Pasquale Ragni - Poesie

IL TERRORISMO

 

 

 

Dall’aria sospinta e di flagello carca, 

cavalca la nube dell’arido fin 

la preda struggente

e spegne raggiante il viso dei bimbi 

allegro e vociante.

Inumana cappa sosta funesta 

e oscure scorie stappa;

il conto gelido paga e china  

la Terra: l’ora è della guerra!

Tinge l’alba grave pensiero, 

stretta la vita da picco fiero;

brucia per l’insensato rio 

il bel terreno dal delirio;

sul pascolo grazioso, 

lunetta sul gambo fogliolin d’erbetta,

ruina il pio gregge immoto 

pel cibo avaro e non più noto.

Il pianto del dolore 

la nube ha imbevuto:

dal suo seno il sipario schiude, 

e la pace nella tomba ruota.

La parola mite ormai è vuota. 


IL VOLO DELL’ANIMA

 

 

 

Il Cielo ha spiegato le braccia 

per il libero volo dell’anima:

l’abbraccio filiale s’empie d’infinito.

Nel viaggio vive, e nel seno di famiglia

sosta materno il levar dell’ali,

come voce che soffia spirto di pace.


IL POPOLO STOLTO

 

 

 

Cadute e ascese di un’onda lontana 

proietton scoscese ruine nefaste; 

incombon reali né gioie né feste, 

ma urla letali ed ore infeste.

Il globo gira, non rincorre la Meta:

la terra sanguigna ha negato il Regno

ha slacciato i legami dei santi dettami.

Ancor dura è la cervice?

Il sole risplende senza calore, 

si torcono i petti senza Amore:

se di Caino fu  il primo reato,

la Croce perdona tutto il creato!


ECUMENISMO

 

 

 

Tutti per uno, uno per tutti.

Ognuno con il proprio carattere, 

ognuno con il proprio orizzonte,

ognuno con la propria diversità.

Sempre insieme nell’unità!

Ognuno cerchi l’armonia per tutti,

ognuno difenda il bene per tutti,

ognuno tracci la vita per tutti.

Sempre insieme nell’unità!

Siamo ancora moschettieri?

L’unità è scissa,

l’unità è sorda,

l’unità è riflessa.

Ancora dottrine, strutture e discipline?

Senza il Cristo è povertà,

senza il Cristo è scisma,

senza il Cristo è morte.

Orsù, leviam la mente al Cristo:

Uno per la Lingua,

Uno per la Pace,

Uno per Tutti.

O Gesù, ti preghiamo:

per l’amore dei popoli,

per l’eternità delle anime,

per l’ebbrezza dell’unità.

Tutti per uno, uno per tutti.


O PACE, FRAGILE   ERBETTA

 

 

 

Ancora sangue tinge il petto?

Ancora il pianto per l’affetto?

Il dolore s’ode della gente,

né mai scade quella nera patente.

O Pace, fragile erbetta

nella tormenta umana,

te hann baciato pigri sorrisi, 

te hann viziato invitti desii, 

te hann velto i ribelli 

sedotti da greve guerra.

Tu, tenero pensiero appena nato, 

gioiello non ancor dischiuso 

al giorno che infuria, 

sei piccina e indifesa creatura 

tra le mani altrui, 

come soffio che profuma

d’un bimbo nascituro.


INNO  ALLA GIOIA

 

 

Come l’aurora splende e abbaglia il cielo

e colma l’anima d’infinita gioia

per il riverbero dei colori e il pullular

dei moti interiori, così il cuor s’intona

e approda allo sfavillìo che inonda,

e immenso si spande per parlare tra note

d’un giro di suoni mosso da bagliori,

che il cosmo gira e ruota per amore:

oggi è il giorno festoso della letizia,

tutta raccolta dal volo dell’idillio,

che accarezza il volto riflesso dalla spuma,

specchiante di luce per l’aria che sfavilla,

e dal silenzio sboccia il varo del naviglio.


LEVA IL BALLO

 

 

Leva il ballo la stanchezza 

che s’incontra ad ogni età;

chi di spirito vivrà 

avrà lunga giovinezza.

Dov’è estrosa, gioconda follia 

move l’estasi, dell’or maestrìa;

stilla una luce per l’ir sì lesto

che vive da gemma sul viso desto; 

cresce sagacia in balìa di ronda   

e fiorisce salute pel corpo in onda.

Soffia sul sogno il respir della rima 

e il veliero riallaccia l’arguta scia:

scandisce l’ora ed ogni fantasia

al rotear del suono, inno alla vita.

Leva il ballo la stanchezza 

che s’incontra ad ogni età;

chi di spirito vivrà avrà lunga giovinezza.


LE MIE NOTE

 

 

 

Nella voragine del setticlavio 

scavo e del buio mi cingo, mi cibo:

una nota, una per volta, 

la fisso, ne riconosco il nome, 

ne misuro l’anima, le dò un volto;

poi le sorrido, l’invito 

e la costringo ad essere!

Lieve è uscire dal buio 

per danzare in compagnia, 

lenta, maestosa, greve, 

per suonare in compagnia 

e correre nell’aëre 

e di essa cibarsi e sostanziarsi.

Annidate, salgono una dopo l’altra 

per l’erta salita: nel lento fluire 

il volto matura e prende corpo 

la propria natura.


LEVA IL BALLO

 

 

 

Leva il ballo la stanchezza 

che s’incontra ad ogni età;

chi di spirito vivrà 

avrà lunga giovinezza.

Dov’è estrosa, gioconda follia 

move l’estasi, dell’or maestrìa;

stilla una luce per l’ir sì lesto

che vive da gemma sul viso desto; 

cresce sagacia in balìa di ronda   

e fiorisce salute pel corpo in onda.

Soffia sul sogno il respir della rima 

e il veliero riallaccia l’arguta scia:

scandisce l’ora ed ogni fantasia

al rotear del suono, inno alla vita.

Leva il ballo la stanchezza 

che s’incontra ad ogni età;

chi di spirito vivrà 

avrà lunga giovinezza.


CARNEVALE

 

 

 

Maschere ormeggiate

su volti gaudenti,

tinti d’ironia al luccicar

dell’umile mistero, 

sostano:

assecondano il verso,

il vestito della vita

col battito non restìo

a danzar con brio

nel vezzo d’un’aria

che bacia l’allegria

tra riflessi di luce

e maschere vive.