Marco Mauro
Poesie in mostra
Palla Bianca (Alpi Venoste)
Con te salirei ogni pendio, percorrerei ogni crinale, mi aggrapperei ad ogni parete. Prudente e premurosa, non ti distanzi mai, perché io sono sempre indietro, sempre in ritardo
Tu mi tendi la mano, paziente.
Come in un gruppo musicale folk carnico, c’è sempre uno strumento a rimorchio, che non conosce la metrica. La fisarmonica fa la melodia, la chitarra il ritmo, il contrabbasso suona le note dell’inverno.
Pizzico una mezza corda Pro Dry, sono sotto la terribile Eiswand, che mi guarda con severità e ammonisce la mia esuberanza.
Le stalattiti di ghiaccio pendono dal basso tetto del rifugio, un’accogliente capanna, in questo paesaggio lunare il fronte del ghiacciaio si ritira.
Spezzo un ghiacciolo e lo infilo nel bicchiere di spritz Aperol.
Per Dio, io non mi ritiro.
Crode Fiscaline (Dolomiti di Sesto)
A volte ci scordiamo quante decisioni prendiamo nella nostra vita, ogni giorno, continuamente. Di routine, importanti, definitive. Lo spirito giusto è seguirle fino in fondo, ubbidire alla rotta che abbiamo tracciato, anche se questa ci porta verso l’ignoto.
A volte ci affidiamo ad una mappa poco attendibile, dobbiamo correggerla e ridisegnarla lungo il nostro percorso.
Questo per noi non rappresenta una preoccupazione, al contrario, le nuove scoperte sono sempre accompagnate dall’entusiasmo giovanile.
Quando i risultati raggiunti sono al di sotto delle aspettative c’è la delusione.
Quando ci si convince di aver sbagliato qualcosa, c’è il rimorso.
Quando si ritiene di non aver fatto tutto il possibile, c’è il rammarico.
Non sono sensazioni che ci appartengono, perché noi viviamo il presente con convinzione e carichiamo tutte le esperienze nel baule che ci portiamo sempre appresso.
Il tempo, di conseguenza, non è fuori di noi, non ci guarda dall’alto, dalla sua posizione di vedetta, non ci aspetta, come una tappa di uno schema predefinito che sappiamo essere completabile.
Il tempo siamo noi. Siamo una musica. Con i suoi ritmi, le sue infinite note, le misure poste sul pentagramma.
Decidiamo noi l’adagio, l’andante, l’allegro che rappresentano le varie fasi della nostra vita. Non c’è inseguimento, siamo tutt’uno.
I nostri occhi sono il tempo.
Cima di Ombladet (Alpi Carniche)
Oltre, è luogo e momento.
Il determinato che diviene indistinto, attraente, errante, intrepido.
Stiamo attraversando in diagonale un ripido pendio nevoso seguendo una linea immaginaria di un percorso non tracciato, nessuno prima di noi si è avventurato su quest’asprezza.
Forse anche noi avremmo dovuto evitarlo, avendo solo un paio di ramponi.
Ma non c’era altro modo di rientrare, la via di salita era troppo impegnativa da percorrere a ritroso.
Io ho calzato il sinistro e prima di ogni passo scavo un piccolo gradino nella neve per appoggiare il piede destro.
Procedere si fa sequenza e il segno che incidiamo diventa il nostro orizzonte,
fluido e simbolico, si aggroviglia sulle rare sporgenze di roccia che dobbiamo aggirare.
Nemmeno noi siamo linee rette.
Raggiunto il canale che intravediamo staremo meglio, potremo scendere, riprendere in mano la bussola e lasciarci il nord ed il dirupo alle spalle.
Noi sognatori.
Oltre, è anche un’intuizione o un modo di essere.
Siamo personaggi umanamente riconoscibili oppure immaginazioni narrative?
Comunichiamo attraverso dialoghi colloquiali o ci inoltriamo in terreni letterari distanti dallo scambio verbale fra persone reali?
Siamo noi, siamo autentici, sinceri, onesti, disinteressati e quando dobbiamo dire qualcosa, lo diciamo nel modo più vero che conosciamo, risoluti ma con dolcezza.
L’oggettivazione degli stati d’animo per noi è una questione poetica,
svincolata da logiche o pregiudizi, e combacia con il momento dell’addio:
Quelli che restano e quelli che vanno.
Una stazione ferroviaria è il luogo ideale per dare un colore alle emozioni.
Persone che camminano in disordine come vagoni che si intersecano, alcune tranquille, altre perennemente in ritardo scrutano l’orologio ed accelerano il passo.
Dietro al finestrino occhi e sorrisi, forse guardano fuori, forse si specchiano.
Il fischio del capotreno scioglie gli ultimi abbracci.
Oltre, è la dimensione dove diventiamo speciali.
Monte Pasubio (Piccole Dolomiti Vicentine)
Su questa strada ogni pietra traspira sudore, ogni roccia echeggia la voce degli Alpini, ogni arbusto ricorda la fatica.
Ogni scavo ha un nome, occhi e mani inconsapevoli prestati alla Storia,
Dimenticati alla Vita, sublimati all’Amore.
Ma i sentimenti non sono guerra, non invadono come un esercito,
riempiono come un’essenza.
L’Amore non ha spiegazioni, è fisico, chimico e psiche.
In questi luoghi, che è difficile attraversare nel silenzio del ricordo,
si sono dissolte esistenze che forse Amore non avevano ancora conosciuto.
Lei non esisteva ancora, non era stata incontrata, non era stata compresa.
Lei sarà soltanto in quanto percepita, nella speranza e malinconia di un ritorno.
Alla ricerca del significato profondo dei sentimenti, del valore realistico della vita, del ruolo consolatorio dei sogni.
Nel singhiozzo di queste gallerie, il mio cuore, per un attimo, si è zittito.
Monte Cuarnan (Prealpi Giulie)
L’ho cercata per tutta la vita, oggi finalmente l’ho trovata.
Perché oggi?
Forse per la nebbia, in cui mi piace perdermi, conoscere tutti i sentieri è cadenza monotona.
Forse i miei sensi erano più vigili quando mi ha chiamato dal boschetto che la cela, che avrò attraversato cento volte, tante sono le salite sulla sua Montagna.
Mi ha sussurrato: luft, ich mag es, die frische Bergluft einzuatmen (mi piace respirare l’aria fresca della Montagna).
Fie da l’Aiar, la Figlia del Vento, di Giovanni di Artegna, ci coglie impreparati.
Lo sguardo intenso, l’isolamento, la naturalezza che ricordano quelli di una fanciulla salita con la famiglia sui pascoli di alta Montagna per la fienagione,
in cerca di un intervallo di fresco nel pomeriggio assolato, prima di caricare il carro con il fieno secco del giorno prima, ci riportano con le immagini della memoria, alle cartoline e fotografie sbiadite per riscoprire un passato dove la semplicità e la cura di precisi gesti erano indirizzate ad evitare gli sprechi e promuovere il benessere delle persone.
E nei suoi occhi caldi proprio questo troviamo, la serenità e l’armonia della natura che l’Artista ha saputo concentrare nell’intensa poesia di un volto felice.
Che custodisce il tempo necessario per compiere l’opera e lo soffia come un refolo di movimento nei nostri cuori.