Maurizio Rana - Poesie e Racconti

Padre e figlio

Ed ebbe inizio.
Ebbe inizio mentre ero fermo, immobile, davanti agli occhi di un bambino.
Lui così piccolo, fragile ed indifeso come me alla sua età, ed io, grande, enorme ai suoi occhi che mi vedevano invincibile, protettivo e maestro: lo stesso modo in cui guardavo chi, com’io adesso, mi spiegava e regalava il mondo, il mondo che possedeva, il mondo che poteva darmi e che s’impadroniva delle mie emozioni di allora.
Quel mondo era tutto per me che non avevo altra pretesa diversa da quella di avere, il più possibile, lui che me ne faceva dono, accanto, e sempre sperando che non mi abbandonasse mai. Ricordo quell’ansia; un’ansia che mi accompagnò per gran parte della vita.
La sua età che avanzava, come la mia adesso, e che quasi dissolveva la certezza di una presenza che potesse prolungarsi.
Era il mio unico, imbattibile, nemico e quel nemico si ripresenta oggi.
Un nemico che assolve inesorabilmente il suo compito.
Un nemico forte di quella stessa certezza che sgretola la sicurezza ma non sconfigge la speranza e l’auspicio che accompagnano ogni vita.
E continua come ebbe inizio.
Mano nella mano, allora ed adesso, a seminare e raccogliere, discepolo e maestro, maestro e discepolo a raccogliere per poi seminare.

 


 

 

Il mio inverno

Il cielo che si tinge di grigio per poi risplendere di un nitido fucsia quando il vento irrompe per spazzare via le nubi, regala tramonti irripetibili.
Lo scintillio della cadente pioggia a chicchi che brilla e si colora delle calde luci della sera, ipnotizza il mio sguardo.
La legna che arde ancora in alcuni camini resiste al tempo e con i suoi profumi dispersi nell’aria si contrappone al progresso.
I locali luccicano, si affollano, e offrono un intimo riparo. Si ha più tempo per parlare e ascoltare cuori dirompenti di un calore che l’infreddolito corpo non riesce a contenere. Affiora il momento in cui riassapori l’essenza dell’anima che ha bisogno del corpo per sfamarsi di quella passione che ti accende. Sono i colori, i sapori dell’inverno che rimescolano ingredienti di vita e assopiscono animi belligeranti e trasformano novanta interminabili giorni in un sogno che ti prepara ad un nuovo risveglio.

 


 

 

Frammenti di vita

Vola il tempo.
Anche oggi è come un alito di vento che prova a spazzare via in un istante i residui di una vecchia vita. La ritrovo a Scampoli, dispersa e nascosta, in questi vicoli che attraverso, tra i quali avverto nostalgia e cerco ancora una risposta.
La tocco e mi cade addosso.
Con essa il ricordo, quello di una vita fa. Mi ci vesto di nuovo, la indosso
e mi commuovo e per pochi istanti mi ritrovo smarrito e solo.
Vola il tempo.
È come un alito di vento che soffia all’improvviso. Una voce irrompe nel silenzio di una stradina che percorro e mi strappa un sorriso.
C’è un uomo seduto sullo scalino di una vecchia abitazione, che grida il mio nome.
Mi volto, lo riconosco.
È lì e mi dice che solo per pochi anni si è mosso.
Da quegli scalini, gli stessi dove giocavamo da bambini, mi ha chiamato.
Il largo Rignano, così denominato, non è poi tanto cambiato.
È come i vecchi abiti ammucchiati e in vendita sulle bancarelle dell’usato, quelle che trovi ancora al mercato, che da anni si ripete con cadenza settimanale, da almeno cinquanta o più che io ricordi, ed è il più tradizionale. Usati o vintage come si usa dire per un indumento od oggetto del passato, che conserva il suo fascino immutato.
Un fascino rigenerato dai ricordi che regolano il volano del gusto.
E vola ancora il tempo.
È come un alito di vento che spazza via i frammenti di quella vita, anche dove resistevano ancora. È una continua emozione, quando rivedo le strade parallele alla mia vecchia abitazione. Situata a pochi metri soltanto, da quell’amico che andando via ho salutato e mi ha abbracciato tanto.
Mi hanno riportato in mente le cantine di un tempo.
Ne trovavi almeno due o tre per rione. Si riunivano per bere il vino con la gassosa, parlare e giocare a scopone. L’ambiente era poco variegato, in parte obsoleto e spesso frequentato, dal più molesto al più mansueto.
Era perlopiù composto da un sodalizio di gente,
non avvezza a vivere la famiglia in modo coinvolgente.
Locali o detti tali che esistono anche oggi ma con nomi differenti.
Hanno attinenza col passato ma il look è un po’ rivisitato. Pub, birrerie, wine bar i più in e ricercati e anche maggiormente frequentati. Al contrario di quelli che racconto, questi accolgono abitualmente una promiscuità di gente.
Si rivivono simili momenti ma rinnovati nella forma e nella sostanza. Amici, coppie e famiglie s’incontrano per bere, discutere e riempirsi la panza.
Non si gioca più a scopone, ma ad un nuovo gioco, fantacalcio è il suo nome, legato appunto al calcio, gioco che dei tanti resta una passione, ma che al contrario di tante vite fa si pratica al momento, con tensione.
Vola il tempo.
È come un alito di vento che arriva all’improvviso forte e deciso, a sradicare abitudini da anni consolidate, che gli eventi della vita oggi prendono a pedate. In tanti non si è disposti a perdere del limitato tempo che ci è concesso, un solo istante, anche se dispersa nell’aria c’è una mina vagante. Può sembrare pura follia, ma quell’istante di amnesia, che ti allontana, dalla routine quotidiana, lo cerchi sempre ed ancora, ma solo in una differente ora.
Vola il tempo.
È come un alito di vento che spazza via e rinnova e genera una vita nuova.

 


 

 

Amo la notte

Amo la notte, da sempre intensa e
profonda per la luce che sprigiona nei miei
pensieri mentre oscura tutto intorno.
Amo la notte, per il suo rigenerante aiuto
perché Spegne le tensioni e prelude la
rinascita.
Amo la notte perché pone fine alle lotte
quotidiane ed aiuta ricostruttive riflessioni.
Amo la notte e l’atmosfera che si crea,
densa di colori e di profumi in ogni
meandro che attraverso ricco di vocii .
Amo la notte per le luci fioche e perché
calda come i cuori che s’incontrano dopo il
vagare mattutino.
Amo la notte perché mi travolge con suoni
scintillanti e con melodie suadenti che
accompagnano i gusti che assaporo.
Amo la notte perché ritrovo in essa la
serenità che rinnova in me la forza per
affrontare nuove sfide.
Amo la notte, perché libera i desideri,
perché aiuta a cavalcare i sogni, perché
mettendo a nudo le nostre paure ci rende
più vulnerabili ed umani.

 


 

 

Natale a Foggia

Tra mille affanni anche quest’anno il Natale è giunto e come sempre si respira un clima denso di emozione in tutti i paesi, in tutte le città ed in particolare nella mia dove tutto si colora di una mistica atmosfera.
Le vie trasudano di luci scintillanti.
Alberi addobbati nelle piazze centrali fanno da cornice ad uno degli scenari più belli che io ricordi.
È il momento dell’anno che maggiormente attendo ed è quello che più velocemente svanisce per trasformarsi in una nuova ed estenuante attesa: il Natale successivo. Come ogni anno, come sempre, il giorno della Vigilia è quello vissuto con maggior trepidazione. È il giorno in cui grandi e piccoli, complici d’intenti si riversano anche per strada, dando vita a festosi caroselli fino a sera.
È il momento in cui ci si ritrova con i legami del passato, con volti familiari che ritornano, ridando vita a ricordi assopiti. È il giorno in cui il frenetico via vai verso i negozi, viene saltuariamente interrotto da pause nelle quali ci si dedica alle bollicine, alla musica dal vivo che impazza ed esplode per tutte le vie principali ed alle stuzzicherie tradizionali del periodo che alleviano la fame in attesa del classico cenone. Il tutto diventa la rielaborazione moderna di un’attesa che prende spunto da un passato che rievoca nostalgici ricordi, le preparazioni in casa.
Tra mille affanni, anche quest’anno il Natale è giunto e vorrei per tutti che il tempo si fermasse a questo giorno che ci fa sentire e ci rende migliori, e per me anche che il tempo restasse fermo al Natale per poter scorgere negli occhi dei miei affetti più profondi le emozioni che ricordano ciò che sono stato, rivivendole attraverso loro.

 


 

 

Diabolica-mente

Sei il diavolo che spinge per portarmi a sé.
So che in mezzo a te, brucerei tra le fiamme dell’inferno ed è il mio dilemma: barattare attimi di piacere intenso che mi farebbero sprofondare in un fiume di lava ardente,
con la certezza di una felicità eterna se vi rinunciassi. Sono fermo, inerme, in preda al panico ed al dubbio assillante: soffocare questo incontenibile, indomabile istinto lussurioso o liberarlo per rendermi schiavo del peccato, lo stesso nel quale proverei a farti precipitare.
È grande il dolore che non posso descrivere.
Un dolore che vivo ogni volta che incontro quello sguardo
che a volte fingo d’ignorare nell’insicurezza che mi venga proposto, destinato, con lo stesso fine. Provo a staccarmi dal desiderio e tutte le volte in cui ho la sensazione di esserci riuscito,
ricompari più spumeggiante, raggiante e famelica a ricordarmi che ci sei ancora. Sei il diavolo che spinge per portarmi a sé e so che in mezzo a te, brucerei tra le fiamme dell’inferno.

 


 

 

Filastrocca di Natale

L’albero di Natale con le sue palline e luci, rosse, blu, verdi e dorate, mi riporta tutti gli anni nel passato, rievocando immagini ed episodi, che non ho più dimenticato.
Addobbarlo, era considerato come un momento di festa che aveva inizio dalla scelta dell’albero.
Non c’erano alternative, solo alberi veri che cercavamo nei vivai o nei grandi magazzini e per accaparrarsi il più grande, anche il mio papà faceva a gara come i ragazzini. A lui piaceva guardare il mio volto pieno di stupore, lo stesso che poi notavo negli occhi di mia madre quando tornavamo a casa, dopo aver anche raccolto terra ed acquistato, il vaso dentro il quale veniva piantato.
Una credenza bassa in legno, era già pronta per fare da sostegno. Intorno alla base si era soliti usare,
la carta da presepe per dare l’impressione più o meno, che fosse piantato nel terreno.
Diventava un’opera, un’autentica creazione da esibire a tutti gli amici del palazzo, con soddisfazione.
Ognuno di loro pensava di avere il più bello nella propria abitazione. Gli alberi veri coi giorni perdevano gli aghi e perché non si presentassero spogli e per non vedere i bambini affranti, tutte le mamme usavano le stelle filanti.
Si aspettava l’otto Dicembre, il giorno dell’Immacolata e a quel punto, anche in casa si dava il via alla fiaccolata. Una fiaccolata intermittente che per molti anni ha accompagnato anche le mie sere e le mie notti da ragazzo. In realtà le accompagna anche adesso, da adulto, nello stesso modo: le sere, quando vado in giro a fare la conta di quanti ne vedo illuminati dietro ai vetri dei balconi.
Le sere e le notti, quando in casa spengo tutto per lasciarmi ipnotizzare dalle diverse sfumature zaffiro, oro, smeraldo e rubino che riflettono sulle pareti che in parte diventano una galleria d’arte. Per me è diventato un fedele amico, un compagno di viaggio per due mesi nei quali le mie notti non hanno fine e per gioire più di un’ora, sul divano dove steso ed addormentato, aspetto l’aurora.
Non rinuncio ad un attimo.
L’albero di Natale che con le sue palline e luci, rosse, blu, verdi e dorate, resta il simbolo di tutti i miei desideri anche quelli più blindati che solo io so essersi avverati.

 


 

 

Riflezioni

Buio: un termine che racchiude anche il significato della vita che in tanti scelgono.
Tra loro te, che ho ascoltato mentre ti avevo di fronte. Le tue parole piene di rabbia e povere di verità, hanno spento improvvisamente quella luce che ti avvolgeva e l’oscurità si è impadronita del tuo volto. Ho guardato attentamente il suo evolversi, ho guardato attentamente te, il tuo sguardo.
Hai incominciato a vagare insensatamente, a guardare nel vuoto. Ho visto il tuo corpo trascinarsi da un tavolo all’altro, un po’ per smarrimento, un po’ per noia e perché alla ricerca di qualcosa che sembrava sfuggirti o dalla quale sfuggire.
Era scritto nei tuoi occhi che continuavano a cercare.
Il nemico tempo aveva lanciato da poco, anche a te, la sua sfida. Una sfida che io raccolsi in passato e che mi spinse in quel baratro nel quale, adesso, sto vedendo te precipitare. È puro delirio, follia, osservare una vita come la tua, spegnersi e consumarsi in modo indegno.
Non è accettabile.
Non è accettabile che una tale intelligenza, si sprechi per un materialismo che non ti proteggerà dall’usura che ti raccoglierà tra le sue braccia.
È solo questione di tempo.
Un tempo che adesso non ti spaventa ma che t’investirà inesorabilmente perché così è scritto nelle nostre vite.
Sei più di quello che vedono.
Emergi ed abbandona il buio, c’è tanta luce in te pronta ad abbagliare: ed è adesso.
Ed è adesso, mentre le mie dita accarezzano, che percepisco nuove vibrazioni che inondano la mia anima di emozione.
Ed è adesso, che il lungo letargo sta terminando.
Ed è adesso, che avverto i sussulti di una nuova primavera prossima
all’arrivo, che da alcune sere bussa con inspiegabile violenza alle porte dell’inverno.
Timidamente chiede il permesso di entrare. La neve ed il freddo non resistono più all’irrompere di questo nuovo sole che con il suo calore ha ripreso a riscaldare il mio cuore. C’è soltanto una porta da aprire, una porta che separa da una nuova vita ancora da scoprire.
La serratura è posta poco più in basso degli spioncini. La ritrovo inaspettatamente accanto, vicina e sulla sedia, davanti all’entrata, ci sono delle chiavi:
non so cosa fare, non so se prenderle, non so se sono lì per me che sembro essere quello scelto per impugnarle ed aprirla, per oltrepassarne la soglia.
Ed è adesso.

 


 

 

I miei occhi: la mia vita

Mi sporgo e dal balcone della vita osservo come scorre il tempo. Un frenetico via vai fa da cornice ad un quadro che si ripresenta simile in molte sfumature, ma mai identico anche se sono sempre io a dipingerlo. Mi sporgo e la speranza che qualcosa sia cambiata, scompare. Si riparte con gli stessi frastuoni, le stesse abitudini e nell’attesa che la vita mi appaghi travolgendomi di emozioni, il tempo scorre e con esso porta via il mio furore interiore che si spegne incontrando l’apatia che mi uccide. Mi sporgo e non esito, mi catapulto investendo tutto ciò
che incontro, ma il risultato è nullo.
Allora decido di salire sul tram della vita.
Forse dall’alto non si osserva bene.
Devo scendere, immergermi e far parte dello spettacolo per poter comprendere, ma ogni volta che lo faccio vado incontro alla notte.
Ad ogni fermata salgono le stesse persone alla stessa ora e ripetono le stesse parole, sterili come le loro anime, superbe, ambigue, incapaci di dar lustro ad esistenze amorfe; ed è sempre notte. Ad ogni fermata, dal finestrino scorgo un nuovo albero piantato vicino alla stessa panchina divelta ed ascolto le stesse voci assordanti per il silenzio che trasmettono, ed il tempo scorre e poi, quando tutto sembra essere perduto, comprendo che l’unico senso della vita è intorno a me e che non serve sporgersi da un balcone o scorgere da un finestrino o attendere che qualcuno salga ad una fermata
per poter incontrare quello che la vita ti ha già dato, e mentre il tempo scorre, prendi ciò che hai, senza che il tempo stesso t’impedisca di viverlo intensamente. Il tempo scorre e la tua vita anche, lasciati andare e vivi le emozioni che i frastuoni della vita stessa a volte soffocano trasformandole in sordi battiti a volte impercettibili sulla porta del tuo cuore.
Non omettere che il tempo scorre e con esso la tua vita, il tuo tempo, la tua vita.
Mi volto, allora, continuamente.
Quante scoperte!
Assaporo i profumi dell’erba appena rasa, attraversando un parco spesso inosservato nei suoi particolari. Due genitori che accompagnano mano nella mano il figlio disabile
in carrozzina, canticchiano e si dispensano sorrisi come se vivessero il giorno più felice della loro vita ed il mio cuore si apre.
Ancora, intorno a me, si alternano passanti, chi con volto gioioso e sorridente, chi intristito e chi distrattamente assorto nei suoi pensieri,
ma tutti con fare smarrito, come se non avessero riferimenti
perché sorpresi ed abbagliati, accaldati dal sole di questo mite pomeriggio autunnale, che si riflette loro addosso.
Cadono foglie di un colore castano fluorescente che si fonde con il verde intenso intriso di sfumature dorate ed un alito di vento le avvicina dolcemente ad un passeggino nel quale un neonato si abbandona al sonno, rilassato dal fruscio e dall’aria frizzante che respira in prossimità di una fontana spumeggiante mentre la sorellina lo coccola.
Ed io? Dove sono?
Se in questo breve momento ho percepito tanto osservando poco, quante cose belle ho perso prima?
Adesso so! Scoprire la vita attimo dopo attimo per le infinite emozioni che mi dona è il mio fine, perché dietro ogni angolo, in ogni luogo e dentro ogni persona, rinnovo il mio piacere di viverla, se i miei occhi vedono.

 


 

 

È il momento

L’ospite indesiderato è giunto per sedersi anche alla mia tavola. Non l’ho invitato ma si è presentato ugualmente, entrando in uno dei pochi momenti in cui ho abbassato la guardia e lasciato aperta la porta di casa.
Non ha perso tempo, ed ha approfittato della mia stanchezza:
qualche secondo o forse un minuto, per intrufolarsi silenziosamente.
Sì, lo ha fatto nella mia vita ed anche in quella di chi amo. Poi, senza pietà, ha subito sfogato la sua rabbia, per il guanto di sfida che gli ho lanciato.
Si è presentato, manifestandosi in tutta la sua forza e senza risparmiare nessuno dei presenti.
Da buon maestro, ha impartito la sua prima lezione:
il come ed il quando.
La seconda è in corso di svolgimento: conseguenze.
È così giunto il momento di comprendere che non era semplice diceria ma che quella piaga, denominata pandemia, ti risucchia l’anima. Lo fa quando dal chiuso di una camera, sono costretto a guardare dal display del telefono, la donna che amo, piangere, perché non può avvicinarsi a me.
Lo ha fatto quando l’amarezza mi ha assalito dopo aver ascoltato lo sfogo addolorato della mia incolpevole figlia. Lo fa quando il mio piccolo, mi cerca continuamente per ricevere quelle attenzioni che facevano parte delle sue abitudini quotidiane e che sono stato costretto a sottrargli anche se le chiede disperatamente.
È un maestro severo.
Un maestro che bacchetta giustamente chi si fa trovare impreparato alle sue interrogazioni. È un maestro che usa una violenza che lascia il segno, che provoca dolore fisico ed interiore quando il senso di colpa mi assale e l’incertezza mi lacera.
È un maestro che insegna quanto poco basta per tenere separate delle vite, se non si è attenti, rispettosi. È un maestro che ti dice di non oltrepassare limiti se non sei disposto a delle rinunce e che ti aiuta a riconoscere i buoni dai cattivi; e ti ricorda, anche se ne hai già assaporato il gusto in passato, quanto interminabile possa diventare un’attesa a causa della spiegazione più dolorosa che t’impone di ascoltare:
tutto può accadere se sei leggero. La mia speranza, adesso, è che suoni la campanella della quinta ora.

 


 

 

La luna

Con inconsapevole dolcezza è il mio piccolo bambino che porta a spasso me nell’universo.
Il suo cos’è quella, rivolgendosi alla luna che stranamente il pomeriggio appare già visibile e luminosa, cattura la fantasia di entrambi.
Con romantica propensione lui continua, ed ancora: cos’è quella, sgranando gli occhi che diventano immensi e splendenti come il sole che desidera incontrarla dall’inizio dei tempi.
Ed io ancora: la luna.
E lui sorride.
Sorride sempre da quando ne parliamo, da quando un’estate al mare la scorse in cielo per la prima volta, mentre facendo il bagno insieme, incominciai a dare risposte alle sue curiosità: la luna una di esse.
Da allora, il nostro viaggio è incominciato.
Un viaggio che in molti momenti culmina in abbracci, carezze ed effusioni che lui cerca continuamente, e in un gran bisogno l’uno dell’altro.
Lui di me per scoprire, io di lui per ricordare e per ritornare ad essere. Ho sempre letto che la luna produce incantesimi, ed è questo quello che ha prodotto su di me. Ormai tutti i giorni, quando il cielo è sereno e il sole incomincia a perdere la sua forza, essa, la luna, compare puntualmente, sempre più vicina e pronta ad essere raccolta con la mano se solo allunghi un braccio verso il cielo ed esprime il suo potere attraverso la domanda di un bambino già rapito dalla sua bellezza: cos’è quella? Ed io rispondo facendo sognare entrambi.

 


 

 

Parole

Ci sono persone che con le parole giocano, altre che con le parole omettono, chi con le parole distoglie e chi con esse si nasconde.

C’è chi con le parole inganna, c’è chi con le parole regala emozioni, c’è chi con esse si propone e chi si rende esempio.

Ci sono parole che creano aspettative,

parole che mitigano animi, parole che esaltano ed altre che deprimono.

Ci sono persone che usano le parole per raccontarsi ed altre che amano ascoltarle perché delle parole e del loro senso hanno bisogno.

Ci sono persone che dalle parole si lasciano persuadere perché hanno bisogno di aggrapparsi alla speranza che deriva dall’ascoltarle e perché in alcuni frangenti della vita e quella sola speranza a sorreggerle anche nel dubbio che si tratti di sole illusioni e c’è chi acquisendo questa consapevolezza delle parole fa improprio abuso rendendole oltre che strumento di persuasione anche mezzo per plagiare i più deboli.

Poi c’è chi tramuta in opere, fatti, le proprie parole e con i fatti e le proprie opere, aiuta a distinguere la vera natura delle persone.

Parole, persone: mezzi che regalano sogni, realizzano propositi od ingannano e reprimono.

Quante persone incontriamo e quante parole ascoltiamo.

Tu, chi sei e che uso ne fai? 

 


 

Nostalgia

Si spengono le luci!

Nella città, il gelido vento giunge impetuoso ed accompagna il frastornante rumore delle sirene all’alba di oggi.

Nulla è cambiato!

Ci si riavvia con la solita fatica provando a ripristinare la normalità.

Difficile, perché oggi si è costretti a realizzare che è anche giorno di partenze.

Nuovi arrivederci, nuovi distacchi, che acuiscono la malinconia già albergante nel cuore per il repentino cambiamento.

Mi fermo un solo istante, e via, meglio correre per non pensare e per colmare i vuoti.

Se mi volto, sono perduto,

se esito, mi smarrisco, ma se reagisco, in pochi istanti capisco che qualsiasi cosa io faccia non potrò mai combattere e sconfiggere ciò che non posso: la mia nostalgia 

 


 

Natale a Foggia

 

Tra mille affanni anche quest’anno il Natale è giunto e come sempre si respira un clima denso di emozione in tutti i paesi, in tutte le città ed in particolare nella mia dove tutto si colora di una mistica atmosfera.

Le vie trasudano di luci scintillanti.

Alberi addobbati nelle piazze centrali fanno da cornice ad uno degli scenari più belli che io ricordi.

È il momento dell’anno che maggiormente attendo ed è quello che più velocemente svanisce per trasformarsi in una nuova ed estenuante attesa: il Natale successivo.

Come ogni anno, come sempre, il giorno della vigilia è quello vissuto con maggior trepidazione.

È il giorno in cui grandi e piccoli, complici d’intenti si riversano anche per strada, dando vita a festosi caroselli fino a sera.

È il momento in cui ci si ritrova con i legami del passato, con volti familiari che ritornano, ridando vita a ricordi assopiti. 

È il giorno in cui il frenetico via vai verso i negozi, viene saltuariamente interrotto da pause nelle quali ci si dedica alle bollicine, alla musica dal vivo che impazza ed esplode per tutte le vie principali ed alle stuzzicherie tradizionali del periodo che alleviano la fame in attesa del classico cenone.

Il tutto diventa la rielaborazione moderna di un’attesa che prende spunto da un passato che rievoca nostalgici ricordi, le preparazioni in casa.

Tra mille affanni, anche quest’anno il Natale è giunto e vorrei per tutti che il tempo si fermasse a questo giorno che ci fa sentire e ci rende migliori, e per me anche che il tempo restasse fermo al Natale per poter scorgere negli occhi dei miei affetti più profondi le emozioni che ricordano ciò che sono stato, rivivendole attraverso loro.

 


 

L’invincibile

C’è un momento nella vita in cui ci si sente invincibili, in cui si pensa che nulla possa accaderti.

C’è un momento nella vita in cui vivi con distacco ogni cosa, in cui ti senti al di sopra di tutto, come se nulla possa accaderti. 

C’è un momento nella vita in cui tu più degli altri conti per te stesso, in cui la tua presunzione affiora, ti rende superbo e ti fa pensare che nulla possa accaderti.

C’è un momento nella vita in cui ti muovi come se fossi padrone del mondo e te ne convinci credendo che nulla possa accaderti.

C’è un momento nella vita in cui provi ad importi con ferocia perché ti sentì forte del tuo potere senza pensare che quel potere ti rende crudele ed egoista ed offusca la ragione portandoti a pensare che nulla possa accaderti.

Poi c’è la vita che annulla tutto e ti ricorda che nessuno è invincibile e che tutto può accadere proprio a te.

Fanne tesoro e sii un uomo migliore.

 


 

La vita

La vita ti cambia.

Nel corso degli anni di te non resta che un lontano ricordo.

Anche se la tua natura non muta, con l’esperienza, la diffidenza si fa largo.

Cavalchi l’onda della chiarezza ed incontri il muro dell’omissione.

T’imbatti in chi ti attacca per non essere attaccato e ne nasce un confronto con chi per zittirti trae spunto da episodi che hanno infastidito   per ribattere quando manifesti dissensi.

L’arma della parola viene disseppellita per offendere e non per proferire affermazioni di amore e di rispetto, perché se e quando provi ad oltrepassare l’invalicabile limite del dover accettare in silenzio, vieni trattato con disprezzo.

Nel corso degli anni di te non resta che un lontano ricordo perché la vita ti consuma e si prende gioco di te.

Ti racconta che il primo nemico è quello a cui hai donato più affetto perché è il primo a ferirti se non condiviso nella sua condotta, anche quando è consapevole di aver nascosto e continua a giustificarsi con presunzione per non chiedere scusa, una semplice parola che risolverebbe ogni cosa.

Ti aspetti una reazione sincera e ti scontri con il ricatto provato ad imporre pensando che se usato possa porre limiti alle reazioni, ma non è così perché provoca soltanto delusione, perché nel momento in cui diventa merce di scambio, capisci, che alcuni fatti vengono strumentalizzati e portati all’attenzione soltanto nel momento in cui le tue osservazioni arrecano disturbo e non perché infastidiscono davvero, così 

ti accorgi che non sono reazioni sincere a metterlo in atto,

ma soltanto il disperato bisogno di poter giustificare una condotta sleale.

La vita ti cambia.

Non quando comprendi, inseguendo i tuoi sogni, che c’è sempre chi è pronto a diventare ostacolo, ma quando non demordendo per realizzarli t’imbatti nell’invidia camuffata da disorientanti consigli dispensati da chi non ti aspetti, e per la delusione ti abbatti anche se non rinunci, li realizzi in modo diverso.

Nel corso degli anni, la vita ti dice che sei sempre più solo, che la fiducia non ha senso di esistere soprattutto verso chi è il primo a chiedertela perché è sempre il primo a ferirti se gli hai creduto e l’hai concessa, perché è sempre il primo ad affondare nella melma del pregiudizio per farti assaporare la sconfitta distruggendo il tuo flebile entusiasmo.

La vita ti cambia quando ti accorgi che un semplice sguardo ti rende vulnerabile, perché attraverso quegli occhi comprendi di essere fragile ma comunque pronto a tutto per non cadere. 

Ti cambia quando prendi consapevolezza che c’è una fine ed un inizio e che dall’inizio trai forza per sorreggerti e dare sostegno.

Ti cambia, quando il tuo piccolo uomo si avvicina sorridente gridando forte papà e riversa sulla tua gamba il suo capo per cercare un tuo bacio ed una tua carezza e quando i tuoi piccoli ma grandi tesori si mostrano nelle loro debolezze; si apre il mondo ed acquisisci forza per loro.

La vita: 

un inarrestabile fiume in piena che ti trascina verso l’argine delle emozioni ai piedi di una montagna da scalare per raggiungere l’apice della serenità vivendola ma soprattutto accettandola.

 


 

Il Tempo

A volte mi chiedo: perché la vita? Quale disegno inspiegabile ci guida a generarla? Quanti sono i giorni che viviamo senza rimpianti ?La vita … Perché lascia sul mio volto i segni del tempo? E perché se anche fingessi di non vederli ci penserebbero altri a ricordarmelo come se a loro non accadesse? Rughe che solcano volti provati da notti insonni, corpi indolenziti ed indeboliti dalla stanchezza, occhi e sguardi delusi, fanno da contrasto a menti che fermentano idee come se l’oggi fosse il primo giorno pensante e che attraverso nuovi propositi sorreggono, mentre le forze si affievoliscono.

A volte mi chiedo: perché la vita?

È solo un passaggio per l’inizio di tutto o soltanto un percorso che ci viene imposto dall’egoismo di altri che provano a placare forse un senso di solitudine?

Eppure si continua a tramandarla e quando guardo I miei figli, mi chiedo se ho sbagliato se il mio egoismo potrà mai essere perdonato. Sono qui tra noi senza averlo chiesto, senza aver potuto scegliere e mi chiedo se non sia un’ingiustizia riservare una vita in un mondo dove povertà, piaghe sociali e sofferenza imperano.

 A volte mi chiedo: perché la vita?

E vivo un altro giorno pensando che il tempo non abbia mai fine e spero di trovare una risposta che allevi il mio dolore per lo stesso tempo che scorre inesorabile risucchiando la mia effimera gioia dei pochi attimi in cui riesco a non pensare che tutto avrà fine.

Maurizio Rana


 

Il mio Inverno

Il cielo che si tinge di grigio per poi risplendere di un nitido fuxia quando il vento irrompe per spazzare via le nubi, regala tramonti irripetibili.

Lo scintillio della cadente pioggia a chicchi che brilla e si colora delle calde luci della sera, ipnotizza il mio sguardo.

La legna che arde ancora in alcuni camini resiste al tempo e con i suoi profumi dispersi nell’aria si contrappone al progresso 

I locali luccicano, si affollano, ed offrono un intimo riparo.

Si ha più tempo per parlare ed ascoltare cuori dirompenti di un calore che l’infreddolito corpo non riesce a contenere. 

Affiora il momento in cui riassapori l’essenza dell’anima che ha bisogno del corpo per sfamarsi di quella passione che ti accende.

Sono i colori, i sapori dell’inverno che rimescolano ingredienti di vita ed assopiscono animi belligeranti e trasformano novanta interminabili giorni in

un sogno che ti prepara ad un nuovo risveglio 

 


 

Al Solito Posto

In alcuni eravamo lì oggi. 

Come se nulla fosse accaduto. 

Sembrava la solita Domenica e soltanto le mascherine che contornavano i nostri volti ci ricordavano la tensione del momento. 

Un’ultima arrivata lasciava presagire al meglio. 

La vita non si ferma ma ti spinge oltre, a lottare per il diritto di viverla e nel suo silenzio atipico per una neonata era lì a ricordarlo. 

Lo comunicava con il suo silenzio esplosivo e la sua inaspettata e meravigliosa presenza. 

Eravamo lì oggi. 

Nell’attesa che altri impavidi compagni di sempre ci raggiungessero. 

Impavidi!

Si. Perché ognuno di noi ha sfondato la resistenza del suo timore per esserci. 

Per ritornare a condividere alcuni dei momenti che ci hanno sempre regalato sussulti. 

Dopo qualche secondo, via le mascherine e si procede ad uno dei consueti stappi. 

Consueti non del momento, ma del recente passato. 

Mancano la frittata e le solite bruschette di Anna. 

I rustici ed i panzerottini fritti di Nico che piacciono tanto a Paolo. 

Che fa!

Mancano i Giuseppe, Marco, Lucio, Gianluca, Damiano, Carlo, Michele, Bob & family, per citarne alcuni. 

Ci siamo noi!

E dopo esserci abbandonati a degli abbracci iniziali, quegli abbracci banditi, sfoderiamo tutto il desiderio di brindare. 

Il primo cin fa da sottofondo al chiacchiericcio intrapreso. 

La voglia di mare esplode in tutti.

Si parla di estate, di probabili tappe, di Grecia, di Macchia ed alcuni di noi anche di poesia. 

Momenti frastornanti per la velocità con la quale scorrono.

Una velocità alla quale non ero più abituato dall’otto Marzo. 

E’ tardi e devo andare. 

Mi aspettano. 

Però prima devo prendere qualcosa. 

Ritiro i vini che Lino mi ha imbustato con la sua mano tremolante che racchiude tutta la tensione accumulata e vado via. 

Ciao amico di sempre. 

Eravamo in pochi oggi, ma presto rivedremo tutti qui, al solito posto.

 


 

Covid

Quante cose racconta uno sguardo, oggi più di sempre.

Alzo il mio ed incrocio tanti occhi.

Ognuno di essi narra una storia e di ogni storia, ciò che più mi colpisce, è la fragilità che sgorga inarrestabile da chi attraverso un pianto, da chi attraverso parole colme di tristezza e da chi attraverso il disagio che nasce da una paura che non concede tregua, prova ad esprimere il senso d’impotenza e di dolore che lo assale.

Alzo ancora il mio e ne incontro altri colmi di una speranza che non cessa, ma che al contrario, si rigenera per dar vita ad una vigorosa lotta per sconfiggere l’ancora ignoto flagello che c’investe. 

Sempre, alzo lo sguardo e ne trovo ancora lì, altri, alla ricerca di conforto e comprensione ed anche se infiammati dalla rabbia, che si trasforma in dolore quando il sacrificio si tramuta in insuccesso, non riescono a nascondere l’emozione per una guarigione insperata che dona salvezza ad una vita. 

Sono i nostri eroi che incontro e che si raccontano attraverso impercettibili ma eloquenti gesti, per chi sa guardare.

Chi più, chi meno consciamente, procede per il nostro bene e non arresta il suo cammino, ma prosegue lungo l’insidioso sentiero del pericolo nascosto in fondo ad un respiro, dietro un abbraccio od un bacio che soltanto fino a pochi giorni fa’, rappresentavano l’essenza di un rapporto umano, legato all’affetto, alla cordialità, all’amicizia.

Sono lì a dare vigore alla speranza ed al loro sacrificio c’inchiniamo in segno di riconoscenza. 

 


 

I due Opposti

Spesso mi chiedo se tutto ha un senso.

Non so a quanti di voi accade.

Spesso penso alle rincorse ed alle frenesie quotidiane.

Quelle che ci distolgono dal vero significato della vita.

Quelle che ci allontanano dai semplici momenti che ne rappresentano l’essenza e nei quali è racchiuso il valore dell’esistenza stessa. 

E poi mi chiedo: è proprio così?

Non so a quanti di voi accade. 

Il dubbio mi assilla. 

Quel dubbio che mi spinge a cercare risposte mentre l’interrogativo resta ed il rammarico affiora.

Quel dubbio che mi porta a pensare: perché provo tanta tristezza se sono il principale artefice del mio destino?

A quanti di voi viene? 

Mi accorgo solo ora che se avessi osato, avrei potuto? 

Soltanto adesso prendo consapevolezza del tempo trascorso? 

A quanti di voi accade? 

Il tempo!

Pensavo non avesse mai fine, perché è così che pensa un uomo normale.

Ma adesso ho paura.

Ho paura perché mi scopro sempre più debole e vulnerabile.

Ho paura perché non sono più quello di una volta.

Le forze e la resistenza mi abbandonano.

Il mio corpo si accascia in un insolito torpore mentre il mio pensiero continua a volare    senza però restituirmi vigore. 

Due mondi paralleli. 

Il pensiero che non conosce barriere ed oltrepassa i confini della conoscenza per spingersi oltre.

Il pensiero, inesauribile fonte di creatività. 

Il pensiero che non pone limiti alla speranza di poter raggiungere uno scopo. 

E poi il corpo.

Il corpo! 

Fedele compagno di viaggio del tempo.

Ti dice che sei stanco ed è sempre lì, insieme al tempo, a ricordarlo. 

Il tempo crudele.

Il tempo che ti racconta come tutto, ha un inizio ed una fine.

Il tempo infedele.

Il tempo che ti tradisce lasciandoti credere che resterà sempre al tuo fianco.

Quanti di voi lo pensano? 

Quanti di voi lo temono? 

Implodo per un percorso rimasto arido per troppi anni e per gli irrefrenabili impulsi che provano a rigenerarmi senza riuscirvi perché incontrano un flebile entusiasmo. 

L’altalenante presenza di stimoli non rende più fertile la mia ricettività ed affoga la sete di ricerca. 

Corpo e mente che si scontrano.

Equilibri che saltano come in una partita di calcio tra nuove leve e vecchie glorie.

Quella vita che sfugge di giorno in giorno.

Quanti di voi lo avvertono? 

Quello che è perso, non ritorna.

Quello che è perso è una sconfitta. 

Quello che hai lasciato andare ti accompagnerà per sempre travestito da rimpianto. 

Lotta e rendi il tempo infinito, eterno. 

Quanti di voi lo fanno?