Roberta De Luca - Poesie

Ho bisogno di concretezza e tu ci sei
Ho bisogno di uscire e tu ci sei
Ho bisogno di viaggiare e tu ci sei
Ho bisogno di odiare i miei genitori e tu ci sei
Ho bisogno di parlare e tu mi invalidi
Voglio ridere e tu sei congeniale
Voglio accettare, ma come?
Ho bisogno di ascoltare i Lucio, ma mi dai la prospettiva peggiore
Che ne dici di Marvin Gaye?
Ho paura di quello che possa uscire
Ho bisogno di pienezza e tu ci sei
Macigno dammi dell’acqua almeno senza tremare


La percezione che ho, ci sono limiti?
Non ci sono limiti, non conosco metodi
Per questa maledetta fortuna.
Voi vi ci perdereste?
Come fareste a trovarne gioielli?
Gioielli che indossereste o vendereste?
È un attimo in cui, se vi accorgiate, buttiamo tutto.
Per dei gioielli
Non cercate l’anello.
Allora mi tormento, cercando e sperando che abbiate ragione.
Cosa ne ho tratto?
La negoziazione?
Alle sue condizioni
Abbiamo sete, cerchiamo il bene, ma non lo siamo
Come possiamo esserlo se il primo che ci inganna è il nostro labirinto?
Fammi vedere quello che non conosco,
c’è altro dietro questo finestrone a specchio.
Ti ho promesso che se fosse stato il mio destino, il tormento, lo avrei
accettato.
Lui ha i suoi tempi,
gli ho lasciato del tempo per darmi altro, caparbio, ne è capace.
Vorrei fidarmi della vita.


In un burrone profondo
Come gli abissi immaginari
Solo a me
Sporco di fango
Un po’ d’acqua c’era
Ma non era buona
Un giorno alla volta
Mi spingevo verso su
Ti aggrappi a delle radici
Forse non tue
Invece si
Ancora niente lassù
Cadere cosi ma si può?
In quel fango mi aggrappai
E per forza scoprii cose
A me non chiare
Riprovai in quel buio
Forse di là ma comunque stretto
Vedevo lo spiraglio lontano
Lo vedevo
prima la testa
Dopo mesi e genti
Che mi attraversarono il labirinto
Solo la testa fuori
L’essenziale per voi.


 

È questo succede quando dai spazio a lei
Manipolatrice di grovigli
Che neanche le mura
Della cucina mi fanno stare al sicuro
Cucina chissà chi l’ha scelta
Sarebbe lo stesso nella cucina di mia madre
La sola ed unica potente ansia
Se voglio vedere fiori
Lei mi fai vedere l’arresa dell’anima
Forse ha conosciuto la paura
Senza l’evoluzione
E mi ha voluto bene mettendomi fra i suoi seni di natura paurosi
come la sua mente senza nascita
Dovrò rispettarti
Nella mia nuova nascita.


 

Facile camminare a vent’anni
Ti cerco sostanza
Fermezza
No caos, anche se generi mondi
Persistere su quale esempio?
Su quella sconosciuta che conosce la letteratura?
A quella ragazza sta bene il taglio corto di capelli
Forse dovrei portarli lunghi
Groviglio
E vedo lei che conosco bene
Leggera, ride sempre e non sa mai cosa dire
Mi lascerei trasportare a volte
E vivere senza te sostanza
Pur di vedere un po’ niente
Ma questo è l’unico modo
Il senso di niente.


 

Oscillo nel voler amare lui
Oscillo nel non essere ferma
Dramma fammi conoscere l’amore
Radice ti abbraccio e rioscillo
Nell’arrabbiarmi con te
Frustrata nello scoprire che non saper crescere un figlio
non mi fa darti la colpa
devo scendere da questo ring
queste molle mi catapultano
su un desiderio, un dolore, un amore, un’incomprensione, un bene
incondizionato
un insegnamento che mi era dovuto
una sicurezza che crolla.
Tutto va veloce e mi sfugge l’appiglio.


 

La frammentazione di questo amore
Mi incalana a capire
Cose tanto inutili
Per la normalità
La responsabilità di essere
Intanto sperimento l’inettitudine
Mi lascio andare ai vostri pensieri
Alle vostre serate
Cosa fate se non avete paura?
Capite che siete labili?
Mi sento in Voi e mi sento niente
Strapazzata nei vostri inutili atteggiamenti
Cosa mi spinge a non essere me?
Forse tu fautore di queste parole


 

Così cattiva e carica di forza
Lasciami, perdimi
Ti immagino, vieni più leggera
Se penso che non sentirò più
Ti inizio ad avvertire prorompente
In quel nulla in cui mi lascerai
Che poi labile è il confine
E allora la pace non verrà
Chissà se sarò mai libera da questo cielo di terza scelta
Albergato nelle mie immagini
Sei tu, quindi, che mi tieni in vita?
Ti rifiuto come l’amore non corrisposto.


 

Prima di essere, sono stata disperata su di voi
Esseri a me sconosciuti, come me
Come lei, donna latina, ti ho rivista in stazione
Non padrona più, cosa ti ha spinto al suolo?
T’aspettavo!
La latina e la paura mi fracassavano le ossa
Struggente, avrei voluto cedere e sedermi accanto a lei
Piena di colori sporchi e accesi
Forse la sua anima voleva ancora non arrendersi
Il viso tirato giù ormai dal niente restante nella mente
La paura non mi fa sedere
La paura salva e mi invalida
Dannata oggi, ieri, sempre.


 

Devota a te, insostenibile pesantezza
Cosa significa esseri liberi?
Se svanisci io non avrò più questo spessore
Ti consulto ma non rispondi
Mi invadi e non ti domino
Non esisterà forse il compromesso con te
Essere inquieto
Ti voglio ma così non ti sorreggo
La tua importanza tanto sperperata con leggerezza mi paralizza
Il flusso di coscienza che arriva ed io inondata senza respiro, annebbiata
Come te giovane ragazzo, che non sarei capace di amare
Mi chiedi se ho fiamme per te
E ti dico che senza quelle non vivrei
Accendi quella sigaretta trovandoti appagato e ringraziandomi
Io ringraziandomi meno per aver trovato in te dei difetti
Mentre mi perdevo l’attimo della fiamma generata
Dal suo dolce imbarazzo.