E poi me ne vado…
E poi me ne vado,
zingara come la fantasia,
scalza come la libertà,
furiosa come il tempo.
Ho lasciato promesse nel respiro del vento
e risposte su un foglio bianco dietro il sipario dell’orgoglio.
E poi me ne vado in un arcano mistero non svelato,
in un accenno di pensiero remoto,
tra uno spazio tra un tuo dito e la mia pelle,
nei colori di un’antica favola per poi ritornare ancora…
ma stavolta folle come la fantasia,
nuda come la libertà,
maestra come il tempo.
Cercami
Cercami in un battito di mani, cercami tra le chiacchiere di mille comari, cercami tra parole di carta lanciate al vento, cercami tra il rimorso e il pentimento. Cercami lungo questa dura salita perché poi, credimi, lungo la strada c’è un bivio e poi una discesa. Cercami nella farina che scivola tra le dita, in una bugia piccola ma diventata infinita, su una sedia macchiata di lacrime e pazzia. Cercami nel sorriso di una marionetta che finge l’allegria ma ha gli occhi bagnati di sofferenza e nostalgia. Ti cercherò in una lacrima lungo la mia schiena, nel seno di una vita scorticata, in una scritta chiara nascosta sotto il vapore di un vetro, in una domanda posta con riluttanza, in un ricordo grigio ardesia, in una realtà acremente battuta e vilipesa. E ci rincontreremo in un momento che è passato, un momento che è tutto quello che ottieni, tutto quello che puoi avere. Il tutto che ormai è già finito.
La scrittura
Dà voce ai miei pensieri, alle mie emozioni, ai miei spazi vuoti nell’anima, alle mie idee disordinate, all’amore non definito, alla vita. La scrittura scatena in me liberazione, mi permette di guardarmi in faccia, di vedermi, di ammirarmi e, con gli occhi pieni di gioia, mi sussurra che sto vivendo.
Colpiscimi
Colpiscimi in uno sparo di tempo puntando al riflesso di un’ombra che mi veste. Ferisci lo spazio che intercorre tra il mio respiro e la mia pelle mirando al fiato del vento, dove rimarrà intrappolata la rosa che è il tuo proiettile. Vienimi poi a trovare in quell’alacre sogno di morte, dove ho rintracciato trascorsi di sogni e lingue annodate di serpi confuse. Saziati alla sorgente della mia ferita dove fuoriescono note di canto d’amore. Mi solleverò come tornata da un viaggio e non dirmi poi parola che non sia un tuo bacio.
Tempo
Se danzano le lancette, mi trovi stesa tra l’una e le due di un tempo che mi riconduce al gradino di un tempio che ha ospitato le esequie del ricordo. Se ti volti mi vedi prigioniera in un riflesso, nel baratro di un risucchio di follia, su una sonda che mi porta dove è nato il cielo che ho racchiuso in una mano, in un residuo di cenere che ha sporcato le tue dita, sul fondo di una sigaretta spenta dal valore del tempo. Nella povertà, nel rimorso, nel dolore, cercami qui perché possa essere la tua chiara speranza.
Individuami
Individuami in un punto di gittata che oltrepassa lo spazio e mi divide da te. Individuami nell’istantanea di uno scatto, nel riflesso di un’ombra che ti segue, nello stupore e nella meraviglia. Mi stenderò sulla schiena del mondo per vederti nella prospettiva del tempo. Afferrerò i tuoi sogni in volo, sono aquiloni che passano alternando le stagioni al tuo perdono. Ascolto quel respiro lento che esce dal tuo sguardo, invoca il germoglio del fiore che è il tuo cuore, la poesia. Riparati sotto il tetto della mia anima, castello di sabbia reso cemento dal sentimento. Ho invocato il tuo nome, il mio mistero, svelato nell’eccidio del dubbio. Lasciati come altro te affinché io possa invocare la mia croce, la tua bellezza.
La Paura si prostrò dinanzi al Coraggio e capì di non avere alcun valore. E chinò il capo mentre la Libertà che era seduta in prima fila applaudiva.
……………
Un giorno la follia, la ragione, la timidezza, la verità e la sicurezza giocarono a nascondino. La timidezza iniziò a contare e tutti si nascosero. La prima che trovò fu la sicurezza perché quando c’è sentimento la timidezza sparisce e stai bene con chi ami. Allora la sicurezza contò. Si mise alla ricerca e trovò la verità perché chi è sicuro ama. Poi toccò contare alla verità. Dopo poco trovò la ragione perché verità e ragione sono sorelle. Infine toccò alla ragione contare ma dopo non gli fu semplice trovare la follia. Essa si era nascosta perché non voleva uscire dal gioco. Capirono che solo insieme potevano trovare l’amore e, cosi, si unirono per sempre.
……………
A volte con lo sguardo ti soffermi sulle nuvole; le giri, le capovolgi, le deformi, le rendi con la tua immaginazione fumetti sui tetti… è la stessa libertà di quando apri le braccia al cielo e ti illudi di sostenere l’infinito.
……………
Il viaggio della vita non finisce; continua senza sosta. Godiamo del nostro cammino puntando all’immenso sotto l’indiscrezione del cielo; il suo azzurro sarà la culla dei nostri passi, la sua grandezza la garanzia dei nostri sogni, le sue sfumature ogni orizzonte da oltrepassare. Credi sempre nella convinzione del tuo cammino, nei tuoi passi decisi, nell’intensità dei tuoi obiettivi. Vivrai nel respiro ondulato del mare e nella magia di una galleria che ti aspetta ancora da percorrere.
A te, Salvatore, e ad ogni santo ribelle.
Tu mi parli della tua vita e del tuo spirito che ha lasciato in te l’aroma della presenza. Non guardarti allo specchio, vedresti i solchi delle passate avventure, l’idra della tua nostalgia correre per antiche montagne di memorie. Gridi sul tuo destino mentre con le tue parole mi raccomandi un futuro tanto gaudente che anche le tue labbra diventano un campo di mimose, e per un istante sorrido anche io. Mi chiedo dove sarà il tuo posto lassù, in tanta collisione di anime. Brancoliamo per un istante nel buio della scienza, spinti da un fiume all’argine pieno della vita. Ora penso a ciò che fosti quando per un attimo morii insieme a te e adesso, come tua discepola, ti canto. Le tue mani ruvide e nude, al ricordo, si ergono nella mia mente come due gigli superbi. Cadrei come una foglia al vento, sono certa, mi raccoglieresti immacolata sui tuoi due steli.
Ad ogni nonna e a te che sei molto di più.
Ti ho scritto lettere d’amore a lungo stemperate nella voce; sei sempre stata per me quel sentimento forte che ogni umano solo alla santità darebbe. Ti ho tolto la misura della voce per me hai sempre cantato all’unisono con i suoni nei loro segreti più fascinosi. Come in un profluvio di ipotetico pianto di gioia, in quel fremito di pioggia di vita, ci siamo giurate un grido infinito d’amore. Sei identica al mio cielo dove si nascondono i miei sogni, ed io identica alla tua terra dove si celano le tue passate esperienze. In una pennellata di due generazioni diverse abbiamo dipinto un unico quadro. E le tue rughe sulla mano sono le venature del mio cielo, e i miei sorrisi sono le crepe della tua terra.
Non passi mai, Ricordo.
Divorami con la tua eco le spalle come se fossi una lontana collina che si erge solitaria tra mille montagne. Portami in quelle vaghe memorie di rapide esperienze non più così fresche come balconi di cemento che mi sembrano di cartapesta. Suonami il canto del mio passato come se partecipassi alla festa di Peleo e Teti in un mito, accanto ad Eris. Mi siedo adagio, col mio vestito di gran gala e mi godo il tuo scavare nella roccia della mia vita. Vedo sogni di corallo e reti di saluti che una volta mi sembravano adii, ora sono solo bei momenti. La notte se non è rapida non fa in tempo a coprire il sogno. E’ già giorno, e tu, pensiero, sei diventato già un ricordo.
Giovinezza, nasci da impeto e leggerezza.
La tua unghia scalfisce il tempo come la forza di un seno deciso di una madre che vuole saziare il trionfo della sete del suo bambino. L’impeto del tuo agire è come un abbraccio avvolto fin sotto la schiena, nel ventre di una poesia, fino a quegli angoli di strade che chiami destinazione. Altre volte sei un vento di leggerezza, un pensiero fugace che non lascia segni, nella sua estiva spensieratezza. Altre volte ancora sei un gigante giovane ma con la pazienza di un anziano. Il tuo grembo di vita accende infiniti camini e spegne altrettanti fuochi con il suo stendardo di venti. Con l’impeto del tuo violino hai reso l’impatto della vita più lieve.
Amore è un nome.
Amore è uno spirito svelto che nasce all’improvviso come una lepre colta in fallo. Ti denuda delle tue foglie di difesa e cresce in te quel manichino di sentimento capace di donarti senza maschere tutta la sua essenza. Amore ha un bel viso che l’istinto ha dipinto con una pennellata distratta ma una coscienza perfetta. E’ un sentimento leggero simile ad un cuore di madre, che si profonde nella carne senza sfiorarla. Amore è un vento per ogni capello, un’urna di baci, una tranquilla evanescenza che si chiama poesia. Dicono che sia astrazione, o uno strano capriccio. Eppure tutti lo sentono e lo nominano, con un nome che nessun’altro ha, Amore.
Napoli ha il tuo nome.
La riconosci subito dietro ogni angolo scrostato di vita coperto di carte o sapori del sud, nella freschezza che esce da case lasciate aperte affacciate sulla sponda di ampie strade moltiplicate sotto i passi della gente. Napoli è una vecchia camicia di lino bianco che il sole ha un po’ ingiallito, è il tempo che vorresti fermare, è una storia letta insieme e commentata tra sorrisi e aroma di caffè. E’ la tua voce che mi rincorreva sulle scale col tempo che ci inseguiva in giorni lunghi, insieme, eppure volati come polline. Napoli la senti ad occhi chiusi ti lega a lei e non ti lascia più, come se per un’intera vita apparteneste allo stesso calendario. Non è una gracile azalea ma un’orchidea, all’apparenza fragile, ma salda come un antico ulivo. E’ simile ad una goccia di sole che mi ricorda una mimosa. Non so spiegare come, è sorriso, pianto, mani uniti, colori sfasati, una sorta di ricorrenza, un ricordo, è futuro, siamo io e te. Napoli a volte ha il tuo nome.
Ad un uomo qualunque.
E’ un percorso di guerra quello che ti sei lasciato alle spalle, che ti ha colmato le rughe e ha nascosto i tuoi cedimenti. Hai cercato la tua identità in una vita simile ad un campo di battaglia, ingaggiando conflitti mostruosi. Hai calpestato il senso obliquo del cielo, raccolte briciole su tappeti rosso ocra dipinti dal sangue dei tuoi sacrifici. Hai rotto il fragore di inutili guerre mosso sopra una terra che sa di coraggio. Ti sei punto su false corone di spine, all’udito di suoni ingiusti cullati da un’aria paraffina. Hai fatto tanto, eppure sei valso per gli altri solo un minuto a disposizione. Malgrado tutto, ti sei preso per mano allungando la tua ombra su grosse chiazze di asfalto; vi siete seduti sugli scalini il cuore e la vita e tu e ti sei amato di un tempo infinito, nella tua dimensione, e sebbene nella tua grandezza, la grandezza di un uomo qualunque.
Ad ogni anima suberba.
Hai lasciato dietro di te l’atteso silenzio di una chiesa deserta, di una moneta caduta a chi bisognoso l’ha persa davanti a te. Hai varcato la soglia delle cose dimenticate, calpestando quell’amore che spoglia il tempo lasciando tracce ampie e calme. Spruzzando inchiostro nella notte hai spento il buio nel buio chiudendo gli occhi con semplicità. Eri uno splendido sposo, in attesa, impaziente all’angolo di un altare, ma avevi dimenticato l’abito della promessa. Sei stato primula e rosa ma eri troppo incosciente della tua superbia, una donna perfida travestita da peccato. Vecchio legno sterile, dignità in disuso, eppure sei stato in grado di ritenerti ogni cosa. Chissà se ti sei mai guardato allo specchio per vedere entrare prepotente la tua vita. Avresti solo visto un’ombra color pervinca, non ti saresti mai toccato, embrione di inganno mai cresciuto veramente.
Ancora qui, lontano dall’Altra.
Eppure sono ancora qui, ai piedi nudi di un Agosto accaldato in una metropoli che assomiglia ad una chance, con indosso una giacca cucita di esperienze. Sono qui, nelle cose perse e nelle grandi conquiste, nel dolore di un parto e nel primo respiro, nella linea orrizontale di strane sinapsi, di presunte percezioni, in un effetto. Nel viso imbiancato che hai dipinto sulla tua tela, in ogni entrata o accensione, nel rosso vita, rosso pericoloso, del tuo vino preferito. Presente, forse prima di te, in un anticipo che inizia a farmi ridere a crepapelle, dinanzi alla sconfitta, alla rivincita, alla gioia, al presente, a com’ero ieri, al domani; tutti miei ospiti in questo grande matrimonio che mi assomiglia, lontano dalle lusinghe dell’Altra e dal suo volto salato. Sono all’orizzonte di questa chiesa, come tua, mia, eterna sposa; in piedi sulla soglia che ha distrutto ogni “ma”, alle porte di una timida coscienza.
Telefono senza fili.
E perciò non ti risponderò al telefono perchè anche Cleopatra amò Cesare solo alla sera quando di ritorno, condottiero d’amore le confidava i trucchi del sentimento. Di giorno gioco a scacchi col sole, allungo il passo e rimuovo quei sogni che inseguono la tangenziale dell’ovest e che alla sera ritrovo nel mio letto. Mi dici, rispondimi; devo raccontarti la mia parabola d’oriente, dell’orbita disegnata da un bacio, della mela che ho rubato a Paride per lanciarla a te. Lascia squillare, ti ricordi quando ti dicevo che siamo troppo adulti per giocare, che l’amore è una storia che non si sa raccontare, che ogni squillo è un “si” che ti voglio dire? E perciò non ti risponderò al telefono, perchè anche Cesare tornava alla sera per vedere Cleopatra dormire, nel suo letto di sogni, e ad ogni squillo, una speranza.
E ti amo
E ti amo perchè se avrai sete
e non avrò acqua da offrirti,
scioglierò i ghiacciai trasparenti dei miei sogni
per dissetarti.
E perchè le mie mani saranno coppe di cedro puro
e le mie braccia i rami
che ti faranno ombra
quando ti stenderai a riposare.
Mi amerai di un sentimento puro
perchè non sono stata mai più grande
dell’amore che mi hai dato.
E non ti amo come un fiammifero che propaga il fuoco,
ti amo delicatamente e segretamente
tra l’ombra e l’anima.
Ti amo come il fiore ama l’acqua
che lo alimenta alle radici
senza che nessuno se ne accorga.
E non importa da dove viene questo amore,
nè quando è nato,
nè quale sia la sua casa.
Ti amo senza chiedermelo e senza orgoglio.
E se sarai lontano
non sarai tu e non sarò nemmeno io,
e se invece mi toccherai
la tua mano sarà la mia,
così vicini che se aprirò gli occhi
tu ti sveglierai.
Lettera d’amore.
Oggi lascia che sia la tua stanchezza,
le tue prenotazioni dopo tante coincidenze perse,
i tuoi sorrisi trattenuti.
E so molto bene
che una volta che sarò tutto questo
tu non ci sarai.
Non sarai nei miei sogni che sgorgano la notte,
non sarai nei gesti imprudenti,
negli arrivederci in attesa del domani.
Non ci sarai quando alzerò gli occhi
e griderò:” Ce l’ho fatta”.
Non ci sarai nei miei passi alle partenze
o nella luce degli arrivi.
Sarai in ciò che non ho mangiato,
in quel verso che avevo in mente
ma non ho avuto il coraggio di scrivere,
sarai nel mio secondo di ritardo.
Eppure, almeno ora,
lascia che io sia quella mano che mi stringevi,
quel “per sempre” che mi hai promesso.
E so molto bene che il per sempre non esiste,
ma permettimi di essere
finchè vorrai e finchè ne avrò coraggio,
simile a te, e assomigliarti
sebbene nella lucentezza della mia tela
e nelle venature della tua pelle.
Ti do il mio amore
Rivedo le lettere d’amore che ti scrivevo,
illuminata da un distacco
fatto di infiniti spazi, di rancore e ricordi.
Ci reggevamo negli abbracci
da cui nasceva luce
che ancora seguita dopo le mie spalle.
Mi hai donato le mie origini,
mi hai resa divergenza di emozioni,
perchè tutte tu me le hai insegnate.
Mi hai dato i tuoi insegnamenti
per la mia vita di ricerca
e per farmi abitare nel tempo di un lungo traguardo.
Sei un grido di alta grazia,
hai gemmato fiori dai rami più stanchi
e ora sono tutta fiorita.
Mietevi dolci favole per me da bambina
che porto dentro come un segreto solo nostro.
Ti do il mio amore,
i miei battiti, lunghi sorsi di cielo e stelle.
Ti do il sole vergine di ogni mattina,
i piedi nudi delle statue sui quali pregare.
Ti do il mio sguardo nel tuo
per creare spazi densi di cielo
profondi come secoli di luce.
Mi sarai lontano mille volte,
in te ho guardato me stessa e ho guardato oltre;
ho provato piacere e orgoglio nel capire che ero uguale a te.