Lucia Catacci
Poesie in mostra
PIÙ FACILE IGNORARE
Sola, unici compagni
pensieri che sondano
il mio vivere,
che cercano di andare oltre
la maschera che erigo
anche a me stessa.
Non sono io quell’immagine
riflessa nello specchio,
quel sorriso
non mi appartiene più,
il mio cuore sanguina
e vederlo fa male.
È più facile ignorare,
cercare d’essere felice
quando è impossibile
risolvere il problema.
Ma lui resta là,
in un angolo della mente,
pronto a riemergere
e riportarmi nell’abisso.
MUTA DIGNITÀ
Faceva rumore quella sedia
che nel silenzio echeggiava.
Mani deformate cercavano
Sostegno nel duro legno.
Il dolore bruciava ossa,
infiammava carni
in una muta dignità.
Giorni bui, senza fine,
per compagno
un letto pieno di spine.
Ma batteva forte il cuore
e sapeva comunque
donare amore.
INTIMO SPAZIO
Cielo e mare
a far compagnia,
il pensiero si perde
nel silenzio ovattato
dove piccole onde
cullano il cuore
annullando il tempo
che corre veloce.
La mente trova
un intimo spazio
per superare
i propri confini
e, sciolta da lacci
sempre più stretti,
si libra leggera
tra eteree nubi.
La pace l’avvolge,
la rende felice,
ma è solo un momento,
rubato a quel tempo
che corre veloce.
SE POTESSI FERMARE IL TEMPO
Se potessi fermare questo tempo
che corre impetuoso
incurante di ciò che accade nel mondo,
farei trionfare l’amore
nei cuori delle persone.
Se potessi fermare il tempo
cancellerei dalla mente di ognuno
la parola guerra,
non più armi per uccidere
altri esseri umani,
ma fiori da donare
in segno di amicizia.
Se potessi fermare il tempo
toglierei dal vocabolario
le parole cattiveria e odio,
potere ed arrivismo,
così che ogni persona
potrebbe vivere dignitosamente.
Se potessi fermare il tempo
renderei la vita di ognuno
degna di essere vissuta.
Sì, se potessi fermare il tempo
curerei tutte le ferite di questa terra,
per consegnarla
ai nostri figli bella come era.
Se potessi fermare il tempo…
Tratto dal libro “La Scarpetta Rossa”
Giulia si guardò allo specchio con occhio critico, aveva indossato un tubino nero di ottimo taglio e si era gettata sulle spalle una stola di seta dello stesso colore. Aveva tirato su i capelli, che di solito portava sciolti, in un’elegante acconciatura e aveva messo al collo una collana di perle. Il trucco molto leggero, ma ben fatto, metteva in risalto i suoi occhi del colore del cielo e rendeva più delicato il suo volto dai lineamenti lievemente marcati. Era soddisfatta.
«Buonasera!» disse al signor Carreti.
Lui la stava aspettando poggiato alla sua Audi, con la sigaretta in bocca.
«Buonasera Giulia, questa sera è bellissima», le rispose dopo un attento esame.
Giulia non si sentiva a suo agio, da quando erano partiti, avevano entrambi mantenuto un silenzio assoluto. Poi lui le disse: «Vista la situazione, credo che dobbiamo superare certe formalità: innanzitutto passiamo al “tu” e cerchiamo di conoscerci un po’. Dobbiamo far credere che ci sia del tenero tra noi».
«Questo non me l’aveva detto. Quindi mi presenterà come la sua fidanzata?»
«No, come una mia cara amica. Parlami di te!»
«Cosa vuole sapere?»
«Giulia… ti ho detto di darmi del tu, ti dispiace incominciare a farlo?» le disse piccato. «E poi ho notato che porti la fede, potresti toglierla e metterla nella borsetta? Sarebbe poco carino che mi presentassi con una donna sposata, non credi? Hai dei figli?»
«Tutto questo sta andando ben oltre quello che era il nostro accordo, non le sembra?»
Giovanni si girò a guardarla con atteggiamento infastidito e, dopo qualche attimo, fermò la macchina sul ciglio della strada.
«No, ho solo tralasciato di approfondire alcuni particolari che mi sembravano ovvi. Senti… non mi piace fare figuracce, decidi quello che vuoi fare, sono ancora in tempo per portarti indietro, diversamente abbassa la guardia e comportati da persona adulta» le rispose, cercando di non far trapelare il suo risentimento.
«Scusami, hai ragione», gli disse, «ho due bambine e sono costretta a fare un doppio lavoro perché mio marito ha avuto un incidente ed è tetraplegico», continuò mente si toglieva la fede dal dito.