Lucia Catacci

Poesie


Un mondo parallelo

Guardo le foto di questo vecchio album. Mentre con le dita sfioro, come a fare una carezza, i giovani volti dei miei genitori, la mia infanzia mi scorre davanti e la malinconia mi avvolge.
La luna è alta nel cielo e il mio corpo chiede riposo. Chiudo la luce e, in attesa che il torpore mi prenda, rivedo le foto nei miei pensieri. Poi tutto diventa evanescente e casco in un sonno profondo che ristora le membra.
Ed ecco che un grande parco mi appare…
Alberi circondati da prati in fiore immersi in un ovattato silenzio, interrotto solo dal rumore di piccole cascate che si alternano a placidi corsi d’acqua. Mi guardo intorno incantata.
All’improvviso qualcosa mi sfiora le gambe. Abbasso gli occhi e vedo un cane che mi scodinzola intorno, guaisce, come se mi conoscesse. Mi chino e gli faccio una carezza. La sua eccitazione aumenta, si erige sulle zampe posteriori, poggiando quelle anteriori su di me. I suoi occhi mi guardano sognanti… quegli occhi riemergono dai miei ricordi: avevo sei anni quando guardavo mio padre che gli dava sepoltura. «Bill!» esclamo commossa, mentre una lacrima mi riga il volto.
«È lui!» proclama una voce sempre presente nel mio cuore. Davanti a me un giovane uomo mi osserva.
«Papà» sussurro sempre più confusa.
«Guarda, c’è anche tua madre.»
Dietro di lui la donna delle mie foto mi sorrideva. «Tesoro, stai tranquilla, è solo un sogno…» Mi prende le mani tra le sue e, per un attimo, mi sento trasportata indietro nel tempo, quando ero ancora una bambina.
«Perché mi avete lasciata sola?» Chiedo con un nodo in gola.
«Ci dispiace, non avremmo voluto, ma Lui ci ha chiamato» risponde mio padre.
«Lui chi?» Domando.
«Il Signore tesoro. Non ricordi quello che ti dicevamo sempre? Quando è giunta l’ora, tutti dobbiamo abbandonare la terra. E quello era il nostro momento, non potevamo fare nulla, anche se ci si spezzava il cuore a lasciarti.»
«E adesso siete tornati?»
«No, non è possibile. Ci è stato concesso di venirti in sogno perché il Signore ha percepito la tua malinconia.»
«Ma dove siete? In Paradiso non ci sono cani, loro non hanno un’anima!»
Mio padre si curva a scompigliare il pelo di Bill. «Non è così, un’anima ce l’hanno tutte le creature dell’universo e anche loro vengono in paradiso.»
«Dov’è il Paradiso, in cielo?»
«Siamo vicini a te tesoro. Il nostro è un mondo parallelo… occupiamo lo stesso spazio, in modo diverso.»
«Dobbiamo andare» dice mia madre. «Ci sta chiamando il Signore. Ti aspettiamo tesoro, ma non ora. È ancora presto perché tu ci raggiunga. Sii felice figlia mia!»

 


 

Donna

Che strana sensazione, sovrasto la stanza…
Vedo il mio corpo sul tavolo operatorio circondato da camici verdi. Si sono arresi e lo guardano sconsolati. Li osservo serena, ho scelto io quest’epilogo e non sono pentita.
Il suo pianto non si arresta, lo stanno lavando… Mi avvicino, lo sfioro con la mia evanescente essenza.

-Quanto ti ho desiderato piccolo mio, quanto ho sognato stringerti tra le braccia, ma non posso che guardarti e continuare ad amarti più della vita mia.

Un altro pianto, un pianto disperato, mi chiama altrove. Il mio amore è distrutto! Lui non voleva. Mi ha implorato di rimanergli accanto, ma come potevo mettere la mia vita davanti alla sua.
L’ho avvolto con la mia essenza cercando di trasmettergli il mio pensiero, le mie sensazioni…

-Sono qui amore! Non sai quant’è bello il nostro bambino… ti ricordi il suo primo calcio? Sembrava sapesse che le tue mani, poggiate sul mio ventre, non aspettassero altro.
Quanto lo abbiamo aspettato… e poi il Signore ce l’ha donato… ti ricordi che gioia? Non riuscivamo a credere che fosse vero, è giunto quando ormai ci eravamo rassegnati a guardare solo i figli degli altri…

Quanti progetti mentre la pancia cresceva… e poi quella sentenza nefasta, quella diagnosi che ha rubato il nostro futuro: un cancro aggressivo…
“Si deve interrompere la gravidanza, signora. Dobbiamo sottoporla immediatamente alle cure necessarie, portarla avanti, potrebbe mettere a serio rischio la sua vita” disse il dottore.

-Ma come potevo uccidere la nostra creatura… L’avevo visto con l’ecografia tridimensionale, era già formato e tanto bello, il suo cuore batteva veloce, voglioso di vita. No, non potevo, nonostante tu m’implorassi.

E poi all’improvviso è precipitato tutto.
La corsa in ospedale per sentirti dire che dovevano tentare di salvare almeno il bambino, io ero ormai in coma profondo.

-E lui è nato, sano, forte, bello, il mio regalo per te, amore mio. Sono sicura che sarai un papà straordinario. Non piangere per me! Io sono felice.

 


 

Flash

Solo piccoli flash
tornano a riscaldare il cuore.
Improvvisi, esplodono in testa.
Una parola, un odore,
o solo un pensiero
rievocano piccoli flash,
brevi momenti di emozioni lontane
che vorrei afferrare, stringerli a me
per non lasciarli andare.
Un volto, una voce, due mani rugose…
Ma nel tempo inclemente
di un battito d’ali, tutto scompare,
si chiude lo scrigno
e si gira la chiave,
lasciando nel cuore
il languido vuoto
del ricordo fugace.