Raffaele Rotundo - Poesie e Racconti

PANDEMIA

 

Sembra vivere come in un film

di cui vorremmo scrivere

al più presto la parola fine.

La storia dell’umana gente si ripete

ed impone dei passaggi obbligati

in un percorso non privo di ostacoli.

L’umanità tutta corre alle armi

per opporre resistenza ad un

nemico che colpisce senza pietà.

E come in ogni guerra l’esercito

più debole conta i caduti.

Intanto nel tempo necessario,

 per trovare le armi adatte 

a abbattere il nemico,

le vittime si spengono

nella solitudine di una stanza

senza neanche lo sguardo ne una

carezza di una persona cara.



SILENZIO

 

Il silenzio della notte

agita la mente

che rincorre immagini lontane.

Le luci del borgo

segnano i luoghi di sempre.

Trovo necessario affidare 

a questo foglio bianco

il mio pensiero.

La penna non scorre veloce

e’ indecisa su quale strada

avviare il proprio cammino.

L’anima e’ un po’ stanca

si agita nel tempo che resta.

Il passato e il presente

sembrano comprimersi

in una sola immagine di vita,

come ogni giorno,

nella realtà del domani.



TORMENTO

 

La mia mente vibra

nella notte in cui le palpebre 

tardano a spegnere la luce 

nelle mie pupille.

La tua immagine non si allontana, 

è lì per dirmi che questo pensiero,

in questa vita,

non diverrà mai realtà.

Solo su questo foglio bianco

Trovo un po’ di quiete,

perché mi sembra 

di scorgere all’orizzonte 

una seppur tenue luce

che rende più lieve 

il vivere di ogni giorno.

Per questo a volte l’alba 

mi sorprende ancora 

a pensare e scrivere 

digesti quotidiani

che non cancellano 

ma aiutano a vivere 

nella continuità reale.

Altro non mi resta 

che conservare 

in un angolo della mente

l’agognata meta.



GENERAZIONE DI MEZZO

Siamo i figli di chi è tornato a casa,

mentre ancora non si era spento del tutto

l’eco dei campi di battaglia,

intrisi del sangue dei caduti.

Quelli che non sono più tornati

ne alle loro case, ne alle loro donne.

E cosi fu l’alba di un’altra storia

che ebbe inizio con il pensiero

di allontanarsi al più presto

 da quel mondo pieno di tristi ricordi.

C’era tanta terra che aspettava di dare i suoi frutti.

Dai campi fino ad allora incolti,

 dall’alba al tramonto,

con la pioggia o con il sole cocente,

si alzava il canto, degli uomini e delle donne.

tra i vigneti e gli alberi di ulivo,

nelle distese dorate di spighe di grano,

che cedevano al taglio della falce impugnata

dai mietitori con la fronte imperlata di sudore.

Ogni tanto qualcuno porgeva loro

 un bicchiere di vino.

Come dimenticare, poi, quelle sere al focolare

della casa immersa nel silenzio della notte,

aspettando il Racconta Storie,

 nella penombra

della fioca luce del mitico lume a petrolio.

E da allora è stato un susseguirsi di cose che

ognuno di noi ha vissuto,

 in un percorso che oggi

 ha il sapore di un’altra storia.

Siamo stati il ponte

 tra le sponde di un fiume

nel quale oggi scorrono 

altri progetti di vita.


IL CORTILE

 

E’ ancora lì!

Il tempo e gli uomini

non hanno cancellato al suo interno, 

 le tracce di vita vissuta.

In quel particolare angolo di mondo

Il canto del gallo precedeva sempre il 

sorgere del sole da dietro le colline.

Spesso nell’aria si diffondeva la fragranza

del pane appena sfornato.

Il suo spazio una sosta obbligata

di persone che, alle prime luci dell’alba,

doveva recarsi a lavorare nei campi.

Uomini e donne dai volti segnati

da rughe precoci.

Atti di vita vissuta di una realtà

troppo disuguale.

Storie che non si cancellano

 con un colpo di spugna.

Troppo alto il prezzo da pagare per vivere.

Ma ciò è stato!


LA STRADA

 

La S.P. 17 non è una strada qualunque:

è la mia strada!

Per me rappresenta il percorso

di una vita.

Un sentiero di campagna

diventato un nastro di asfalto, un’arteria pulsante,

tra il mondo esterno e la città.

Ne abbiamo fatto di “strada” insieme!

Tracciata   nell’erba d’estate, nel fango di inverno,

tra le piante di ulivo e i campi di grano

Segnata dai solchi delle ruote dei carri

trainati dai buoi e le orme

dei   greggi diretti ai pascoli in collina

Io la percorrevo sia di giorno

che di notte

Il manto di catrame ha coperto tutto ma        

Non ha cancellato i ricordi                                                                                                                                                         di quel tempo infinito.

La scuola, il lavoro nei campi,

la vita nel borgo vicino.

Adesso tutto scorre veloce

come le auto sulla mitica S.P.17.


L’ULTIMA META

 

Lo so!

Un giorno

entrerai   nella stanza,

senza bussare,

per dirmi che bisogna   andare.

L’orologio   del tempo implacabile

scandisce le ore.

Sarò pronto?

Qualcuno ha scritto che:

l’abitudine del vivere

non ci allena a morire!

Comunque vada,

è stata una bella partita!

Di una sola cosa ti prego

sii rapida e decisa

non è  il viaggio che temo

ma le sofferenze dell’attesa.

Quando il tempo è scaduto

è giusto partire.


NOSTALGIA

 

Spesso le immagini dei luoghi vissuti

riempiono  la mia mente.

Pechino, Piazza Tienanmen,

la Grande Muraglia e la Città Proibita.

La sosta nel villaggio nella Steppa Mongola,

il bivacco notturno nella tipica Yurta.

Il Gelato Fritto a Lhasa in Tibet.

La sosta al Passo Gambalà 

in viaggio per raggiungere Xhigatse .

L’ Avana e l’immagine del CHE in Piazza della Rivoluzione.

La Bodeguita del Medio e il   Floridita di Hemingway.

Rio De Janeiro, Copacabana e il Cristo del Corcovado.

New York, New Orleans, S. Francisco, Las Vegas.

Mosca, Vienna, Londra, Madrid.

Ma oggi quello che mi manca è ROMA,

le sue strade e i suoi   monumenti,

testimoni di una storia unica al mondo.

Spero di tornarci un giorno per rivivere

in quei luoghi alcuni momenti unici

della mia vita.


PENSIERO

 

Non dobbiamo aver  

fretta di arrivare.

Ogni singolo atto della 

nostra vita ha i suoi tempi.

In fondo chi siamo noi? 

Se non gli inquilini 

del Piano Terra! 


PER MIRIAM

Mira!

La vita è un grandioso mistero

Nascere! Vivere! Morire!

Sono la trama di un film

che ci propone l’eterno dilemma:

Chi siamo noi?

Perché siamo venuti al mondo?

Forse solo le nostre azioni di vita di ogni giorno

possono aiutarci a dare luce sul perché della

nostra esistenza su questa terra.

Per questo, credo, che bisogna vivere

e operare, soprattutto,

nel rispetto degli altri se vogliamo

dare un senso pieno alla nostra vita!

Mira!

Quando non ci sarò più

ricordati di me, ricorda queste parole,

parlane con chi ti sta vicino!

E’ il regalo più bello che tu puoi fare

ad un uomo che ha tanto amato e vissuto

questa nostra terra

avendo, ogni giorno, il desiderio di percorrerla

da un emisfero all’altro

e che per poco non c’è riuscito!

Domani fallo tu per me!

E l’augurio più bello che sento di farti,

per tutta la vita.


SOLITUDINE

La gente ormai vive meno la città.

Le strade sono sempre più vuote,

 i vicoli deserti e silenziosi 

inducono a pensare che 

la vita scorre in altri luoghi.

Il messaggio è sempre più incalzante:

 ci vediamo al Centro Commerciale!

 E lì si commercializza tutto

anche lo scorrere normale 

delle azioni quotidiane delle persone.

Una folla di anime che si illude di vivere 

nella solitudine di questi luoghi

 in cui tutto si comprime in spazi 

sempre più uguali nel loro messaggio.

Cosi anche il modo di pensare  

di tutta questa  gente

convinta di essere lì per “ ACQUISTARE” ma 

che in realtà finisce di essere lei

l’oggetto “ACQUISTATO”.


SORGENTE DI VITA

 

Donna!

In questa solitudine immensa

dai gioia e speranza per questa terra.

Perché dal tuo grembo  nasce

la continuità della vita.

Ovunque ti trovi, chiunque tu sia,

non si può non amarti.

Diverso è come rifiutare di vivere,

ed io amo la vita.


 TORMENTO

La mia mente vibra

nella notte in cui le palpebre 

tardano   a spegnere la luce  

nelle mie pupille.

La tua immagine non si allontana, 

è lì per dirmi che questo pensiero,

in questa vita, non diverrà mai realtà.

Solo su questo foglio bianco

trovo un po’ di quiete,

perché mi sembra di scorgere 

all’orizzonte una seppur tenue luce 

che rende più lieve il vivere di ogni giorno.

Per questo a volte l’alba mi sorprende

ancora a pensare e scrivere di 

gesti quotidiani che non cancellano 

ma aiutano a vivere nella continuità reale.

Altro non mi resta 

che conservare in un angolo della mente

 l’agognata meta.


IL VIAGGIO

 

Fermate  tutto!

Voglio scendere!

C’è  troppa solitudine

in questo viaggio senza ritorno.

Le immagini che scorrono veloci

appartengono ad un mondo che

non mi somiglia per niente

Le cose non hanno più

i colori di un tempo.

L’anima e stanca e

i pensieri affollano la mente

che non riesce   più a progettare il domani

Questa  folla incolore  mi deprime l’anima,

sento solo dei rumori,

la vita è un’altra cosa, ed io voglio vivere

per questo prima o poi

in modo o nell’altro scenderò

da questo ultimo treno.

 

Raffaele Rotundo


SOGNO

 

Un uomo nella notte

insegue un sogno.

Il chiarore delle stelle

sfiora i sui bianchi capelli

Per lui

l’alba non dovrebbe

giungere mai

 

                                                                                             

Raffaele Rotundo


ORGOGLIO

 

Sono poeta?

Non lo so!

Ma ogni  tanto sento mio

il   regno   delle muse

E così  succede,

che nelle ore più’ dure,

                                                        affido ai miei versi

i dubbi e le mie paure.

E a loro con, animo sereno,

tranquillo  mi abbandono.

Non ci vuole poi tanto,

anzi  tanto poco, sollevo rapido

e poi ricopro.

 

Raffaele Rotundo


 

Una giorno, del mese settembre inoltrato,  il proprietario di un grande latifondo, giunse nel cortile del suo caseggiato dove , oltre all’ umile  dimora in cui alloggiava la famiglia del suo Guardiano, vi erano i magazzini utilizzati per conservare i proventi  dovuti dai coloni e braccianti che operavano sui suoi terreni che costituivano l’immensa proprietà, tra distese pianeggianti e aspre colline.  In quel periodo era il tempo della vendemmia.

Nel cortile, all’ombra di un grosso albero di acacie, su un tino di rovere, stava piazzata la macchina per la macina dell’uva che veniva raccolta dai vigneti circostanti.

La stessa era messa in funzione per mezzo di un volano che veniva, non senza un forte impegno, manovrato con la forza delle braccia di un uomo.

Tutto intorno era solo lavoro e sudore.

Il proprietario seguito dalle sue tre figlie, di giovane età,   osservava tutta la scena

Illustrando alle stesse le diverse fasi  di lavorazione mentre il profumo degli acini macinati dei grappoli dell’uva di cui  si riempiva il tino, si diffondeva tutto intorno unitamente allo svolazzare di mosconi e vespe, attratti dal dolce sapore del mosto.

Intanto che le ceste piene di uva che provenivano dai vigneti a mezzo di un carro trainato dai buoi, venivano scaricati nella tramoggia della macchina per essere macinate, il proprietario si avvicina all’ingresso della casa del  Guardiano .

Il Guardiano!

Un ruolo non da poco di quei tempi in cui la ricchezza si concentrava soprattutto nel possesso di terreni ed il lavoro nei campi era duro e la fame era tanta per cui  bisognava ritenersi fortunati a svolgere tale attività, in un contesto di tale portata.

Infatti il Guardiano, sovrintendeva e controllava tutte le attività agricole e non   che si sviluppavano sul grande latifondo e, al contrario di tanti altri contadini si era potuto permettere di avviare, agli studi superiori , nei tempi dovuti, in continuità di quelle elementari, tutti i suoi quattro figli, piuttosto che impegnarli dall’alba al tramonto al lavoro dei campi da coltivare, se non nei  periodi di non scuola.

Uno di questi, quel giorno, si trovava  sulla porta di casa e nel vedere il padrone  avvicinarsi , forse con l’intenzione di chiedere un bicchiere d’acqua,  si rivolse a lui e alle sue figlie che lo seguivano come un ombra, dicendo con modo garbato  “ PREGO ACCOMODATEVI” . La cosa non passò inosservata e il Padre- Padrone rivolto alla sua giovane prole esclamò “AVETE VISTO COME PARLA BENE L’ITALIANO !” . Da li a poco il padrone incontrando nel cortile il padre del ragazzo, ovvero il  Guardiano , con fare risentito, chiamandolo per nome disse: LUIGI MA SE TU MANDI TUTTI I TUOI FIGLI A SCUOLA A ME LA TERRA CHI ME LA LAVORA?.

Queste parole rimasero impresse nella mente del ragazzo perché pensò come quell’uomo, egoisticamente,  vedeva il mondo solo in funzione della sua terra , della sua proprietà del suo essere padrone, in questo modo, anche della vita e del destino di chi ci viveva, pur di  non morire di fame, sopra.

Negli susseguirsi degli anni, nel lavoro e nella vita della società complessivamente presa, quel ragazzo diventato uomo, dedicò parte del suo tempo nel combattere tale arroganza di pensiero esaltando il ruolo della dignità del lavoro in quanto fonte di vita e di libertà per l’uomo e non un mezzo di sfruttamento fine a se stesso.

Il Guardiano era mio padre!

Quel ragazzo sono io!

 

Raffaele Rotundo