*
Acqua scivolosa
su grotte basse
dove striminziti steli
dominano le vive pietre della cavità,
dove nefasti segni di lumi
accendono macchine paurose
nel terrore del fulmine,
che apre nuovi varchi sulla strada provinciale,
dove tutti accorrono sognanti a vagare nei lori soli
e a scoprire le loro spiagge,
mentre gocce di luce scivolano fuori da fasci animati
che sciolgono mani impigliate alle loro stesse dita;
e trovai querce fuori dai loro tronchi
che libere germogliavano in terre aspre,
rendendo dolci e morbidi i loro frutti.
*
Finalmente a
Piè pari.
Raggiunta la foce
Non vedo la forza,
togliendo i bivacchi
niente è normale.
Giulivo e spettrale,
Furtivo e frugale
Arrivo nei cuori
Riemergo dal naso.
Nell’occhio ti ho visto
Ho visto la fila,
Di immagini forti
Sul labbro pendente.
*
Flussi immediati colpiscono
Forze decadenti
Nel misero campo di grano.
Formulare fiori incestuosi
Per la continuità della specie.
Vermi occulti nel ramo d’acciaio
E palloni volanti nel cielo fantoccio.
Ma chi è?
Perché hai disturbato la mia quiete?
Perché hai svelato i miei viaggi latenti?
E quando finirà di girare,
questa enorme ruota panoramica?
IL VERSO.
In senso diverso
In cuore riverso,
che riaffiora nei versi
di sensibile penna…
DI-VERSO
nella notte sei arso
ma riscuoti lo sdegno
di un artefice verso
nello schermo riflesso…
RI-VERSO
Nei pianeti riemersi
Di un poetico verso
Nel patetico scoglio
Di un amante riemerso.
In versi da bere
In un calice perso,
in un cuore sospetto
di una vita di fonte.
Ma non toglierti l’ombra
Che ti crea un aspetto.
Non toglierti i versi
Che ti creano diversa
Ma riversa la penna
In un calice d’oro
Nella persa speranza,
Nell’inversa maniera
*
In un finto piovoso giorno d’aprile
Ricerco le carte giocando d’azzardo
Recante è la fine che vive sommersa
Nel cedere il passo alla vena fittizia;
sinuosa è la forza nel muscolo sobrio
morente è la vergine che suona sontuosa
ma resta vischiosa e sorprende le menti
i lamenti di cenere che restano accesi;
il cuore non piange la propria fattezza
nel sogno non vive la scaltra furbizia
ed è bello rientrare nel covo funesto
quand’esso risorge in un morbido crine;
la stolta amarezza rimane nel buio
vegliando le sorti dell’ultimo uomo,
crollando giocoso in un mare di tango
riemergo saccente e cruento dal fango …
*
Non credo nel puro,
non vedo la parte,
non nasco di nuovo,
non muovo montagne.
Non cresco dal vuoto,
non piango le morti,
non venero cristi,
non gioco d’azzardo.
Non voglio padroni
Ne caldi vacanze,
non voglio… Signori!
le rosse poltrone.
Ma solo dei fogli..
Dei fogli… in grandissime stanze.
Stanze vuote da riempire.
Stanze fredde da scaldare.
Stanze figlie dei miei gesti.
Stanze figlie dei miei suoni
Stanze figlie dei miei figli.
*
Personaggi stolti
Nell’assurdo teatro;
perché il costruire distrugge?
Perché la vecchiaia ti stupra?
E infiniti motori immobili
Rischiano infermità mentale
Che avvolgendo ingranaggi futili
Perdono il controllo e bucano marmi.
Viscide dita sfiorano le mie pupille
Costrette a schiudersi per non essere accecate
Dalle rotture della terra
Dalle macerie brucianti di mondi
Costruiti per essere distrutti.
*
Quel rosso rubino brillante d’un vino
Trabocca e ritocca l’amaro palato
Colora la mente truccando la vista
Colora la gente di sangue fumante.
Quel rosso rubino brillante d’un vino
Protrae e ritrae le azioni passate
D’un corpo gonfiato di crude passioni
Affogate in arterie violate e rinchiuse.
Ma il rosso rubino brillante d’un vino
Ricrea la forza d’un cieco superbo
Che ride di tutti sul punto di morte
e chiede al palato l’ennesi sorte.
*
Su foglie secche dormirei,
sognando il fuoco del piacere.
Su foglie secche morirei
Provando l’aspra delusione.
Su foglie secche guarirei
Restando all’ombra di un bastone.
Su foglie secche guarderei
Il sol levante e il suo calore.
Su verdi prati cercherei
Il giusto senso del sermone.
Su verdi prati crollerei
Lasciando tutto al cuore perso.
Su verdi prati leggerei
Il nome mio su qualche verso.
Su verdi prati brucerei
Nei vizi folli di un amplesso.
Riesco a crescer dal fango
Giocando a carte con la vita.
Riesco a rider del tuo rango
Che non ha certo via d’uscita.
Rimango spesso nei miei sogni
Rimango spesso nei miei suoni
Non cerco gioie ne dolori
Ma solo un atto di volontà.
*
Sul tuo verbo
Il lembo di un altare
Avvolto, ristretto, riverso.
Riverso nel limbo
Di un cielo tuonante,
Che stringe i suoi denti
Mordendo una chiglia.
Violento, sperduto
Seduto su un ramo
Riemerso, festoso
Nell’aria rossastra.
Portali ammiccanti
Nei vuoti statali,
Nei piccoli nani
La voce fa sangue.
Sul torpido campo
Il giudice dorme
Sognando il processo
In un cuore pompante.