Monica Fastuca - Poesie

FUORI POSTO

Quando credi tu sia fuori posto,
fuori tempo
Non sai o dimentichi che quel posto e quel tempo
ti riservano
qualcosa di straordinario:
sorprese belle come occhi che parlano,
sorprese che una vita ordinaria
non ti concede, che non ti concedi,
o semplici silenzi di crescita.
Disegna slanci di follia,
rumorosa o taciuta,
è lì che la vita non dorme.
Quando sai d’essere fuori posto, fuori tempo
scappa, perchè altro ti chiama
sia anche un errore seguilo!


 

 HO SCAVATO CON CAREZZE SENTIERI

Ho cercato quel posto che non sapevo
scavalcando i recinti della provvidenza
per distendermi sulle rughe dorate e secche
di questa terra.
Ho cercato il fiato leggero dell’Etna
in giorni senza respiro,
per lasciarmi sfogliare
inalando sapori eterni che ricamano Pergusa.
Ho cercato negli occhi della gente,

al Mercato del Lume,
l’“insostenibile leggerezza dell’essere”,
del tuo essere.
Ho riempito le mie memorie come
bummulo (brocca tipica siciliana) colmo di vino e sangue;
scavato con carezze i sentieri dei miei passi,
ne ho conservato, tra i capelli, paglie.
Su basole umide
delle piogge d’agosto ho lasciato scivolare
le amarezze dei cieli primaverili
quando si affaccia
un chiassoso richiamo
dalle tegole antiche
alle mattine che abbracciano
l’Ombellico della Sicilia.


 

UNA STORIA SENZA FINALE, SENZA MORALE, SENZA SENSO

Ho calciato foglie pensando sabbia.
Ho ritagliato tramonti da accostare al cielo.
Ho chiesto tregua a questi portici.

Ho dimenticato il sorriso vicino l’ombrello.
Ho chiesto indicazioni per perdermi.
Ho dimenticato il mio posto preferito.
Ho ascoltato solo la musica che piace a te.
Ho cantato poco vicino ai sordi.
Ho mangiato pagine a primavera.
Ho cucinato male perchè non dovevo sporcare.
Ho finto di partire e riempito del nulla la valigia,
l’ho portata a spasso perchè era una bella giornata.
Ho dormito male e vissuto peggio.
Ho scritto sui muri e dipinto il pavimento.
Ho bevuto lacrime perchè l’acqua costa.
Ho ballato sul letto perchè non c’è un motivo per non farlo.
Ho aspettato il treno della vita alla fermata del bus.
Ho pensato fossi pazza, avevo ragione, allora non potevo esserlo.


E’ SUCCESSO ANCHE A NOI

Succede anche a me di non trovarmi

ma tu cercami

su quella bici rubata in cerca del cielo,

o distratta sul bordo di una tazzina di caffè.

È successo a tutti e succede anche a me

di inciampare sulla felicità ed averla schiacciata.

È successo anche a te

di contare i passi e non saper dove andare.

È successo a tutti

di parlare troppo senza amare;

di gridare, quando l’importante era solo ballare.

È successo anche a me

di essere nata una volta e morta cento;

ma me l’hai insegnato tu

a non badare agli accenti e ai capelli scomposti,

a cercare i sorrisi sotto la pioggia,

a tener pronto uno zaino

pieno del nulla, per il meglio che deve arrivare.

Me l’hai insegnato tu a lasciar andare

le foglie d’autunno non le posso mantenere


IN TASCA UNA CANZONE

Te ne sei andato portando

i tramonti più belli

e l’estate in tasca.

Tu che hai una canzone

per ogni problema,

per ogni cambio-stagione o cambio-vita;

una canzone

per quando dimentico

che la musica esiste

e rende migliore la vita;

una canzone per ciò che vivo,

per ciò che mi uccide…

io che tengo gli scheletri nei cassetti

e i sogni nell’armadio,

e non so quanta gente muore

tra un condizionale e l’altro.


 LA STRADA PER PERDERSI

Segui me

che non so cosa fare.

Segui me che non so cosa dire, cosa inventare.

Segui me che ti faccio sbagliare.

Segui me che non prometto il paradiso,

ma, lo giuro, neanche l’inferno.

Segui me che m’importa solo del Bello;

segui me che so dove trovare anche il Buono.

Segui me perché tanto che hai di peggio da fare?

Segui me è come una domenica a mare:

ti bagno i piedi anche se non ti i va di entrare;

segui me che poi la voglia ti viene:

vivere davvero, anche con la paura di annegare.


 LA VALIGIA VIA ETNEA

Con la valigia, piena del meglio vissuto,

vuota abbastanza per il meglio che deve arrivare,

ho percorso strade di basalto

a ritmo dei suonatori di fisarmonica,

osservato volti distratti e vicini

nelle incerte stagioni,

raccolto nel chiasso

la poesia della città e odori sulle spalle.

Ho tracciato mappe sulle palme

che ripercorro in carezze

di un recente passato.

Ho rotto scarpe

nell’incessante danza dei vent’anni.

Ho cercato storie buone

in angoli bui,

l’umanità

nei suoi errori.

Ho perso parole,

bevuto lacrime nella mancanza.

Ti canto lontana,

ti abbraccio felice

nei progetti del ritorno

eternamente Casa.


 

PELLE E CAPELLI

Della terra appena lavorata

o dell’erba appena tagliata,

del profumo delle foglie di pomodoro

e dei finocchietti selvaggi;

delle stelle in cielo,

del mare a due passi,

degli aghi di pino sotto i piedi,

del cicaleccio nelle giornate secche,

della musica del silenzio del mio mondo,

della pietra calda,

dei fichi caduti,

di una mano sulla guancia,

del ronzio del vento tra foglie di eucalipto,

della fierezza degli ulivi,

delle spine tra le dita,

della tua pelle più scura,

dei miei capelli più chiari,

del profumo di un libro conservato,

del Paradiso:

avrò mancanza del mio Paradiso

quando questa estate sarà finita

e racconterò alle nebbie di un’alta città

il segreto che fugge l’utile

e mi bacia con sorriso pensando a te,

Casa dalle albe mancate,

dai candidi greggi sparsi,

dalle acque calde,

dalle pinete bruciate,

dalle ceramiche preziose,

dai talenti umili,

dalle vergogne esibite,

dal barocco elegante,

dai gradini comodi sul belvedere del mondo.


 IL RESPIRO DELLE SPINE

È iniziato tutto da un respiro:

- Respira. Respira. -

… dalla mia ingenuità, dalla tua stanchezza;

da fughe importanti,

da rimedi mai presi,

dalla mia imperdonabile giovinezza,

dalla tua terribile saggezza.

Sei importante e non sai

quant’è grave un pomeriggio leggero:

lo cerchi e non lo vivi,

almeno penso,

perché non so più che sapore ha il caffe con te.

Nell’album di foto mancate

colleziono sorrisi riflessi

che tu non conosci;

i quaderni pieni dei tuoi silenzi

li ho riempiti di canzoni.

Ho violentato pagine dei libri

che avrei voluto farti leggere.

 

Per un petalo della tua rosa

quante spine ingoierei…

Non c’è respiro nelle vite senza te.

Ho perso me nell’incontro più vero di noi.

 


LEGGIMI TU

Tra le righe della tua camicia

ti ho letto con occhi invadenti.

 

Leggimi ancora, leggimi tu,

perché sai,

con le tue parole, come dito

che accarezza le mie pagine, raccontarmi;

con la tua voce che segue i versi della mia persona,

trovare la morale delle mie favole,

anche quando non c’è.

 

Leggimi ancora, leggimi tu

perché sai ciò che io non so:

perché sai leggere pagine vuote.

Leggimi ancora. Scrivimi tu.