Lorena Simonini - Poesie e Racconti

Poesie d’amore o per un amore sognato

Ballare

Voglio ballare per te…
Voglio ridere per te …
Voglio essere leggera come una piuma per quando avrai le braccia stanche…
Voglio essere silenziosa per quando sarai stanco di tanti discorsi…
Voglio cullarti fra le mie braccia quando sarai malato e sofferente…
Voglio correre con te finché le gambe ce lo permetteranno…
Nuotare…
Giocare …
Ascoltare e osservare…
Finché non saremo più in grado di farlo perché la vita sarà al tramonto…
E quel tramonto lo guarderemo insieme.

 


 

Cercarmi

Cercami dentro il tuo sguardo…
Trovami..
Cercami ancora anche quando non mi senti…
Cercami dentro il buio di una fredda notte…
Cercami quando dentro una sera solitaria senti il peso della stanchezza…
Il peso della vita che a volte sembra insopportabile.
Mi immagino ogni secondo che passeremo insieme e mi ricordo ogni istante che abbiamo già vissuto insieme.
Ti prego quindi continua a cercarmi come stai facendo…
Io vivo di te….
Rimane il sapore delle tue labbra…
Rimane il contatto con le tue mani…
È un segno indelebile…
Non posso cancellarlo…
Ti cerco…
Tu così distante …
Tu così vicino…
Tu respiri e sei aria vitale per me…
Nel mio cuore c’è un tempesta…
Le tue dolci parole la calmano..
Dimmele ancora…
E non beffeggiarti di me e dei miei sogni..
Ne dei comportamenti da ragazzina…
Non lo sono più .
Sono la donna che ti ama.
“Non è il caso”
Non è il caso che alzi il tono della voce…
Non è il caso che ti scosti…
Non è il caso che mi lasci indietro…
lì sola sulla via…
Credi …
Non è il caso…
Capisco lo stesso…
Quando è il momento di non essere a mezzo.
Nei momenti bui cercherò altre luci …
Le luci di sicuri sentimenti che ho creato…
La mano di un figlio…
La carezza di una madre…
E quando rimarrò sola…
La mano di un angelo.

 


 

Abbracciami

Abbracciami ancora cosi amore…
Quando mi abbracci sembra che la tua anima si unisca alla mia…
Non lasciarmi mai andare…
Tienimi le mani…
Dolcemente cullami in quell’abbraccio…
Non è solo la tua pelle che voglio,
ma la tua presenza.
Ogni tuo pensiero sia mio e ogni mio sia tuo…
Ogni passo..
Ogni respiro…
Per camminare insieme in questa vita incerta…
Come facciamo quando camminiamo sul sentiero…
Nel tuo mondo ci sono io e nel mio ci sei tu.
Stanotte ho dormito nuda’…
Stanotte volevo mostrarti me stessa,
i miei difetti, in realtà volevo essere libera…
E poter ancor sentire le tue mani su di me…Poterti dire che questa sono io…Farti scoprire il mio io…Al di là di tutto…Fuggiamo amore …
Andiamo lontano…

 


 

Non esistono amori sbagliati

Esiste chi ama .
Esiste chi non ama.
Come esiste la notte e il giorno .
La luna e il sole.
Le stelle e i pianeti.
In mezzo c’è sempre qualcosa…
In mezzo al mondo e al non mondo, ci stiamo noi due ,che proviamo ad amarci.
Credo.
Forse… E cosi sussurrami…
Sussurrami quando piango…
Sussurrami quando rido…
Sempre…
In ogni istante sussurrami di noi…
Sussurrami che sono pazza…
Dimmi quali sono tutti i miei difetti…
Dimmi che va bene cosi…
Sfiorami di sussurri..
Sfiorami sui capelli …
Sui seni…
Sulle mani ,..il mondo non fa per noi sussurrami…
Andare avanti. Con i tuoi sussurri calma i battiti del mio cuore…
Una foto sbiadita…
Una pagina strappata…
Un messaggio non scritto…Una lacrima che riga il volto…
Una poesia d’amore …
Un gioco divertente fra ragazzini…
Una giornata di pioggia che si trasforma in un’altra giornata di sole…
E tu mi guardi e i tuoi occhi sorridono.
Lascia nei tuoi occhi quello che senti…
E io …
E tu….
Sopravvivremo a questo inferno…
Trasformandolo in un accettabile limbo
E poi rimetti le tue braccia intorno a me e abbracciami d’amore…

 


 

Esiste un mondo magico?

Ho ritrovato in soffitta un vecchio tappeto polveroso. Appena l’ho toccato…è successa una cosa meravigliosa. Un giorno non sapevo cosa fare e o deciso di andare in soffitta, dove so che ci sono tante cose vecchie che non usa più nessuno. Frugando nelle scatole o trovato un tappeto polveroso appena l’ho toccato sono caduta in un sonno profondo. Nel sogno il tappeto mi faceva da barca ed io galleggiavo su un fiume.
All’improvviso il tappeto si fermo e aprendosi magicamente mi ritrovai in mezzo a un bosco. Questo bosco era molto silenzioso, aveva tanti alberi alti e vecchi. Dal buco di un tronco spunto uno scoiattolo parlante con una nocciola in mano; mi disse di prenderla perché era come un telefono per le emergenze, in caso fossi stata in pericolo, poi lo scoiattolo scomparve. Io senti una voce che usciva dalla nocciola e diceva :<< non ti allontanare da qua >>.
Avevo un po’ paura e quindi mi sedetti vicino all’ albero.
Non avevo intenzione di muovermi. Senti un rumore provenire da un cespuglio credevo fosse un animaletto; invece vidi bimba molto colorata, sembrava avere le ali, o forse no.
Si avvicino e mi disse:<< sai di chi è questo tappeto? L’ho trovato vicino al fiume! >> io risposi :<< si è la mia barca:>> la bimba mi guardo un po’ confusa e mi chiese se la portavo con me. Cosi io e la bimba salimmo sul tappeto che galleggiando ci portò verso una grande scatola piena di caramelle. Avevamo molta fame cosi le mangiammo tutte. Ma improvvisamente la scatola si aprì e vedemmo lo scoiattolo che mi disse:<< Sei stata coraggiosa non hai usato il mio telefono !! io sono il guardiano del tappeto e quasi tutti usano il telefono per le emergenze e se ne vanno via e io rimango solo. Un tempo avevo un padrone che faceva giochi di magia un giorno durante uno spettacolo mi intrappolo nel tappeto magico che aveva; sono rimasto lì per tanto tempo perché nessuno si fermava nel bosco. Tu sei stata la prima!>> io gli risposi<< Sono contenta di averti liberato o trovato questa bimba nel bosco e lei potrà ora farti compagnia>>. Lo scoiattolo felice lasciò che il tappeto magico mi portasse a casa e lui rimase nel bosco con la bimba. La mamma mi svegliò che era quasi ora di cena e io stavo stringendo ancora il tappeto. Non era un sogno era una magia infatti fra le mani mi ritrovai il ciondolo della bambina fatata, sopra c’era scritto ricordati che tutte le volte che vuoi vedermi devi farmi andar avanti indietro per due volte e da lì potrai accedere al mio mondo.
E cosi feci…per molti, molti anni.

 


 

Sospiri

Ricordo di un sogno

Il vetro si appanna…
L’immagine pure…
Questo timido raggio di sole non basta…
Non lasciarmi la mano.
Ti voglio ogni attimo nella mia vita…
Non voglio un’ombra…Un sorriso.
La tua essenza fa parte di me.
Le parole che scivolano via non servono.
Parole di dolore…
parole d’amore.
Sono io che ti chiamo,
che aspetto un segno, che aspetto,
e aspetto…
L’amore irreale e surreale.
Il ricordo di un sogno, sognato…
L’inchiostro di un poeta amato.
L’altro è nulla.
La pioggia ha sciolto la pagina.

 


 

Fuggire

Andiamo lontano…
Ti prego partiamo …
Ti presi per mano…
Ti dissi ti amo…
Le tue mani scivolavano sui miei capelli di fata.
Era l’alba…
Un biglietto per due…
Un viaggio nell’infinito…
Un incontro inaspettato…
Ti guardo e capisco…
Nella mia mente solo di favole e sogni…
Ci sei tu e una casa strana…
Fatta di oggetti strani e d’amore.
Non dirmi di no!
È tardi usciamo o dormiamo?
Il sole è già alto…
Corriamo.
Dai tempo… la Luna verrà …
E ci ameremo.
Ancora.

 


 

Come una dea

Svegliata da un sogno…
Un incubo…
Rinata…
Ridestata…
Ideata…
Immolata…
Perché io da te…io di te…
Da una nebbia fitta di un mattino…
A un inaspettato risveglio, rispondo…
Di allori mi vesto…
ingioiellata,
adornata di fiori e di allori,
come una dea!
Di baci tenero amante di notte,
diavolo inappropriato di giorno…
Ti ostini e ostenti…
Non ti amo e non ti disprezzo…
Ricalcolami…
Ma non riciclami…
Ti guardo e mi chiedo…
Ti spoglio e mi rivesto…
Chiudo e riapro la porta.
Ignorami.

 


 

Cercando…

La casa era immersa nel buio…
La rendeva inospitale…
Un inferno…
Il sole non l’aveva mai sfiorata,
come a volte non sfiorava me…
Il gelo la pervadeva…
L’odore di muffa la penetrava …
Cercavo solo nel mondo, un posto dove riposare il mio corpo e il mio animo…
Dormire e sognare…
Sognare e immaginare…
Sognare tutto e niente…
“Si può?”
Mail Destino non mi lasciò entrare…
Il Destino beffardo stava a guardare dietro una porta nascosta.
“Non mi importa, arrivederci”
Salutai sbattendo la porta del “per Sempre “
Sola…

 


 

C’ è da fare

C ‘è una storia da scrivere,
e una da cancellare.
C’è una persona che aspetta
e una che se ne è appena andata…
C’è chi si appena alzato,
chi va a riposare,
chi canta…
chi parla, o sta zitto
o urla il suo dolore, ma non si sente…
Chi corre
chi cammina,
chi passeggia su sentieri pianeggianti
e chi è costretto a percorrere vie impraticabili.
Chi ride,
chi piange,
chi è stanco delle lacrime,
chi non le sa versare perché ha pianto troppo.
Chi dimentica,
chi ricorda,
chi perdona ma non dimentica…
Chi fa l’amore e non ama,
chi lo fa con amore,
chi fugge incapace di amare…
Chi ama a parole,
ma non lo sa’ dimostrare,
chi si getta nel fuoco per il suo amato.
Chi vive di sogni,
e di sogni muore,
di cento parole.

 


 

 Dolore

Un dolore e un dolore e basta…
nero e viola come corvo…veramente ti osserva.
Appollaiato il dolore ti aspetta…
Colpisce come un pugnale…
Rivale della vittima anzi quasi sempre vincitore.
Solo una delle due rose…
Fuori bellissime…
Dentro tristissime…
Fiori da un giorno…
Petali che cadono…
Speranze d’amore…l’intensa può farmi rinascere… vive, ma di una sola…

 


 

Maestra

Maestra di vita…
Maestra d’amore…
Maestra di giochi…
Consolatrice di cuori
Non solo cerotti e caramelle
Non solo oggetti per marachelle
Idee e grandi pensieri
Ideali e sempre più veri
Ti incontro per la strada e rivedo il tuo sorriso giovane che hai mantenuto
Anche se vecchia e curva ti appoggi alla vita che ormai ti sfugge
Ricordi la lavagna e le tante filastrocche, i disegni, le piccole operazioni,
le lacrime e le note,
i 10 e lode,
i sorrisi e le grida, le recite e le uscite…
ricordi…
Stringimi le mani maestra,
mi alzerò ancora in piedi quando ti vedo come usava una volta.
Grazie maestra.

 

 


 

La Rivoluzione dei sentimenti

Era un giorno come tanti altri Melina camminava insieme a suo figlio più piccolo e lo teneva per mano mentre gli altri erano già a scuola.
All’uscita dell’asilo si diressero al supermercato come al solito per fare la spesa;
ma Melina non stava affatto bene, aveva nausea e capogiri da tutta la mattina, poi aveva mangiato e sembrava essergli passato tutto ma ora vedendo un pezzo di carta sporca per terra gli era salito in conato, di vomito.
Il sospetto di essere di nuovo incinta la assalì.
Non era possibile.
Sarebbe stato un grosso problema, lui non l’amava più, tornava a casa a ore impossibile, stava via diceva per lavoro, ma lei aveva le prove del suo tradimento.
Lui era stato spesso violento con lei e la mortificava davanti alla gente in continuazione, soprattutto davanti agli amici, quando la incontravano le dava dell’incapace e della serva quando venivano a cena.
Dopo la spesa si era diretta dal meccanico per aggiustare la macchina che come al solito gli dava problemi.
Ora si era trovata a fissare insistentemente il meccanico nuovo assunto che armeggiava sotto l’auto, come se fosse stato un pezzo di formaggio, che a lei piaceva molto, era un uomo della sua età che aveva già visto, ma non si ricordava dove.
Le scappò una risata e si dovette girare dall’altra parte, lui arrossendo disse” mi scusi signora, ho fatto qualcosa di sbagliato, sa sono da poco qui, e non vorrei sbagliare niente, tengo molto a questo lavoro!”
“In giro non si trova molto e io devo pagare gli alimenti alla mia ex moglie, i miei genitori sono morti l’anno scorso in un incidente d’auto.”
“Figurati non è colpa tua mio figlio mi ha fatto il solletico non ti preoccupare, anzi ho visto che stai facendo del tuo meglio.”
Si ricordò che doveva passare dalla farmacia a comprare il test di gravidanza, augurandosi che fosse negativo.
Però quel ragazzo le piaceva veramente molto, era la prima volta dopo tanti anni che guardava un uomo che non fosse suo marito, aveva i muscoli al punto giusto, era castano/ biondo come piaceva a lei e aveva un bellissimo sguardo, anche se non si era soffermata a guardare il colore degli occhi.

Si immaginava su una spiaggia deserta con un costume ridotto un grande capello e lui che delicatamente le spalmava la crema in tutto il corpo, poi la baciava e ribaciava, ma il pianto di suo figlio fece ritornare alla realtà.
“E mai possibile che piangi sempre, su adesso la mamma vi compra le vostre caramelle preferite, anzi facciamo un patto andiamo in quel bellissimo posto con le palline, al patto che fai il bravo, cosi la mamma fa due telefonate”.
Melina voleva organizzare un evento con le sue amiche qualcosa di unico e speciale per l’arrivo dell’estate,
Ma il malessere che la assaliva da giorni non glielo permetteva.
Decise di telefonare a Paola la sua migliore amica per una chiacchierata.
“Dai Melina che aspetti a lasciargli il tuo numero…” “devi solo andarci a letto…niente altro!!”
“Lo sai che non sono fatta così, se non ci sono i sentimenti, se non c’è l’amore niente… e poi con Federico non abbiamo ancora rotto, è solo una situazione di stallo, vedrai dopo l’state tornerà tutto come prima.”
“Ah, davvero, e tutte le corna che ti ha messo dove le mettiamo, non vorrà mica dirmi che continui a scusarlo pensando che stia in ufficio o alla partita di carte, o in quel posto dove fanno i giochi di ruolo, anche al tennis forse?”
Melina voleva piangere, disperarsi, ma non poteva, aveva due figli piccoli e forse uno in arrivo, doveva reagire, decise di prendere appuntamento con un avvocato matrimonialista.
Ma quando alzò il ricevitore e iniziò a parlare, Federico entrò in casa, e sentì le prime parole, “mi scusi devo aver sbagliato numero…” Melina riattaccò, e si diresse verso la cucina per preparare la cena, Federico entrò e la spinse contro il lavandino, di marmo e la penetrò alzandole la gonna, “allora, un avvocato, a che ti serve? vuoi dei guai…” “lasciami mi fai male, stavo solo chiamando per una mia amica, hai presente Ester, sai quella che abitava di fronte, il marito la picchia, e lei…” Federico le tappo la bocca con un bacio violento poi la spinse ancora più forte contro il marmo e venne dentro di lei, “certo ma non sono affari tuoi, e a proposito come mai la cena non è ancora pronta, i ragazzi ti hanno fatto arrabbiare o è stato nostro figlio? Chiama tua madre, cosi tu avrai tempo di riposarti e potrai andare dal parrucchiere” e appoggiò una banconota da 100 euro sul tavolo.

Melina andò nel bagno e vomitò, poi attacco la lavatrice e preparò la cena, dette da mangiare ai bambini, stese il bucato e dopo cercò di ingoiare qualcosa anche lei, “tutto bene, cara? sei pallida. scusami per prima, ero eccitato e lo sai che sono anche molto geloso…ma se c’è qualcosa che non va devi dirmelo in fondo i problemi che abbiamo avuto di incomprensione sono risolvibili, tranquilla non me ne andrò di casa con nessun’altra, son tutte delle puttane, solo tu sei degna di essere mia.. mi fai impazzire…”
Si avvicinò a lei e la prese per i fianchi poi la appoggio sul tavolo le scostò le mutandine e iniziò a leccargliela delicatamente” no dai i ragazzi non dormono ancora, li senti stanno parlando dalla camera giungevano le voci e suoni di giochini elettronici “e dai baby rilassati mi piace vederti godere…” Melina non resistette a lungo, in un attimo ondate di piacere la fecero raggiungere l’orgasmo.
“Credo di essere incinta… “Melina lo disse tutto di un fiato “ho un ritardo di 7 giorni “
“Bene diventerò di nuovo padre, magari questa volta sarà un bel maschietto e le daremo il nome di mio padre…, anzi per questa volta il nome puoi sceglierlo tu basta che non gli metti nomi strani che poi sembrano usciti da una telenovela “posso uscire con le mie amiche una di queste sere? Certo che “no” i bambini a chi hai intenzioni di lasciarli tua madre non è ancora arrivata e la baby sitter costa troppo cara, dovrai aspettare che venga in su dal paese.
Ma Melina non aveva per niente voglia di festeggiare, si vedeva in gabbia, un altro figlio con un uomo che non la rispettava la tradiva e sperava che i regali e i soldi potessero coprire tutto non lo voleva.
Però pensò che mentre andava dal ginecologo poteva approfittare per parlare con uno psicologo che aveva lo studio lì vicino e cosi prese l’appuntamento.
Appena entrò si accorse che lo psicologo era il meccanico?!!!!!!!
“Mi scusi non ci siamo già visti all’officina?”
“No, forse si confonde con il mio fratello gemello, io mi chiamo Alan, mio fratello è Cristian”
“Signora è la prima volta che va in terapia, insomma lei non è mai stata da uno psicologo’”

“Non è l prima volta anche se mi ricordo che da ragazzina una volta mia madre mi ci porta perché piangevo sempre, e lei non riusciva a capire il perché, perché mi vedevo inadatta al mondo.”
“E ora come si vede? e per quale motivo è venuta’”
“Sono venuta perché mio marito mi tradisce e mi maltratta psicologicamente e voglio il divorzio”
È sicura signora di quello che sta dicendo sono accuse pesanti signora Fortis”.
Io sono sicurissima, però ho paura e non so cosa fare, sia per nostro figlio sia per gli altri due, ma non voglio trascorrere la vita con un uomo che mi tiene in gabbia”
Mi scusi a che età ha conosciuto suo marito?” a quindici anni” e a che età si è sposata “a vent’anni” certo capisco e ha mai pensato di andare da uno psichiatra …?”
“Perché lei non mi può aiutare?”
“Certo che posso prescriverle medicine o seguirla in struttura “
“Possiamo vederci un’altra volta devo scappare i bambini sono con una vicina e io…”
“Signora aspetti questo è il mio biglietto da visita.”
Lo fissai in effetti era proprio un bel uomo alto muscoloso sulla cinquantina fisico da sportivo, abbronzato.
Melina che ti sta succedendo pensai.
Mi catturava il suo sguardo era quello che mi aveva colpito la prima volta, un misto di timidezza, dolcezza, solitudine e ricerca di qualcosa che aveva perso.
Non facevo che pensare a lui.
Fortunatamente per me, il test che avevo fatto nella struttura asl era negativo.
Non ero incinta, ed ero felice perché a 45 anni mi sembrava quasi impossibile.
In fondo era nel mio carattere agitarmi per un ritardo.
Intanto che ero assorta nei miei pensieri, lui mi sorrise, e il mio cuore iniziò a battere all’ impazzata.
“Posso invitarti a prendere un caffè?”
“Sicuramente” pronunciai con voce titubante.

Quando ci sedemmo nel bar, iniziò a raccontarmi un pochino della sua vita, cominciai a capire quanto doveva aver sofferto e che la sua vita era stata complicata, come la mia se non di più.
Volevo curare il suo cuore, volevo guarirlo, ah maledizione…sempre lo spirito da crocerossina che viene in aiuto dei casi disperati.
lo desideravo però’ quando salii in macchina, combinai un casino, tirai il freno a mano invece di partire, così lui si mise a ridere, ci eravamo dati appuntamento per prendere un aperitivo e chiacchierare ancora un po’.
Quando camminavano nel bosco mano nella mano e sentivo che lui sorreggeva ogni mio passo, mi sembrava di sognare, “qualcuno che mi indicava la via”, sembrava dire il mio cuore, intanto chiacchieravamo del nostro amore per la natura e per la pace che si crea quando ascolti in silenzio certi rumori.
Certo le differenze di carattere c’erano lui cosi risoluto, determinato, ed io così’ sognatrice.
Lui mi parlava del suo passato, dei suoi lavori, tutti molto duri, io delle mie ansie e insicurezze e della mia vita scombinata.
Lui cercava sempre di farmi ridere con le sue battute, e strabuzzava gli occhi quando dicevo qualcosa di insensato.
Le giornate passavano…
Ed io Melina ora non sono più la signora Fortis.
Sono libera e ho un compagno stupendo che mi ama e mi rispetta.
Ricordiamoci donne che valiamo più di quel che pensiamo!!!

 


 

Cassandra non sono io, anche se mi ritrovo in lei, nelle azioni che compie nei gesti delle mani, nei movimenti delle labbra e spesso in alcuni riflessi dei capelli ramati – biondi.

Scendeva le scale del suo maniero quel giorno, vestita con un abito grigio e un abito nero.

Si recava alla chiesetta del villaggio vicino, per una messa in memoria del vecchio zio.

Nevicava appena, un leggero manto, ma già bastava per rendere il paesaggio ancora più

Tetro e inospitale di quanto fosse, eppure lei lo amava, quel piccolo paesino con il fiumiciattolo, il laghetto, poche case e la collina predominata dall’enorme casale che la bisnonna aveva voluto “affrescato e lussuoso”.

Gli stivali ormai sprofondavano nel fango e nella neve, quando arrivò nei pressi del fiume dove si ergeva un piccolo santuario dedicato alla vergine anche questo voluto dalla bisnonna Milady Rose Mary Wilson, vicino un po’ più distante la piccola cappella dedicata

a S. Francis dove si dicesse fosse nata la prima comunità abitante a Cornwell.

Cassandra era l’unica discendente di Wilson rimasta in vitae viveva da sola in quella grande dimora, con un maggiordomo, una cuoca e la sua segretaria, che però non erano sempre presenti.

Quando era via per lavoro, però la casa non era disabitata era controllata dal custode, che

abitava in una casa adiacente.

Cassandra si occupava di commercio di bestiame, cioè in particolare delle pelli pregiate di alcuni tipi di bestiame, che venivano poi affidate al suo atelier di alta moda, inoltre aveva sposato il vecchio barone Roger Waller, un eremita che viveva di caccia e pesca ma aveva ereditato una fortuna in oro dai genitori.

Tutto ciò gli permetteva di condurre lo stile di vita che teneva, soprattutto mantenere il casale, e i suoi piccoli vizi.

Per quanto riguarda il suo matrimonio, era una firma fatta per un vecchio accordo di pace fra le due vecchie famiglie, ma il vecchio Roger non aveva mai allungato le mani sulla bella Cassandra, e di rado si facevano vedere insieme, solo agli eventi mondani più importanti, che però il barone disdegnava, preferiva gite in barca e serata con amici a discutere di caccia.

La cerimonia in ricordo dello zio fu lunga e noiosa, Cassandra non ne poteva più, non vedeva l’ora di immergersi nella vasca da bagno con un bicchiere di Whisky, vecchia ricetta della zia Mary May, amica e consigliera della mamma sino alla sua morte.

Ma non si poteva sapere che da lì a poco la piccola Cassandra avrebbe incontrato un mare di problemi e di guai ma insieme con loro anche un giovane amore.

Il vecchio campanello della “Cioccolateria da Lora” suonò stridulo “Signora Bacchin? Lora?”, il bancone era vuoto nessun cioccolatino riempiva il bancone e nessuna macchina della cioccolata era in funzione dietro di esso, un rumore di passi al piano di sopra, però fece fermare Cassandra prima di girare la maniglia e andarsene, “È’ chiuso, Signorina Cassandra, io e mia figlia Lora stiamo per partire” disse la donna piccola e mal vestita che le stava di fronte” Lora ha deciso di accettare la proposta di matrimonio di Sir Montburorien in Scozia “e si soffiò malamente il naso con un fazzoletto ricamato impreziosito da merletti, “è un regalo del futuro sposo” disse riponendolo in tasca. In paese molti, avevano ancora il vizio di chiamarla Miss Cassandra e non Signora, perché sapevano che il suo matrimonio era un bluff.

“E della cioccolateria che ne sarà?” chiese Cassandra alzando le braccia “uff, più nulla”. “Uno dei posti che insieme al pub dà un po’ di vita a Cornwell, lei lo lascia cosi, come se non fosse mai esistito, le parole le morivano in bocca, le tremavano le labbra e i pomeriggi trascorsi con Emily la sua migliore amica e confidente a parlare dietro quei tazzoni allegri e fumanti “NO, signora, venderemo tutto al migliore offerente” disse.

“Vero! “disse Lora comparendo sulla porta con un abito sottile di pizzo rosa antico.

“Oh, per l’amor del cielo, Lora non mi dite che quello è il vostro suntuoso abito da sposa,

e che il vostro futuro marito non ha saputo fare di meglio! “e l’abbracciò.

Anche l’avvenente signorina scoppiò in una risata fragorosa, vedendo la faccia della Signorina Cassandra e si sciolse dicendo, ricordando il tempo in cui erano state vicine dopo la morte della mamma di Cassandra, “Oh, dai non fare la sciocca, il mio abito mi aspetta nella mia nuova dimora in Scozia e questo è uno dei tanti regali che mi recapita il mio fidanzato, e la cioccolateria se vuoi è tua”

“Come, ma io non ho tempo… ho troppo da fare in atelier!”

Non replicare i fogli sono già pronti, ma poi dovrai sbrigartela con la tua segretaria e i tuoi fidati collaboratori, noi scappiamo come due che hanno appena visto un fantasma” e indicò il nebbione fuori dalla finestra “La carrozza ci aspetta sul retro”

“Oh, sì fate bene amiche mie, non dimenticate, però, di comunicarmi la data delle nozze, voglio esserci anch’io, non mancherei per niente al mondo.”

Cassandra rinunciò di buon grado alla sua cioccolata e andò di passo lesto verso casa, anche se nella testa gli frullavano tanti pensieri e anche fra i capelli ambrati, ma quelli non erano pensieri era vento gelido, che infastidiva gli irlandesi.

Varcò l’uscio di casa, passò dalla cucina, una vecchia abitudine di famiglia, e si sentì al sicuro.

Una bella tazza di tè e un bagno caldo erano proprio quello che ci voleva,” Margaret, preparami subito la vasca, portami i miei appunti e il computer e i cellulari nel mio studio”.

“Ha chiamato qualcuno”? “Margaret rispose di no, che era tutto tranquillo.

“Ah, fammi trovare l’auto pronta per le diciotto ho un volo per le venti e non voglio perderlo”.  

“Ma dove sei stata? Con questo tempo!”

“Sono stata alla cioccolateria ma adesso non mi va di spiegarti, quando mi sarò sistemata, t’informerò sui dettagli”.

Cassandra faceva sempre così poi partiva per i suoi lunghi viaggi, intere settimane senza essere rintracciata, e quando tornava era già tutto sistemato o da lei o da chi si occupava dei suoi affari.

Giustappunto c’è da descrivere lo strambo ed enigmatico Mr. Siegfried, quasi insostituibile, che si occupava dei beni di famiglia e della loro amministrazione non solo,

anche delle entrate, e delle uscite, e della gestione dell’Atelier della signorina Cassandra.

In sostanza Cassandra viveva all’atelier 7/10 giorni su trenta, sufficienti con la sua maestria per farlo girare nel mercato, occupandosi di modelle, sfilate, contatti, stampa,

public relations. Poi tornava in quel paesino sperduto e freddo, dove stava tanto bene, dove era nata e cresciuta e ritrovava la sua stessa anima.

La sua tormentata anima, le sue notti insonni, le sue numerose sedute dallo psichiatra, suoi pochi ma buoni amici, i party dell’alta società, il suo finto matrimonio, e la sua amata solitudine.

Sì perché era quello che si sentiva una profonda dannata solitudine, ma a lei la solitudine piaceva, ora se ne stava nella vasca a fissare l’acqua, e le sue belle gambe rosee,

sentì bussare “Cassandra sbrigati o perderai l’aereo, ti ho già preparato tutto nello studio!”

Cassandra replicò “Io non ho mai perso un aereo, sono gli aerei che aspettano me!”

E allungò la mano, verso il piacere che non aveva mai provato con un uomo, ma spesso si dava da sola.

Quando terminò, era quasi compiaciuta.ma notò del sangue nella vasca e questo la preoccupò, l’ultima visita dal ginecologo era andata bene.

Svuotò la vasca di gran fretta, si vestì, e questa volta non si mise abiti chiari, che amava tanto, ma predilesse un tubino nero e un lunghissimo capotto di Valentino, e strillò “Margaret, Margaret portami un analgesico, e fai venire un taxi e di Emily di trovarsi già bordo ho delle cose private su quale discutere” “Si sente bene, e così pallida…”

Cassandra aprì il computer e mandò un’e-mail all’atelier, che spiegava che per motivi gravi di salute avrebbe dovuto rimandare il suo arrivo, e un’altra email al suo medico di fiducia per fissare una visita urgente, in ospedale, specificando che nei giorni seguenti lei avrebbe dovuto partecipare a riunioni, congressi e sfilate dove non poteva mancare.

Il taxi era in perfetto orario, Cassandra si strinse nel capotto doveva avere la febbre, raccontò a Emily qual era la sua idea poi la congedò a bordo sali il suo collaboratore,

Sir. Siegfried.

“Signorina lei non sta per niente bene, vuole che le chiami un medico” si schiari la voce indicando al taxi di procedere, “Non si preoccupi ho già appuntamento in ospedale, quando avrò finito, vi raggiungerò’, Emily si occuperà di sbrigare le prime cose urgenti e necessarie, nel frattempo arriverò”

Aveva forti dolori al basso ventre, come non aveva mai avuto.

Infiammazioni ovaie e tube gravissima con gravidanza extrauterina, era necessario, un ricovero.

“Ma Dottor Dune, le sto dicendo che non ho mai avuto rapporti con mio marito, con nessun altro uomo”

Ma proprio in quell’istante gli venne in mente quell’unica sera, il bel ragazzo del lago….

com’era possibile un ‘unica notte.

Cercò di calmarsi, intanto fu sedata e trasportata in sala operatoria.

Durante tutta l’operazione lei sognò, ricordò quello che accadde il giorno del loro incontro.

Doveva recarsi a un pic-nic organizzato da alcune vecchie signore dell’alta società, in un posto vicino al lago, denominato” riva segreta”, perché di solito li avvenivano incontri per trattative commerciali illecite o incontri fra amanti, invece deviò e portò il suo cavallo distante nella foresta.

Lì lo vide, era trafelato, intento a spaccare della legna, i suoi occhi chiari mandavano lampi

di luce, ogni volta che un pezzo di legna cadeva a terra, lui la raccoglieva e continuava incessante come una macchina, lei continuò a guardarlo nascosta dietro un albero, ma lui

se ne accorse “Miss!”.

Cassandra fuggì, col cuore che le martellava in gola, ma lui la raggiunse, lei scese da cavallo, erano così vicini e anche così lontani “Posso sapere il suo nome Miss?” Non mi è concesso?

Cassandra cercava di liberarsi da quella stretta ma sentiva che qualcosa era sbocciato in un solo secondo e che quella storia non sarebbe finita li. Si amarono sull’erba e poi anche dentro il casolare vicino al lago, dove probabilmente lui viveva, e la passione unita a parole dolci che Cassandra, non si era mai sentita dire, la trasportarono in un’altra realtà.

Quella notte dopo, l ‘operazione fu piena di voci e d’incubi, nel corridoio c ‘era qualcuno,

la testa gli faceva male, il corpo anche, non riusciva a mettere i piedi per terra, troppo debole, cercò di attraversare un pezzo di corridoio, ma una voce la raggiunse “Torni a letto

Signorina Cassandra” un uomo pieno di tatuaggi la fissava “Torni a letto signora Lorena”

la voce si fece più forte, allora capii avevo di nuovo dormito e scritto per chissà quanti giorni in quello stramaledetto ospedale, sedata dalle flebo e dalle medicine…che ero diventata Cassandra, certo ogni tanto nella mia lunga malattia diventavo per gioco qualcuno che non ero. Per esempio Mina, nel seguito di Dracula, quando vagava fra le tombe, e quei letti vi giuro sembravano tombe, tornai nel mio letto pieno di scartoffie e libri e anche colori, pastelli, e molti libricini di preghiere.

Il racconto deve avere una sua fine, e poi…

Cassandra era una donna determinata lo dimostrò, appena uscita dalla clinica. Tornata a star bene riprese in mano le redini della cioccolateria e dell’atelier e si trasferì a Londra con il suo giovane e nuovo amore, chiedendo un divorzio da un matrimonio che non era mai esistito.

Poco tempo dopo, nelle varie lettere, che gli mandavano le sue amiche Emily e Lora trovò,

l’invito a partecipare al battesimo della piccola Clarabella figlia di Lora, e anche un vecchio e bisunto invito forse risalente molto tempo prima a far visita a uno dei più importanti orfanotrofi ancora esistenti.

La gioia di aver un bambino per casa non tardò ad arrivare anche per loro, e tanti furono i pomeriggi e le merende passate in compagnia della famiglia di Lora e di Emily.

FINE.


Questa storia parla di cinque sorelle, ognuna con un particolare carattere, l’ho scritta, perché mi ricorda una storia che mi raccontava sempre mia sempre mia madre da bambina, “cinque in un baccello”. Se conoscete la fiaba in questione, noterete delle analogie e diversità.

 

Metà del Secolo.

Parigi.

Sotto il pergolato di una piccola casa sulla riva est della Senna, un gruppo numeroso di donne,

dai dieci ai cinquant’anni, discutevano animosamente, chi giocherellava con un ciuffo di capelli, chi

si divertiva a spazzolare i capelli di una bambola, la capotavola invece era intenta a sistemare un grosso vaso di coloratissimi fiori.

Si chiamava Martha Wide, era inglese, aveva tre figli maschi e una femmina, e aveva invitato le sue sorelle e alcune amiche con le loro bambine per il the.

Quello era un giorno speciale ma nessuno se ne era ricordato.

E già, oggi avrebbe varcato la soglia dei quaranta.

Alzando gli occhi vide la figlia dodicenne, alzarsi dalla sedia e correre verso il cancelletto sul viottolo….

Suo padre era rincasato.

Quella scena, gli fece venire in mente la sua fanciullezza e la sua estate in Scozia, e in particolare un giorno in cui un ospite di sua madre fece a lei e alle sue sorelle una domanda non insolita ma difficile per delle ragazzine, “Queste belle signorine, lo sanno cosa sognano o vogliono fare da grandi?”

Matilde ed Ester che erano le più grandi e tutti pensavano di essere di gusti uguali risposero in coro “Io vorrei fare la dottoressa e salvare tante vite umane “disse Matilde “Io invece farò l’attrice e diventerò ricca e famosa “ribatte Ester, Ricordò che la mamma aveva lodato Matilde e sgridato Ester, per la sua impertinenza e per il suo attaccamento al denaro, infatti la sorella nascondeva i soldi che il papà gli dava per le caramelle e li nascondeva nel materasso. E al solo pensiero gli scappò da ridere, ma il suo sguardo tornò triste.

La risposta di Lavinia, la mezzana delle più grandi, e da cinque anni non era più con loro, fu “io. Invece incontrerò Dio entrerò in convento, voglio dedicare la mia vita a questo.”

Poi fu la volta di Dorothy “Io farò la pittrice, i miei quadri saranno esposti, in tutto il mondo” e mostrò un quaderno di schizzi.

Arrivò finalmente il suo turno, all’epoca Martha aveva solo nove anni e rispose con fermezza “Io farò la mamma e accudirò ai miei figli, cucinerò e sbrigherò le faccende di casa”.

A quel punto sua madre gli si avvicinò e guardandola negli occhi disse” Te lo auguro con tutto il cuore mia bambina.

Le circostanze però non furono molto benigne, e le avversità più strane si abbatterono sulla sua famiglia.

La loro casa di campagna bruciò in un rogo, il padre perse il posto di lavoro e siccome a Londra erano in affitto e questo diventò presto troppo alto per loro, furono costretti a trasferirsi una casa umida e maleodorante.

Dopo poco Matilde intraprese gli studi di medicina, Ester parti con pochi spiccioli alla volta di Broadway, e Lavinia frequentava il collegio delle figlie della carità, in attesa di pronunciare i voti.

Di quel periodo Martha ricordava solo la lunga malattia della mammale lettere che gli scrivevano le sorelle da paesi lontani, e la morte improvvisa di suo padre.

Fu un periodo di grande dolore, lei voleva molto bene a suo padre e soffriva da non aver conforto dalle sorelle o dalla madre ormai gravemente malata.

In quel periodo così scuro conobbe Jonathan, un ragazzo più vecchio di lei, lei era al liceo, lui invece frequentava l’università, divenne il suo amico più caro e partecipò anche alle nozze di sua sorella Matilde che avvenerò poco dopo, c’erano tutti vestiti di tutto punto anche Lavinia arrivò con un permesso speciale dal convento. Ma la felicità per i festeggiamenti durò poco, la mamma morì pochi mesi dopo, Jonathan gli fece da spalla nel suo dolore e volle proporle il fidanzamento ufficiale, lei ovviamente accettò in mezzo a tanto dolore finalmente una gioia.

Le sue sorelle ripartirono con la promessa che si sarebbero riviste dopo poco, fissata la data delle nozze.

La cerimonia fu bellissima, Jonathan era benestante, i fiori, le luci, i volti delle sue sorelle che sorridevano e dopo si scatenavano in una Polka, erano sensazioni bellissime, anche la sera quando si coricò per la prima volta con suo marito …ma qualcosa riemerse dal suo passato.  

Cercò di distogliere il pensiero, di quelle mani che si avventavano su di lei, l’odore di pipa …e di chi gli aveva tolto l’ingenuità.

Dimenticò per un attimo e si concentrò sul respiro regolare e sul ritmo dei loro corpi, sui respiri, e sul loro appagamento.

Quelle belle immagini insieme alla cerimonia del suo matrimonio però, furono presto avvelenate da un altro periodo brutto della sua vita.

Si ricordò bene quel giorno, aveva appena appreso la notizia di aspettare un bambino, non ebbe nemmeno il tempo di dirlo a John, che la chiamarono dall’ospedale per avvisarla che sua sorella Lavinia stava male. I medici non sapevano come pronunciarsi, ma lei continuava a ripetere “Non è ancora venuto il mio momento, devo vedere, i miei nipoti, e voi pregate, pregate”

Rientrata a casa distrutta notò subito che il suo senso di fame era aumentato sproporzionatamente e anche il ventre rispetto all’epoca della gestazione, “forse erano gemelli?”, “Oddio chi l’avrebbe detto a Jonathan?”.

In fondo ripensandoci in famiglia nelle generazioni c’erano state coppie i gemelli, le scapò un sospiro, lei e suo marito avevano troppi problemi e pensieri per pensare a due piccoli, la casa, i documenti per l’eredità, tutto molto precario.

Ma i suoi pensieri furono presto interrotti dalla notizia che arrivò dall’ospedale, sua sorella Lavinia, stava per morire.

Il viso della sorella che sembrava dormire, le rimase impresso per anni, anche perché quando arrivò all’ospedale lei era già volata in celo e non aveva avuto neppure il tempo di salutarla e dirle quanto le voleva bene.

Matilde per il dolore perse il bambino e si ritirò dall’insegnamento e per il momento si trasferì a casa sua, la sua depressione sembrò peggiorare, beveva e si cacciava spesso nei guai, Ester che aveva preso in affitto l’appartamento di sopra d’altronde riempiva le serate di musica e amici della scuola di teatro.

Dorothy, della quale gli studi all‘accademia d’arte non andavano così bene, e i suoi quadri che recentemente aveva esposto in una galleria, non avevano colpito molto i visitatori.

Lei invece sembrava cavarsela egregiamente, allattando i suoi due figli maschi, e portando avanti la casa, un marito, e le sorelle a cui badare, non aveva mai il tempo di sentirsi stanca o arrabbiata.

Il periodo che ne seguì fu tranquillo.

Matilde era di nuovo incinta, e sembrava aver trovato delle amiche fra vecchie compagne d’infanzia, che la venivano a trovare spesso, Ester aveva incontrato un bravo ragazzo, Dorothy era riuscita a vendere molti quadri tramite un amico.

Quando nacque il bambino di Matilde sembrava presentare dei grossi problemi di salute, era fragile, ma con il passare del tempo, si rafforzò, gattonava già quando Ester, diede la notizia che avrebbe ottenuto una parte in una grande produzione Hollywoodiana, come protagonista, Dorothy aveva completato gli studi, e si era trasferita in un piccolissimo appartamento vicino alla galleria d’arte.

Passarono anni felici, quando il figlio di Matilde ebbe tre anni, il giorno di Natale lei si accorse di essere incinta, non sapeva come annunciarlo, ma la gioia era grande, ora tutto sembrava filare liscio, niente avrebbe turbato la loro felicità.

Ma quella notte avvenne, qualcosa di inaspettato, il figlio di Matilde morì, se ne andò via così senza un pianto, senza battere ciglio, nel suo lettino.

I funerali si celebrarono con gran riserbo, ma le sorelle erano talmente addolorate, che si chiusero, in casa per giorni, e Matilde nella sua camera.

Ester rinunciò alla sua parte e piena di debiti decise di sposare il ragazzo che aveva conosciuto alla scuola di attori che nel frattempo aveva ottenuto un posto come insegnante di recitazione, Dorothy suo malgrado, accetto un matrimonio di convenienza con un uomo più anziano che poteva mantenerla, lei e la sua passione per l’arte, Matilde aprì un centro per madri sole con l’aiuto delle suore dove aveva fatto il noviziato la loro defunta sorella.

Due anni dopo lei ebbe un altro figlio, questa volta una femmina.

Il tempo passò, le sorelle avevano tutte vite diverse, ma non piene come la sua, sempre a rincorrere ed educare figli, eppure si sentiva appagata, più delle altre che si lamentavano sempre della loro esistenza.

Quel giorno del suo quarantesimo compleanno lei non si aspettava tutto quel trambusto, una delle sue sorelle le disse “Ecco da parte nostra accetta questo regalo”.

Il biglietto diceva “Alla più cara delle persone, grazie per quello che hai fatto per noi, tutte sorelle e amiche”, tutte batterono le mani, dal pacchetto uscì un vestito bianco da neonata.

“Mamma che cosa significa?”

Marta Wilde si alzò e diede una pacca sulla spalla alla figlia “Vieni andiamo a dare la bella notizia a tuo padre, fra un po’ avrai di nuovo un po’ di compagnia in casa visto che i tuoi fratelli se ne sono andati e anche un bel da fare signorina.”

“OH, mamma, ci hai fatto tu un bellissimo regalo, sorrise la figlia, ma il marito che era appena entrato sentenziò “Non ti sembra di essere un po’ vecchia per dar alla luce un altro figlio?”

Ma poi tutti applaudirono di nuovo, ci furono risate e baci, e lei guardando le foto dei figli in fila sul caminetto pensò “Un giorno promisi a una vecchia signora, la mia mamma, di diventare una buona madre, mi sembra di aver fatto il mio dovere”.

E si accarezzò il ventre.


 “Sono diversa…”

 

C’era una volta una bambina che andava tutto il giorno sull’altalena.

Tutto sola se ne stava e nessuno la guardava…

In quel campetto abbandonato,

tornava a casa quasi notte…

ma quelle che le aspettavano non erano carezze ma botte.

Aveva paura di tante cose,

dell’oscurità che faceva paura,

del fischio del terno,

la frusta del circo che la terrorizzava.

Il rumore assordante del traffico spesso la paralizzava,

il temporale la fece sussultare e gli occhi della gente la facevano indietreggiare…

E ripeteva sempre sono diversa…

Al mattino andava a scuola e aveva paura dei compagni che le prendevano in giro e diceva io sono diversa diversa…

Al pomeriggio tornava a casa la mamma non c’era.

Non voleva stare con loro, voleva uscire nel mondo e diceva io sono diversa, diversa.

 

Quando tornava a casa trovava un orco con una barba lunga, due mani lunghe, che la tenevano immobile e lei gridava… io sono diversa…

Voleva volare su quell’altalena e quando fu grande ci prova accadde tante volte e ogni volte che ridevano diceva a loro sono diversa …

Un giorno la bambina si comprò un paio di scarpe rosse e disse ora camminerò con il colore del “coraggio” e volò per prati e boschi e sull’altalena e in nessun altro posto.

Non disse più sono diversa ma sono uguale agli altri, sono

Me stessa!


“Il Bacio nel bacio”

 

Ti amo e ti odio…

Ed uguale perché?

Ti amo e sogno….

Ed è uguale perché?

Ti volto le spalle,

ti volto la schiena.

Ti volto la vita…

volevo dirti che ci siamo inventati ma non ci siamo riusciti…


Un bacio nel bacio.

 

“La borsa di Mary Poppins”

Nella mia borsa trovi di tutto …

tarocchi, amuleti…

ciucci, caramelle, biglietti di andata e non ritorno…

bottiglie, specchi, diari di sogni…

trucchi di maschere…

chiavi e segreti…

Non trovi sentimenti…

Quelli li trovi nel mio cuore…

Buongiorno che sa di amaro…

Non è colpa del caffè’ che stai bevendo…

È sicuramente colpa della ferita che ti sei appena leccata …

Il sangue della vita è amaro…

Un dolore forse…

Un livido lasciato da qualcuno…

Buongiorno lo stesso…

Buongiorno comunque…

Se il sole sorge e sai che l’oscurità può coprirlo…

Scappa!

Ma nella borsa di Mary Poppins troverai una soluzione?


“La trota”

 

La trota guizza dispettosa nel lago, dal lago è nata…

“Non essere presuntuosa?’

Dice il pescatore…

Rimembra quel tempo…

“La rete ti aspetta!”

Il tristo poeta da lontano,

rimira la scena…

la trota guizza, e riguizza…

e lui non la acchiappa…

Lui non l’ha acchiappata è nel lago si è ridettata dal lago è rinata…

Ora nuotare potrà!

Fame di cibo…

Fame di baci…

Fame di tutto…

Fame di te…

Voglio il tuo sapore immenso…

Per sempre…


 

Bipolare

 

Il sangue che cola.

Lo faccio dicevo…

Passava un altro giorno e il dolore sembrava meno forte…migliaia di ferite…

Ma ferite dell’anima che urla—

E nessuno riesce a vedere …

Ho freddo…

Pensieri di morte…

Pensieri strani…

Poi cancellare tutto…

Sognare di viaggiare per il mondo e non tornare…


“Rosa gialla”

 

Vorrei che stasera mi donassi un fiore…

Una rosa gialla amore…

Il giallo mette allegria, poi i petali volano via…

Dispersi in questa malinconica giornata…

Il suono di una chitarra stonata viene da lontano…

Qualcuno urla per strada…

Io qui senza te…

Il silenzio mi fa paura più della morte…

A volte cerco il suo volte e vedo un baratro bianco…

Riempi di storie e di musica, piccoli gesti…

Colma questo vuoto amore…

non lasciarmi sprofondare…