Serena Biagini - Poesie e Racconti

Vita.

 

Ti guardo.. mentre esitante riaffronti la vita

Desiderio, paura ,coraggio, disperazione , sconforto

Spezzano la tranquillità delle carni

Accellerano  il battito del cuore..

Creatura, amico, amica, sorella, fratello, anima in pena 

Quanto apprendo dal tuo sguardo, spaurito e profondo 

Mentre scruti con velata incertezza..

L’andirivieni indifferente della gente..

Nel lungo, bianco corridoio..

Ti appoggi al freddo muro e lasci il passo..

Un tempo ero come loro.. pensi..

Nel ricordo lontano , il rosso sangue, avvampa le tue guance..

Un tempo la malattia non ti aveva ancora trasformata 

e nemmeno informata..

Di quanto fosse bella la vita vissuta..

Quella che vibra nel piccolo, insignificante battito ..fremito d’ala…

Nel corpo caldo..

Che sta per librarsi in volo..

Ti guardo e sento ,pena, amore, dolore, ribellione

Nella tua forza disperante 

Io scopro il senso della mia esistenza 

La celebrazione di questo complesso 

misterioso e pur breve ma invidiato dono 

Che è la lunga Vita.


Figli..

 

Vorrei afferrare le tue mani e tenerle vicino al cuore

Figlio, figlia..

Ma tu aneli il distacco ..scalpiti per scoprire il mondo

E allora vai libero , libera.. e  mentre scopri chi sei..

Porta con te parti di me.

Vorrei proteggerti all’infinito ..

Perché le tue scoperte non sono tutte così buone..

Ma non posso farlo , se non per un tempo limitato…

Perché la tua vita scorre nelle tue scelte e nel tuo destino..

Figlio, figlia.. dono straordinario

Afferra le mie mani e tienile vicino al cuore ..

Quando le mie forze verranno meno..

Allora saprò che il tuo viaggio si ricongiungerà al mio..

Nell’affetto che mai ci ha abbandonato..


Gocce..

 

Le gocce danzano sul vetro opaco..

Con ritmo regolare ed incessante..

Il rumore mi avvolge ,mi cattura

Sono goccia che si frantuma sul freddo vetro..

Che disseta la piantina sul davanzale..

Che scorre sulle guance arrossate del bambino ..

Che corre veloce nel parco per sfuggire all’acquazzone

Sono goccia di gioia ma anche di dolore..

Come la lacrima che vela gli occhi del sofferente ..

E scende silenziosa sul suo volto ..

Senza far rumore..


L’orto

 

Ti alzi con fatica e scendi tra la terra..

Coltivi con passione le primizie..

Da sempre curi le sementa..

Raccogli con orgoglio i frutti che con costanza aiuti a crescere..

Il tempo si è fermato nel tuo orto, oasi di pace e di ricordi..

Mi doni con orgoglio le tue verdure..

Il tempo è trascorso ..ma caro fratello.. in questo gesto 

Ritrovo il sapore antico dell’abbraccio infantile..

Il nostro rincontrarsi nel sorriso..


L’Amore ci attraversa

 

Vibri di carezze le membra..

Appassionato abbraccio degli amanti..

Amore.. amore.. amore..

Dolce consolazione nello strazio del dolore..

Dialogo di affetto nell’amicizia..

Amore.. amore.. amore..

accudimento nella crescita ,consapevolezza nella vita adulta..

Compagno nella vecchiaia..

Amore.. amore.. amore..

Tu forza della natura ..unico a resistere alla morte..

Legame senza fine..

Essenza del ricordo..!


Il torrente

 

Lo sento zampillare tra i sassi, Intrufolarsi nel bosco..

Raccogliersi in piccole cascate 

Scrosciare con forza tra salti e bianche schiume.

Il torrente vive…

Con la sua acqua cristallina e le trote argentee  che scivolano 

Silenziose sulle onde increspate.

Ricordo.. i piedi immersi nell’acqua fredda..

Brividi di gioia le grida degli amici..

Il torrente era il nostro gioco..

Lo spazio esclusivo di una infanzia felice.


Il Faro..

 

Appollaiato sulla roccia ,guardi il mare e ricordi..

Fasti trascorsi.. intervallati da luci intermittenti.

Vecchio faro, conservi tutto il tuo fascino..

Solitario incontro di onde sprezzanti e promontori angusti.

Nel buio della notte proteggevi con il tuo raggio di luce

Le navi all’orizzonte..

E il balenio luminoso si rifletteva sull’isola ..

Allora.. tutto improvvisamente brillava ..

Tra mare e cielo stellato.

Adesso tutto è ombra, il faro è spento..

Resta il sentiero spettacolare che lo raggiunge sulla sommità della scogliera…

Meta degli innamorati.. che non vogliono dimenticare 

La magia di quel luogo.!..


Dalla parte dei bambini/e

 

Rinasco.. ero bambina

Ferita nella carne viva, schiacciata dal sopruso

Vergogna, vergogna.. la voce interiore ti perseguita

Ti fa a pezzi l’esistenza..

E Tu.. non urli, non ti disperi, stai nell’angoscioso silenzio..

ti fai piccola quasi trasparente 

per difenderti dal crudele inganno 

di chi usa, stropiccia, invade il tuo corpo..

in nome di un amore sbagliato, malato 

dove sono i miei giochi, le risate ingenue,  la spensierata gioia..

il ladro ha rubato tutto..

e nessuno se ne è accorto 

il ritmo del quotidiano appare normale 

una lenta sinfonia 

ma ogni brandello di membra è sgretolato 

quanta fatica dopo per ricostruire l’intero 

ho visto nemici in ogni dove

ho confuso l’amore vero con l’inganno, la manipolazione, la lusinga..

ho creduto di valere meno di niente 

di essere oggetto tra soggetti..

ho pagato un prezzo alto per la mia esistenza 

adesso Basta..

vieni mia piccola bambina, vieni parte di me..

ti accolgo tra le mie braccia, ora posso proteggerti

dialogare con la crudele verità che è stata

 posso finalmente consolarti 

il cuore può ascoltare ..il mio battito è il tuo

e finalmente ..Rinasco..


 Lo Scalino 

 

Vivo in una città di provincia che ha risentito della forte crisi economica, mio padre operaio tessile, ha perso il lavoro e mia madre, casalinga, lo ha invece trovato come badante di una vecchia signora che vive in un paese limitrofo.

Mi chiamo Sara ed ho 14 anni.

Sono seduta sullo scalino di casa mia perché ho dimenticato le chiavi, sto  aspettando che uno dei  miei genitori rientri per aprirmi il portone del condominio dove abito.

Il freddo marmo dello scalino mi ha gelato il sedere e sento un sottile brivido insinuarsi nelle ossa, avvolgere i muscoli fino ad arrivare al cuore, lo sento fermo immobile, intirizzito, ma non è solo una percezione per l’umida, grigia, giornata d’inverno che mi avvolge, in verità,   mi sento così, triste, dimenticata dal mondo, abbandonata su uno scalino.

Forse sono eccessiva, vorrei che tutto tornasse come prima, semplice, sereno, sicuro.

Mi tolgo lo zaino dalle spalle perché i lacci iniziano a farmi male, non si vede ancora nessuno ! 

Mio padre, ultimamente, fa fatica ad alzarsi da letto, mia madre lo sprona ad uscire e gli ha anche insegnato a cucinare qualcosa, io sento il suo disagio, la sua preoccupazione per il mio futuro, vorrei gridargli che sono grande che sono forte, ma resto in silenzio perché non riesco ad esprimere le mie emozioni, quando sono molto intense, resto sospesa, come ibernata, così mi accade anche in questo momento.

Da poco è iniziato anche a piovere ,mi tiro su il cappuccio della giacca a vento per fortuna è ancora una pioggerellina sottile non un vero e proprio scroscio d’acqua.

Mi rannicchio dentro la  giacca a vento, così riesco a coprire una parte delle gambe, l’altra è già zuppa di acqua, come le scarpe da ginnastica..mi prenderò di sicuro un brutto raffreddore! 

Tra pochi minuti sento che lascerò cadere quelle lacrime che da un po’  cerco di trattenere, nascoste dietro buoni propositi, possibile che nessuno dei due mi cerchi? Ho provato a chiamare ma risultano irraggiungibili.

Grossi, lenti, lacrimoni, mi  scendono lungo le  guance, sento il calore, il bagnato sulla pelle….una strana, penetrante tristezza mi invade, come una folata improvvisa di vento mi trascina, io, mi ritiro, come per difendermi, dentro il cappuccio, mi vergogno a farmi vedere così nuda dai passanti, vorrei fermare i singhiozzi che indomiti si liberano, ma sono più forti di me, piango e non so bene perché, non vorrei e per questo mi disprezzo, ho quattordici anni e ciò è un comportamento stupido ma il mio pianto esce desolato e disperato!

 La signora Gemma, comparsa improvvisamente sul portone ,mi guarda per un po’ silenziosamente poi con una voce insolitamente dolce per lei, mi dice:”Povera, povera Sara l’hai già saputo, mi dispiace tanto tra poco arriverà tua madre, era una gran brava persona!!”

Ma cosa sta dicendo, sento una vampata di terrore, mi alzo di scatto e corro, corro su per le scale, inciampo nel laccio dello zaino, ma non importa, salto sugli scalini, a due a due, con le mie gambe lunghe e scarne, sembro  uno stambecco scomposto.

Su quelle scale, percorse tante volte, ho paura, paura di scoprire che ciò che sento sia vero, sono arrivata al piano, la porta di casa  è spalancata  un gruppetto di signore, nostre vicine, mi vogliono trattenere, mi strattonano, mi dicono di aspettare, mi fermo per un attimo, sono stranamente calma, lo so cosa è accaduto il freddo scalino di marmo me lo ha già detto, la tristezza e l’angoscia che ho sentito davanti a casa, era l’intuizione di qualcosa di terribile!!.

Ho fatto un passo avanti, non ho urlato, sono rimasta immobile, di fronte alla corda che penzolava dal soffitto del salotto…un’ombra scura oscillava…

Ho preso l’abitudine, quando torno da scuola e mia madre è al lavoro, di sedermi sullo scalino, sì proprio quello, parlo da sola, cioè parlo con mio padre, gli racconto di piccole cose inutili, io so che lui può capirmi, questo insignificante luogo è per me il nostro spazio di intimità così  nel silenzioso dialogo, mi calmo e non ho più paura!


Il sentiero sulla collina

 

 

La fitta coltre di nubi sovrastava la campagna circostante, dando al paesaggio collinare una tonalità grigio-verde, intervallata da improvvisi bagliori rossastri…. i lampi e il brontolio dei tuoni , in lontananza annunciavano l’imminente temporale.

Nell’aria si respirava l’odore del muschio e si percepiva la malinconia dell’Estate che se ne andava, lasciando dietro di sé le prime foglie ingiallite che lentamente, sospinte, a tratti,  dal vento, iniziavano a staccarsi dagli alberi e con mille imprevedibili giravolte, si lasciavano cadere sfinite sul terreno, come il lottatore impari a cui toccava di soccombere.

Mi ero soffermata sul sentiero di campagna, per osservare tutto questo!…..

Mi sentivo nube, acqua, vento, terra, lampo, tuono, foglia……

Tutte quelle forze della natura in quel momento, mi rappresentavano perfettamente, sentivo che quel tumulto esterno, che si stava per scatenare, mi apparteneva, perché era anche dentro di me, mi trovavo sulla linea di demarcazione tra il niente…. e l’esplosione.

Avevo preso la macchina come in trance e mi ero diretta verso la collina,in quei luoghi vissuti da bambina, mi ritrovavo adesso seduta sul masso in cima al pendio, dove, nell’adolescenza mi ero, tante volte, ritrovata a pensare e dopo col trascorrere del tempo, a prendere le decisioni importanti della mia vita.

Il paesaggio circostante con le sue ampie vedute, le morbide curve dei dossi erbosi, mi aveva, generosamente, accolta e contenuta.

In quel momento non mi importava se nessuno sapeva dove ero, non mi curavo del fatto che da lì a poco, si sarebbe scatenato il temporale e io mi sarei trovata sotto la tempesta d’acqua….dovevo ritrovare me stessa e capire quale indirizzo dare alla mia vita e solo in quel luogo che conteneva le mie radici, speravo di riflettere e prendere la decisione giusta per me.

La pioggia iniziò a scendere e le gocce si insinuarono nel colletto della camicetta, scesero lungo la schiena nuda e la scossa adrenalinica che ne ricevetti, dal contatto del freddo liquido con la pelle, mi diede la carica per uscire dal torpore contemplativo e di iniziare a raccogliere le idee.

Avevo voluto accendere quel cellulare e leggere il messaggio scritto da mio marito, non avevo resistito alla curiosità e all’angoscia che mi chiudeva la gola, dovevo sapere se i miei sospetti erano veri !!

I ritardi la sera, gli impegni insieme rimandati, il bacio frettoloso la mattina, l’addormentarsi subito di spalle, la sera, senza cercarmi, i silenzi senza più parole di desiderio e di emozioni.

Da quanto tempo si andava avanti così ?

Vedevo e sopportavo, non volevo leggere l’evidenza, né capire il messaggio, perché mi avrebbe fatto troppo male.

Io sono sempre stata così, lo diceva spesso mia madre; “ Lucia non mettere il capo sotto la sabbia, affronta i problemi !”

A forza di negarli e rimandarli, i miei, diventavano sempre più grandi, la crisi tra me e Luca durava ormai da due anni, da quando era nata Sonia, nostra figlia.

Io volevo dare a lei tutto, tutto ciò che mia madre persona energica ma un po’ dura, non era riuscita a dare a me bambina.

Mi ero persa nella gravidanza e nella maternità, avevo sperato che Luca capisse ma ai suoi solitari richiami, non avevo dato attenzione e risposta e… adesso la verità mi cadeva addosso,  massiccia, compatta, come la coltre di nubi grigie.!

Avevo letto quel messaggio, scritto da mio marito ad un’altra donna, non era lei in sé che mi feriva, ma le Parole dette da Luca, così piene di attenzione e lusinghe verso di lei mi tagliavano il cuore come lame affilate, mi davano la sensazione di non esserci più nella sua vita.

Dovevo lottare con la rivale ? Salvare la famiglia ? Pensare prima di tutto a mia figlia ?

Che cosa dovevo fare ?..

La tristezza scioglieva la mia anima, come la pioggia scorreva sul mio corpo inzuppandolo, reso dal dolore,  insensibile a qualsiasi comunicazione esterna….. Poi,improvvisamente un raggio di sole, filtrato, timidamente, attraverso la coltre di nubi, dopo il temporale, mi colpì, sentii il calore sulla pelle e solo allora mi resi conto di essere completamente bagnata, inizia a sentire freddo e a battere i denti, avrei voluto alzarmi ma non ne avevo la forza, restai seduta, accovacciata dietro il masso, nel fango del prato, desiderando di essere terra, muschio, erba, per confondermi con la natura e non esistere più  dentro il corpo che faceva soffrire.

Non so quanto tempo passai così, quando mi sollevai, sentii i rumori della campagna che si risvegliava, dopo il temporale, forse anch’io ce l’avrei fatta ad uscire dal tunnel del dolore, io godevo di tutto questo,  amavo la vita in tutte le sue forme, allora la risposta ai miei interrogativi si fece avanti dentro di me…. In qualsiasi modo fosse andata tra me e Luca, non potevo rischiare di perdere me stessa, la mia storia, il mio percorso.

Mi alzai e mi incamminai verso il sentiero, questa volta in discesa e fu allora che lo vidi in lontananza, trafelato, saliva a corsa su per la collina, ….mi vide e si fermò..i nostri sguardi si incrociarono per pochi attimi, poi lui abbasso con ritegno i suoi, la paura di perdersi per sempre era impressa nei nostri volti,..lentamente io feci dei passi in discesa e lui in salita, camminavamo quasi  sincronicamente, l’uno verso l’altro.

Sarebbe stata dura.. pensavo, ma dovevamo provarci a non perdere questo nostro profondo amore.!!