Lina Anna Bertolino
Poesie
Immaginare un altro tempo
Immaginare un altro tempo,
interpretare in altro modo
l’esistenza, la mia vita.
Vivere senza pressioni.
Non un contrattempo
di una attesa indefinita.
Appendere l’impazienza al chiodo.
Guardarmi allo specchio
e piacermi lo stesso
nell’anagramma altalenante
dei chili persi e presi.
Rubare all’attimo l’eternità.
Essere tutto e niente,
silenzio e grido.
O un’ombra tra la gente.
Piangere di felicità.
Correre, correre in libertà
fin dove la linea dell’orizzonte
non è che una matita colorata
da prendere con la mano.
Padrona del mondo
o di un piccolo borgo
in fondo ad una cima,
perduto dentro gli occhi
di me ancora bambina.
La bellezza di un pianto di gioia
Forse non te l’ho mai detto,
o magari lo sai già.
Malgrado il mio fare diretto
e l’eccessiva spontaneità,
nell’essere stata spesso severa,
talvolta comprensiva
ma sempre sincera.
Ero quella che impediva.
A volte sbagliavo
e a volte era opportuno.
E ti volevo bravo
e ti volevo genio.
Ma dentro dentro
per me eri perfetto.
Ecco, te l’ho detto.
E come il sole,
che irrompe da una feritoia,
sei tu, mio grande amore.
Nella bellezza di un pianto di gioia,
che ha fatto di quello
il mio giorno migliore.
Meglio di com’era
Sarà che non dormo,
nemmeno la notte,
quando il pensiero
diventa preghiera.
Aspettando il tuo ritorno
il mio cuore ti inghiotte,
affamato, tutto intero.
E poi, arriverà la sera.
Stanchezza e dolcezza.
Eppure è meglio di com’era.
Perché rispondi
a ogni mia riflessione,
così, senza domande.
Solo la mia espressione.
Senza di te
non immagino futuro,
perché troppo è il passato,
vissuto, goduto.
Finirà che ci ameremo,
così come era cominciato,
e nulla andato perso.
Io, il tuo respiro
e tu, il mio universo.
L’imperfetto perfetto
Cerco di raggiungerti, come posso.
Sei qui, ma lontana sempre.
Senti il sole addosso
ma per te è ancora dicembre.
Il tuo dire promette
e non mantiene.
Le tue risorse neglette
non ti vogliono bene.
E così mi invento nuove misure
per arrivare a te, finalmente.
Ma più sono le premure
meno alleni la tua mente.
E riparli all’imperfetto
con le tue nostalgie,
come fosse stato un tempo perfetto.
Ma per me, nevralgie
che mi creano agitazione
che non devo manifestare.
Nel rispetto della tua stagione
e delle tue memorie care.
Annuisco mentre parli
E intanto vago per altri pensieri.
Esorcizzo col sorriso i tuoi tarli,
mentre un altro oggi diventa ieri.
La nuvola rosa
È all’alba che mi ritroverai,
dietro una nuvola rosa.
Lontana dai formicai
di una piazza rumorosa.
Dentro un flebile vento,
nel silenzio acceso
dopo un lume spento.
Sarò nel sogno sospeso,
tra la notte e i pensieri.
Non mi cercare altrimenti
né in altri sentieri.
E se piove e non mi senti,
per non doverti spaventare,
sentirai che ti scaldo
per poterti addormentare.
Un raggio di sole spavaldo
ti sveglierà di buon umore.
E sparirà quell’incertezza
che edificava il tuo timore.
Non baderai alla brezza
che soffierà dall’ignoto
spazzando l’aria afosa.
Starò a vegliare su te nel vuoto
di ogni alba,
sulla mia nuvola rosa.
Se riavvolgessi il nastro
Se riavvolgessi il nastro,
fin dove lo fermerei?
A prima del peggior disastro
o a prima di tutti gli errori miei?
Non si torna indietro. Mai.
Ma coglierei il meglio
anche da tutti i guai,
da ogni più piccolo sbaglio.
E cercherei di non sentirmi più così sciocca,
difendendomi dalle offese,
senza il timore che chiuse la bocca.
Tacendo, ne ho fatte le spese.
Riavvolgendo il nastro
della mia esistenza
seguirei il mio cuore,
probabilmente con più coscienza
e meno istinto.
Tuttavia, di quel che sono ora
mi sta bene e forse ho vinto.
Anche le sfide insolute.
E allora tutto ritrova l’incastro,
senza dover mutare le cose vissute.
E senza riavvolgere il nastro,
perché c’è sempre una ragione
per ogni esperienza.
Che sia soddisfazione,
che sia sofferenza.
‘Nzina* invidiosa
Ah come piace vivere la vita a ‘Nzina!
Così come le piacciono, però, le cose che non ha.
Disdetta, che sfiga, che iella caina!
Peccato che ignori la vera beltà.
Canuta ma nera, di viso e di cuore,
sarcastiche iridi verdi spiritate
indegne persino del loro colore
e un duro ghigno fra mascelle quadrate.
Non ti dirà mai “Complimenti!”
Mai sia! offenderebbe se stessa.
Settaria e supponente nei commenti,
crede di distinguersi in una ressa.
Ti guarda sdegnosa con aria arrogante
e incute timore la sua ribalderia.
Ignora che in fondo è persona fra tante
e il livore le arma la mano ria.
Giammai nessuno oserà darle un consiglio
che a demolirne gli effetti le basta un’occhiata.
Con lei un leone diventa un coniglio.
Se sai più di lei, per lei è una nerbata.
Per lei un sorriso è un lazzo mezzano,
il fare cortese uno sterile gesto.
Lei parla e si muove con fare spartano
e come carta ti straccia in un cesto.
Io che la ignoro e ne allontano la scia
germoglio in lei l’ostico tribolare.
Vorrei suggerirle, non senza ironia:
“Stolida ‘Nzina impara ad amare!”
*N’zina: Enzina
La mia amica aveva un sogno
La mia amica aveva un sogno nascosto:
un uomo, bimbi e voglia di dare.
Un sogno chiaro come un sole d’agosto.
Qualcosa ha inquinato il suo azzurro mare.
Lei, pesciolino di scogliera,
libero e guizzante non lo puoi catturare.
Qualcuno l’ha fatta prigioniera
e da lì non potè più scappare.
Pesciolino in bolla di cristallo,
dietro una finta trasparenza,
senza il chiarore di un sole giallo
tolse l’onore della sua presenza.
Tolse l’onore della sua presenza
senza lasciare il perché del suo tarlo,
che ne corrose del suo animo l’essenza
e senza nessuno per dirle: “non farlo”.
La mia amica ebbe un sogno d’amore
rosato come un’alba di settembre
che non trovò giorno nel suo chiarore
se non il buio degli occhi chiusi per sempre.
La filastrocca sciocca del salvadanaio di cartone
Linuccia pesò il suo salvadanaio
fatto di cartone color caffè.
Dall’inizio della scuola fino a gennaio,
chissà quanto denaro c’è?
I soldi per la ricreazione
ogni giorno risparmiati
erano, per sua intenzione,
per un paio di jeans firmati.
Beh, inverosimile, in verità,
secondo il prezzo.
Ma, andrà come andrà,
in bancarella, senza disprezzo.
Ma all’udire, un po’ accorato:
“O la dispensa o la bolletta”,
pietosamente trattenne il fiato.
Aprì il cassetto in tutta fretta,
seguendo il cuore senza un indugio.
Sfilò il salvadanaio dal suo rifugio
con la forbice per poterlo aprire.
E… sorpresa! Ben quindicimila lire!
E tutta contenta salvò
dispensa e bolletta.
Al suo jeans non ci pensò
in fondo basta una maglietta.
E con questa filastrocca,
che non è poi così sciocca,
si vuol solo fare omaggio
a una mite ragazzina,
che con grande animo saggio,
si sentì felice e un po’ eroina.
Rondinella
C’è una rondine che non migra.
Non può farlo, è troppo stanca,
non è colpa sua, non è che sia pigra,
è l’entusiasmo che ormai le manca.
‘Vola verso il sole, laggiù è primavera!
Perché lasciar partir le altre senza te.
Aspetti inerte che arrivi la tua sera.
Niente ti stupisce, né ti chiedi “perché”?’
Forse prevedi che, aspettando qui,
tra un anno tutto si rinnova…
“Sarebbe bello se fosse così!
Ma è proprio quella gioia che adesso non mi trova!”
C’è una rondinella che non vuol più partire
E guarda l’ultima sua compagna in fondo l’azzurra coltre.
Aspetta, si, paziente di morire
perché delle altre lei è arrivata oltre.