Luca Lazzerini - Poesie

Sonia

Leggera carezza il volto mi sfiora:
mi guardo intorno, non c’è inquilino!
Adesso capisco, mi sei vicino.
Ecco che più di un ricordo riaffiora.

Quando spesso mi cantavi a quest’ora,
pianino, “Buonanotte Fiorellino”,
io ero il più fortunato bambino
del mondo; quello ancora i’ l’assapora.

Leggera lacrima mi scorre il viso:
in questa vita manchi come l’aria,
non posso sopportar quest’ingiustizia.

Vorrei poter avere tua notizia,
come vorrei che tu ora appaia.
Mamma, prego riveder tuo sorriso.

 


 

Una farfalla mi viene a trovare,
sei ancora tu, mamma, in visita?
Ancora che palpita,
dentro il mio petto il tuo cuore.
Tu non riesci a smettere di mancare,
al povero figlio, che ti imita.
Nell’anima strepita
già contro il crudele fato il livore.
Mi manca della madre il tanto amore.
Qualche giorno passato tanto ho pianto,
rileggendo il tuo canto.
Io so, però, che tu sei beata
e che tu accanto a me sempre sei stata.

 


 

Amore sotto il duomo

Avvenne che scrivemmo un altro atto,
all’ombra di tant’umana grandezza,
del nostro potente amor, così matto
ed eterno, ne abbiam la certezza.
Se, soli, ci confrontiam con siffatto
operato d’ingegno, siam pochezza,
ma da Amor siamo uniti in questo patto
e ritengo ch’amor ne sia all’altezza.
Quando le labbra sulle tue poso,
quel che mi succede spiegar non oso;
e realizzo che tuo son io!
Che tu sei mia! La rosa sia
pegno, perché tu mai vada via.
Ti amerò per sempre, amore mio.

 


 

Non può l’uomo

Quel sentire
Con parole
Definire

Così grande
Così forte

Non il potere
Di racchiudere
In umane parole
Ma in anche più ampi pensieri
In cui prima di addormentarci
Solitamente ci smarriamo

Perché?
L’uomo è, sì, piccolo e finito
Ma NON
Dinanzi al mondo
Bensì dinanzi a quel sentire
Immensamente inquantificabile
Esageratamente enorme
Maggior a lui

La vita è lieve
In questa condizione
Di identità
Tra persone

Quando sorridi
Sorride il mio cuore
E il mio corpo tutto

Solamente il sentire ci resta
Non la parola
Non il pensiero
Soltanto il senso del momento
In cui, a un dito, negli occhi
Dell’altro ti perdi
Compiaciuto, assuefatto
Assapori il senso
Di beatitudine eterna
E poi baci quelle labbra
Nell’ebbrezza
Che hanno sapore così dolce
Conscio che lei è tua
E che una sola carne siete

L’amore è ciò che più vicino abbiamo
A Dio

Morirei per te e senza di te morirei

 


 

Non facile
in profondo andare
dell’animo umano
di chi scorre queste righe,
toccare la corda più profonda e vibrante
che scuote tutto lo spirito
e agita dal sonno.

Talvolta assopito,
magari per caso,
mi ridesto
di soprassalto
e sento il motore pulsare più forte,
mi rimbomba nella testa
fino alle caviglie

trovo però una continuità
di filo nel pensiero
tra prima, morte
e dopo, vita.

Allo stesso modo,
talvolta, già desto nei sensi,
ma non nella coscienza,
coscienza prendo,
di me, di te, di tutto,
di essere uno, solo,
nel cosmo

una piccola parte
minima
del tutto

ma per me esser tutto
i sensi, i pensieri,
gli occhi, le meningi, di un solo individuo
nel mondo

e mi sembra fino a un secondo avanti
esser stato in torpore troppo umano
immerso nella giornata
e nelle temporaneissime cure

percepisco, assaporo un secondo
l’infinito
l’essenza ultima
non della mia
ma l’esistenza stessa

mi esterno da me
ma poi torno,
non altrimenti,
nella infima dimensione,
unilaterale visione
in un mosaico di ennesimi frammenti.

L’unica esperienza mondana
che dà questa percezione
è la vita in due
che sa di eternità
e di eternità profuma.

Oltre il corpo,
oltre le futili cure,
io per te, tu per me,
un corpo, che dico, un essere solo
un’unica unità,
io sazio te, tu sazi me

e la prospettiva,
da unica
e parziale,
si espande,
universale!

 


 

Ascolto il silenzio

ti chiamo ma non rispondi
guardo la tua immagine
ma non trovo perfetta corrispondenza
con l’immagine che ho in mente
che ha i contorni meno definiti
sbiaditi dal tempo.
A tratti non ricordo
la vita di prima
la mente ci inganna.
Mi manca così tanto
ciò che non ricordo.

 


 

Quanto banale è
scrivere della defunta madre
Quanto potente e flebile a un tempo
Il cuore sussulta di lacrime
ma la mente gliele asciuga
le raccoglie e le nasconde
non mostrandole più al cuore
che viene ingannato e illuso.

Talvolta mi sento in colpa
perché ti devo tutto
ma perdo la strada.
Mi hai fatto veder l’aurora,
per mano la luce del giorno,
ma poi sì tosto il tramonto
le tenebre eterne su di te
e quel sole
non risorgerà più.
Quel sole non sorgerà più
in me.
Le tenebre
mi copriranno
per sempre.
E io non lo saprò.

 


 

Pensavo che cotanta meraviglia,
in corpo, in cuore, in testa, solo in cera
esister potesse, neanche a miglia,
migliaia, nell’universo. Tu vera,
invece, sei, di madre luna figlia,
non lontana, ma vicina stasera.

 


 

Semplice

per quelli che non pensano
andare avanti
nella consolidata e vuota quotidianità
come macchine

io macino ogni momento
ogni secondo
ogni istante
tutto il giorno
mi logoro

niente di nuovo nella storia
sempre stati uomini così
però io percepisco il mio
tormento
che non mi dà pace
in ogni aspetto della vita.

Sento indebolirsi anche le fondamenta
e ho paura
ma confido
che il male sia passeggero
e che torni la serenità
mai permanente, sempre sfuggevole

non paura
ma angoscia
di quella non si conosce il mandante

non mi conosco
eppure mi odio

tremo
sembro
sembro
non avere fragilità

mi odio perché la testa
non mi lascia stare
e dà noia al cuore
e al corpo
che non può riposare.

 


 

tutto passa, niente resta
se non qualche filo di tessuto
che penzola
spesso a chilometri
ma che nessuno
taglierà mai

cuori lontani
ma più vicini che mai

mani
che in questo istante non si attorcigliano
ma che presto con emozione lo faranno

corpi che non si toccano
ma alla fine a chi importa
arriverà il giorno in cui non si toccheranno più
ma continueranno ad essere uniti
perpetui