Marco Bagnasco - Poesie

La gocciola

Di certi adorabili vezzi che di lei imparai
la ricerca di un dettaglio, la muta ricerca
è l’affezione che per prima mi passò.
Così nella sorte che un incontro chiama
la ritrovo e lei con lei ritorna
proprio mentre la scordavo e sosta
dove una gocciola al naso si amica
dove una voce che non è voce rivela
la verità oltre la parola
che non doveva essere ed è ancora
la verità nello sguardo perfino
che altrove cerca dimora.


 

La parola scomoda, l’arte di accomodarla

Davanti alla parola fame ci siamo fermati
l’abbiamo riletta, tanto commiserata
dopo frazionata
(fa-me):
ne abbiamo fatto due bocconi
e un rutto grande quanto sazia
l’idea di essere buoni.


 

Inverno

(la stagione della parola fine)
L’ha portata quel solito vento
che ti fece volare il cappello
prodigo di foglie morte
(intendo: morte) ed eccola:
parola nuova la stagione del Natale
del freddo cane e la notte accanirsi
tanto che parola inferno pare.
Non chiedermi quando sia – ora
dove – alla porta
perché – ed entra con te
che già dentro casa resta
la nostra occupandoci il divano
e mangia per due, vive
della mia e la tua fame, sporca
e il desiderio che qui battezzammo
crebbe orfano di entrambi
che ora risorge nella folata sola
di questo silenzio che tu ci senta
la sua eloquenza spoglia
la reciproca nostra
ormai scaduta voglia.


Il sole non è sorto

Il sole stamani non è sorto
sulla nostra casa soltanto,
mentre schiara tutto accanto
su l’orto, il prato e la via, oltre il muro.
Accontenteremoci di questo giorno
di sola luce riflessa
e tu considera che sia la stessa
cosa intorno, un giorno un poco scuro.
Invece già ci accadde ti ricordi
il lunedì che ti morì Tiberio, il gatto
ed è per questo che dai di matto
e l’unghie mordi e mi percuoti come un tamburo:
perché temi per l’amor tuo prediletto,
nella classifica dove affitto un sesto posto
Tiberio quarto è primo, gatto da arrosto
e da letto che sbadiglia al suo futuro.
Chiederò lumi al vicinato intendendo lumi
e chiarimenti all’ENEL e al dottor Giacobbo
intendendo spiegazioni, e il tuo corpo gobbo
mentre fumi farà spasmi di scongiuro.
Sopraffatto dal pietismo
cercherò nelle Scritture la risposta e a te
che gridi finalmente griderò Genesi 1:3 [*]
qual esorcismo, di sicuro
in quel momento Tiberio quarto capirà
che in quel baccano umano
e in quel dolore strano
(dell’infarto) c’è qualcosa che non va.

[*] Dio disse: “Sia la luce!”. E la luce fu.


 

La luce tremolante
(sulla strada del ritorno)

a Monica

Quella luce tremolante alla metà del nero
di questa notte dell’inverno affezionata al giorno
sei tu
chiara pur nei vicini abbagli
finestra accesa sulla mia notte
e certezza che conosciuta resta
oltre la prossima ragione chiesta
e quando l’ultima risposta sarà resa.
Il tremolante è una piccolezza
ti fa bella, non pesa.


 

La nuova casa è piena di fratelli

Lo specchio grande nella stanza bianca
un punto a favor di questa nuova casa:
tutta la parete manca, grande talmente
che a niente al mondo dei pari lo crede pari.
L’ospite atteso allo specchio grande s’appressa
sono gli occhi chiusi di Matteo il sonno
lo avvoltola come mare come madre lo porta
finalmente a casa, ancora una volta.
Così fonde febbrile impulso del giorno
di un carnevale venutogli improvviso
i pagliacci e la sfilata, un palloncino spada
un bicchiere di plastica pieno di aranciata.
Trascorse la serata nello specchio eppure
un attimo solo si vide riflesso e solo adesso
il costume da paziente gli parve un costume
la maschera bianca una maschera, il riso un riso.


 

Di tutta questa terra

Di tutta questa terra ci faremo un sogno,
di tutta questa terra
che da polvere divien crosta e divien polvere
ancora e ancora,
che non conosce dell’ultima ora il tocco
né l’uomo della prima sua, ad esso resta
come memore testimone del sangue,
del prossimo seme.
Quanti occhi hanno vegliato questo mio orizzonte,
cosa han veduto nelle colline:
morbidi fianchi di una donna o la condanna della fame,
o chiara la quiete di un posto chiamato casa.
Di tutta questa terra ci faremo un sogno,
che paghi la fatica del giorno
ancora e ancora
dell’uomo che terra è:
che da polvere divien crosta
e divien polvere.