Marina Corso - Poesie

Stretta tienimi

 

Stretta tienimi,

in un abbraccio

senza distanze,

dove nemmeno

la debolezza

delle nostre anime,

può rovinare

il così bel sentimento,

che il Signore,

un giorno,

ci dette in regalo.

Stretta tienimi,

non lasciarmi

tribolare,

nelle mie

stupide manie,

nelle mie paure

senza senso,

nella palude

del giudizio della gente …

Che di me, forse,

non aveva mai

capito niente!

Stretta tienimi,

come io stretta a te,

voglio tenermi,

in un nodo d’amore

che non avrà

… mai fine!

Vivo tremando


 

Vivo tremando

 

Vivo tremando,

al pensiero di te,

che vivi avvolto

dall’inerzia del tuo corpo,

che non ti sa difendere

dall’abbraccio della malattia.

Vivo tremando

e odio il mio vivere,

sospeso dall’alito della paura …

Domani andrà bene?

Che sarà domani?

Se potessi,

mi spoglierei, persino,

della mia identità,

se ti servisse a star bene!

Ti prego stai bene!

Che il cielo sorvegli,

i tuoi umili passi

e ti faccia correre sano,

incontro alla vita.

Forte, come il giorno

in cui sei nato!

Solo così io sarei libera

e più tremando

non vivrei.


 

La stanza buia

 

Quella stanza buia,

è sempre

chiusa a chiave,

là dentro

ci sono io,

là dentro

ho nascosto pagine

della mia vita

che ho dimenticato

di aver letto.

Pagine

che mi fanno paura,

pagine

che se un giorno,

ritornassi a leggere,

mi costringerebbero,

a prendere di petto

la mia vita.

Ma io voglio vivere?

Vivere, la mia vita? …

Quella chiave,

ne è la risposta!


 

Le tue mani

 

E quando non potrai

più usare le tue mani,

per lavorare,

userai allora il tuo cuore

e i tuoi capelli bianchi,

per tessere un’arazzo

fatto con fili d’amore.

E quando non potrai

più usare le tue mani,

per lavorare,

capirai, allora, che le tue mani

calde e tremanti,

serviranno finalmente,

solo,

per accarezzare chi ami.


 

Figlio della Patria

 

Calde lacrime scendono,

a bagnare i solchi rugosi,

di una vita,

passata in mezzo ai campi.

Figli,

vostro fratello,

non tornerà più a casa!

Vostro fratello,

ha lasciato là,

la sua giovane carne

insanguinata, nel luogo,

dove dimorano

le anime senza domicilio.

Vostro fratello,

non tornerà più a casa!

Scende il buio,

neanche il caldo

fuoco del camino,

potrà più scaldare,

quella umile dimora.

Il lavoro dei campi,

la crescita della prole.

Il tempo scorre,

la vita invecchia

quel viso solcato,

ma, un pezzo del cuore

di una donna, è rimasto là,

nel luogo senza domicilio,

accanto

ad una giovane anima,

dal corpo insanguinato,

di un figlio della Patria.


 

Il gallo solitario

 

Solo,

il gallo solitario,

zampetta sull’aia

irta di ghiaia,

gonfiandosi il petto,

per un uccelletto

che, aprendo l’aletta,

fà una moina

ad una goffetta

e selvaggia gallina.

“Orsù uccelletto”,

il gallo si presta,

a lottar per amor,

issando la cresta.

“Vola lontan, a

trovar compagnia,

che in questo pollaio

non vè gallinaccia,

che per amor

non sia mia!”.


 

La bottega del pane

 

Nella bottega del pane,

una donna, impasta la farina,

con una piccola

e fugace lacrima,

che scende,

colma di vecchi ricordi,

accarezzati

da due mani

calde e incallite.

Nella bottega del pane,

il tempo geloso,

non fà dimenticare,

il profumo intenso

di un passato,

mai passato.

E ancora là

rivive,

fra la polvere bianca

e i capelli argentati

di un cuore infelice.


 

Pensiero nascosto

 

Quello che tu

vedi fuori,

altro non è,

che quello

che io voglio

farti vedere.

Della rosa,

tu ammiri

solo i fiori,

invece è,

nelle sue foglie

che lei ha scritto

la sua poesia.


 

All’ombra dell’ulivo

 

All’ombra dell’ulivo,

seduta e pensierosa,

sotto la brezza ombrosa,

di foglie innamorate.

Innamorate,

dei miei pensieri,

che vanno

lontano con l’onda,

della mia giovinezza

che in pochi si ricordano.

Ma che dentro

al cuor ho nascosto,

adesso, che son vecchietta

e faccio vedere a chi,

mi parla, con sincerità,

e ancora mi rispetta.


 

LE CASE DI MARANO

 

Se le case di Marano

potessero

raccontare le loro storie,

avremmo libri,

pieni di memorie.

Storie di uomini,

che stanchi

per il lavoro,

bevevano bicchieri di vino

in osteria,

tornando di notte

a casa alla deriva,

per la via.

Di donne che

lavavano per altri,

con le mani rattrappite,

nel mastello

per prendere due pugni

di farina,

al loro piccolo fanciullo.

Di donne che

nel vicinato, cucivano

la rete per il marito,

appena tornato dalla pesca,

stanco e sfinito.

Di bambini che a scuola

non volevano andare

perché a loro piaceva

andare a granchi

e a prendere i pesci con le mani.

Storie di nonni, di sposi novelli,

di preti, dottori,

e di sorelle e fratelli.

Storie chiuse a chiave

in un cassettino,

lasciate perdere negli anni,

al loro povero destino.

Storie di militari

e di lettere di guerra,

che ti facevano

piangere la sera.

Le case di Marano,

ne hanno viste

tante …

ma restano là,

ferme, in silenzio,

tutte quante.