Rosalba Ferramosca - Poesie e Racconti

BERLINO

 

Inutilmente  nuova

per me,

BERLINO.

Falsi i rattoppi ,

bugiardi i vistosi edifici

dal breve destino.

Inganno le memorie serbate,

quelle di vite vissute

all’ombra di grandi paure.

Ricadono sui figli 

le colpe dei padri? 

Annega il rimorso 

in grandi boccali di birra.


 

Maggio a Cipro

 

Colline e piane assetate,

antiche pietre 

calcinate da un sole impietoso.

Brulla mi accogli

mitica terra di Afrodite,

testimone di grande bellezza.

Cerco l’ombra a ridosso dei muri.

Un filo d’aria a tratti

risveglia i miei sensi sopiti.

Dormono mare e cielo, 

fermi e incolori nella calura stagnante.

Minareti come lunghe matite

penetrano  l’azzurro,

sorvegliano bianchi cilindri 

 fuga inerte  sui tetti di villaggi  e città.

Di Achei mi parlano,

di indomite genti lontane

ritrovo i segni in cammino,

di Turchi e Normanni, di vescovi e santi,

di Vergini e Cristi,

ma oggi

si nasconde la terra del mito,

illusa e sconfitta da nuove deità.

So ora solo di popoli ansiosi di pace,

inconsapevoli armi di interessi stranieri.


  Lanzarote

 

Un drago possente

è adagiato sul fondo dell’oceano.

Dalle acque pronte a ribollire

 emerge la testa ,Lanzarote.

O forse è il ventre rigonfio di braci.

Audaci uomini, incoscienti,

con vanghe e picconi il ventre corrugato

solleticano.

Pietosa una coltre di cenere

trattiene l’umida notte 

per cederla a palme e vigneti

tra squame grigiastre, onde  brune di pietra.

Dinanzi all’oscura bellezza

un vago terrore mi prende.


 La Progenie

 

Perché la mano traccia

Incosciamente,

linee contorte sulla carta, segni a caso,

quando un pensier mi cruccia,

quando vaga la mente?

La mano va

come una nave senza guida,

non si stacca dal foglio la penna

 ed ecco  comparire

strani ornati e arabeschi .

 Forse chi nella mia progenie

fu folle e antico artista, 

a mia memoria,

 or la  penna conduce e la mia vista

 e scrive  per mio mezzo la sua storia!


 Parla la Talpa

 Siete ingiusti,voi umani

del castoro ammiratori,

un elogio meritiamo

anche noi , gran costruttori.

Siamo trapani viventi,

quasi cieche, ma dotate

di vibrisse trasparenti

sul musetto collocate.

Tante e tante gallerie

sotto terra scavo e scavo

e mi fermo solamente

se una larva, un verme io trovo.

 Le mie prede in magazzino

io conservo per l’inverno

ma gli uomini mi rendono

l’esistenza un vero inferno.

“All’esterno voi formate

monticelli di terriccio 

che le falciatrici intralciano!”

Ecco cosa lamentate.

Quegli ingrati non apprezzano

i servizi che rendiamo

quando i campi coltivati 

dagli insetti liberiamo.

La pelliccia vellutata

che le membra ci ricopre

voglion prendere,è evidente,

e così una scusa trovano

per odiare un’innocente.


La ninnastoria del pastore stanco                   

 

C’era una volta un pastore gentile

che le sue pecore al monte portava

e poi la sera, tornando all’ovile,

una per una le ricontava.

Una…Bianchina

Due…la Lisetta

Tre…la Nerina

Quattro…Rosetta

Cinque…il caprone

…ma questo non centra, ora mi tocca rifare la conta!

Una…Romina

Due…Margherita

Tre…l’agnellino color della panna.

Siamo alle solite: dove è finita 

quella briccona di pecora mamma?

Di certo è andata con l’altro suo figlio

là, nell’ovile, a fare la nanna.

Ricominciamo dunque a contare,

ma pian pianino, per non sbagliare.

Una…Nerina

Due…Teresita

Tre…la zoppina

Quattro…la Stella

Ma ,accidentaccio, dove è sparita

quella più bianca, quella più bella?

Quando il pastore la pecora trova

di ricontare non ha quasi più voglia,

ma ricomincia paziente la storia 

e,si capisce, ogni tanto sbadiglia.

Una…Bianchina

 Due…Margherita

Cinque…Lisetta

Otto…Rosita

Nove…il Caprone

Dieci… l’agnello.

Son proprio tutte! Ché bello, ché bello!

Ora possiamo andare a dormire,

ma…

è quasi l’ora di ripartire!

Dormon le pecore, dorme il pastore

e mentre dorme…conta le ore.


 Za-zà, la mosca

 

Questa è la storia di Za-zà, la mosca,

 

piccola, nera, brutta e ripugnante

 

che si credeva invece interessante 

 

perché volava ed era molto lesta.

 

“Io volo, volo e volo su ogni cosa:

 

mi poso su regine e imperatori,

 

ronzo su piatti d’oro e sui bicchieri,

 

bevo da carni, pesci, frutta e fiori.

 

Nessuno può fermarmi: io sono forte,

 

se qualcuno solleva una paletta,

 

volo più in alto, vado in altra parte.” 

 

Questo Za-zà diceva, fiera e tronfia,

 

ma solo d’aria e fumo era rigonfia.

 

“Sono piccola, è vero – continuava –

 

ma dormo coi bisonti e coi leoni,

 

vado a cavallo, mangio coi caproni.

 

Non potete negarlo, sono brava!”

 

Mentre questo diceva svolazzando

 

e le sue grandi imprese raccontava,

 

non si accorse Za-zà che da un buchino

 

un ragno piccolino e coraggioso

 

una tela sottile aveva ordito

 

e gliela aveva tesa sotto il naso.

 

Altezzosa la mosca va ronzando

 

in alto, in basso, ovunque, sguardo in su,

 

bla – bla – bla va dicendo, ma in un lampo

 

nella tela del ragno va a finire e poi…

 

glu- glu, si lascia digerire.


RICO,RAGNETTO BUONGUSTAIO

Mi chiamo Rico, sono un ragnetto,

svolgo un lavoro di molto rispetto:

tutte le tele che tesso son belle

perché somigliano a piccole stelle.

Però son triste: non ho casa mia,

da ogni buchino mi mandano via;

scopa, bastone, scarpa, stivale

sono le armi per farmi male.

Non lo sopporto davvero più!

Cerca di essermi amico, tu,

come la luna, che nel suo viaggio

spesso mi tende un limpido raggio

ed io mi arrampico e nella notte

poi ne combino di crude e di cotte.

Quando ritorno la terra bruna

che mi è simpatica come la luna,

mi fa trovare un bell’insetto

tutto invischiato nel mio lavoretto

ed io che sono un buongustaio,

presto dimentico ogni mio guaio. 


 

Bianca, nuvoletta disobbediente

 

Ogni giorno mamma Nuvola rimproverava Bianca, la nuvoletta bambina:
“Sei troppo curiosa, Bianca, non allontanarti, è pericoloso!”
Ma, disobbediente, la figlia non le dava mai ascolto.
Secondo l’umore la nuvoletta assumeva la forma di un piccolo aereo, a volte quella di una farfalla gigante o di un delfino e, via, a zonzo nel cielo facendosi trasportare dal lieve vento di primavera.
Bianca arrivava a sbirciare indiscreta dietro i vetri di una finestra, oppure inseguiva le rondini fino in città, toccando quasi i camini degli alti palazzi o, ancora, si abbassava fino a sfiorare le cime degli ippocastani del parco, ansiosa di guardare da vicino i bei grappoli di boccioli prossimi a fiorire.
Un giorno, la mamma era distratta, Bianca si spinse lontano.
Soffiava, quel giorno, un’arietta decisa, una tiepida corrente che la sorreggeva a meraviglia, che le faceva venir voglia di viaggiare: quella brezza gentile sembrava volerle persino risparmiare il fastidio di organizzare il trasporto o di fare i bagagli per una lieta vacanza.
Bianca, felice e leggera, s’immerse nella corrente ed eccola, in un baleno,  trasportata accanto alle pendici di un monte ripido, alto e boscoso.
Era persino provocatorio quel monte, pareva sfidare a superarlo facendo immaginare chissà che cosa, al di là delle sue creste.
“Non ho ancora mai visto il mare: é forse oltre quella cima?”  si chiese la nuvoletta sognando le onde spumeggianti e le spiagge dorate di cui tanto aveva sentito parlare.
Bianca, ostinata, continuava perciò ad accostarsi agli scuri pendii montani, si preparava quasi a risalirli, quando alla curiosità sentì presto sostituirsi un brivido lungo di freddo e d’insolita paura.
Una forza irresistibile l’attirava verso l’alto.
Si guardò intorno. Altre nuvole l’avevano seguita ed ora, anch’esse timorose ed accigliate, si stringevano  a lei come per trovare conforto.
Ad un tratto fu un lampo di luce, un brontolio minaccioso percorse l’aria fremente, un soffio gelido spirò dai pendii rocciosi del monte come a voler respingere un intruso.
Senza volerlo, incapaci di frenarsi, Bianca e le altre, tutte infreddolite,insieme presero a piangere  e presto scomparvero dissolvendosi nel grigio bagnato cielo.


I sette nani e l’operazione raggi di luna

 

C’era una volta, anzi c’è ancora oggi una casa in paese con un gran bel giardino tutt’intorno. Ci tengono tanto Mario e Gilda, i padroni di casa, al loro giardino: l’hanno riempito di alberi, cespugli, piante fiorite e, per animarlo un po’, visto che non hanno  bambini che possano rallegrarlo con colori e voci, lo hanno popolato di tante piccole statue di pietra. Ci sono paggi, damine, putti riccioluti, fontanelle e, seminascosti fra i cespugli, le statue di Biancaneve e dei sette nani.

Sono speciali Biancaneve e i sette nani di pietra:quando si fa buio e i raggi della luna si posano su di essi, prendono vita ed ecco i nanetti fare un girotondo festoso intorno a Biancaneve che batte le mani al ritmo di un’allegra canzoncina.”La lallera lalla là, come è bello essere qua! Lallallero lallali,come è bello essere qui!” cantano tutti in coro e, mute, le altre statuine stanno ad ascoltarli.

Qualche notte, però, capita che la luna faccia i capricci: si nasconde dietro una nuvola, mette un grigio velo di nebbia intorno alla sua luce,la nasconde dispettosa tra il folto dei cespugli o va dritta a svegliare con un solo, debole raggio i pesci rossi che nella vasca dormono tra le ninfee.

Biancaneve e i nanetti allora rimangono al buio e la magia che li anima non funziona più, se ne rimangono tristi e silenziosi,  dritti e impalati come statue di pietra.

Una bella, luminosa notte d’estate, stanchi del solito scherzetto che la luna scomparendo tra le nubi aveva loro fatto la sera prima, quando ripresero vita, i sette omini e la bella principessina si riunirono in assemblea.

“Non possiamo andare avanti così” brontolò Brontolo e Dotto:” La Luna deve fare il suo dovere tutte le notti, estate e inverno, autunno e primavera: basta con scuse e capricci!” “ – Certo, fece Eolo sbuffando, anche quando c’è vento e pioggia!” 

 Pisolo, come il solito sonnecchiava ma assentiva col capo, Mammolo,arrossendo ( tutti sapevano che era innamorato della luna) disse:” A me piacerebbe vedere sempre la Luna: è così bella! “

Cucciolo saltellava tra i fiori a caccia di grilli: era il più piccolo e gli altri lo lasciavano giocare mentre Gongolo meditava cercando di escogitare qualche scherzo da fare alla Luna per punirla dei suoi capricci.

Biancaneve era la moderatrice dell’acceso dibattito e dopo aver richiamato all’ordine i suoi amici che stavano ormai per rivolgere parolacce alla  Luna, disse: “Basta: dopo le lamentele, avanzate delle proposte! Che cosa possiamo fare?”

Arrivarono le soluzioni più strane. C’era chi chiedeva di rivolgersi a qualche stella perché sostituisse la luna, chi suggeriva di ordinare ai venti di soffiare tutte le notti per scacciare le nuvole.E le piogge, come si potevano evitare le piogge?

Gongolo, ma non era uno dei suoi soliti scherzi, propose di rapire la Luna, legarla alla cima dell’albero più alto del loro giardino, una folta magnolia, e usarla come un lampione sempre acceso.Dotto, il più saggio e istruito, propose infine una soluzione, a sentir lui, radicale.” Sarebbe un bel vantaggio, essere sempre illuminati, giorno e notte, tutti i giorni, non credete?Bisognerebbe  trasferirsi, andare ad abitare sulla luna e da lassù, spostandoci insieme alla luna, potremmo vedere tutto il mondo,mari e continenti,paesi e città, fiumi, monti e tutto quel che di bello c’è sulla terra. Per noi, finora costretti a vivere sempre in questo giardino, a vedere solo questi alberi, queste siepi, a conoscere il mondo soltanto dai racconti degli uccelli e delle farfalle, non sarebbe un bel salto di qualità?”

All’unanimità i nani accolsero e approvarono la proposta di Dotto e, detto fatto, arrampicandosi sui raggi di luce della luna come su una pertica, raggiunsero il suolo lunare e vi si stabilirono.

Biancaneve però non volle lasciare il giardino :salutò commossa i suoi amici, promise di andare spesso a trovarli, ma disse loro che non se la sentiva di abbandonare Mario e Gilda.Soprattutto a quest’ultima,  che come una mamma, sorridendo l’accarezzava, la ripuliva dalla polvere e ogni anno le rifaceva un abito nuovo,lei si era tanto affezionata.C’è da capirla, visto che la povera principessina aveva avuto solo un cattiva matrigna!

 

Non vi dico la sorpresa e il dispiacere dei padroni di casa quando il mattino dopo non trovarono più i nanetti di pietra in giardino. Andarono subito a denunciarne la scomparsa ai Carabinieri e ancora oggi attendono speranzosi notizie sul ritrovamento e sugli autori del furto.