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– Al di là -
Cerco, tra le piaghe dell’anima, rivederti serena e in pace con la vita,
ancora una volta.…una sola volta….e il tuo sorriso carezzare i miei occhi a lenire lo sconforto dell’anima.
Non voci né silenzi varcheranno lo spirito nella tristezza ma immagini e visioni della nostra vita insieme oltre i confini dell’esistenza terrena.
Ad ogni battito di cuore un alito di vita con te.—-
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– Ansia -
Sul tuo dolce sorriso un
tenue filo d’ombra si posò lieve
e il mio cuore percepì per un
battito d’ali, il vuoto della caduta.
Cercai di riprendere il volo
stringendoti a me ma avvertisti
come sempre la mia ansia.
– Sussurrasti dolci parole –
Per non trascinarti nelle mie ombre
Ti strinsi ancor di più e fu allora
che mi dicesti :
“ Coraggio, lotteremo la bestia
come la prima volta “.
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Ascoltando un brano di E.Morricone
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DISPERSO NEL FLUIRE LENTO
DELLA VITA CORRE A PERDIFIATO
SULLA SALSA SPIAGGIA IL RAGAZZO
DEI SOGNI. E’ AL GABBIANO CHE
INVIA I SUOI PENSIERI E I SUOI AMORI
E CREDE CHE LA VITA GLI SARA’ DOLCE
COMPAGNA…….
LENTA E’ A GUARIRE LA PIAGA
DELL’ANIMA NEL MARE DEI RICORDI.
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“ Dialogo sopra i due massimi Sistemi “
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-Dove vai , fratello ?
. .A cercare lavoro…..
– Da dove vieni, fratello ?
. . Dal continente Africano .. dove si dice
è nato l’uomo
– Cosa cerchi, fratello?
. . Pace e lavoro.
– Perché vieni da noi?
. . Perché da noi c’è guerra e miseria ,
violenza e ingiustizia.
– Chi potrà darti pace e lavoro ?
. . Gli uomini buoni e giusti dei vostri paesi.
– Non tutti siamo buoni e giusti nei nostri paesi.
. . E’ vero ; ma tu mi hai salvato la vita e mi
chiami fratello .
– Dov’è la tua famiglia ?
. . Sparsa per il mondo. Ma un giorno
vogliamo tornare famiglia .
– Sei sposato ?
. . Si, con due bambini…poi c’è mio padre
e mia madre …ma non so dove sono.
– Cosa facevi nel tuo paese ?
. . Il contadino…poi tutti i lavori per sopravvivere….
Poi la disperazione e la partenza sul gommone..
I miei bambini piangevano per fame…
– Mi dispiace .
. . Ora cerco lavoro…il vostro aiuto perché siete
miei fratelli…
– Ora ti aiutiamo. Per il lavoro non c’è alcuna certezza;
da noi moltissimi giovani non hanno un lavoro…
. . Ma io faccio tutto…anche il lavoro più umille…si
dice così ?
– Umile ! Va bene Hamed, ora pensa a sopravvivere,
poi si vedrà.
. . Grazie, fratello, grazie…Dio protegga sempre te e
la tua gente .__________
Giugno 1975
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C’era una volta un amore, un dolce sentire
di suoni e parole, un riversare di lacrime
amare ad ogni sussulto di lievi emozioni.
C’era l’amore e c’era il dolore e il cuore
fremeva ai soffici baci di Primavera….poi
ritornava il sereno.
Dolce armonia scoprire a poco a poco il mistero
che si cela dietro il sentire dell’innamorato.
E scopro io il mistero giorno dopo giorno e le
parole non bastano mai. Vedere il tuo viso
e in esso scoprire gli infiniti tesori
dell’umana esistenza.
Percepisco, nel silenzio della sera, il
motivo sublime che a te mi lega,
la tua immagine che non è più
il riflesso della mia ma la sacra
visione della bellezza eterna.
In essa visione cullo i battiti del
cuore e m’è dolce conforto
l’armonia dei tuoi occhi neri.
Ora non impazzirò più per amore ;
l’umano che è in te si è trasfigurato
nel mio umano divenire.
C’eri una volta….e ci sarai per sempre,
amore mio.
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– Madre -
Cercavi, tra le pieghe dell’anima, il fiore della speranza
e quando ti scoprii china e assorta a guardare le foto dei tuoi cari
avesti un lieve sussulto.
“Scusami, ti sei spaventata !….” dissi vergognoso, ma il sorriso sul
tuo volto rugoso illuminò i tuoi occhi chiari, così ….come sempre.
“Noo, guardavo le foto di quando eravate bambini…..non ti ho
sentito arrivare e……” e ancora il tuo sorriso nascose la pena, così….
come sempre.
“ Che bella famiglia che eravamo !” dicesti contenta, ma la voce
suadente tradì il tuo cuore.
“ Si, una bella famiglia ; poi cresciamo e cambiamo e il diavolo , a
volte, ci mette la coda.” dissi pensoso.
“ E già…… “ dicesti un po’ triste. Ti abbracciai e scese il silenzio.
Nel tuo cuore di madre si racchiuse il mistero dei tanti perché
angosciosi lasciati in coloro che ti amarono e di coloro che dalla tua
via maestra deviarono cercando il bene nelle lusinghe altrui il
mistero riposa nel tuo perdono eterno.
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Mediterraneo 2
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Dove i nostri avi gettarono le reti
e i popoli del mondo solcarono la Storia
è sorto un grande camposanto ,
una landa distesa di croci e lamenti
cullati dall’onde e da pianti silenti .
E’ la memoria di chi non ha voce ,
un campo di semi bruciati dal tempo
un dolce riposo di chi non ha pace .
Sono nostri fratelli che mai incontreremo
per la via e nostre sorelle che mai danzeranno
per la via e nostri bambini che mai incontreremo
per la via .
Sono le anime dei nostri rimorsi che giacciono
inerti in quel camposanto .
Non sanno spiccare il volo perché smarriti
Essi stessi nella tragedia della vita.
Sono le anime dei nostri sogni perduti,
delle speranze rese vane dai nostri egoismi …..
sono i silenzi della nostra vanità.
Dove i nostri padri gettarono le reti
c’è ora un camposanto di nostri fratelli.
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– Sogno -
C’erano poeti in fondo alla via
e una casa amata era circondata
dal verde armonioso delle palme :
due occhi di ragazza spiavano
da una porta a vetri.
Un giovane bussò alla porta e
nessuno rispose e il cielo stillò
lacrime di solitaria poesia.
Il tempo volava con i sogni giovanili
e la luna a sera donava tristezza.
Poi venne il grigio degli anni e
il cuore consumò i suoi battiti
per vendere l’anima al diavolo
e fu subito notte.
La luna appariva al suo primo quarto.
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– SPERANZA -
“ La Speranza è ormai un’abitudine” , cantava Luigi Tenco nella sua triste canzone “ Un giorno dopo l’altro”. Ed era un giovane a dirlo ! Ma Tenco era solo un poeta.
“La Speranza è l’ultima a morire”. “ Chi di Speranza campa disperato muore”. Antichi detti e quest’ultimo senza possibilità di salvezza. Eppure, in ogni angolo della terra, in qualunque momento, nell’uomo si accende il lumicino della fiducia in qualcosa che lo lega all’ancora di salvezza, a quel sogno o illusione o lusinga o desiderio che gli permette, pur di fronte alla realtà matrigna, di andare oltre per riacquistare la fiducia ormai in bilico.
Le azioni della Speme sono note: Sperare, credere ; Vedere tutto rosa, avere fede, illudersi ; Afferrarsi, appigliarsi, aggrapparsi a un’illusione ; Concepire, nutrire una speranza, aprire il cuore alla speranza ; Avere un filo, un raggio di speranza, avere una mezza speranza; Perdere, infrangere la speranza.
E per le persone : Speranzoso, ottimista, fiducioso.
E’ in questo tormentato lavorio che l’anima dell’uomo si fa piccola piccola e nel contempo veramente umana, con le sue fragilità e i suoi voli oltre le frontiere della sua razionalità. Appigliarsi a qualcosa di indefinito per ribaltare la paura alla propria esistenza e a quella degli altri. Come per i miracoli, legarsi al filo tenue di quel sentire senza tempo in un crescendo di spasmodica attesa. Appare veramente fragile il divenire dell’uomo quando la “fortuna” gira la direzione dal bene al male e al battito dell’universo si sostituisce solo il pulsare del proprio cuore.
Non c’è una risposta al mistero della speranza né una formula precisa che ne delinei i contorni. Ogni donna o uomo la percepisce al momento del pericolo come ultima favilla dopo l’incendio della caduta e ciò che muove il cuore è soltanto Amore . Per sé o per gli altri. C’è la speranza in ognuno di noi e c’è lo sconforto della speranza quando essa si scioglie come neve al sole.
In questa altalena di desiderio e di delusione l’uomo diviene foglia all’incedere dell’Autunno.
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IL PENDOLO
( Tic…Tac )
“Arturo ha rotto l’arto….Arrotino affila forbici e coltelli…” era diventata quasi una nenia e mia madre sorrideva divertita. La mia prima lettura sul libro della prima elementare. Qualche anno dopo, su “ZAGARA”, facevo le gare di lettura con gli alunni delle altre classi.
“ Stellucce stelline che state vicine di casa al Signore…” volsi lo sguardo al cielo la sera e da allora continuo a mirare.
“ Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque…”e la fantasia spiccò il volo tra miti e leggende. Ulisse diveniva il mio eroe.
“ Il giorno fu pieno di lampi; ma ora verranno le stelle, le tacite stelle…” La mia sera non fu allietata da voli e da gridi di gioia. Altro serbava il gioco del destino.
“ E il cuore quando d’un ultimo battito avrà fatto cadere il muro d’ombra, per condurmi, Madre, sino al Signore, come una volta mi darai la mano..” e già allora mi perdevo nel mistero della vita e della morte.
“ L’albero a cui tendevi la pargoletta mano…” e il pianto del poeta scopriva nel cuore del ragazzo il lago salato della vita.
“ C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico: io vivo altrove, e sento che sono, intorno nate le viole…”Al volteggiar dell’aquilone, correndo e gridando nello spiazzo alla marina, eravamo felici noi fanciulli e non avevamo invidia del compagno volato anzitempo. Lasciavamo l’invidia al poeta.
“ Nella torre il silenzio era già alto, sussurravano i pioppi del Rio Salto..” Vana fu la ricerca di quel “nome”. Senza punizione rimase chi aveva osato togliere la vita.
“ San Lorenzo, io lo so perché tanto di stelle per l’aria tranquilla arde e cade, perché sì gran pianto nel concavo cielo sfavilla…” E il dieci di Agosto di ogni anno, a notte alta, le nostre teste volgevano lo sguardo al cielo sulla bianca spiaggia di Tonnarella alla ricerca di desideri da legare ad ogni lacrima scintillante..
“ D’in sulla vetta della torre antica, passero solitario…” e fu l’inizio del risveglio, il sentire oltre il tempo e lo spazio, il divenire ritmato delle ascese e delle cadute e ritrovarsi gabbiano alla marina tra poderose onde alla scogliera e dolci pacati tramonti sulla sabbia dorata.
“ Non so dove i gabbiani abbiano il nido, ove trovino pace…” e dai gabbiani fu scritto il divenire di chi poi amò il silenzio dei tramonti settembrini e il gridare a squarcia gola delle pene d’amore.
Sorgeva, dal turbinio del tempo, la ricerca affannosa e speranzosa del divenire della vita in un crescendo di aspettative giovanili mentre l’amore incideva i suoi strali nei cuori ancora tersi.
“ La donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole…”Trepida l’attesa e fugace il suo passare eppur si rinnovava, al calar della sera, il conforto del tempo a venire.
“ Autunno. Già lo sentimmo venire nel vento d’Agosto, nelle pioggie di Settembre torrenziali e piangenti…”E ad ogni Settembre, dopo l’ubriacatura dell’Estate senza tempo, avvertivamo dell’Autunno il cadere delle foglie; ma era un cadere senza dolore e senza tema. Ancora una volta la vita ci donava la speranza del domani.
“ La nebbia a gl’irti colli piovigginando sale…”e l’odore dolce e pregnante dell’Autunno con il mosto dei tini ad un tempo si spandeva per le vie del paese in un crescendo di laboriosità e giovanile attesa delle feste di Natale.
“ T’amo o pio Bove; e mite un sentimento di vigore e di pace al cor m’infondi …”E la natura veniva rispettata, e il lavoro dei campi e il tremolio a distanza delle lampare a mare nelle calde sere d’Estate.
“ Passata è la tempesta: odo augelli far festa…” e nonna Antonietta così recitava il suo incoraggiamento alle nostre giovanili tristezze.
“ Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude…” Sovrumani silenzi e profondissima quiete tra le stelle tutte del firmamento e l’inenarrabile scorcio delle visioni oltre il colle delle miserie umane ci prendeva allo stomaco e ci trascinava oltre il divenire della vita stessa.
“ Chiare , fresche e dolci acque, ove le belle membra pose colei che sola a me par donna…
“ Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d’umiltà vestuta…
“ Amor, che a nullo amato amar perdona , mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona.
E il cuore si innamorò dell’amore e dell’amore fu pena e travaglio il dolce stil novo.
Ai primi vagiti del nuovo sentire l’umano disio varcò i confini della speranza e della ragione e il lago del cuore imparò a soffrire nel silenzio della sera.
Corse il tempo , a perdifiato, tra salite e discese e fu ancora amore e fu pena e poi amore
E in esso si fermò l’ardire dell’uomo ma non si fermò il pendolo del destino.
Tic, Tac…Tic, Tac recitava l’orologio della vita;
Tic, Tac…Tic, Tac ritmava l0rologio della speranza ;
Tic, Tac…Tic, Tac pregava la pietà del divino….
TIC:……
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