Giovanni Teresi - Poesie

Il ponte sul fiume

 

Passa lento il tempo

tra i sassi levigati

dall’acqua …

che dal monte proviene

trascinando in effluvi

i profumi.

Da sempre ha segnato

la via tra anfratti

baciando le sponde

e fresca scivolare

frizzante.

Il ponte di legno

corroso sospira …

unisce il destino,

il traguardo

e nel fiume ascoltando

il friabile suono

si specchia.

Il vecchio arco tarlato

diviene leggero,

sogna con l’arcobaleno

le attese.

Svelti passi l’attraversano,

ampi mantelli l’avvolgono

in varie stagioni.

Passa lento il tempo

tra i sassi levigati

dall’acqua …

e presto,

come tutte le cose,

anche il ponte

scomparirà.



Settembre

 

Gli arsi scogli lì fermi e rugosi,

sotto il cielo d’estate,

racchiudono negli anfratti

le orme di sale,

l’odore del mare.

Leggero si fa tra le nuvole

il sole in orbite lontane …

Transumano gli ovini

dalle piane di viti

da poco recisi

alle vicine erbose colline.

Si sente il vento

farfugliare tra le secche foglie

una canzone eterna:

“Settembre! lasciami

che respiri gli ultimi

profumi imprigionati

tra le cose,

liberare nei dì a venire

gli effluvi del mosto,

contare i baci del sole

sempre più tenui

sul mio cammino!

Lasciami non solo

a cantare questa canzone!

Lasciami fischiettare le note,

guardare almeno

per un’altra volta

il volto del tempo

passato nell’arsura,

osservare poco a poco

il triste bianco viso della luna”.



Sospiri della notte

 

Ombre e tenui luci s’alternano

lungo la via al margine del paese …

Tutto sembra nell’assopimento

fermo nell’oscurità,

e le stelle, affisse nell’immaginario,

lontano indicano l’immenso.

Chini sulle zolle dormono i girasoli,

il monotono canto del cuculo

viene distolto dalle cicale

che di Cupido colgono l’amore

nell’eterna musica di sospiri.

Tra i rami protesi all’universo,

argentei raggi di luna fendono

l’attesa.

La lettura viene sospesa;

lo sguardo si ferma al cheto mare,

all’improvviso silenzio.

La tiepida terra assorbe le memorie,

lenta s’avvolge nel manto stellato;

tra un verso e l’altro d’eterna poesia.

I sogni galoppano su vie irrazionali;

tra i bagliori delle stelle.


 

Sensazione

 

Le umide foglie

vibrano al vento,

deboli cadono

assecondando gli umori.

Un tenue chiarore riflette

colori campestri

sui tetti e le mura.

Il verde argenteo,

da calma

riaccende la vita

nascosta in natura.

Lontano …

si dipinge l’aurora,

si condensa la vita:

s’odono voci, canti

nel vicino paese.

Le nuvole

presto si dissolvono

in inusuali forme

nell’attimo che va via.

Il presente irripetibile

dimora nella mente,

emoziona

con il saluto delle ombre.


 

Rosa gemma d’amore

 

Dalla delicata concentricità

dei petali trae la perfezione,

l’equilibrio della natura,

la fragile perfezione.

La bellezza protetta da spine,

la clorofilla delle piccole foglie

proteggono la vita,

l’essere divino racchiuso in un fiore.

Dal  profumo si sente

l’odore del paradiso

vellutato al tatto delle dita,

profondo ed intenso,

sconosciuto alle povere cose.

Preziosa creazione,

bella e sensibile dolcezza

di una rosa.

Rosa dai petali rosa,

tenero bocciolo,

gentil omaggio d’amore;

tappeto di petali d’oro

nella via che porta alla pace.

Rosa dai petali rosa,

universo di bellezza

nel giardino dell’Eden;

regina al castello dell’anima,

frutto d’arte e memoria

coronato da spine;

dolce, soave fiore

fragile al vento,

forte agli umori,

amore eterno e puro

di una rosa dai petali rosa.



Aforisma

 

Un solo semplice tratto di penna

su d’un qualsiasi foglio

può rimanere eterno;

l’incerta mano segna

i tratti della sua anima …

Gli stilizzati disegni

preistorici su intonaci

o pietre levigate,

le indecifrabili parole,

le enigmatiche figure,

i tenui colori d’acquarello,

che postumi dettano

la loro immortalità,

sono indelebili,

si ripropongono nell’inconscio

dell’arte, della scienza

del linguaggio.

È l’opera che,

dettata dalla mente,

suggerita dallo sguardo,

dalla luce,

dall’ombre di sempre,

vive nel presente;

figlia di un semplice tratto

di penna,

è irripetibile!



Pellegrini

 

Vagano nell’umida sabbia

le orme e scompaiono nel nulla …

tracce di storia emergono dall’onde;

cocci d’antichi ricordi.

Bianca bambagia in spuma

tra le rocce s’addensa e poi …

si disintegra nel peregrino vento.

Bianche nuvole anch’esse

si diluiscono nell’immenso

azzurro etereo e si dipingono

in forme strane o conosciute.

Così vagano nell’irripetibile

momento i pellegrini voli,

la voce, lo sguardo,

gli umori di quei passi.



Amore primordiale

 

Silenzio pomeridiano assoluto …

senza voci né campane.

Fuori non più il paese,

solo l’anima sul tranquillo mare.

Fra le imposte socchiuse

una minuscola nube mutevole

prima come un veliero,

poi come mongolfiera,

poi come volto di vecchio,

poi come ballerina,

pian piano eterea si allontana.

Desiderio di giocare con l’aria,

correre su quell’estuario deserto,

seguire le orme dei gabbiani …

e sulla rena assolata,

come su d’un bel corpo di seta

nel suo tepore carnale,

cullarsi al leggero vento,

alla stanchezza del meriggio.

La cristallina calda rena

sfugge fra le dita …

Schiudendo gli occhi al cielo,

l’inconscio si veste di luce,

dell’azzurro manto,

incendiandosi in un gran fuoco.



La voce della madre terra

 

Questo nostro azzurro mondo,

antico e fruttuoso Eden,

si ribella all’opera dell’uomo

egoista nel guadagno,

irrispettoso nell’eccessiva economia,

nello sfruttamento delle risorse,

nel prevaricare gli equilibri della natura.

Non è la ricchezza o la proprietà il fine,

siamo tutti emigranti, naufraghi

nell’immenso confine dell’universo.

Il mondo rivendica la sua origine,

la legge del rispetto, della famiglia,

la differenza delle specie

e tutto ciò che gli appartiene.

La sua ribellione è contro ogni guerra,

ogni sopruso, le illegali sovranità.

Ogni popolo ascolti la voce della madre terra,

innalzi i canto di fratellanza

nell’agognato unico abbraccio

del fruttuoso amore.



Sogno svanito

 

Fili d’erba deboli al vento

curvi sotto la pioggia

fragili al calpestio

improvviso

d’umane orme.

Estensioni di spighe dorate

tremule e fruttuose

ai tenui raggi

di fili d’argento

che governano

muovono

le marionette

vestite di foglie.

Spaventapasseri

inanimati

sotto un cielo lunare …

Gratuito sorriso

ingenuo offerto

tra le nuvole

che svaniscono.

Sogno nelle vie di quiete

e inesistenti

tra gli irti nudi rami

sottili inerpicati

a chiedere il domani

sotto un cielo di cristallo.

Una musica si leva

a cancellar la polvere,

a navigar con le parole

su versi iridescenti

nell’orbita segnata

dal canto di poeta.


 

Akagras

 

Phoenix turbinosa e altera

aleggia dal colle al mare …

Antiche voci si compongono in coro

dalle svettanti colonne

al suon del vento.

Dagli anfratti e dalle dune

Dèdalo ha perso le sue piume.

Al vibrar d’archi e dolce canto

si dissolvono le setose nuvole

con il leggero planante volo

in acceso tramonto che dall’acque sale.

Luci perenni, sfreccianti dall’ onde,

s’incuneano tra le pietre

e le verdi chiome di secolari ulivi.

Dipinte dagli Dei son le stelle,

le vie del destino …

Soave musica s’eleva d’incanto tra i templi

incutendo solitario timore nell’uomo,

nell’arte, nella magica atmosfera.

Dèdalo ancor si nasconde tra le maestose mura

contemplando di Giunone l’austera bellezza,

d’Ercole la gagliardia, la fierezza.

Il Fato ha disciolto coi raggi del sole

le orme  di Icaro sulla dorata spiaggia …

così , si cullano i sogni nello spazio divino

con le voci della rigogliosa Natura.

Quando da poco è cessata la pioggia

e il sole appare nel rugiadoso cielo

un ponte d’eterna bellezza è Iris,

che passa tra terra e cielo.

Finita da poco la tempesta, Giove,

dall’alto dell’Olimpo,

udite le preghiere dei naviganti,

che volgono al cielo ambo le palme,

comanda a Càstore e Pollùce:

“Dall’abisso del mar voi traete le navi

coi naviganti quando credon già sicura la morte!”

Subito allora si placano i venti,

improvvisa giunge la bonaccia sul mare

e di qua, di là tutte le nubi si sperdono

tra gli arcani templi e i rigogliosi rami.


 

Giovinetta!

 

Dallo sguardo profondo,

dai sottili neri capelli!

Conosci il tuo passato?

Dell’antico respiro ti nutri.

Le tue leggiadre membra,

le tue setose movenze

prendono vita

dall’arte marmorea.

Giovinetta!

Il tuo sorriso vermiglio

è il sole della tua terra.

Gli sguardi di pietra,

da millenni, lì immoti

ti guardano …

ti guidano all’eterno amore.

Non c’è mare più fecondo di storia,

non c’è profumo d’alghe e di vita

come le acque di cui ti bagni.

Donna!

Porti nel grembo il sigillo del Dio

che volle di te il tempio della bellezza.

Ellade è la tua dimora?

Da sempre bella, mediterranea,

non fuggire …!!

Rimani sempre tra noi

perché linfa di cultura.

Cammina con lo sguardo altero,

guidaci nelle maree, nei soliloqui,

nei sogni, nelle vie tortuose.

Giovinetta!

Dal modellato viso!

Specchiati ancora nelle azzurre acque,

cullati al canto degli avi,

raccogli i teneri fiori;

offrili al futuro della tua terra.


 

La trama del tempo

 

Tessevano eleganti fili d’oro,

cucivano pagliuzze e perle

su tagli si seta …

le sottili dita suonavano

note eleganti di vita

su tasti d’avorio.

Allegra melodia più volte sentita,

appena accennata

negli intervalli di tempo.

Le giovani dita ornate d’anelli

disegnavano gentil grazia,

parlavano al suono della voce.

I fili di seta tessuti nel tempo,

le perle e pagliuzze seminate

negli anni

hanno consumato le dita,

anche la voce è tremula,

indecisa alle note del piano

che suona la stessa canzone.



Libenti animo

 

Adorno di fiori aveva il capo,

gli occhi smaglianti di luce,

le giovani membra armoniose

al passo leggero …

Crispia Salvia accoglieva felice

tra le candide braccia

Iulius Demetrius, amato sposo.

Ogni dì gioiva del tenero amore;

di tal gaudio n’era contento Giove,

che sul lembo sottile di terra

sparse gialli semi di fiori e grano.

Sembrò che il sole dimorasse

a Lilybeo in tutte le stagioni

e che il vento fosse sempre furioso

ad accarezzar le limpide onde.

Crispia Salvia, donna devota,

accudiva al suo uomo,

di tenerezza e profumi

empiva la dimora; melograni,

preziose gemme, succosi frutti

imbandivano l’elegante mensa.

A far festa giungevano i commensali

brindando col prezioso nettare

al loro prezioso amore …

Qual simile bellezza poteva prender

sembianze se non il pavone?

Di piume avevano adorne le chiome

le fanciulle in cherubine danze,

di leggero tùlle il corpo;

anche il cielo sulle dorate zolle

avvolgeva di note eteree e vaganti

il loro animum libentem.

Presto un doloroso destino rapì la bella Salvia,

come un reciso fiore, dal suo amato.

Iulius non volle che il tutto finisse

colla morte, all’Eterno volse lo sguardo …

Non poteva simile amore scomparire

dalla pur triste terra, così nel suo grembo

adagiò le ancora giovani membra;

d’ogni cosa cara a ricordo decorò

le tufacee mura, rapì al tempo

con soffio di pittura le gaie mense,

i baci e le tenere carezze.

Fioriscono le gialle gemme

sulle secche zolle; la pioggia, il vento

levigano le dure pietre ma

non il loro animum libentem.


 

Itaca !

 

Volti scolpiti dal vento

nell’arenaria roccia

parlano dei secoli,

della loro storia,

parlano tra i dirupi

e il volo delle aquile.

Il canto giunge a poppa

tra le vele e il mare …

 

Sull’umida riva

è la libertà …

Il pallido cielo avvolge le stelle.

Il dardo argenteo di Giove

delimita il confine

tra il nido delle aquile

e il rasente volo

sulla spuma dell’onde.

Libertà …

libertà per trovare un altro mare,

per tenere le briglie

dei bianchi cavalli di Achille.

Libertà delle gocce brillanti

in note rasenti sulla sponda.

 

L’approdo di speranza

ritorna in musica dall’onde

al canto dei gabbiani

tra le irte sconosciute rocce

sulla dorata infuocata rena.

In lotta, Scilla e Cariddi

abitano i purpurei fondali.

Itaca !

Ulivi, rondini al volo,

canti millenari di Sirene;

sicana bellezza

d’amore sconosciuto

ripetuto dall’eco

tra gli anfratti e il colle

nel cielo al tramonto.

Itaca è lontana!



La fragile bellezza

 

La fragile bellezza

nell’attimo di un sorriso,

nella luce degli occhi,

negli eterei colori del cielo,

nel volo della libellula,

nel profumo di una rosa,

nel dolce sincero amore

racchiuso nell’ambra dell’essere,

nel luccichio delle punte di un diamante,

nella semplice delicata cornice

del giovane volto,

è tutto!

È tutto … nella breve vita,

simile a un soffio,

a un riflusso dell’onda,

ad una tempesta,

a un tuono.

È poco dinanzi all’eternità,

ma quel poco basta,

perché …

perché  la fragile bellezza

è luce eterna tra le splendide comete,

tra gli abissi inesplorati,

tra le gemme di grano baciate dal sole,

perché c’è il pane della vita,

il lievito dell’amore

che sempre sgorgherà,

annienterà il male.

I semi tra le pieghe dell’arida terra,

le rughe della vecchiaia,

sono la storia, il lavoro,

il sapore del miele

nella perenne musica del vento,

e l’aurora, fragile bellezza,

sorgerà diversa

ma pur sempre bella.



L’erede dell’Eden

 

Fermo da secoli dove è nato

parla l’albero con le tenere foglie

baciate dal sole e dalle stelle.

Parla al vento della sua primitiva storia

aggrappato al suolo dei boschi, delle vie,

tra le case arroccate sui monti; sognando …

La candida neve si posa sui rami

vestendoli di bianchi merletti,

il tutto si compie nell’armonia del creato,

nel corso mutato del tempo.

Nell’equilibrio tra gravità e cielo,

le radici trattengono il suolo,

si nutre dell’humus, si veste di germogli.

L’albero comunica con la spessa corteccia,

trasmette la sua millenaria poesia.

I cerchi concentrici dei suoi anni

s’espandono dall’interno dell’anima;

s’ascolta la sua voce con il fruscio delle fronde.

Protende e cerca l’altro con i sottili rami

dritti verso le tempeste della vita,

contorti e spogli nel gelido inverno.

Con la chioma fiorita dice ch’è primavera,

interroga d’incanto gli astri e le stagioni,

all’unisono con le voci dei vicini,

ponendo i semi e le radici

nell’arida terra.

Fragile, solido, altero e bello

vive sulle strade che non portano all’Eden.

Luna rossa

 

È sincronia di colori e luci

negli abissi del mare

tra coralli e madrepore.

Il sole rosso

tramonta all’orizzonte

annunciando le serene ore della sera.

Il tempo non ha tempo all’infinito.

La terra, con i suoi umori,

copre il sole.

Su, tra le poche nuvole,

appare la luna

con il suo inusuale volto rosso.

Giocando a nascondino,

sorride al mondo

nell’equilibrio di ellissi

e soffuse dipinte aurore.

La luna rossa si specchia

sulla morbida marea,

e pian piano,

nell’eterno gioco,

mostra il suo originario volto

ai velieri, alle vie,

alle ore della notte.



Parla figlio della mia storia!

 

parla della tua ai tuoi figli.

Nulla è nascosto tra le parole,

i versi si snodano come le note al vento.

I confini non fanno resistenza all’amore,

che puro rinfranca come il calore del sole il futuro.

Nella nebbia della mente umana s’insidia l’odio,

fratelli contro fratelli.

Da Ovest ad Est del mondo

s’odono gli squilli guerrieri di tromba,

le bandiere sventolano; sono ferme alle idee …

Urla la pace che viene nel silenzio del cuore!

Urla dinanzi allo specchio ciò che vedi in te

di misterioso e divino!

Perché come le foglie d’autunno:

i tuoi giorni bruni sono scritti nel diario;

parla della tua gente, delle lune passate,

di chi non ce più.

Guarda i colori delle aurore,

le forme delle nuvole sulle cime di monti

all’orizzonte ove il sole tramonta.

Dinanzi all’eterno, le ore, i giorni

sono imprigionati nella clessidra

di fragile vetro;

i granelli di sabbia son più numerosi del tempo.

Scorre limpida la marea sotto le luci della luna,

lenta corrode le rocce;

nulla è più potente della forza delle onde,

così è ancor più potente lo sguardo d’amore

che come dardo irrompe nei cuori

dell’amata, degli amici

sciogliendo il ghiaccio dei sordi potenti.

Allora grida al nemico, sussurra al vicino

il comandamento:

“ Ἐντολὴν καινὴν δίδωμι ὑμῖν,

ἵνα ἀγαπᾶτε ἀλλήλους,

καθὼς ἠγάπησα ὑμᾶς ἵνα καὶ ὑμεῖς ἀγαπᾶτε ἀλλήλους”  (1)

  1. « Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. »   Vangelo di Luca 13,34

 

Serena

 

Ti specchi al caldo vento

nelle trasparenti acque

della laguna,

bella e sola

ai mutevoli accesi tramonti,

sogni serena il tuo passato.

Mothia!

Coronata d’abeti,

porgi le aculei agavi,

i salubri odori,

i saporiti frutti,

i cocci del passato

d’ammaliante ninfa.

Serena, apri le tue porte

ai vorticosi voli,

ai passanti,

alle vele,

ai sospiri …

Nel cothon serbi le memorie,

vestita d’alabastro

ti bagni nel salmastro mare

ove irruenti battaglie

ruppero le tue mura.

Le placide onde accarezzano

le tue rive, le tue vie

e serena guardi la libertà

in libere ali bianche;

tra le nuvole

assapori gli sguardi

e i baci dorati nel profumo

di macchia e sale.