PANDEMIA
Sembra vivere come in un film
di cui vorremmo scrivere
al più presto la parola fine.
La storia dell’umana gente si ripete
ed impone dei passaggi obbligati
in un percorso non privo di ostacoli.
L’umanità tutta corre alle armi
per opporre resistenza ad un
nemico che colpisce senza pietà.
E come in ogni guerra l’esercito
più debole conta i caduti.
Intanto nel tempo necessario,
per trovare le armi adatte
a abbattere il nemico,
le vittime si spengono
nella solitudine di una stanza
senza neanche lo sguardo ne una
carezza di una persona cara.
SILENZIO
Il silenzio della notte
agita la mente
che rincorre immagini lontane.
Le luci del borgo
segnano i luoghi di sempre.
Trovo necessario affidare
a questo foglio bianco
il mio pensiero.
La penna non scorre veloce
e’ indecisa su quale strada
avviare il proprio cammino.
L’anima e’ un po’ stanca
si agita nel tempo che resta.
Il passato e il presente
sembrano comprimersi
in una sola immagine di vita,
come ogni giorno,
nella realtà del domani.
TORMENTO
La mia mente vibra
nella notte in cui le palpebre
tardano a spegnere la luce
nelle mie pupille.
La tua immagine non si allontana,
è lì per dirmi che questo pensiero,
in questa vita,
non diverrà mai realtà.
Solo su questo foglio bianco
Trovo un po’ di quiete,
perché mi sembra
di scorgere all’orizzonte
una seppur tenue luce
che rende più lieve
il vivere di ogni giorno.
Per questo a volte l’alba
mi sorprende ancora
a pensare e scrivere
digesti quotidiani
che non cancellano
ma aiutano a vivere
nella continuità reale.
Altro non mi resta
che conservare
in un angolo della mente
l’agognata meta.
GENERAZIONE DI MEZZO
Siamo i figli di chi è tornato a casa,
mentre ancora non si era spento del tutto
l’eco dei campi di battaglia,
intrisi del sangue dei caduti.
Quelli che non sono più tornati
ne alle loro case, ne alle loro donne.
E cosi fu l’alba di un’altra storia
che ebbe inizio con il pensiero
di allontanarsi al più presto
da quel mondo pieno di tristi ricordi.
C’era tanta terra che aspettava di dare i suoi frutti.
Dai campi fino ad allora incolti,
dall’alba al tramonto,
con la pioggia o con il sole cocente,
si alzava il canto, degli uomini e delle donne.
tra i vigneti e gli alberi di ulivo,
nelle distese dorate di spighe di grano,
che cedevano al taglio della falce impugnata
dai mietitori con la fronte imperlata di sudore.
Ogni tanto qualcuno porgeva loro
un bicchiere di vino.
Come dimenticare, poi, quelle sere al focolare
della casa immersa nel silenzio della notte,
aspettando il Racconta Storie,
nella penombra
della fioca luce del mitico lume a petrolio.
E da allora è stato un susseguirsi di cose che
ognuno di noi ha vissuto,
in un percorso che oggi
ha il sapore di un’altra storia.
Siamo stati il ponte
tra le sponde di un fiume
nel quale oggi scorrono
altri progetti di vita.
IL CORTILE
E’ ancora lì!
Il tempo e gli uomini
non hanno cancellato al suo interno,
le tracce di vita vissuta.
In quel particolare angolo di mondo
Il canto del gallo precedeva sempre il
sorgere del sole da dietro le colline.
Spesso nell’aria si diffondeva la fragranza
del pane appena sfornato.
Il suo spazio una sosta obbligata
di persone che, alle prime luci dell’alba,
doveva recarsi a lavorare nei campi.
Uomini e donne dai volti segnati
da rughe precoci.
Atti di vita vissuta di una realtà
troppo disuguale.
Storie che non si cancellano
con un colpo di spugna.
Troppo alto il prezzo da pagare per vivere.
Ma ciò è stato!
LA STRADA
La S.P. 17 non è una strada qualunque:
è la mia strada!
Per me rappresenta il percorso
di una vita.
Un sentiero di campagna
diventato un nastro di asfalto, un’arteria pulsante,
tra il mondo esterno e la città.
Ne abbiamo fatto di “strada” insieme!
Tracciata nell’erba d’estate, nel fango di inverno,
tra le piante di ulivo e i campi di grano
Segnata dai solchi delle ruote dei carri
trainati dai buoi e le orme
dei greggi diretti ai pascoli in collina
Io la percorrevo sia di giorno
che di notte
Il manto di catrame ha coperto tutto ma
Non ha cancellato i ricordi di quel tempo infinito.
La scuola, il lavoro nei campi,
la vita nel borgo vicino.
Adesso tutto scorre veloce
come le auto sulla mitica S.P.17.
L’ULTIMA META
Lo so!
Un giorno
entrerai nella stanza,
senza bussare,
per dirmi che bisogna andare.
L’orologio del tempo implacabile
scandisce le ore.
Sarò pronto?
Qualcuno ha scritto che:
l’abitudine del vivere
non ci allena a morire!
Comunque vada,
è stata una bella partita!
Di una sola cosa ti prego
sii rapida e decisa
non è il viaggio che temo
ma le sofferenze dell’attesa.
Quando il tempo è scaduto
è giusto partire.
NOSTALGIA
Spesso le immagini dei luoghi vissuti
riempiono la mia mente.
Pechino, Piazza Tienanmen,
la Grande Muraglia e la Città Proibita.
La sosta nel villaggio nella Steppa Mongola,
il bivacco notturno nella tipica Yurta.
Il Gelato Fritto a Lhasa in Tibet.
La sosta al Passo Gambalà
in viaggio per raggiungere Xhigatse .
L’ Avana e l’immagine del CHE in Piazza della Rivoluzione.
La Bodeguita del Medio e il Floridita di Hemingway.
Rio De Janeiro, Copacabana e il Cristo del Corcovado.
New York, New Orleans, S. Francisco, Las Vegas.
Mosca, Vienna, Londra, Madrid.
Ma oggi quello che mi manca è ROMA,
le sue strade e i suoi monumenti,
testimoni di una storia unica al mondo.
Spero di tornarci un giorno per rivivere
in quei luoghi alcuni momenti unici
della mia vita.
PENSIERO
Non dobbiamo aver
fretta di arrivare.
Ogni singolo atto della
nostra vita ha i suoi tempi.
In fondo chi siamo noi?
Se non gli inquilini
del Piano Terra!
PER MIRIAM
Mira!
La vita è un grandioso mistero
Nascere! Vivere! Morire!
Sono la trama di un film
che ci propone l’eterno dilemma:
Chi siamo noi?
Perché siamo venuti al mondo?
Forse solo le nostre azioni di vita di ogni giorno
possono aiutarci a dare luce sul perché della
nostra esistenza su questa terra.
Per questo, credo, che bisogna vivere
e operare, soprattutto,
nel rispetto degli altri se vogliamo
dare un senso pieno alla nostra vita!
Mira!
Quando non ci sarò più
ricordati di me, ricorda queste parole,
parlane con chi ti sta vicino!
E’ il regalo più bello che tu puoi fare
ad un uomo che ha tanto amato e vissuto
questa nostra terra
avendo, ogni giorno, il desiderio di percorrerla
da un emisfero all’altro
e che per poco non c’è riuscito!
Domani fallo tu per me!
E l’augurio più bello che sento di farti,
per tutta la vita.
SOLITUDINE
La gente ormai vive meno la città.
Le strade sono sempre più vuote,
i vicoli deserti e silenziosi
inducono a pensare che
la vita scorre in altri luoghi.
Il messaggio è sempre più incalzante:
ci vediamo al Centro Commerciale!
E lì si commercializza tutto
anche lo scorrere normale
delle azioni quotidiane delle persone.
Una folla di anime che si illude di vivere
nella solitudine di questi luoghi
in cui tutto si comprime in spazi
sempre più uguali nel loro messaggio.
Cosi anche il modo di pensare
di tutta questa gente
convinta di essere lì per “ ACQUISTARE” ma
che in realtà finisce di essere lei
l’oggetto “ACQUISTATO”.
SORGENTE DI VITA
Donna!
In questa solitudine immensa
dai gioia e speranza per questa terra.
Perché dal tuo grembo nasce
la continuità della vita.
Ovunque ti trovi, chiunque tu sia,
non si può non amarti.
Diverso è come rifiutare di vivere,
ed io amo la vita.
TORMENTO
La mia mente vibra
nella notte in cui le palpebre
tardano a spegnere la luce
nelle mie pupille.
La tua immagine non si allontana,
è lì per dirmi che questo pensiero,
in questa vita, non diverrà mai realtà.
Solo su questo foglio bianco
trovo un po’ di quiete,
perché mi sembra di scorgere
all’orizzonte una seppur tenue luce
che rende più lieve il vivere di ogni giorno.
Per questo a volte l’alba mi sorprende
ancora a pensare e scrivere di
gesti quotidiani che non cancellano
ma aiutano a vivere nella continuità reale.
Altro non mi resta
che conservare in un angolo della mente
l’agognata meta.
IL VIAGGIO
Fermate tutto!
Voglio scendere!
C’è troppa solitudine
in questo viaggio senza ritorno.
Le immagini che scorrono veloci
appartengono ad un mondo che
non mi somiglia per niente
Le cose non hanno più
i colori di un tempo.
L’anima e stanca e
i pensieri affollano la mente
che non riesce più a progettare il domani
Questa folla incolore mi deprime l’anima,
sento solo dei rumori,
la vita è un’altra cosa, ed io voglio vivere
per questo prima o poi
in modo o nell’altro scenderò
da questo ultimo treno.
Raffaele Rotundo
SOGNO
Un uomo nella notte
insegue un sogno.
Il chiarore delle stelle
sfiora i sui bianchi capelli
Per lui
l’alba non dovrebbe
giungere mai
Raffaele Rotundo
ORGOGLIO
Sono poeta?
Non lo so!
Ma ogni tanto sento mio
il regno delle muse
E così succede,
che nelle ore più’ dure,
affido ai miei versi
i dubbi e le mie paure.
E a loro con, animo sereno,
tranquillo mi abbandono.
Non ci vuole poi tanto,
anzi tanto poco, sollevo rapido
e poi ricopro.
Raffaele Rotundo
Una giorno, del mese settembre inoltrato, il proprietario di un grande latifondo, giunse nel cortile del suo caseggiato dove , oltre all’ umile dimora in cui alloggiava la famiglia del suo Guardiano, vi erano i magazzini utilizzati per conservare i proventi dovuti dai coloni e braccianti che operavano sui suoi terreni che costituivano l’immensa proprietà, tra distese pianeggianti e aspre colline. In quel periodo era il tempo della vendemmia.
Nel cortile, all’ombra di un grosso albero di acacie, su un tino di rovere, stava piazzata la macchina per la macina dell’uva che veniva raccolta dai vigneti circostanti.
La stessa era messa in funzione per mezzo di un volano che veniva, non senza un forte impegno, manovrato con la forza delle braccia di un uomo.
Tutto intorno era solo lavoro e sudore.
Il proprietario seguito dalle sue tre figlie, di giovane età, osservava tutta la scena
Illustrando alle stesse le diverse fasi di lavorazione mentre il profumo degli acini macinati dei grappoli dell’uva di cui si riempiva il tino, si diffondeva tutto intorno unitamente allo svolazzare di mosconi e vespe, attratti dal dolce sapore del mosto.
Intanto che le ceste piene di uva che provenivano dai vigneti a mezzo di un carro trainato dai buoi, venivano scaricati nella tramoggia della macchina per essere macinate, il proprietario si avvicina all’ingresso della casa del Guardiano .
Il Guardiano!
Un ruolo non da poco di quei tempi in cui la ricchezza si concentrava soprattutto nel possesso di terreni ed il lavoro nei campi era duro e la fame era tanta per cui bisognava ritenersi fortunati a svolgere tale attività, in un contesto di tale portata.
Infatti il Guardiano, sovrintendeva e controllava tutte le attività agricole e non che si sviluppavano sul grande latifondo e, al contrario di tanti altri contadini si era potuto permettere di avviare, agli studi superiori , nei tempi dovuti, in continuità di quelle elementari, tutti i suoi quattro figli, piuttosto che impegnarli dall’alba al tramonto al lavoro dei campi da coltivare, se non nei periodi di non scuola.
Uno di questi, quel giorno, si trovava sulla porta di casa e nel vedere il padrone avvicinarsi , forse con l’intenzione di chiedere un bicchiere d’acqua, si rivolse a lui e alle sue figlie che lo seguivano come un ombra, dicendo con modo garbato “ PREGO ACCOMODATEVI” . La cosa non passò inosservata e il Padre- Padrone rivolto alla sua giovane prole esclamò “AVETE VISTO COME PARLA BENE L’ITALIANO !” . Da li a poco il padrone incontrando nel cortile il padre del ragazzo, ovvero il Guardiano , con fare risentito, chiamandolo per nome disse: LUIGI MA SE TU MANDI TUTTI I TUOI FIGLI A SCUOLA A ME LA TERRA CHI ME LA LAVORA?.
Queste parole rimasero impresse nella mente del ragazzo perché pensò come quell’uomo, egoisticamente, vedeva il mondo solo in funzione della sua terra , della sua proprietà del suo essere padrone, in questo modo, anche della vita e del destino di chi ci viveva, pur di non morire di fame, sopra.
Negli susseguirsi degli anni, nel lavoro e nella vita della società complessivamente presa, quel ragazzo diventato uomo, dedicò parte del suo tempo nel combattere tale arroganza di pensiero esaltando il ruolo della dignità del lavoro in quanto fonte di vita e di libertà per l’uomo e non un mezzo di sfruttamento fine a se stesso.
Il Guardiano era mio padre!
Quel ragazzo sono io!
Raffaele Rotundo