Mirella Ginanneschi - Poesie

Un amore finito

 

Lo sguardo perso nel buio,
il respiro grave
avanza come onda del mare,
spasima il mio ventre.
Una lacrima solca la guancia,
bagna il cuscino di salato.
Nella mente confusa
si dilegua il tuo volto,
si confonde la tua figura con altre,
si ribellano le emozioni.
Il tuo essere non ha più peso,
né volume; è materia consunta.
La mia anima inghiottisce il ricordo.


 

Nella faggeta

Molle coperta di colori di ruggine,
fronde roride di rugiada trasparente
Rocce verdi di muschio
spiccano sul giallo —rosso d’autunno
Tra gli sprazzi di cielo
filtra il debole lume del sole,
si incontrano figure
di argenteo mercurio.
Goffi ragni imbastiscono
tele di fili lucenti
tra i rami e sull’erba.
Nell’angolo di radura
si radunano collinette di foglie,
si fanno compagnia nel silenzio,
pacifico ed infinito del bosco.
Lenta è la natura
In questo spazio di tempo
e il tutto riposa
sapendo di giorni più cupi.
Vivi Io stupore di fiabe incantate,
di gnomi nascosti, di disegni divini.


Cibo

Cibo, fonte di vita
Impregnato deramara
e duri affaruü.
Cibo seno materrw
profumato di panna
che lascia al mondo e rescere.
Quello ded affamati non
dei rkchi e ingordi
che riern* le e gole.
Il cibo consacrato
che cm il
e riscatta dai peccati
Nutrimento arnmaiati,
pallido e rnesto come
la bro e il bro
Il cibo dei conventi
modesto e
nel silenzio anime un segno di Croce.
Quello che d’ e di doke,
di salato e di in*o,
di inteso ed acuto spezie lontane.
Quello che parla altre
con gusto di dWersi,
nei mercati affcAati misere strade.
Il cibo avanzi , deuo sprE0
rovesciato in suchi
dove si avventano neri topi e cani affamati.


 

Mattino

Quando il sole del primo mattino
fa tiepidi i campi e le strade
e illumina i tetti,io corro alla fontana.
Lo zampillo fresco e chiaro
disseta la gola asciutta per la mia corsa.
L’aria leggera confonde le ombre.
Sotto la gronda il nido è vuoto.
è volata via la rondine , sconfitta
L’uovo deposto non ha finito il suo ciclo,
si è schiacciato sul selciato,
lasciando il residuo
del pennuto mai nato.
La strada ammalata di buche e di cretti
si allunga a perdita d’occhio
e la macchina che passa
lascia sbuffi di polvere
sui ciuffi d’erba, infestante
i muri di antico torpore.
Ti avvolgono per intero
l’odore acre del trifoglio affienato
ed un nugolo di moscerini in fuga.
Mi riposo sul masso,poi ricomincio
II faticoso cammino del giorno.


 

Mutamenti

Profumo di viole e di mughetti
ai bordi della strada,
di frutti maturi e succosi.da mordere,
ma c’è il fastidio di una mosca
negli occhi e nella testa.
Ondate di freschezza
trovano asilo fra i tuoi capelli
e di lontano arriva lo scampanio
del campanile dominante,
ma un bruco si allunga e si scorcia sulla pelle
e un attimo di notte ti strozza il fiato.
lo sto tra il cielo e la terra
e, come su un’altalena,
dondolo avanti e indietro.
In alto, sempre più in alto,
è armonioso il silenzio.
Nelle forme di nuvola
vedo i draghi e le bestie,
ghirlande di perle e Ciondoli preziosi.
Sospesa posso votare
con le ali del mattino
o scendere nel mare nero e profondo;
le emozioni si appoggiano nel mio cuore:
se mi darai la mano io non avrò paura.


 

Seggiano,il mio paese

E’ la collina avvolta nella penombra
e nel quieto silenzio si riposano
gli ulivi e le siepi.
Sull’altura sta aggrappato il paese
vestito di pallido.
Nel torpore della sera
si scurisce teneramente.
Svetta il campanile sonnolento
e le ombre si affilano verso il cielo indaco.
Tremule le prime luci
si affacciano alle finestre
e, dentro le porte chiuse,
le voci bisbigliano,
si mescolano al tempo che scivola.
Esso passa e cattura
gli incanti dei sogni,
le passioni di sempre,
le speranze di una vita,
le ansie e le preoccupazioni,
il destino comune,
il futuro uguale per tutti.
E nel paese scende la notte.
Scende nella piazzetta con la chiesa,
scende sugli stretti vicoli,
sul tetto della casa natale,
sull’infanzia felice,
con i giochi e le feste,
sui giorni fugaci della giovinezza.


 

Inverno

Si allungano greppi smorti
con rughe pendenti
e creste intrigate di grigio.
Qua e là stanno senza colore
pennelli di ginestre.
Sull’onda collinare
svettano i cipressi cupi
e austeri.
Nel pendio una macchia informe
di ocra sbiadita
si mischia alla tela
imbastita di nebbia.
S’incurvano d’argento
le rame di ulivi,
penetrate di fasce di violaceo cielo
E il campo infreddolito,
inzuppato di fradicio
ascolta la cantilena del fosso
che fa da confine.


 

Nella stanza

L’impronta luminosa della lampada
riflette pallide figure.
I libri allineati sulla mensola
sono pieni di parole,
tante non lette.
Sul vecchio comò le foto
mi traghettano nel passato
e diventa caldo rifugio
il sorriso dei volti a me cari.
Dal cassetto aperto mi avvolge
un lembo di sciarpa
di morbida lana e,
dentro la mia inquietudine,
io ti ritrovo e ti stringo forte.


 

II vecchio minatore

La “corna” della miniera scandisce il tempo.
Un passo stanco si alterna
ad un flebile miagolio.
Tutt’intorno è in riposo.
La strada scura che va verso il monte
acuisce il gelido freddo.
Una banda di nebbia
si para dietro le ferraglie
sfinite e inutili.
Molle di pioggia è la zolla
e qua e là stanno debolii tracce di vento.
II vecchio cammina
strusciandosi al muro,
ripete frasi confuse di un lavoro che fu.
Ha in tasca una mano,con l’altra
si appoggia al nodoso bastone,
guardiano della sua vecchiaia e delle sue memorie
Sul viso scarno e avvizzito da solchi di rughe
si legge la fatica patita e
tutta la sua vita.


 

Tormento

Ti cattura il vile tormento,
a suo piacere,
attraverso conati di vomito.
Gli occhi sono lucidi
ma non piangono,
in gola che non scorre
un nodo ruvido.
Entra e non ti avverte,
ti mozza il fiato,
sorprende il tuo pensiero,
soltanto lo possiede.
E’ odore insulso di acqua marcia,
di un baratro fangoso ,
è una macchia nera di petrolio,
che,appiccicosa, si espande
E’ come la gramigna che,
nella terra di campo allunga le sue radici.
Per strapparle zappa il tuo cuore,
medicalo di amore,
con bende rinfrescate di carezze e,
forse il tormento se ne andrà
nella sfera sconfinata delle stelle.