FUORI POSTO
Quando credi tu sia fuori posto,
fuori tempo
Non sai o dimentichi che quel posto e quel tempo
ti riservano
qualcosa di straordinario:
sorprese belle come occhi che parlano,
sorprese che una vita ordinaria
non ti concede, che non ti concedi,
o semplici silenzi di crescita.
Disegna slanci di follia,
rumorosa o taciuta,
è lì che la vita non dorme.
Quando sai d’essere fuori posto, fuori tempo
scappa, perchè altro ti chiama
sia anche un errore seguilo!
HO SCAVATO CON CAREZZE SENTIERI
Ho cercato quel posto che non sapevo
scavalcando i recinti della provvidenza
per distendermi sulle rughe dorate e secche
di questa terra.
Ho cercato il fiato leggero dell’Etna
in giorni senza respiro,
per lasciarmi sfogliare
inalando sapori eterni che ricamano Pergusa.
Ho cercato negli occhi della gente,
al Mercato del Lume,
l’“insostenibile leggerezza dell’essere”,
del tuo essere.
Ho riempito le mie memorie come
bummulo (brocca tipica siciliana) colmo di vino e sangue;
scavato con carezze i sentieri dei miei passi,
ne ho conservato, tra i capelli, paglie.
Su basole umide
delle piogge d’agosto ho lasciato scivolare
le amarezze dei cieli primaverili
quando si affaccia
un chiassoso richiamo
dalle tegole antiche
alle mattine che abbracciano
l’Ombellico della Sicilia.
UNA STORIA SENZA FINALE, SENZA MORALE, SENZA SENSO
Ho calciato foglie pensando sabbia.
Ho ritagliato tramonti da accostare al cielo.
Ho chiesto tregua a questi portici.
Ho dimenticato il sorriso vicino l’ombrello.
Ho chiesto indicazioni per perdermi.
Ho dimenticato il mio posto preferito.
Ho ascoltato solo la musica che piace a te.
Ho cantato poco vicino ai sordi.
Ho mangiato pagine a primavera.
Ho cucinato male perchè non dovevo sporcare.
Ho finto di partire e riempito del nulla la valigia,
l’ho portata a spasso perchè era una bella giornata.
Ho dormito male e vissuto peggio.
Ho scritto sui muri e dipinto il pavimento.
Ho bevuto lacrime perchè l’acqua costa.
Ho ballato sul letto perchè non c’è un motivo per non farlo.
Ho aspettato il treno della vita alla fermata del bus.
Ho pensato fossi pazza, avevo ragione, allora non potevo esserlo.
E’ SUCCESSO ANCHE A NOI
Succede anche a me di non trovarmi
ma tu cercami
su quella bici rubata in cerca del cielo,
o distratta sul bordo di una tazzina di caffè.
È successo a tutti e succede anche a me
di inciampare sulla felicità ed averla schiacciata.
È successo anche a te
di contare i passi e non saper dove andare.
È successo a tutti
di parlare troppo senza amare;
di gridare, quando l’importante era solo ballare.
È successo anche a me
di essere nata una volta e morta cento;
ma me l’hai insegnato tu
a non badare agli accenti e ai capelli scomposti,
a cercare i sorrisi sotto la pioggia,
a tener pronto uno zaino
pieno del nulla, per il meglio che deve arrivare.
Me l’hai insegnato tu a lasciar andare
le foglie d’autunno non le posso mantenere
IN TASCA UNA CANZONE
Te ne sei andato portando
i tramonti più belli
e l’estate in tasca.
Tu che hai una canzone
per ogni problema,
per ogni cambio-stagione o cambio-vita;
una canzone
per quando dimentico
che la musica esiste
e rende migliore la vita;
una canzone per ciò che vivo,
per ciò che mi uccide…
io che tengo gli scheletri nei cassetti
e i sogni nell’armadio,
e non so quanta gente muore
tra un condizionale e l’altro.
LA STRADA PER PERDERSI
Segui me
che non so cosa fare.
Segui me che non so cosa dire, cosa inventare.
Segui me che ti faccio sbagliare.
Segui me che non prometto il paradiso,
ma, lo giuro, neanche l’inferno.
Segui me che m’importa solo del Bello;
segui me che so dove trovare anche il Buono.
Segui me perché tanto che hai di peggio da fare?
Segui me è come una domenica a mare:
ti bagno i piedi anche se non ti i va di entrare;
segui me che poi la voglia ti viene:
vivere davvero, anche con la paura di annegare.
LA VALIGIA VIA ETNEA
Con la valigia, piena del meglio vissuto,
vuota abbastanza per il meglio che deve arrivare,
ho percorso strade di basalto
a ritmo dei suonatori di fisarmonica,
osservato volti distratti e vicini
nelle incerte stagioni,
raccolto nel chiasso
la poesia della città e odori sulle spalle.
Ho tracciato mappe sulle palme
che ripercorro in carezze
di un recente passato.
Ho rotto scarpe
nell’incessante danza dei vent’anni.
Ho cercato storie buone
in angoli bui,
l’umanità
nei suoi errori.
Ho perso parole,
bevuto lacrime nella mancanza.
Ti canto lontana,
ti abbraccio felice
nei progetti del ritorno
eternamente Casa.
PELLE E CAPELLI
Della terra appena lavorata
o dell’erba appena tagliata,
del profumo delle foglie di pomodoro
e dei finocchietti selvaggi;
delle stelle in cielo,
del mare a due passi,
degli aghi di pino sotto i piedi,
del cicaleccio nelle giornate secche,
della musica del silenzio del mio mondo,
della pietra calda,
dei fichi caduti,
di una mano sulla guancia,
del ronzio del vento tra foglie di eucalipto,
della fierezza degli ulivi,
delle spine tra le dita,
della tua pelle più scura,
dei miei capelli più chiari,
del profumo di un libro conservato,
del Paradiso:
avrò mancanza del mio Paradiso
quando questa estate sarà finita
e racconterò alle nebbie di un’alta città
il segreto che fugge l’utile
e mi bacia con sorriso pensando a te,
Casa dalle albe mancate,
dai candidi greggi sparsi,
dalle acque calde,
dalle pinete bruciate,
dalle ceramiche preziose,
dai talenti umili,
dalle vergogne esibite,
dal barocco elegante,
dai gradini comodi sul belvedere del mondo.
IL RESPIRO DELLE SPINE
È iniziato tutto da un respiro:
- Respira. Respira. -
… dalla mia ingenuità, dalla tua stanchezza;
da fughe importanti,
da rimedi mai presi,
dalla mia imperdonabile giovinezza,
dalla tua terribile saggezza.
Sei importante e non sai
quant’è grave un pomeriggio leggero:
lo cerchi e non lo vivi,
almeno penso,
perché non so più che sapore ha il caffe con te.
Nell’album di foto mancate
colleziono sorrisi riflessi
che tu non conosci;
i quaderni pieni dei tuoi silenzi
li ho riempiti di canzoni.
Ho violentato pagine dei libri
che avrei voluto farti leggere.
Per un petalo della tua rosa
quante spine ingoierei…
Non c’è respiro nelle vite senza te.
Ho perso me nell’incontro più vero di noi.
LEGGIMI TU
Tra le righe della tua camicia
ti ho letto con occhi invadenti.
Leggimi ancora, leggimi tu,
perché sai,
con le tue parole, come dito
che accarezza le mie pagine, raccontarmi;
con la tua voce che segue i versi della mia persona,
trovare la morale delle mie favole,
anche quando non c’è.
Leggimi ancora, leggimi tu
perché sai ciò che io non so:
perché sai leggere pagine vuote.
Leggimi ancora. Scrivimi tu.