Sara Martini - Poesie

All’origine dell’incertezza

Sono come i temporali d’agosto,
si fanno sentire in lontananza,
esplodono la loro forza all’improvviso,
per poi rovesciare tutto,
in un boato prorompente.
Le paranoie,
sono fantasmi
creati dalla nostra ala più fragile.
Più tardi,
scopriamo che in realtà,
non è sempre tutto così terribile
come pensavamo.
E che anche un cielo stellato,
prima di diventare limpido,
ha dovuto affrontare
i peggiori temporali.

 

 

 

Io prima di me

Quando ci provi per una, due, poi cento volte
e nulla sembra cambiare.
Quando passano giorni, mesi, poi anni
e l’incubo sembra restare.
Quando hai provato così tante chiavi
che neanche te lo ricordi
il perché hai iniziato a tentare,
perché vorresti scappare.
L’immagine del tuo passato
ti appare sfocata, ma felice.
Prima, tutto ti appariva molto più semplice
e scontato
e prevedibile.
Ad ogni domanda sapevi dare una risposta.
Ad ogni elemento un significato.
Ad ogni emozione un nome.
Non eri tu,
erano soltanto gli altri ad impedirti di crescere.
Eri piccola,
ma ti sentivi la vita addosso e il mondo in mano.
Sapevi che di lì a poco, tutto si sarebbe sistemato.
Ogni primo di gennaio
ti dicevi: “Questo sarà il mio anno.”
E poi,
la vita rimaneva la stessa
e l’anno sarebbe stato di tutti, tranne che tuo.
Ti accorgevi che la realtà non era come te la raccontavano,
le delusioni continuavano a presentarsi
e tu rimanevi l’inguaribile sognatrice di sempre,
di quelle che credono alle favole
e perdono i loro passi tra le nuvole.
Non cambiavi mai,
e cambiare era l’unica cosa che avresti voluto.
Ma il destino non lo programmi,
decide lui per te:
le strade, i vicoli stretti,
a volte, ti concede addirittura qualche scorciatoia,
poi senza preavviso, ti abbandona in tunnel spaventosi
dai quali difficilmente riesci a pensare.
Tu ci provi, ma lui è subdolo,
ti trae in inganno, ti incatena alle paranoie
e fonde la paura con il dubbio.

A volte piove così forte,
che negli occhi ti rimane quella luce umida
che il sole non conosce mai.
Però può anche accadere che il sole torni,
tacitamente,
senza l’atmosfera trionfale dell’arcobaleno,
ma con lo stesso calore della felicità.

 

 

 

Riflessi allo specchio.

Ho sempre sognato
di vedere il mondo con altri occhi.
Vorrei immensamente
vivere un risveglio
che mi permetta di essere,
almeno per un giorno,
la persona che non sono.
Meno timida,
più coraggiosa,
meno insicura,
più ambiziosa,
meno fragile,
più tenace,
meno fuori posto,
più adatta,
meno testarda,
più flessibile,
meno egoista,
più generosa,
meno pessimista,
più spensierata,
meno paranoica,
più impulsiva,
meno perfezionista,
più spontanea,
meno visionaria,
più pratica,
meno difettosa,
più pura,
meno sbagliata,
più come tutti.
Meno prigioniera di me stessa,
più libera di essere.
Sarebbe proprio bello,
non dico conquistare tutte le proprie aspirazioni con un risveglio,
ma capire
almeno per un giorno,
come ci si sente
ad non essere
tutto ciò che si è.

 

 

Poesia per i cuori fragili

In fondo sai
che la soluzione c’è,
esiste.
Forse,
si rivelerà tra molto tempo,
forse troppo,
ma arriverà
e sarà bellissimo:
si aprirà il tuo sipario sul mondo.
Ti sveglierai
e ti accorgerai che,
intorno a te,
le luci si staranno accendendo,
con rapida lentezza,
una ad una,
come nelle scene dei film,
in cui la città si addormenta
e il silenzio
appare più luminoso che mai.
Ecco, questo sarai.
Un artigiano della luce,
il sognatore dell’oceano
che crea ancora speranza
tra le correnti avverse,
nonostante intorno a lui,
regni disillusione.
E delle tue lacrime gelide,
non rimarrà che cenere.
Il sole riscalderà le tue emozioni,
tesserà la fiducia
sulla tua pelle,
e la speranza
nelle tue ossa rigide.
Cadere
non ti farà più così male,
o forse sì,
ma sarà una sofferenza rarefatta,
ricompensata,
come quella delle favore.
Arriverà
un giorno,
il finale tanto atteso.
E darà il via ad un qualcosa
che oggi,
non appare neanche come schizzo
nella tua mente buia.
Non penserai ad altro
che a vivere,
vivere e basta
nell’altitudine della leggerezza,
con quella data
incisa nel respiro.
Non ci saranno più scheletri a spaventarti,
non ci saranno più risvegli precari,
pomeriggi appassiti
o notti perturbate.
Tutto
ti apparirà
immensamente accessibile.
I limiti
imposti dalle tue paure,
verranno frantumati
dalla tua tenacia oceanica.
Pero ora,
devi crederci,
nella vita,
nel destino,
o in qualunque cosa
che sia per te vibrazione.
Se invece deciderai di abbandonarti
alla rinuncia,
il finale
potrebbe rivelarsi
nel momento sbagliato,
nel verso errato.
Ti lascerebbe sconfitto
ti sentiresti fragile
ti definiresti arreso.
Quindi,
fidati dell’attesa,
sii forte,
avanza con coraggio
e abbraccia la corrente.

 

 

 

Sui precipizi della vita

Le scelte migliori,
di qualunque cosa si tratti,
sono quelle che arrivano spontaneamente,
in punta di piedi,
con la sensazione che quella sia l’unica strada per noi.
Quindi,
se anche tu almeno una volta, lo hai pensato,
intendo che hai pensato a quell’unica strada costeggiata dai lampioni,
abbi fiducia nel destino
e aspetta.
Ma aspettare,
non significa giacere inermi,
passivamente vivendo,
ma agire,
in direzione di quella possibilità,
con la giusta dose di responsabilità.
Non possiamo avere il monopolio sul mondo
e le sue inclinazioni,
ma possiamo mettere tutta la nostra anima
a favore di quella corrente,
quella che ci attrae
e invoca la nostra attenzione.
Perché quando dai cento,
è impossibile ricevere indietro lo zero
come stralcio di conforto.
Ci sono momenti della vita,
in cui in preda alla rassegnazione,
veniamo aspirati da una fatalità inaspettata,
che ci restituisce speranza,
come una mongolfiera che portandoci in alto,
ci mostra tutto quello che abbiamo costruito fino ad oggi.
E la collina che vogliamo riservare
In esclusiva,
al nostro domani.
Da lassù
Si può addirittura scorgere la strada su cui anni prima
avevamo steso supposizioni azzardate.
Presto o tardi che sia,
questa mongolfiera ti solleverà
e sarà in quel momento che potrai dire enfaticamente:
“L’inizio di un sogno, è crederci.”
E che sia di bronzo, ottone o d’oro,
sarà comunque una medaglia meritata.
Sono certa che ognuno di noi si sentirà appagato,
sfogliando l’album di sfide superate,
quelle non mancheranno a nessuno,
neanche alla dispensa più mal ridotta di sempre.
Ci guarderemo intorno
e vedremo soltanto
timori sbiadire,
in cornici di gratitudine.

 

 

La rivincita dei guerrieri

Quando ti chiedevo
“Come mai non c’eri?”
davi la colpa alla tua luna storta,
creando strati di indistruttibile roccia,
che ci avrebbe divisi
per l’ennesima volta.

Ma stavolta,
avrebbero vinto i veri guerrieri,
quelli che davanti al confine della parola,
smettono di essere prigionieri,
lottando coesi,
un respiro alla volta.

 

 

 

L’attrito degli ostacoli

E poi arriva un punto in cui ti stanchi di aspettare
e smetti di provarci.
Non sopporti più niente,
neanche la tua presenza.
Ogni tentativo appare vano,
come tutto il resto.
I tuoi obbiettivi sfumano nella nebbia,
fino a renderti scatola vuota.
Niente riesce più ad affascinarti.
Quindi ti fermi,
ma ancora non sai,
quando ripartirai,
e se lo vorrai.
Accosti i bagagli a lato della carreggiata,
dal cielo, timide gocce di desolazione iniziano a cadere.
Davanti a te,
nessun riparo,
solo ripida salita.
La pioggia si fa tempesta,
aumentando l’attrito dei tuoi passi.
Avanzare diventa sempre più arduo.
Scorgi il pensiero di tornare indietro,
ma ormai è tardi, si sta facendo buio
e sarà una notte lunga,
di quelle che mentre nella penombra
ti sforzi di decifrare l’inclinazione delle lancette,
ti chiedi se i tuoi occhi
siano gli unici in cammino,
e ti percepisci quasi come allucinazione amletica.
Cautamente,
sporgi un brandello di fiducia verso le tue forze.
Appena accanto,
senti subdoli passi smuovere i tuoi capelli stropicciati.
Non sai se questo vento gelido si placherà
o ti accompagnerà per sempre,
lasciandoti priva di remi.
Ti senti come precipitata in un pozzo,
e in tutti i modi cerchi di risalire,
perché quel posto ti soffoca,
ma più lo fai, più quello diventa profondo.
Senti cedere il terreno sotto ai tuoi piedi,
ti chiedi se la colpa sia tua,
forse hai semplicemente sbagliato strategia di sopravvivenza.
Tutto intorno a te si muove,
caos vorticoso,
ma non te ne accorgi,
perché sei immersa nei tuoi tentativi di fuga.
Senti naufragare tutte quelle promesse,
che ora si figurano come inganni a cui non hai saputo sottrarti.
Ad un tratto,
quiete.
La luce si spegne,
inesorabilmente.
Ti prepari alla resa adagiandoti nel buio,
rendendolo tuo.
Consegni la tua pelle a quella nuova abitazione.
In fondo, non è poi così diverso
da quella strada frastagliata
che a stento percorrevi.

Ma accidenti,
questa non è vita.
Questa è la brutta copia della vita.
Quella che va accartocciata e riscritta da capo,
senza errori di distrazione, né tracce da seguire.
Nuova voce narrante,
nuovo dizionario emotivo,
nuove definizioni della realtà.
Solo che a volte, incomprensibilmente,
l’inchiostro si esaurisce,
proprio quando avevi trovato l’ispirazione per ricominciare,
proprio quando avevi trovato un motivo per farlo.
E ti restano soltanto una penna scarica
ed un inutile foglio bianco.

Ma tu che stai leggendo, sei ancora in tempo!
Quindi scrivi,
scrivi quante più pagine riesci,
comincia oggi,
comincia ora!

 

 

 

Ricordi da custodire

Tutte le cose che ritengo importanti,
degne di memoria,
colme di significato,
ma anche piccole nella sostanza,
sento il bisogno di scriverle.
Come per donare loro un’eternità,
attraverso l’incisione inchiostrata.
Forse, nel timore che mi volino via.
Forse, nell’euforia di rendere ufficiali,
per farle sembrare ancora più reali,
sensibili alla luce naturale,
tangibili e indistruttibili,
incancellabili.
Forse, per conferire loro quel privilegio
che concediamo unicamente
a chi amiamo davvero.
Questo battesimo di concretezza
mi consente di sentire tutto quanto,
sulla pelle ora,
e nel cuore in futuro.
Come una prova del delitto,
un’occasione di fiducia verso me stessa.
Attribuire loro una forma
Per far sì che permangano
e alimentino la nostra stessa energia.
Per far sì che annientino i nostri incubi più astratti.
E in noi,
respirino vita.

 

 

Scorci ignoti

È un po’ come intraprendere un viaggio
senza conoscerne la destinazione.
Oscillo cauta nell’ingranaggio,
ritrovandomi persa tra i labirinti del cielo,
liberamente me.

Il vestito che da poco mi ha accolta,
con la sua leggerezza dell’essere,
allontana le mie paure dal loro covo,
facendomi sentire finalmente viva,
liberamente me.

 

 

Cuori naufragati

I pianti finiscono,
ma le ferite restano.
Come un’onda che,
lentamente,
ad ogni rincorsa, si porta via un po’ di sabbia in più,
con impercettibile sferzata.
Quelle lacrime amare,
che a piccoli grammi,
arginano le sofferenze più tenui,
che poi sono anche le più complesse da guarire.
Come quando delinei la sagoma di una promessa d’amore
tra i granelli arrugginiti,
e dopo un colpo di mare,
scompare.
E chissà dove va,
quando quel misterioso corpo celeste la inghiotte.
Forse il mare è un incessante collezionista di cuori spezzati:
se li prende tutti, uno ad uno,
e li accosta con cura, nei suoi abissi esclusivi,
arricchendo la sua interminabile esposizione di storie antiche.
E che bello sarebbe,
poterne assaporare.
Sì, il mare ti cancella,
ma ti permette di rinascere.
Starà a te scegliere
se rischiare l’oceano,
navigando libera,
o garantirti il rifugio di uno scoglio sicuro,
ma senza prospettiva alcuna.
Starà a te scegliere
gli occhi con cui dipingere te stesso:
se fidarti dei tuoi raggi,
nonostante le ferite tentino di occultarne l’intensità,
o retrocedere di qualche grado,
conservando solo i fallimenti,
nonostante tutto il buio oltrepassato.
Ad ogni modo,
ovunque tu sia,
malgrado la sabbia tenterà di frenare la tua corsa,
a riva o al largo,
prenditi tutto il mare che puoi.