Ilaria Ciaramidaro - Poesie

Attesa

 

Odore di muschio e terra bagnata.

La pioggia che batte sulla finestra.

La tisana calda che mi aspetta.

Ed è subito pace. Silenzio.

Attesa. 

Mi scappa un sorriso.

Fuori fa freddo.

Dentro un po’ meno.


Casa

 

Un desiderio costante alimentato

dall’immaginazione. Un pensiero

che mi tiene viva. Sveglia.

Dopo essere stata sopita per

troppo tempo.

Scivolo dentro questa emozione.

Mi lascio cullare dall’attesa che 

è essa stessa piacere e dannazione.

So che quelle mani sapranno

sorreggermi. Anche se non 

le ho mai sfiorate.

La luce trapela dalla finestra,

un tepore che prova a riscaldarmi.

Un bagliore che si insinua.

Mi sento a casa.

Sono io. Mischiata a lui.

E mi piaccio di più.


Dolore

 

Ho chiuso tutto nel bagagliaio.

Pensieri. Ricordi. Incubi. Sete e 

fallimenti.

Maledette abitudini che mi trascino

dietro.

Un fardello pesante, ingombrante.

Un enigma che che non risolvo

ma con il quale mi identifico.

Una prigione senza serratura.

Insoddisfatta e irrequieta perché non 

sempre il dolore mi fa compagnia.


Fumo e pensieri

 

Percepisco la mia anima contrarsi,

come un pugno

allo stomaco mi toglie il respiro.

Un groppo in gola che mi costringe

ad un respiro affannoso. Un pensiero

intimo e profondo, che aleggia su una

nuvola di fumo. Odora di tabacco alla

ciliegia. Si confonde. Mi confonde.

Le idee snaturate. Marcio ad un tempo

che non conosco. Scandito da ventate 

di tabacco. E’ il tempo dei miei pensieri.


Inverno

 

E’ inverno ma non sento freddo.

Ho imparato a coprirmi di pensieri, incubi,

ricordi ingialliti, sguardi fugaci.

Lacrime asciutte.

Il sole fa fatica a penetrare.

La luce è troppo debole.

Quasi quanto lo sono io.

Mi basta un solo istante.

Brevissimo. Intenso. Un suono strano

che lascia il segno. Mi scuote.

Rimetto tutto in discussione e ritrovo

quel disordine che detesto ma che mi

appartiene. Un inferno mai abbastanza

rovente. Fiamme sempre troppo basse.

Un silenzio assordante che riecheggia

per tutta la stanza. In tutta la mia vita.

E’ così. Se mai dovessi dimenticare quanto

ho sofferto, mi basterà guardare le mie cicatrici.

Tra corpo e cuore ho perso il conto.


Io in te. Tu in me.

 

Ho sentito il tuo odore,

lo riconoscerei tra mille.

E se chiudo gli occhi riesco

a sentire le tue mani.

E confondo la tua immagine

con la mia.

Come una persecuzione.

Una dolce tortura.

E respiro. Ma non basta.

Esco fuori. Ma non basta.

E’ una competizione

che perderemo entrambi.

Giochiamo sporco.

Senza limiti. Senza regole.

Una lotta senza esclusione 

di colpi in cui tutto è concesso,

tranne barare. E ci siamo avuti.

Senza possederci mai.

Io in te.

Tu in me.


La Sconosciuta

 

E’ un naufragio continuo.

Un andirivieni nauseante.

Una tempesta con il mare calmo.

Provo a riavvolgere la pellicola

sperando che farà meno male.

Onda dopo onda, senza sosta.

E’ un viaggio che non conosce fine.

Una traiettoria senza senso.

Una bussola senza il nord che punta

ovunque, quasi impazzita.

Nessun porto saprà accogliermi.

Un’anima senza dimora. Un corpo

alla mercé del miglior offerente.

Quella Sconosciuta li in fondo.

Tenta di nascondersi ma sappiamo

entrambe di essere l’una del destino

dell’altra.


A caccia di me stessa

 

Ridipingo sempre lo stesso

quadro. Le pennellate non

sono fluide come vorrei.

I giorni si sono spenti.

Le catene arrugginite.

Le forze esaurite.

L’alternativa compromessa.

Il pensiero indebolito, rifugiato

in un sonno profondamente

desiderato. Mi rigenero,

quasi rinvigorita, pronta a 

darmi la caccia. Non posso sfuggire.


Riavvolgere

 

Riavvolgo il nastro.

Fino al punto in cui fa

più male. Finché non

sento la gola stringersi.

Finché non soffoco.

Allora allento la presa.

Lentamente.

Alzo gli occhi al cielo quasi

come se non fosse accaduto

nulla. Quasi come se non fossi

io. Quasi come se fossi io.

Riavvolgo il nastro.

Fino a darmi una seconda

possibilità. Quella che mi

sono sempre negata.

Quella chance che non

merito.

Potrò mai perdonarmi?


Sfiorire

 

Ho visto molti occhi,

stretto molte mani,

baciato molte bocche.

Ho suggellato un patto e

dipanato i dubbi.

Mi sono affacciata a quella

finestra, proprio lì dove avevo

piantato i miei semi.

Proprio lì dove sapevo che

non sarebbe nato nessun fiore.

Ho ammirato il mio fallimento.

E’ scesa una lacrima e mi è

scappato un sorriso. Tutto

nuovamente infranto.

Soffoco.