Marco Roverano - Poesie

Caruggi de mã

Lastre di pietra bagnate. Piene di rughe.
Scavate!
Come da antichi arpioni. Vecchi caruggi.
Seduto sullo scalino di ardesia carezzo la pietra.
Cerco storie scritte nei solchi. Nelle nere vene scavate.
Tracce di uomini e donne. Parole.
Messaggi dimenticati! Pensieri stampati sulla pietra. Trascritti da passi veloci.
Nelle orme di piedi scalzi. Nei pezzetti di noi.
Caduti nel viaggio della vita. Parole d’odio o d’amore.
Sussurrate o gridate! Dolore soffocato.
Gioia urlata.
Impregnate per sempre nelle mute lastre! Graffiti invisibili.
Inconsapevoli.
Siamo noi, caruggi de mã…

 

 

 

Sole velato

Nell’avvicinarsi del tramonto, mi guardi,
quasi sperduto. Mi supplichi,
quasi stasera non volessi morire. Ti incendi.
Come passione. Come speranza.
Vorrei prenderti per mano. Vorrei carezzare il tuo fuoco Come fosse il morbido pelo,
del gatto con gli occhi socchiusi, che la sera aspetta insieme a me un canto di grilli,
o forse,
una gatta dolce e dispettosa, che appare e scompare.
Come te, mio sole
al tramonto

 

 

 

Tempo

Le lancette mi inseguono…
Il mio tempo fugge Corre felice
la mano sfiora sottili fili verdi tra fiori che mi fissano curiosi,
dove sdraiato cerco te tra i pensieri
che corrono insieme alle nuvole di autunno!
Sei lì tra le luci della sera che non vuole arrivare.
Sei lì tra le onde del mare che vanno e ritornano senza prendere fiato. Sei lì tra foglie d’ulivo che sbattono le ciglia al libeccio impetuoso.
Prendimi tra i tuoi capelli così che io possa sentire tuoi pensieri. Sentire le tue dita sottili che mi cercano.
Adesso prendiamo la strada di casa.
La luna ha acceso la luce perché non ci perdiamo.

 

 

 

Quando verrai

Quando verrai Il nostro viaggio partirà.
Alberi e pianure e montagne ci verranno incontro. Come diapositive nel cassetto della memoria.
Quadri muti sulla sponda del fiume dove scorre la vita. Ognuno con una storia non scritta.
Le foglie ridono al sole d’estate.
Gli arbusti cullano pulcini chiassosi.
Le montagne aspettano per parlarci del mistero del sole che ogni notte si ripara, protetto da loro. E della Luna che si appoggia stanca sulle vette innevate.
La pianura madre dei fiori e letto dove ogni cosa si addormenta. Il diario si riempie di racconti.
Storie di gente.
Mattoni della casa del mondo.
Il vecchio racconta di guerre e di amori.
La foto riprende antiche fortezze e danze colorate. Il mare aspetta paziente.
Il tramonto illumina la sabbia.
Le conchiglie danzano per noi, mentre gli occhi si perdono tra le stelle.

 

 

 

Quanta voglia di partire!

La pioggia scrive sul finestrino del treno storie di viaggi. Sembrano a volte lacrime che fuggono veloci per non farsi vedere. O gocce di rugiada poggiate sui petali di un fiore raccolto per lei.
Al primo raggio di sole le gocce diventano lucciole di una sera d’ estate. Ora danzano sul vetro sospinte dal vento che corre incontro al treno.
Ora, in ogni goccia, vedo una piccola sfera di vetro.
Castelli, o piccole chiese, o una coppia che si tiene per mano. Le gocce sembrano lancette dell’orologio della vita.
Scivolano via lasciando sempre una piccola traccia dei giorni trascorsi.
Il finestrino del treno sono i miei occhi che guardano le stazioni dove mi sono fermato. I tanti viaggi che ho fatto.
Quelli che ho sognato
Quelli più importanti dentro di me.
Quelli nei colori e nei profumi del mondo.
Le piccole gocce sul vetro sono le parole del libro che ho scritto viaggiando. Ora è tardi.
La notte ruba la luce al sole e solo la luna illumina le piccole gocce. Ora Improvvisamente silenziose…
Sono note di una musica che arriva col vento di mare. Ne raccolgo qualcuna nel palmo della mano.
E’ un piccolo ruscello dove, sopra una foglia, vorrei farmi portare su una nuvola. Come sognavo da bambino.”

 

 

 

Pagine

“Il libro lì sul letto, Sdraiato.
Aperto come uno sbadiglio. Un saluto distratto.
Ci lasciamo. Pagine aperte,
come una mano tesa Tra le righe…
la mia vita Mi manchi. Nostalgia.
Come una finestra socchiusa. Un ramo che invecchia,
ma
non cade.
Respiri, sospiri, sorrisi. Lacrime scivolate sulle pagine. Ricordi.
Poi riapro gli occhi.
Riprendo il libro.
Nuovi capitoli
La meta forse è vicina…

 

 

 

Liguria

Nelle mie vene d’ulivo scorre rosso sangue di tramonti. Nei miei capelli contorti come Crêuze,
si infila e si insinua il ponentino, carezzandomi. La lingua lecca sassi bianchi,
salati.
Lanciati dalle onde contro i monti,
piantati sulla riva come giganti minacciosi… Inutilmente le mie dita,
anch’esse ritorte e nodose come rami di Pino marittimo. cercano fiori di mare per lei…
Stella di mare!
Il muretto a secco si piega. Sembra volersi appoggiare a me,
stanco di reggere le radici della terra,
che come arterie si diffondono sotto la morbida erba per dare la vita. La luna finalmente spegne la luce e tutto si accheta!

 

 

 

Lo specchio

“Ho sentito il peso delle braccia quando ho cercato di prendere la mia incoscienza tra le mani. Sembra che a volte non sappia chi sono.
Le nuvole scorrono veloci nel cielo come i miei stati d’animo.
La luce del giorno ed il buio della notte si alternano velocissime come lampi di lucciole. Sono attimi fuggenti!
Lampi nella notte dell’inconscio.
Luce accecante nel tempo della consapevolezza. Io e lo specchio ci guardiamo per capire chi siamo. Chi sogno, chi finzione, chi reale.
Chi qui ed oggi.
Chi perso in un tempo indefinibile. O forse ambedue.
Sogno speculare che si confonde nei confini dell’io. E poi tu!
Apri la finestra e la realtà e la sua luce entrano con forza nella mia stanza. Qualche angolo buio ancora si difende.
Si copre con il mantello nero che vuole impedire l’essere visti. Riconosciuti.
Ed in fondo è un bisogno di protezione…
Solo l’amore che arriva come un colpo di vento apre ciò che doveva essere chiuso ed è anch’esso mantello.
L’ amore è uno specchio che non riflette ma è esso stesso protagonista. Chiede di guardare, di guardarsi.
Chiede di andare oltre ma insieme… specchiandosi. Crudelmente e meravigliosamente.
Con la fame di sapere, la sete di capire Il dolore del limite.
La gioia del superarlo.
La forza che ti dà il capire, il capirsi.
Specchiandosi nello stesso specchio ma ogni giorno in uno specchio diverso. Ogni specchio è una stazione di quelle tante che ci passano davanti nella vita. Le guardiamo dal finestrino, a volte ci ricordano qualcosa.
A volte scendiamo.
A volte ci lasciano con dei punti interrogativi o sogni.
A volte è la stazione dove la vita ci ha dato un appuntamento.

 

 

 

E sono sabbia

“Dentro di me scorre un fiume inevitabilmente irrequieto. E sono sabbia.
Ora assetata dal sole. Ora dispersa dal vento.
Ora amante in notti accese dalla complice luna. Inevitabilmente senza forma.
Eterna!
Mai uguale a se stessa!
Come pelle voglio le tue dolci carezze. Come fiume voglio entrare dentro di te! Che sei il mio mare…”

 

 

 

Tutte le volte che ho amato me stesso

Mi domando dove si apre la porta della mia vita. Ogni giorno.
Ogni notte insonne. Ogni giornata frenetica. Ogni attimo d’amore.
Ogni attimo di…dolore.
Nel dire dolore mi manca il fiato! Così come so amare…
Senza fiato!
Ancora una volta sono davanti alla porta!
Una volta aperta mi domando se voglio veramente uscire.
Guardo un poco curioso il mondo fuori di me.
Ogni volta nei miei occhi passano immagini, schegge impazzite di me. Perché io sono pazzo!
Pazzo di vita!
Le schegge ora sono foglie. Alcune di un verde accecante! Altre rossastre.
Altre ingiallite e cadute. Non morte!
Solo cadute.
Come le mie cadute!
Cerco di raccoglierne qualcuna ma poi mi alzo e accarezzo quelle più verdi. Sorrido.