Marco Galletti - Poesie

Una delle convinzioni che più ci affligge è la continua pressione data dal giudizio delle persone. È natura intrinseca della nostra specie dare un parere descrittivo sugli altri, però lo è anche sintetizzare così tanto da ricorrere ad etichette. Cosa voglio dire con ciò? Che spesso si fa un’analisi così superficiale e sbrigativa da confondere (se non distorcere) l’immagine delle persone. Chi è cosciente di ciò fa di tutto per apparire in un certo modo, anche a costo di rinunciare a esprimere la propria personalità in tutte le sue sfaccettature. Non è un caso che ci sono persone che usano i social e le app per divincolarsi da questa gabbia dorata. Forse pretendo troppo, però mi chiedo come mai ora, nel terzo millennio, non è possibile essere sé stessi.


 

Un argomento che mi ha sempre suscitato interesse è la routine. Uno dei punti di forza che ha permesso a questa di installarsi nella mente di tantissime persone è dato dall’automatismo che ci permette di fare un insieme di azioni usando il minor sforzo possibile.

 

A primo impatto ciò sembrerebbe perfetto; però va detto che la qualità della routine stessa dipende dalla composizione, quindi è possibile che si parli anche di un insieme di abitudini discutibili se non sterili. Nel nostro paese ci sono tantissime persone che sprecano le loro giornate e purtroppo devo constatare che moltissimi sono giovani che devono ancora trovare la loro strada.

 

Perché dico ciò? Perché anche io faccio parte di questo enorme insieme di persone, però mi sono stufato di crogiolarmi su ciò che ho e su ciò che sono. La competizione in questo paese è altissima e se mi faccio schiacciare dalle convenzioni, beh, ho paura che rinuncerò a realizzarmi e a trovare un posto tutto mio nella società.

 


 

Una delle frasi che detesto di più è: “tanto non cambierà mai niente”. All’inizio potevo essere d’accordo con questo concetto, poi ho capito che chi fa tale affermazione è anche colui che non vuole cambiare sé stesso. Dove voglio arrivare? Che i grandi mutamenti cominciano sempre con piccoli passi: ovvero il cambiamento del modo di pensare. Senza un processo di autocosanpevolezza nulla può cambiare, almeno non nella maniera sperata.

 


 

Sarà capitato a tutti di sentire il fatidico “fortuna che hai un lavoro”. Questa frase potrà non dire niente di che, però nella maggioranza dei casi viene detta quando si ha un lavoro che non soddisfa gli standard. Dove voglio arrivare? Il fatto è che molto spesso le persone sostengono il concetto secondo cui chi dà un posto di lavoro è misericordioso.

 

Fino a quando questa convinzione sarà onnipresente, il lavoratore verrà visto come colui che non si potrà mai lamentare, anche se ci sono condizioni di sfruttamento. Morale della favola: una società che non rispetta tutti i lavoratori, non rispetta neanche il mondo del lavoro.

 


 

NULLA È PIÙ PREZIOSO DEL TEMPO

 

Ero sempre stato di questa idea. Una volta il tempo era decantato come valore assoluto di vera ricchezza e benessere, e infatti anche ora tale concetto sta ritornando in auge.

 

Quello che mi preme dire però è che manca la consapevolezza della preziosità del tempo stesso, d’altronde siamo molto bravi a sprecarlo. Quando buttiamo via ciò che abbiamo di più prezioso, accusiamo malessere, e infatti la nostra società è costantemente irrequieta e vicina all’esaurimento.

 

Cosa voglio dire con questo? Quando non diamo il giusto valore alle cose stiamo sminuendo ciò che abbiamo, e quindi ciò che siamo; d’altronde dobbiamo ricordarci che la cosa che ci lega col mondo è proprio il tempo che abbiamo a disposizione, infatti non saperlo vuol dire non vivere in modo soddisfacente la propria vita.

 


 

Ho sempre cercato di comprendere il confine tra l’amore e l’odio, però conscio della complessità, voglio cercare di iniziare questo percorso facendo una prima analisi.

 

Non esistono sentimenti più forti di questi 2; inoltre va considerato che sono esattamente all’estremità. Fin qui nulla di nuovo, però vorrei focalizzarmi su una cosa molto importante: ovvero il confine che li separa. Siamo tutti d’accordo che sono distantissimi, però diverse volte il confine si assottiglia moltissimo.

Quando una persona si sente profondamente  delusa da chi ama (o ammira), molto spesso tale shock lascia il passo a sentimenti molto diversi ed eterogenei (delusione, rabbia e altro).

 

Qualora la persona che si trova in questa crisi, non dovesse essere supportata, potrebbe andare incontro a una spirale di pensieri che poi la porta all’odio.

 

Cos’altro voglio dire? Che la nostra società vive e va avanti grazie ai sentimenti, odio compreso. La maleducazione è diventata prassi poichè serve a nascondere atteggiamenti e sentimenti più ostili, d’altronde l’alta competitività che caratterizza la società stessa ci spinge a vederci come avversari (se non addirittura nemici). Un paese che non affronterà mai questa realtà, sarà un paese pronto a soccombere.

 


 

Mi chiedo sempre come vivo le mie giornate. Sembra una questione senza senso, eppure riflettendoci bene sono sempre più dell’idea che non sia così semplice. Sono sempre stato combattuto tra il vivere cercando di piacere agli altri o invece starmene per conto mio.

 

La prima opzione è quella più praticata, d’altronde inserirsi in un gruppo fa bene all’animo, però non vorrei annullarmi completamente. Una persona con esperienza sa bene che bisogna cercare un equilibrio, d’altronde non possiamo permetterci di rinunciare alla società e a noi stessi; però questo equilibrio è così malleabile e sottile poichè bisogna prendere in esame il gruppo in questione e la persona in sé.

 

Qualora questo equilibrio non dovesse essere raggiunto ottimamente, è probabile che perderemmo la nostra essenza e il gruppo in cui vogliamo far parte, infatti un insieme di persone che si rispetti dovrebbe permettere la socializzazione e la crescita personale e collettiva.

 


 

La società si fonda su un sistema altamente competitivo. Tra chi studia moltissimo e chi lavora tantissimo, appare difficile trovare un punto di equilibrio. Molti diranno che in fin dei conti è giusto così, e forse avranno anche ragione, eppure voglio soffermarmi su diversi aspetti.

 

Si fa sempre ciò che si fa per la felicità o invece ci riempiamo di impegni solamente per sopravvivere? Questo quesito, molto semplice all’apparenza, nasconde molte cose; però penso che sia meglio riassumere ciò con un punto fondamentale:

 

data l’estrema competizione, si può pensare che la felicità non sarà mai raggiungibile da tutti, anzi, forse pochi potranno conseguirla, e una volta ottenuta non è detto che duri per sempre; quindi il sistema competitivo incrementerà la propria intensità e sarà qualcosa di molto più preoccupante.

 

Cosa voglio dire con questo? Che la realizzazione di sé stesso, un diritto sacrosanto, non è affatto facile da attuare e concretizzare;  pero non disperiamoci, d’altronde è la stessa difficoltà a rendere bello il risultato finale, infatti ciò dipende solamente dal tragitto che decidiamo di percorrere.

 

Morale della favola: una volta intrapresa una strada, avremo già ottenuto risultati degni di nota, quindi avremo fatto un passo decisivo verso la felicità.

 


 

Nella vita mi sono interessato di molte cose, però quella più importante è l’arte del saper stare da soli. Tempo fa pensavo che il progresso tecnologico mi avrebbe aiutato ad uscire da quel confine fatto da poche amicizie (e quasi sempre poco proficue); cavolo se ci speravo. Purtroppo le mie speranze si sono dimostrate vane, anzi, sono state distrutte in pochissimo tempo.

 

Per molto tempo non ero riuscito a capire in cosa sbagliavo; poi mi sono messo a riflettere e lì mi si è aperto un mondo: era necessario maturare, ma in che modo? Dovevo imparare a stare da solo, e quindi dovevo apprezzare i momenti in cui non c’era nessuno attorno. Col passare del tempo ho imparato a conoscermi, poi sono passato a migliorare le mie qualità per correggere i miei difetti.

 

Perché dico questo? Quando ci approcciamo con una persona è necessario avere sempre in mente l’immagine che proiettiamo. Se si comincia a riflettere su sé stessi, si riesce a vedere alcuni frammenti di noi stessi in una visione davvero insolita, come se fossimo gli spettatori della nostra vita.

 

Morale della favola: per ottenere amicizie di qualità, è necessario che noi stessi diventiamo persone di qualità. Solo allora capiremmo l’importanza dei nostri sforzi: migliorare sé stessi e chi ci circonda.


 

PER TROVARE LE RISPOSTE GIUSTE BISOGNA PRIMA PORSI LE DOMANDE CORRETTE

 

Una cosa che ho sempre cercato di comprendere è il rapporto tra “cultura” e “sapere”. Siamo tutti d’accordo che sono elementi indispensabili, però non è facile capire in che modo si sostengono. Ricordo molto bene quando studiavo per laurearmi in scienze politiche. Una grande peculiarità era data dalla grande quantità di materie storiche e filosofiche. È cosa risaputa che la cultura sia molto importante, però ciò diventa fondamentale quando stimola la riflessione, e quindi anche le domande.

 

Perchè dico tutto questo? Quando abbiamo a che fare con la realtà, ci rendiamo conto che non è altro che un insieme di verità (ovvero paradigmi), e quindi ciò si è formato con l’arte del porsi delle domande. Il punto della questione è se ci siamo posti tutte le domande possibili e immaginabili. Ecco qui che subentra il filo che collega “cultura” e “sapere”: dove la prima sono le nozioni che abbiamo imparato, mentre la seconda si manifesta in primis con la fame che ci spinge a usare tutto ciò che abbiamo appreso per andare oltre. Qualora il procedimento andasse a buon fine, riusciremmo a vedere la concretizzazione del sapere stesso: un qualcosa di così particolare e originale di cui potremo andare veramente fieri, dopotutto cosa studiamo a fare se non possiamo usare ciò che ci viene insegnato?