Marco Carta

Agenda del Poeta


PADRE

Ruvide mani mi accarezzano il viso
profumano di terra baciata dal sole,
osservo i suoi occhi e mi sento giulivo padre saggio e di buone parole.

Viso che racconta il suo essere,
braccia forti mi afferrano
sono nell’ iride cielo a volare…
– ancora, ancora sono un aereoplano ! –

Accordi di chitarra dinnanzi alla “pappa”
che gusto da cucchiaio rotante
sorrido e mi ciondola la bionda “prappa”
e poi un canticchiare con voce sognante.

Un contadino musicista e poeta
abbraccio con tanta passione,
un genitore, della gioia un esteta,
dona alla vita mirabile riflessione.

 


 

CAVALLI EROICI

Il cavallo di Napoleone
mangiava spesso il minestrone.
Il suo manto era bianco
e non era mai stanco.
Cavalcava da mattina a sera
e intirizzita era la sua criniera.
Di piccola taglia come i suo cavaliere
ferito otto volte si fece valere.
In pochi sanno in questo ramengo
che il suo nome era Marengo.

Il cavallo di Garibaldi
era raro come gli smeraldi.
Il suo manto era grigio
e lo sellava l’eroe “biondogrigio”.
Cavalcava per il mondo
e lo faceva fino in fondo.
Finì la sua ardita carriera
sull’ isola di Caprera.
Si ode un frinire di cicala,
ricordate il suo nome fu Marsala.

 


 

DINDONDONDARE

Echeggia dal pascolo un “dindondondare”.
Ruminanti dai manti color selvatico
si abbeverano al fiume nel suo sciabordare
e si assopiscono all’ ombra di un fico.

Mosche dal “cappotto” verde smeraldo
ronzano su “palline” dal nero variegato
mentre un bianco San Bernardo
abbaia ad un lupo appollaiato.

Il cielo si arroventa al calar della sera
e si carbonizza a poco a poco.
Colma di pere un’ intarsiata fruttiera
riflette un “pecorino” sciogliersi al foco.

Cena frugale dentro il tinello
“spalmata” regala su pane abbrustolito
sorseggio palatino di vino novello
e poi un russare da pastore avvizzito.

Una fioca luce annuncia il mattino
poi sprizzi luminosi tutt’ intorno.
Mani fan da suzione come “agnello piccino”
e il secchio pien di latte diviene adorno.

 


 

PIOGGIA DI PACE

Nubi arzighigolate sorvolano il mio capo,
un “plic plic” echeggia sul selciato,
si alza il vento e “patapunfete” derapo
nella visione dell’ io abborracciato.

Un’ altalena di foglie, uno sfarfallio di mani
mi invitano ad aggrapparmi alla vita.
Mi arrovellano incubi inumani
un arcobaleno mi indica l’ uscita.

Il petricore mi inebria l’animo,
palpita il cuore, fiorisce loquace.
Mi assopisco al profumo del timo,
tra questi nembi il male è incapace.

Sogno un fanciullo che acchiappa le stelle,
sorseggia amore e lo cede all’ arcano,
mano materna gli accarezza la pelle
mansueti orizzonti si affacciano.

Un torpore di pace mi avvolge
osservo l’ etereo iridato scintillare.
Il coraggio mi assale, tutto rifulge
ognuno di voi or voglio abbracciare.

 


 

PENSIERI DI SPERANZA

I pensieri hanno bisogno di sedimentarsi,
tramutare il bianco in scrittura.
Tutto il mondo intorno dovrebbe decantarsi
intraprendere sementi di cultura.

Mormorio di acque, sussurìo di pace,
profumo di libertà, fetore di guerra.
Potenti dal cervello fallace
bloccano i germogli della terra.

Violenti congetture mi assillano,
con pragmatiche illusioni trasversali.
Voglio dileguarmi da questo baccano,
innalzare la felicità, cancellare i mali.

Riflessioni di un cuor fanciullo
sgombrato da superflue comodità.
Accarezzato da un vento sciacallo,
parole tenere donano affettuosità.