Romana Perna
Poesie
Pizziddru
La luci cadenti de la lumera
dassa lu tempo di stari
mentre i culuri da nifta
tinceno la cammera di scure
Nu botto si shiri luntano
u ’lampajari
s….s..stizze piittinghe
scinneno scinneno
supra u tettu di caiella
occhìuzzi vidono li abballi
l’orècchje senteno li soni
pe’ lu cori de n’zitedu
è un ritrattu di bbidizzi
che vienci a’ndee a l’homo di
sira
e annàca a menti
e spira che succidia ancu’ore.
Angolino
La luce del lume cala
dando tempo di stare al silenzio
mentre i colori della notte
tingono di buio le pareti.
Il cielo si squarcia
goccia su goccia
copiose scendono
sul semplice riparo,
danzanti ritmi
tamburellano le lamiere.
E’ una foto di bellezza
per quel cuore innocente.
Il ricordo riaffiora
il bambino è uomo
lui non ha dimenticato
l’incanto della semplicità
Paci
Matri sogno ve’stita ri tristizza
mi vuogghio livori chistu vela
si mi vuogghio sbinnari
iu vuogghio fujiri cu li lupi
mangiari i mamme delle scantu
iu vogghio avvulari autu pi u celu
comu unu accieddu* cu i ali ri foco
mi vogghio ammucciari* ‘nta i ciuri*
comu lu spiritu de u voscu
matri balla cu me
mittimi vistutu ri piume
mi purti scaursu* e nuru*
rintra a strata di la Vituzza
Matri cara matri bìedda
ti lascio iri mi lascio u ricordiu
ri te cu i corri ntra i mura ri casa
ritecui voli
ntra linzuoli stisi
ri te cu i ti nascondi arrìeri a manu
nun mi purtari via u cori
ni haju unu sulu
mi sirvi pi abbajari
mi sirvi pi friscari*
mi sirvi pi godiri
jè lu tempu jè primavìera
Pace
Madre sono vestita di tristezza
mi voglio levare questo velo
si mi voglio rovinare
voglio fuggire con i lupi
sentire tremare le gambe dalla paura
voglio volare alto per i cieli
come una Fenice
voglio nascondermi tra i fiori
come lo spirito del bosco
madre balla con me
infilami un vestito di piume
portami scalza e nuda
nella direzione della vita
Madre cara madre bella
ti lascio qui con il ricordo
di te affaccendata per casa
di te tra le vele
delle lenzuola stese
di te nascosta dietro la mano
non portarmi via il cuore
ne ho uno solo
mi serve libero
voglio fischiare
voglio gioire
è arrivata la primavera.
Yewande
Una foto, frame di un secondo racchiuso in milioni di pixel.
Lo scatto appartiene a Yewande, lei distesa su di un barcone, lei esanime in mezzo al mare .
Lei è una giovane donna ” yoruba”, il suo nome è Yewande “madre accogliente”.
Il viso di Yewande è bocconi su di un’asse sudicia, di legno, una massa corvina incornicia i lineamenti gli occhi sono sbarrati e vitrei mentre la bocca socchiusa espira l’ultimo respiro. Il corpo aderisce al legno inerme schiacciato dalla disgrazia mentre il suo volto espressivo racconta di un triste destino, quello di una donna africana, in fuga, la stessa donna che sussurrava al mare le sue speranze.
Il destino si è smarrito tra le profonde acque e nel buio della notte affoga portandosi via un segreto,lo stesso riposto da secoli da altre donne africane con duro silenzio . E’ un segreto inconfessabile,si consuma di generazione in generazione, tra le sottili pareti di canne intrecciate su una stuoia di paglia si pratica l’abuso .
Avviene quando fiorisce la bambina , ella è “puera”, è pronta per essere praticata,sarà bloccata con forza e nonostante ella urlera’, il suo richiamo d’aiuto, il suo”moolaadè”, non sarà ascoltato perché le salindane, sacerdotesse del battesimo di sangue stanno già pronunciato il mantra funereo e il “matwasat” è a compimento. Il battesimo della carne,il battesimo del dolore.
A te, piccola “yoruba” è stato cantato l’ultimo canto:
“…..Placida notte, e verecondo raggio
della cadente luna;…………………………
…………………………………………………,
…………………………; oh dilettose e care
mentre ignote mi furono le furie e il fato,
sembianze agli occhi miei; già non sorride…..”, vieni immobilizzata , le salindane spalancano le tue esili gambe, guardi terrorizzata il pezzo di vetro che taglia i sensi di quel germoglio dischiuso tra le sepali-petali di tenere carni e guardi infilare lentamente due cannucce di bambù, le stesse che domani fluiranno di urina e di mestruo.
Senti i canti amari delle donne “yoruba” che coprono le tue urla, mamme, nonne violenti e violate. Rivoli di sangue scorrono copiosamente sulle tue caviglie legate e sul terreno secco e argilloso, sospesi in coagoli viscosi.
Il tuo spasimo, piccola Yewande, sarà un compagno di vita.
Tu, Yewande, donna evocata,sei restituita al mare, sei tra le braccia di Yemaja spirito delle grande madre degli offesi e dei miseri ,ti avvolge e ti culla nel suo manto di lacrime e sale.
Yewande riemergi , gorgoglia, canta la tua musica “juju”, libera il tuo canto di sopraffazione .
Ti sto narrando Yewande.