BERLINO
Inutilmente nuova
per me,
BERLINO.
Falsi i rattoppi ,
bugiardi i vistosi edifici
dal breve destino.
Inganno le memorie serbate,
quelle di vite vissute
all’ombra di grandi paure.
Ricadono sui figli
le colpe dei padri?
Annega il rimorso
in grandi boccali di birra.
Maggio a Cipro
Colline e piane assetate,
antiche pietre
calcinate da un sole impietoso.
Brulla mi accogli
mitica terra di Afrodite,
testimone di grande bellezza.
Cerco l’ombra a ridosso dei muri.
Un filo d’aria a tratti
risveglia i miei sensi sopiti.
Dormono mare e cielo,
fermi e incolori nella calura stagnante.
Minareti come lunghe matite
penetrano l’azzurro,
sorvegliano bianchi cilindri
fuga inerte sui tetti di villaggi e città.
Di Achei mi parlano,
di indomite genti lontane
ritrovo i segni in cammino,
di Turchi e Normanni, di vescovi e santi,
di Vergini e Cristi,
ma oggi
si nasconde la terra del mito,
illusa e sconfitta da nuove deità.
So ora solo di popoli ansiosi di pace,
inconsapevoli armi di interessi stranieri.
Lanzarote
Un drago possente
è adagiato sul fondo dell’oceano.
Dalle acque pronte a ribollire
emerge la testa ,Lanzarote.
O forse è il ventre rigonfio di braci.
Audaci uomini, incoscienti,
con vanghe e picconi il ventre corrugato
solleticano.
Pietosa una coltre di cenere
trattiene l’umida notte
per cederla a palme e vigneti
tra squame grigiastre, onde brune di pietra.
Dinanzi all’oscura bellezza
un vago terrore mi prende.
La Progenie
Perché la mano traccia
Incosciamente,
linee contorte sulla carta, segni a caso,
quando un pensier mi cruccia,
quando vaga la mente?
La mano va
come una nave senza guida,
non si stacca dal foglio la penna
ed ecco comparire
strani ornati e arabeschi .
Forse chi nella mia progenie
fu folle e antico artista,
a mia memoria,
or la penna conduce e la mia vista
e scrive per mio mezzo la sua storia!
Parla la Talpa
Siete ingiusti,voi umani
del castoro ammiratori,
un elogio meritiamo
anche noi , gran costruttori.
Siamo trapani viventi,
quasi cieche, ma dotate
di vibrisse trasparenti
sul musetto collocate.
Tante e tante gallerie
sotto terra scavo e scavo
e mi fermo solamente
se una larva, un verme io trovo.
Le mie prede in magazzino
io conservo per l’inverno
ma gli uomini mi rendono
l’esistenza un vero inferno.
“All’esterno voi formate
monticelli di terriccio
che le falciatrici intralciano!”
Ecco cosa lamentate.
Quegli ingrati non apprezzano
i servizi che rendiamo
quando i campi coltivati
dagli insetti liberiamo.
La pelliccia vellutata
che le membra ci ricopre
voglion prendere,è evidente,
e così una scusa trovano
per odiare un’innocente.
La ninnastoria del pastore stanco
C’era una volta un pastore gentile
che le sue pecore al monte portava
e poi la sera, tornando all’ovile,
una per una le ricontava.
Una…Bianchina
Due…la Lisetta
Tre…la Nerina
Quattro…Rosetta
Cinque…il caprone
…ma questo non centra, ora mi tocca rifare la conta!
Una…Romina
Due…Margherita
Tre…l’agnellino color della panna.
Siamo alle solite: dove è finita
quella briccona di pecora mamma?
Di certo è andata con l’altro suo figlio
là, nell’ovile, a fare la nanna.
Ricominciamo dunque a contare,
ma pian pianino, per non sbagliare.
Una…Nerina
Due…Teresita
Tre…la zoppina
Quattro…la Stella
Ma ,accidentaccio, dove è sparita
quella più bianca, quella più bella?
Quando il pastore la pecora trova
di ricontare non ha quasi più voglia,
ma ricomincia paziente la storia
e,si capisce, ogni tanto sbadiglia.
Una…Bianchina
Due…Margherita
Cinque…Lisetta
Otto…Rosita
Nove…il Caprone
Dieci… l’agnello.
Son proprio tutte! Ché bello, ché bello!
Ora possiamo andare a dormire,
ma…
è quasi l’ora di ripartire!
Dormon le pecore, dorme il pastore
e mentre dorme…conta le ore.
Za-zà, la mosca
Questa è la storia di Za-zà, la mosca,
piccola, nera, brutta e ripugnante
che si credeva invece interessante
perché volava ed era molto lesta.
“Io volo, volo e volo su ogni cosa:
mi poso su regine e imperatori,
ronzo su piatti d’oro e sui bicchieri,
bevo da carni, pesci, frutta e fiori.
Nessuno può fermarmi: io sono forte,
se qualcuno solleva una paletta,
volo più in alto, vado in altra parte.”
Questo Za-zà diceva, fiera e tronfia,
ma solo d’aria e fumo era rigonfia.
“Sono piccola, è vero – continuava –
ma dormo coi bisonti e coi leoni,
vado a cavallo, mangio coi caproni.
Non potete negarlo, sono brava!”
Mentre questo diceva svolazzando
e le sue grandi imprese raccontava,
non si accorse Za-zà che da un buchino
un ragno piccolino e coraggioso
una tela sottile aveva ordito
e gliela aveva tesa sotto il naso.
Altezzosa la mosca va ronzando
in alto, in basso, ovunque, sguardo in su,
bla – bla – bla va dicendo, ma in un lampo
nella tela del ragno va a finire e poi…
glu- glu, si lascia digerire.
RICO,RAGNETTO BUONGUSTAIO
Mi chiamo Rico, sono un ragnetto,
svolgo un lavoro di molto rispetto:
tutte le tele che tesso son belle
perché somigliano a piccole stelle.
Però son triste: non ho casa mia,
da ogni buchino mi mandano via;
scopa, bastone, scarpa, stivale
sono le armi per farmi male.
Non lo sopporto davvero più!
Cerca di essermi amico, tu,
come la luna, che nel suo viaggio
spesso mi tende un limpido raggio
ed io mi arrampico e nella notte
poi ne combino di crude e di cotte.
Quando ritorno la terra bruna
che mi è simpatica come la luna,
mi fa trovare un bell’insetto
tutto invischiato nel mio lavoretto
ed io che sono un buongustaio,
presto dimentico ogni mio guaio.
Bianca, nuvoletta disobbediente
Ogni giorno mamma Nuvola rimproverava Bianca, la nuvoletta bambina:
“Sei troppo curiosa, Bianca, non allontanarti, è pericoloso!”
Ma, disobbediente, la figlia non le dava mai ascolto.
Secondo l’umore la nuvoletta assumeva la forma di un piccolo aereo, a volte quella di una farfalla gigante o di un delfino e, via, a zonzo nel cielo facendosi trasportare dal lieve vento di primavera.
Bianca arrivava a sbirciare indiscreta dietro i vetri di una finestra, oppure inseguiva le rondini fino in città, toccando quasi i camini degli alti palazzi o, ancora, si abbassava fino a sfiorare le cime degli ippocastani del parco, ansiosa di guardare da vicino i bei grappoli di boccioli prossimi a fiorire.
Un giorno, la mamma era distratta, Bianca si spinse lontano.
Soffiava, quel giorno, un’arietta decisa, una tiepida corrente che la sorreggeva a meraviglia, che le faceva venir voglia di viaggiare: quella brezza gentile sembrava volerle persino risparmiare il fastidio di organizzare il trasporto o di fare i bagagli per una lieta vacanza.
Bianca, felice e leggera, s’immerse nella corrente ed eccola, in un baleno, trasportata accanto alle pendici di un monte ripido, alto e boscoso.
Era persino provocatorio quel monte, pareva sfidare a superarlo facendo immaginare chissà che cosa, al di là delle sue creste.
“Non ho ancora mai visto il mare: é forse oltre quella cima?” si chiese la nuvoletta sognando le onde spumeggianti e le spiagge dorate di cui tanto aveva sentito parlare.
Bianca, ostinata, continuava perciò ad accostarsi agli scuri pendii montani, si preparava quasi a risalirli, quando alla curiosità sentì presto sostituirsi un brivido lungo di freddo e d’insolita paura.
Una forza irresistibile l’attirava verso l’alto.
Si guardò intorno. Altre nuvole l’avevano seguita ed ora, anch’esse timorose ed accigliate, si stringevano a lei come per trovare conforto.
Ad un tratto fu un lampo di luce, un brontolio minaccioso percorse l’aria fremente, un soffio gelido spirò dai pendii rocciosi del monte come a voler respingere un intruso.
Senza volerlo, incapaci di frenarsi, Bianca e le altre, tutte infreddolite,insieme presero a piangere e presto scomparvero dissolvendosi nel grigio bagnato cielo.
I sette nani e l’operazione raggi di luna
C’era una volta, anzi c’è ancora oggi una casa in paese con un gran bel giardino tutt’intorno. Ci tengono tanto Mario e Gilda, i padroni di casa, al loro giardino: l’hanno riempito di alberi, cespugli, piante fiorite e, per animarlo un po’, visto che non hanno bambini che possano rallegrarlo con colori e voci, lo hanno popolato di tante piccole statue di pietra. Ci sono paggi, damine, putti riccioluti, fontanelle e, seminascosti fra i cespugli, le statue di Biancaneve e dei sette nani.
Sono speciali Biancaneve e i sette nani di pietra:quando si fa buio e i raggi della luna si posano su di essi, prendono vita ed ecco i nanetti fare un girotondo festoso intorno a Biancaneve che batte le mani al ritmo di un’allegra canzoncina.”La lallera lalla là, come è bello essere qua! Lallallero lallali,come è bello essere qui!” cantano tutti in coro e, mute, le altre statuine stanno ad ascoltarli.
Qualche notte, però, capita che la luna faccia i capricci: si nasconde dietro una nuvola, mette un grigio velo di nebbia intorno alla sua luce,la nasconde dispettosa tra il folto dei cespugli o va dritta a svegliare con un solo, debole raggio i pesci rossi che nella vasca dormono tra le ninfee.
Biancaneve e i nanetti allora rimangono al buio e la magia che li anima non funziona più, se ne rimangono tristi e silenziosi, dritti e impalati come statue di pietra.
Una bella, luminosa notte d’estate, stanchi del solito scherzetto che la luna scomparendo tra le nubi aveva loro fatto la sera prima, quando ripresero vita, i sette omini e la bella principessina si riunirono in assemblea.
“Non possiamo andare avanti così” brontolò Brontolo e Dotto:” La Luna deve fare il suo dovere tutte le notti, estate e inverno, autunno e primavera: basta con scuse e capricci!” “ – Certo, fece Eolo sbuffando, anche quando c’è vento e pioggia!”
Pisolo, come il solito sonnecchiava ma assentiva col capo, Mammolo,arrossendo ( tutti sapevano che era innamorato della luna) disse:” A me piacerebbe vedere sempre la Luna: è così bella! “
Cucciolo saltellava tra i fiori a caccia di grilli: era il più piccolo e gli altri lo lasciavano giocare mentre Gongolo meditava cercando di escogitare qualche scherzo da fare alla Luna per punirla dei suoi capricci.
Biancaneve era la moderatrice dell’acceso dibattito e dopo aver richiamato all’ordine i suoi amici che stavano ormai per rivolgere parolacce alla Luna, disse: “Basta: dopo le lamentele, avanzate delle proposte! Che cosa possiamo fare?”
Arrivarono le soluzioni più strane. C’era chi chiedeva di rivolgersi a qualche stella perché sostituisse la luna, chi suggeriva di ordinare ai venti di soffiare tutte le notti per scacciare le nuvole.E le piogge, come si potevano evitare le piogge?
Gongolo, ma non era uno dei suoi soliti scherzi, propose di rapire la Luna, legarla alla cima dell’albero più alto del loro giardino, una folta magnolia, e usarla come un lampione sempre acceso.Dotto, il più saggio e istruito, propose infine una soluzione, a sentir lui, radicale.” Sarebbe un bel vantaggio, essere sempre illuminati, giorno e notte, tutti i giorni, non credete?Bisognerebbe trasferirsi, andare ad abitare sulla luna e da lassù, spostandoci insieme alla luna, potremmo vedere tutto il mondo,mari e continenti,paesi e città, fiumi, monti e tutto quel che di bello c’è sulla terra. Per noi, finora costretti a vivere sempre in questo giardino, a vedere solo questi alberi, queste siepi, a conoscere il mondo soltanto dai racconti degli uccelli e delle farfalle, non sarebbe un bel salto di qualità?”
All’unanimità i nani accolsero e approvarono la proposta di Dotto e, detto fatto, arrampicandosi sui raggi di luce della luna come su una pertica, raggiunsero il suolo lunare e vi si stabilirono.
Biancaneve però non volle lasciare il giardino :salutò commossa i suoi amici, promise di andare spesso a trovarli, ma disse loro che non se la sentiva di abbandonare Mario e Gilda.Soprattutto a quest’ultima, che come una mamma, sorridendo l’accarezzava, la ripuliva dalla polvere e ogni anno le rifaceva un abito nuovo,lei si era tanto affezionata.C’è da capirla, visto che la povera principessina aveva avuto solo un cattiva matrigna!
Non vi dico la sorpresa e il dispiacere dei padroni di casa quando il mattino dopo non trovarono più i nanetti di pietra in giardino. Andarono subito a denunciarne la scomparsa ai Carabinieri e ancora oggi attendono speranzosi notizie sul ritrovamento e sugli autori del furto.