Il ponte sul fiume
Passa lento il tempo
tra i sassi levigati
dall’acqua …
che dal monte proviene
trascinando in effluvi
i profumi.
Da sempre ha segnato
la via tra anfratti
baciando le sponde
e fresca scivolare
frizzante.
Il ponte di legno
corroso sospira …
unisce il destino,
il traguardo
e nel fiume ascoltando
il friabile suono
si specchia.
Il vecchio arco tarlato
diviene leggero,
sogna con l’arcobaleno
le attese.
Svelti passi l’attraversano,
ampi mantelli l’avvolgono
in varie stagioni.
Passa lento il tempo
tra i sassi levigati
dall’acqua …
e presto,
come tutte le cose,
anche il ponte
scomparirà.
Settembre
Gli arsi scogli lì fermi e rugosi,
sotto il cielo d’estate,
racchiudono negli anfratti
le orme di sale,
l’odore del mare.
Leggero si fa tra le nuvole
il sole in orbite lontane …
Transumano gli ovini
dalle piane di viti
da poco recisi
alle vicine erbose colline.
Si sente il vento
farfugliare tra le secche foglie
una canzone eterna:
“Settembre! lasciami
che respiri gli ultimi
profumi imprigionati
tra le cose,
liberare nei dì a venire
gli effluvi del mosto,
contare i baci del sole
sempre più tenui
sul mio cammino!
Lasciami non solo
a cantare questa canzone!
Lasciami fischiettare le note,
guardare almeno
per un’altra volta
il volto del tempo
passato nell’arsura,
osservare poco a poco
il triste bianco viso della luna”.
Sospiri della notte
Ombre e tenui luci s’alternano
lungo la via al margine del paese …
Tutto sembra nell’assopimento
fermo nell’oscurità,
e le stelle, affisse nell’immaginario,
lontano indicano l’immenso.
Chini sulle zolle dormono i girasoli,
il monotono canto del cuculo
viene distolto dalle cicale
che di Cupido colgono l’amore
nell’eterna musica di sospiri.
Tra i rami protesi all’universo,
argentei raggi di luna fendono
l’attesa.
La lettura viene sospesa;
lo sguardo si ferma al cheto mare,
all’improvviso silenzio.
La tiepida terra assorbe le memorie,
lenta s’avvolge nel manto stellato;
tra un verso e l’altro d’eterna poesia.
I sogni galoppano su vie irrazionali;
tra i bagliori delle stelle.
Sensazione
Le umide foglie
vibrano al vento,
deboli cadono
assecondando gli umori.
Un tenue chiarore riflette
colori campestri
sui tetti e le mura.
Il verde argenteo,
da calma
riaccende la vita
nascosta in natura.
Lontano …
si dipinge l’aurora,
si condensa la vita:
s’odono voci, canti
nel vicino paese.
Le nuvole
presto si dissolvono
in inusuali forme
nell’attimo che va via.
Il presente irripetibile
dimora nella mente,
emoziona
con il saluto delle ombre.
Rosa gemma d’amore
Dalla delicata concentricità
dei petali trae la perfezione,
l’equilibrio della natura,
la fragile perfezione.
La bellezza protetta da spine,
la clorofilla delle piccole foglie
proteggono la vita,
l’essere divino racchiuso in un fiore.
Dal profumo si sente
l’odore del paradiso
vellutato al tatto delle dita,
profondo ed intenso,
sconosciuto alle povere cose.
Preziosa creazione,
bella e sensibile dolcezza
di una rosa.
Rosa dai petali rosa,
tenero bocciolo,
gentil omaggio d’amore;
tappeto di petali d’oro
nella via che porta alla pace.
Rosa dai petali rosa,
universo di bellezza
nel giardino dell’Eden;
regina al castello dell’anima,
frutto d’arte e memoria
coronato da spine;
dolce, soave fiore
fragile al vento,
forte agli umori,
amore eterno e puro
di una rosa dai petali rosa.
Aforisma
Un solo semplice tratto di penna
su d’un qualsiasi foglio
può rimanere eterno;
l’incerta mano segna
i tratti della sua anima …
Gli stilizzati disegni
preistorici su intonaci
o pietre levigate,
le indecifrabili parole,
le enigmatiche figure,
i tenui colori d’acquarello,
che postumi dettano
la loro immortalità,
sono indelebili,
si ripropongono nell’inconscio
dell’arte, della scienza
del linguaggio.
È l’opera che,
dettata dalla mente,
suggerita dallo sguardo,
dalla luce,
dall’ombre di sempre,
vive nel presente;
figlia di un semplice tratto
di penna,
è irripetibile!
Pellegrini
Vagano nell’umida sabbia
le orme e scompaiono nel nulla …
tracce di storia emergono dall’onde;
cocci d’antichi ricordi.
Bianca bambagia in spuma
tra le rocce s’addensa e poi …
si disintegra nel peregrino vento.
Bianche nuvole anch’esse
si diluiscono nell’immenso
azzurro etereo e si dipingono
in forme strane o conosciute.
Così vagano nell’irripetibile
momento i pellegrini voli,
la voce, lo sguardo,
gli umori di quei passi.
Amore primordiale
Silenzio pomeridiano assoluto …
senza voci né campane.
Fuori non più il paese,
solo l’anima sul tranquillo mare.
Fra le imposte socchiuse
una minuscola nube mutevole
prima come un veliero,
poi come mongolfiera,
poi come volto di vecchio,
poi come ballerina,
pian piano eterea si allontana.
Desiderio di giocare con l’aria,
correre su quell’estuario deserto,
seguire le orme dei gabbiani …
e sulla rena assolata,
come su d’un bel corpo di seta
nel suo tepore carnale,
cullarsi al leggero vento,
alla stanchezza del meriggio.
La cristallina calda rena
sfugge fra le dita …
Schiudendo gli occhi al cielo,
l’inconscio si veste di luce,
dell’azzurro manto,
incendiandosi in un gran fuoco.
La voce della madre terra
Questo nostro azzurro mondo,
antico e fruttuoso Eden,
si ribella all’opera dell’uomo
egoista nel guadagno,
irrispettoso nell’eccessiva economia,
nello sfruttamento delle risorse,
nel prevaricare gli equilibri della natura.
Non è la ricchezza o la proprietà il fine,
siamo tutti emigranti, naufraghi
nell’immenso confine dell’universo.
Il mondo rivendica la sua origine,
la legge del rispetto, della famiglia,
la differenza delle specie
e tutto ciò che gli appartiene.
La sua ribellione è contro ogni guerra,
ogni sopruso, le illegali sovranità.
Ogni popolo ascolti la voce della madre terra,
innalzi i canto di fratellanza
nell’agognato unico abbraccio
del fruttuoso amore.
Sogno svanito
Fili d’erba deboli al vento
curvi sotto la pioggia
fragili al calpestio
improvviso
d’umane orme.
Estensioni di spighe dorate
tremule e fruttuose
ai tenui raggi
di fili d’argento
che governano
muovono
le marionette
vestite di foglie.
Spaventapasseri
inanimati
sotto un cielo lunare …
Gratuito sorriso
ingenuo offerto
tra le nuvole
che svaniscono.
Sogno nelle vie di quiete
e inesistenti
tra gli irti nudi rami
sottili inerpicati
a chiedere il domani
sotto un cielo di cristallo.
Una musica si leva
a cancellar la polvere,
a navigar con le parole
su versi iridescenti
nell’orbita segnata
dal canto di poeta.
Akagras
Phoenix turbinosa e altera
aleggia dal colle al mare …
Antiche voci si compongono in coro
dalle svettanti colonne
al suon del vento.
Dagli anfratti e dalle dune
Dèdalo ha perso le sue piume.
Al vibrar d’archi e dolce canto
si dissolvono le setose nuvole
con il leggero planante volo
in acceso tramonto che dall’acque sale.
Luci perenni, sfreccianti dall’ onde,
s’incuneano tra le pietre
e le verdi chiome di secolari ulivi.
Dipinte dagli Dei son le stelle,
le vie del destino …
Soave musica s’eleva d’incanto tra i templi
incutendo solitario timore nell’uomo,
nell’arte, nella magica atmosfera.
Dèdalo ancor si nasconde tra le maestose mura
contemplando di Giunone l’austera bellezza,
d’Ercole la gagliardia, la fierezza.
Il Fato ha disciolto coi raggi del sole
le orme di Icaro sulla dorata spiaggia …
così , si cullano i sogni nello spazio divino
con le voci della rigogliosa Natura.
Quando da poco è cessata la pioggia
e il sole appare nel rugiadoso cielo
un ponte d’eterna bellezza è Iris,
che passa tra terra e cielo.
Finita da poco la tempesta, Giove,
dall’alto dell’Olimpo,
udite le preghiere dei naviganti,
che volgono al cielo ambo le palme,
comanda a Càstore e Pollùce:
“Dall’abisso del mar voi traete le navi
coi naviganti quando credon già sicura la morte!”
Subito allora si placano i venti,
improvvisa giunge la bonaccia sul mare
e di qua, di là tutte le nubi si sperdono
tra gli arcani templi e i rigogliosi rami.
Giovinetta!
Dallo sguardo profondo,
dai sottili neri capelli!
Conosci il tuo passato?
Dell’antico respiro ti nutri.
Le tue leggiadre membra,
le tue setose movenze
prendono vita
dall’arte marmorea.
Giovinetta!
Il tuo sorriso vermiglio
è il sole della tua terra.
Gli sguardi di pietra,
da millenni, lì immoti
ti guardano …
ti guidano all’eterno amore.
Non c’è mare più fecondo di storia,
non c’è profumo d’alghe e di vita
come le acque di cui ti bagni.
Donna!
Porti nel grembo il sigillo del Dio
che volle di te il tempio della bellezza.
Ellade è la tua dimora?
Da sempre bella, mediterranea,
non fuggire …!!
Rimani sempre tra noi
perché linfa di cultura.
Cammina con lo sguardo altero,
guidaci nelle maree, nei soliloqui,
nei sogni, nelle vie tortuose.
Giovinetta!
Dal modellato viso!
Specchiati ancora nelle azzurre acque,
cullati al canto degli avi,
raccogli i teneri fiori;
offrili al futuro della tua terra.
La trama del tempo
Tessevano eleganti fili d’oro,
cucivano pagliuzze e perle
su tagli si seta …
le sottili dita suonavano
note eleganti di vita
su tasti d’avorio.
Allegra melodia più volte sentita,
appena accennata
negli intervalli di tempo.
Le giovani dita ornate d’anelli
disegnavano gentil grazia,
parlavano al suono della voce.
I fili di seta tessuti nel tempo,
le perle e pagliuzze seminate
negli anni
hanno consumato le dita,
anche la voce è tremula,
indecisa alle note del piano
che suona la stessa canzone.
Libenti animo
Adorno di fiori aveva il capo,
gli occhi smaglianti di luce,
le giovani membra armoniose
al passo leggero …
Crispia Salvia accoglieva felice
tra le candide braccia
Iulius Demetrius, amato sposo.
Ogni dì gioiva del tenero amore;
di tal gaudio n’era contento Giove,
che sul lembo sottile di terra
sparse gialli semi di fiori e grano.
Sembrò che il sole dimorasse
a Lilybeo in tutte le stagioni
e che il vento fosse sempre furioso
ad accarezzar le limpide onde.
Crispia Salvia, donna devota,
accudiva al suo uomo,
di tenerezza e profumi
empiva la dimora; melograni,
preziose gemme, succosi frutti
imbandivano l’elegante mensa.
A far festa giungevano i commensali
brindando col prezioso nettare
al loro prezioso amore …
Qual simile bellezza poteva prender
sembianze se non il pavone?
Di piume avevano adorne le chiome
le fanciulle in cherubine danze,
di leggero tùlle il corpo;
anche il cielo sulle dorate zolle
avvolgeva di note eteree e vaganti
il loro animum libentem.
Presto un doloroso destino rapì la bella Salvia,
come un reciso fiore, dal suo amato.
Iulius non volle che il tutto finisse
colla morte, all’Eterno volse lo sguardo …
Non poteva simile amore scomparire
dalla pur triste terra, così nel suo grembo
adagiò le ancora giovani membra;
d’ogni cosa cara a ricordo decorò
le tufacee mura, rapì al tempo
con soffio di pittura le gaie mense,
i baci e le tenere carezze.
Fioriscono le gialle gemme
sulle secche zolle; la pioggia, il vento
levigano le dure pietre ma
non il loro animum libentem.
Itaca !
Volti scolpiti dal vento
nell’arenaria roccia
parlano dei secoli,
della loro storia,
parlano tra i dirupi
e il volo delle aquile.
Il canto giunge a poppa
tra le vele e il mare …
Sull’umida riva
è la libertà …
Il pallido cielo avvolge le stelle.
Il dardo argenteo di Giove
delimita il confine
tra il nido delle aquile
e il rasente volo
sulla spuma dell’onde.
Libertà …
libertà per trovare un altro mare,
per tenere le briglie
dei bianchi cavalli di Achille.
Libertà delle gocce brillanti
in note rasenti sulla sponda.
L’approdo di speranza
ritorna in musica dall’onde
al canto dei gabbiani
tra le irte sconosciute rocce
sulla dorata infuocata rena.
In lotta, Scilla e Cariddi
abitano i purpurei fondali.
Itaca !
Ulivi, rondini al volo,
canti millenari di Sirene;
sicana bellezza
d’amore sconosciuto
ripetuto dall’eco
tra gli anfratti e il colle
nel cielo al tramonto.
Itaca è lontana!
La fragile bellezza
La fragile bellezza
nell’attimo di un sorriso,
nella luce degli occhi,
negli eterei colori del cielo,
nel volo della libellula,
nel profumo di una rosa,
nel dolce sincero amore
racchiuso nell’ambra dell’essere,
nel luccichio delle punte di un diamante,
nella semplice delicata cornice
del giovane volto,
è tutto!
È tutto … nella breve vita,
simile a un soffio,
a un riflusso dell’onda,
ad una tempesta,
a un tuono.
È poco dinanzi all’eternità,
ma quel poco basta,
perché …
perché la fragile bellezza
è luce eterna tra le splendide comete,
tra gli abissi inesplorati,
tra le gemme di grano baciate dal sole,
perché c’è il pane della vita,
il lievito dell’amore
che sempre sgorgherà,
annienterà il male.
I semi tra le pieghe dell’arida terra,
le rughe della vecchiaia,
sono la storia, il lavoro,
il sapore del miele
nella perenne musica del vento,
e l’aurora, fragile bellezza,
sorgerà diversa
ma pur sempre bella.
L’erede dell’Eden
Fermo da secoli dove è nato
parla l’albero con le tenere foglie
baciate dal sole e dalle stelle.
Parla al vento della sua primitiva storia
aggrappato al suolo dei boschi, delle vie,
tra le case arroccate sui monti; sognando …
La candida neve si posa sui rami
vestendoli di bianchi merletti,
il tutto si compie nell’armonia del creato,
nel corso mutato del tempo.
Nell’equilibrio tra gravità e cielo,
le radici trattengono il suolo,
si nutre dell’humus, si veste di germogli.
L’albero comunica con la spessa corteccia,
trasmette la sua millenaria poesia.
I cerchi concentrici dei suoi anni
s’espandono dall’interno dell’anima;
s’ascolta la sua voce con il fruscio delle fronde.
Protende e cerca l’altro con i sottili rami
dritti verso le tempeste della vita,
contorti e spogli nel gelido inverno.
Con la chioma fiorita dice ch’è primavera,
interroga d’incanto gli astri e le stagioni,
all’unisono con le voci dei vicini,
ponendo i semi e le radici
nell’arida terra.
Fragile, solido, altero e bello
vive sulle strade che non portano all’Eden.
Luna rossa
È sincronia di colori e luci
negli abissi del mare
tra coralli e madrepore.
Il sole rosso
tramonta all’orizzonte
annunciando le serene ore della sera.
Il tempo non ha tempo all’infinito.
La terra, con i suoi umori,
copre il sole.
Su, tra le poche nuvole,
appare la luna
con il suo inusuale volto rosso.
Giocando a nascondino,
sorride al mondo
nell’equilibrio di ellissi
e soffuse dipinte aurore.
La luna rossa si specchia
sulla morbida marea,
e pian piano,
nell’eterno gioco,
mostra il suo originario volto
ai velieri, alle vie,
alle ore della notte.
Parla figlio della mia storia!
parla della tua ai tuoi figli.
Nulla è nascosto tra le parole,
i versi si snodano come le note al vento.
I confini non fanno resistenza all’amore,
che puro rinfranca come il calore del sole il futuro.
Nella nebbia della mente umana s’insidia l’odio,
fratelli contro fratelli.
Da Ovest ad Est del mondo
s’odono gli squilli guerrieri di tromba,
le bandiere sventolano; sono ferme alle idee …
Urla la pace che viene nel silenzio del cuore!
Urla dinanzi allo specchio ciò che vedi in te
di misterioso e divino!
Perché come le foglie d’autunno:
i tuoi giorni bruni sono scritti nel diario;
parla della tua gente, delle lune passate,
di chi non ce più.
Guarda i colori delle aurore,
le forme delle nuvole sulle cime di monti
all’orizzonte ove il sole tramonta.
Dinanzi all’eterno, le ore, i giorni
sono imprigionati nella clessidra
di fragile vetro;
i granelli di sabbia son più numerosi del tempo.
Scorre limpida la marea sotto le luci della luna,
lenta corrode le rocce;
nulla è più potente della forza delle onde,
così è ancor più potente lo sguardo d’amore
che come dardo irrompe nei cuori
dell’amata, degli amici
sciogliendo il ghiaccio dei sordi potenti.
Allora grida al nemico, sussurra al vicino
il comandamento:
“ Ἐντολὴν καινὴν δίδωμι ὑμῖν,
ἵνα ἀγαπᾶτε ἀλλήλους,
καθὼς ἠγάπησα ὑμᾶς ἵνα καὶ ὑμεῖς ἀγαπᾶτε ἀλλήλους” (1)
- « Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. » Vangelo di Luca 13,34
Serena
Ti specchi al caldo vento
nelle trasparenti acque
della laguna,
bella e sola
ai mutevoli accesi tramonti,
sogni serena il tuo passato.
Mothia!
Coronata d’abeti,
porgi le aculei agavi,
i salubri odori,
i saporiti frutti,
i cocci del passato
d’ammaliante ninfa.
Serena, apri le tue porte
ai vorticosi voli,
ai passanti,
alle vele,
ai sospiri …
Nel cothon serbi le memorie,
vestita d’alabastro
ti bagni nel salmastro mare
ove irruenti battaglie
ruppero le tue mura.
Le placide onde accarezzano
le tue rive, le tue vie
e serena guardi la libertà
in libere ali bianche;
tra le nuvole
assapori gli sguardi
e i baci dorati nel profumo
di macchia e sale.