tutto quell’amore che le faceva battere il cuore all’impazzata, ma al contempo percepiva una gioia nell’animo inimmaginabile.
Il giovane si bloccò di nuovo in quella stessa giornata, ma questa volta il cuore non rallentava, anzi, aumentava il proprio ritmo all’impazzata e con la semplicità di un bambino disse con la voce più pura del mondo:
-Mi batte fortissimo il cuore.- Così dicendo indicò il suo petto che vibrava come non mai. La ragazza, come una bambina che afferra la mano della mamma, afferrò quella del ragazzo e la posò sul suo petto e disse con un filo di voce: -Anche il mio…-
Il piccolo divenne rosso da capo a piedi, tutto il suo corpo ardeva come un focolare.
La ormai bambina si faceva cullare nelle mani di lui in un caldissimo abbraccio, e si sentiva al sicuro, protetta . L’unico altro essere in quel mondo capace di comprendere le sensazioni provate da lei, era lui; protetto da quel semplice abbraccio, come lo è un neonato che dorme tra le braccia della madre.
I due allentarono la presa, e si guardarono negli occhi; che cosa si disse quell’anima divisa nessuno lo saprà mai.
Scese una lacrima dagli occhi di lei, che oramai osservava da lontano l’uomo mentre saliva sul suo cavallo.
Il cavaliere una volta lontano guardò il fiorellino che le aveva donato lei, poi si girò indietro verso la donna e le sorrise benevolo. Ella lo guardò dritto nell’anima e disse, o forse lo pensò soltanto:

-Ora hai il fiore sfumato di blu, cavaliere verde.
Ora, trova la tua strada cavaliere-

 


 

Fiori d’arancio

Molti , ma molti anni fa , un re spagnolo ricevette in dono , da un navigatore cinese , una pianta d’arancio. Il piccolo fu piantato , per ordine del re ,nel giardino reale e veniva curato nel miglior modo possibile.
Nonostante l’occhio vigile e accorto che il giardiniere di corte aveva per tutte le piante del giardino reale , il re , ogni giorno , faceva visita alla sua pianta d’arancio, unica in Europa , ed impartiva precisi ordini al giardiniere per farla curare meglio nella difesa dalle intemperie , dagli insetti nocivi e da tutto quello che avrebbe potuto danneggiarla ; insomma , per dirla breve , l’arancio era il coccolato tra tutte le piante del giardino di corte .
Nella corte del re il salone del trono aveva cinque grandi balconi che affacciavano sul guardino reale dove , in un angolo , faceva bella mostra l’arancio che , al tempo dei fiori , emanava , per un lungo raggio , un non comune profumo e , di conseguenza , intensamente profumava tutta la sala del trono , dove i diplomatici e le dame di corte contenevano nelle giornate di udienza , di solennità nazionali e di grandi eventi.
I gentiluomini e le gentildonne che mettevano piede nella sala del trono, Annusando il delicatissimo e grato profumo, chiedevano alla servitù la fonte di tale odore inebriante e, così, venivano a conoscenza della pianta d’arancio del re. Molti si permisero di chiedere al re il permesso di cogliere alcuni fiori dall’arancio per farne un filtro e giammai ottennero l’autorizzazione, anzi, per tali richieste , il re diede ordine al giardiniere di corte ed altre tre guardie del palazzo reale di vigilare e di giorno e di notte affinché nessuno osasse cogliere dall’arancio nemmeno una foglia.
Ai suoi dinieghi di cogliere fiori o foglie, il re aggiungeva che, egli, paragonava il suo arancio ad una bellissima fanciulla, e come tale questa non doveva essere assolutamente deturpata. Prendere dalla pianta un fiore o una foglia era come amputare alla bellezza della fanciulla una parte del suo armonioso corpo, cosa questa che avrebbe menomata la di lei bellezza.

CAPITOLO 2
In un periodo invernale, poi, l’arancio, finalmente, diede i suoi primi frutti che furono oggetto di grande curiosità per tutti i cortigiani di quella reggia che avevano seguito giorno per giorno, si può dire, la crescita dell’arancio. Tra le foglie verde-scuro dell’arancio si vedevano i primi pomi dorati delle arance che, mirabilmente, adornavano l’albero davano ad esso, se avesse avuto fili argentei, una grossolana copia dell’albero di Natala. Proprio nel tempo in cui la pianta d’arancio diede i suoi primi frutti, il re, durante una festa a corte per il suo fidanzamento volle offrire agli invitati, dopo un luculliano pranzo, i frutti del suo arancio. Gli invitati gustarono moltissimo il dolce frutto ed ebbero parole di lode per il sovrano che era stato capace di Ottenere, ottimamente, dalla sua pianta d’arancio frutti così gustosissimi ed introvabili in Europa. Tra gli invitati c’era anche l’ambasciatore francese alla corte spagnola, il quale, già entusiasta per il profumo dei fiori d’arancio, fu spinto dal forte desiderio, dopo aver assaporato un’arancia, ad avere ad ogni costo un ramo di quella pianta sperando di farlo radicare, poi, nel terreno del suo giardino in Francia. L’ambasciatore, dopo aver pensato e ripensato per diversi giorni sul come doveva fare per procurarsi un ramo da quell’arancio, venne alla conclusione di parlarne al giardiniere di corte con l’offerta, ad impresa effettuata, di mille monete d’oro.

CAPITOLO 3
Alcuni giorni dopo aver preso la decisione di corrompere il giardiniere, il diplomatico, bussò all’abitazione di questo ultimo che, da un pò di tempo, era alla soluzione di un problema che lo angustiava: come procurare la dote alla figlia prossima a sposare un operaio. La proposta dell’ambasciatore francese trovò, dopo ore di titubanza, terreno favorevole nella mente del giardiniere che, nonostante la fedeltà assoluta verso il suo re,
vide nelle mille monete d’oro la sua salvezza in un momento così bisognoso per sua figlia e, per tale bisogno, promise al diplomatico di accontentarlo. Dopo pochi giorni, il giardiniere, approfittando di una momentanea assenza della guardia di turno al giardino, fattosi coraggio, in una notte non stellata e guardandosi bene attorno per essere certo di non essere osservato, tagliò, tremando, un ramo dello arancio e, immediatamente, lo portò all’ambasciatore francese. Il diplomatico, da più giorni, era in ansia per la riuscita della delicatissima operazione ed ora, nel vedersi finalmente appagato in un desiderio che da molto tempo aveva nel cuore, consegnò al giardiniere, in segno di riconoscenza, le pattuite mille monete d’oro.

CAPITOLO 4
Ma, mentre il giardiniere infedele, intento a recidere un ramo all’arancio, credeva di non essere visto da nessuno… Un cameriere di corte, assegnato a spegnere i lumi del palazzo, vide tutta la scena da un balcone quasi celato da un rampicante. La mattina seguente il cameriere di corte, a malincuore ed emozionatissimo per la cattiva nuova da dare al re, informò il suo sovrano dell’accaduto. Il re, saputa la brutta notizia, barcollò su sè stesso e portandosi una mano alla fronte, disse al cameriere:
-Che dici mai!-
-Sì, maestà; è proprio vero!- aggiunse il cameriere.
Poco dopo il re mandò a chiamare il vecchio ed, ora, infedele giardiniere pensando quale terribile ed esemplare punizione gli doveva dare per aver trasgredito i suoi ordini verso l’arancio. Il sovrano era fortemente in collera ed attendeva, ora, il giardiniere passeggiando su e giù per il salone del trono.

CAPITOLO 5
Quattro guardie reali, su ordine del re, andarono a prelevare il giardiniere che, fu portato alla presenza del sovrano. Il re, pieno di collera, rivoltosi al giardiniere gli disse:
-Servo ingrato, che cosa ti ha spinto a trasgredire ai miei ordini?-E continuando:-
Sai che ti aspetta una severa condanna?-
A queste parole il giardiniere, piangendo, cadde in ginocchio davanti al sovrano e così cominciò a parlare:
-Maestà, giustamente, sono meritevole, come già avete detto, di una severa condanna. Ho trasgredito ai vostri ordini e devo pagare! Sono pentito di quello che ho fatto, ma, credetemi, Sire, è stata l’unica soluzione per avere dei soldi che mi erano indisponesabili per fare sposare la mia unica figlia che l’ho cresciuta senza mamma, con, privazioni e sacrifici. Sì, o mio re, mia moglie morì appena mia figlia venne al mondo! Mia figlia, dicevo, o mio re, è prossima alle nozze con un onesto operaio… per sposarlo occorrono tante cose che la mia tasca non era in grado di affrontare. La proposta che mi ha fatto un gentiluomo della vostra corte ha trovato in me il consenso perché attraversavo un momento criticissimo e così per necessità a fin di bene, o mio sovrano, sono venuto meno al mio dovere!

CAPITOLO 6
Le parole di discolpa del giardiniere finirono ed il re, grattandosi il mento con l’indice della mano destra, passeggiare in largo davanti al trono mentre il giardiniere, affiancato dalle guardie reali, era in attesa della sua condanna. I momenti d’attesa si susseguirono in un silenzio sepolcrale che aumentava ancora di più i battiti del cuore del vecchio giardiniere per la vergogna di trovarsi in quella situazione e gli sembrava che attorno tutto gli fosse sospeso. In quel silenzio, all’improvviso, il maggiordomo di corte annunziò: – Maestà, l’ambasciatore francese chiede urgentemente udienza a causa dell’arancio e del giardiniere.- Il sovrano capì subito che l’ambasciatore era stato la causa dell’infedeltà del giardiniere e lodò, in cuor suo, il diplomatico perché, presentandosi al suo cospetto; aveva dimostrato di non essere un vile.

-Introducete l’ambasciatore- disse il re e, appena lo vide avvicinare a se, aggiunse:
– Anche voi mi volete parlare dello arancio?- e continuando: – In quanto il giardiniere eccolo qua.-
L’ambasciatore francese, inchinandosi e scappellandosi dinanzi al sovrano, disse: -Maestà, la mancanza che ha commesso il vostro giardiniere la dovete attribuire soltanto a me. Io, infatti, per ottenere in qualunque modo un ramo del vostro arancio ho corrotto il vostro servo che non voleva disubbidirvi, ma dietro mie insistenze con monete d’oro, il buon uomo, dovendo affrontare lo sposalizio di sua figlia onesta e laboriosa, si è lasciato tentare perché era pressato dal bisogno; così il vostro sempre onesto giardiniere è caduto nell’infedeltà verso di Voi.- L’ambasciatore, continuando, così concluse: Questa è la verità Sire, e per tale ragione, sono qui. Sono qui per espiare la colpa che ha commesso il vostro servo!-

CAPITOLO 7
Il re rimase alcuni minuti pensoso e, poi, rivoltosi al giardiniere disse: -Quale punizione vi posso infliggere sapendo, ora, che la felicità di una brava ragazza dipende dalle mie parole? Il mio cuore mi dice di non darvi alcuna punizione ! però ordino a voi, ambasciatore, di essere il padrino della ragazza che va a nozze ed al mio vecchio giardiniere dò il permesso di prendere dall’arancio dei fiori, farne un serto e, con questo, ornare i capelli della sposa perché, ella, deve la sua felicità ai fiori d’arancio!-
Il giardiniere di corte e l’ambasciatore francese, commossi, si abbracciarono e si baciarono dicendo: – Viva il nostro re, viva il nostro re, viva il nostro re!…-
Il sovrano, felice anche lui di aver contribuito alla felicità della sposa, disse: -Andate, andate col mio perdono e con i miei augurii per la sposa!-
…………………………e, da allora, le spose andarono all’altare adorne di fiori d’arancio.

FINE

 


 

La trilogia della donna

1961
Un bambino un giorno era seduto a tavola con i genitori, quando all’improvviso vide il padre alzarsi e picchiare furiosamente la madre. La donna sapeva di aver sbagliato, ed inerme attendeva la fine della sua punizione. Quando il padre uscì per tornare a lavoro, il bimbo chiese timidamente alla madre cosa fosse accaduto. La casalinga rispose al piccolo che aveva messo troppo sale nel piatto del marito, così facendo aveva rovinato il pasto dell’uomo, che ora doveva tornare a lavoro con lo stomaco vuoto.

1991
Ora quel bambino è cresciuto, ha trovato un lavoro, si è sposato ed è padre. Anche sua moglie lavora, ma riesce a trovare il tempo per prendersi cura della casa. Un giorno a tavola il padre inizia ad arrabbiarsi con la moglie, lamentandosi del piatto troppo salato. La donna mortificata cercò di rimediare, ma il marito, nervoso, si alzò e tornò a lavoro. Il figlio una volta calmatesi le acque chiese alla padre perché piangeva, La donna lo baciò sulla fronte, e gli disse che il padre non sapeva cucinare perché nessuno glielo aveva mai insegnato, e dunque si aspettava che lei fosse sempre impeccabile; ma lei tornando stanca da lavoro e non riusciva sempre ad accontentarlo.

2021
Da quel giorno il bambino decise che avrebbe imparato a cucinare, così da aiutare la mamma e non far arrabbiare più il papà.
Ora è sposato ed ha una bellissima bambina. Purtroppo non ha trovato lavoro come cuoco, ma fa il casalingo e fa trovare sempre pronto da mangiare alla figlia e alla moglie, la quale torna distrutta da ore e ore in reparto per combattere una fottuta pandemia.
La donna un giorno torna a casa e vede la figlia davanti al computer intenta a seguire le videolezioni, ed il marito impegnato a scolare la pasta. D’un tratto si accorge che la tavola è vuota. Silenziosamente apre il mobile ed inizia ad apparecchiare, il marito sott’occhio la vide e sorrise.
Ora sono a tavola e mangiano felici, il padre guardò il sorriso della figlia e pensò: -Sii la persona che vorresti tua figlia frequentasse-